Chi era Flavio Gioia? E' esisitito o no, e chi ha inventato la bussola?

L'invenzione della bussola

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Flavio Gioia conteso tra Positano ed Amalfi

Per secoli "Flavio Gioia" (o "Flavio Gioja") è stato presentato dai libri di storia come il personaggio simbolo dell'antica Repubblica Marinara Amalfitana e, la sua natività contesa tra Amalfi e Positano. Presumibilmente nato intorno all'anno 1250 a Positano, al volgere del secolo inventò e perfezionò la bussola, ma è davvero così? E se si, chi era Flavio Gioia? Prima di darci delle precise risposte, sarebbe bene addentrarci in un po’ di storia del nostro paese. Positano all’epoca del presunto personaggio “Flavio Gioia” era parte integrante del Ducato di Amalfi, da fonti storiche sappiamo che avevamo almeno un cantiere, esperti naviganti ed ingegneri navali. Nei nostri cantieri si costruivano galee di 112 remi, galeoni da 70 remi, feluche ed altre tipologie di imbarcazioni che solcavano le rotte del Mediterraneo intero. Come accennavamo sopra, l’inventore e l’invenzione della bussola è sempre stata contesa tra Amalfi e Positano, e premesso che in base alla notorietà, la bilancia pende verso Amalfi, resta da capire il perché della contesa con Positano. Possiamo azzardare che la bussola fu inventata a Positano, ma per l’appartenenza al Ducato di Amalfi, quest’ultimo ne ha preso la paternalità per via del nome. Di questo ne parla ampiamente lo storico positanese Errico Talamo, nei suoi scritti di più di un secolo fa (1894). "Monografia della città di Positano", sembra far piena chiarezza sul luogo di origine dell'invenzione della bussola, ma vediamone per intero la documentazione riportata del canonico scrittore positanese Errico Talamo: Tratto dal libro "Monografia della città di Positano" di Errico Talamo: DISCORSO Flavio Gioja, inventore della Bussola da navigare fu nativo di Positano. Gravissime quistioni sono state ognora agitate in rapporto alla invenzione della Bussola da navigare. Le più illustri nazioni del mondo se ne hanno appropriato l'onore. Se ne credettero inventori dalla più remota antichità gli Egizii, e si è detto, che siccome quei sacerdoti con figure e geroglifici la tennero celata, così se ne venne a perdere l'uso. Fullero (1), Lemnio (2), Pineda (3) ne attribuiscono a Salomone l'invenzione. Come quello, che fu fornito dal sommo Iddio di un vasto sapere, ed intraprese la navigazione diretta a Tharsis (4) ed Ophir (5). I Greci al contrario la dicono da loro inventata. I Francesi dal Giglio (6) che ravvisano nella rosa dei venti della Bussola argomentano essere scoperta dalla loro nazione. (1) Libro IV. (2) Libro III de occultis naturae rebus. (3) De rebus Salomonis. (4) Tharsis significa il mare e qualche porto famoso e vicino ad esso. Vedi Martino cap. 5. (5) Intorno al paese di Ofir vi sono molte dispute fra i dotti. Alcuni vogliono, che sia l'attuale Ofor nel golfo persico. Altri sostengono, che fosse Ceylan o Sumatra. Vedi Calmet. (6) Historia letteraire de la France tomo 9. "que l'honneur de l'invention et de la perfection la Baussale soit dù aut Francais l'est qui attesta teutes les nations de l'Univers per la Fleur de lis que elles mettent sur la rose au point du Nord: personne ne ignore que le lis est symbole de la nations Francois. Gli Inglesi all'opposto dalla voce Boxel (scatoletta) presumono essere l'invenzione britannica. Gli Arabi, i Germani, i Spagnuoli infine dicono appartenere ad essi il ritrovato della Bussola. Ma quanto vanno errati tutti costoro, e quanto futili e di nessun peso siano le ragioni, che adducono in sostegno delle loro asserzioni, giova vederlo da quanto verremo brevemente osservando. In prima non può affatto dirsi egizia l'invenzione della Bussola da navigare; perchè non potea così facilmente cadere dalla mente degli uomini un ritrovato di sì alta importanza. Neppure si può dire la Bussola opera si Salomone per motivo dell'alta sua sapienza, altrimenti dovrebbe dirsi ugualmente che tutte le altre scoperte abbiano avuto lui per autore; nè mai fu detto che per la navigazione a Tharsis a Ophir adoperasse la Bussola. Nemmeno si può chiamare invenzione greca perchè se i greci fossero stati gli inventori non si sarebbero regolati coll'orsa maggiore radendo colle navi le terre vicine (Magna minorque fere, quarum regis altera grajas Allera sydonias utraque sicca ratis. Ovidio) e non mai spingendosi a lunghi viaggi in alto mare. Il dir poi la Bussola scoperta francese; perchè si ammira il giglio nella Bussola, che è stemma della Francia sembra cosa di nessun valore, ed assai mal fondata nè richiede speciale confutazione. Nemmeno si può dire ritrovato inglese per la ragione, che Boxel è voce italiana nata da buxus latino che noi diciamo busso e con vezzo italiano bosso. Neppure infine può denominarsi la Bussola araba, germanica o spagnola; perchè queste illustri nazioni non arrecano argomento alcuno in sostegno delle loro assertive. Ma con tutto fondamento si ritiene, che l'onore di questo gran ritrovato è dovuto alla nostra Italia, madre feconda di uomini rinomati autori di grandi e speciose invenzioni. E primariamente n'è prova il linguaggio stesso adoperato a spiegare questa invenzione. Difatti italiana è la parola Bussola, italiano è il nome dei venti descritti nella rosa, italiano è il vocabolo calamita che poi al Manete venne trasferito come rammentatore del ritrovato, italiano dunque ne dovette essere l'inventore. La divisione duodecimale dell'antica Bussola è un'altro argomento essere essa invenzione italiana; perchè la divisione dei rombi procedea nell'antica Bussola italiana col sistema duodecimale con nomi latini, e colla designazione dei venti denominati Tramontana, Greco, Levante, Scirocco, Ostro, Garbino, Ponente, Maestro in cifre e lettere iniziali. Compartimento che niuna nazione adottò, se non la sola italiana (annali del Regno). Alcuni per non dar la gloria alla nostra Italia di na tale invenzione si contentarono piuttosto concederla alla Cina asserendo, che gli italiani non furono altro, se non portatori del ritrovato della Bussola, che rinvennero in quelle remote regioni. Ma quando vanno errati, e sono lontani dal vero costoro, si rileva da ciò che dice il padre Kircher (Kircher de arte nautica lib 1 cap. 6. Quamvis ego singulari diligentia exquisiverim ex his qui in China fuerunt, quique annalem Sinentium optime norunt nihil de rei veritate certe cognoscere potui.). Il quale ci assicura di avere adoperato la più severa accuratezza nel ricercare l'uso della Bussola in quel vasto impero, e giammai gli venne fatto conoscere un ricordo, che accennasse alla Bussola da navigare. Ed invero la rosa dei venti nella sua divisione binaria ci somministra un'invitto argomento argomento di non essere cinese la Bussola; dappoichè le nostre designazioni dei venti sono nomi semplici tanto per i cardinali, quanto per i collaterali. Divengono nomi doppii nella denominazione dei mezzanini. Seguono poi le quarte. Quindi noi diciamo, quarto di ponente per libeccio. Ora perchè mai a designare tali rombi si segna nella rosa un quarto? Quei quarti non sono tali nella bussola cinese, se non per imitazione per improprio trasferimento machinale di ciò che i Cinesi trassero dalla Bussola italiana. Se l'origine della rosa dei venti fosse stata nella Cina, la proprietà dell'espressione sarebbe stata ottava e non quarta, non potendo esprimere i nomi collaterali altrimenti, che con i nomi doppii. Quindi i nostri mezzanini divengono per essere quarte, e non mai originalmente quarte potevano essere i nomi della rosa dei trentadue venti (Vedi Annali del Regno). Ora ciò posto chiaro si vede essere italiana l'invenzione dela Bussola da navigare e pel motivo del linguaggio, e per la divisione duodecimale, e finalmente pel consenso universale dei scrittori di quel tempo, che per brevità si omettono. Ora se l'invenzione della Bussola naturalmente nasce la dimanda per sapere quale delle città italiane ha l'onore di avere dato i natali al grande inventore? Rispondono da prima a coro i scrittori, i quali chiaramente dicono, che Flavio Gioja nativo di Positano sia stato l'inventore. Ed invero Giannone nel lib. 7, cap. 3.° della sua storia civile dice:"A chi è ignota la meravigliosa invenzione della Bussola doversi a Flavio Gioja nativo di Positano?" Ladvocat nella pagina 189 lib. 3 scrive:"Flavio Gioja celebre napolitano nativo di Positano nelle vicinanze di Amalfi, al quale viene attribuito l'invenzione e l'uso della Bussola". Gregorio Grimaldi nell'Istoria delle leggi e magistrati del Regno di Napoli al tit. 1. lib. 3. dice:"Flavio Gioja nato di Positano piccolo castello di quella Ducea la Bussola inventò". Ughellio sulla testimonianza del Guazzo nel tomo 7 delle sue opere scrive:"Flavius Gizia nautae Pixidis charteaque navigandi inventor confirmat quem ex Positani Amalphitano Ducatus oppido fuisse scribit Guazzo." Il Padre Alessandro Dimeo nel tomo quarto dei suoi annali dice:"Che che sia di ciò è certo, che gli antichi non avevano la cassettina o Bussola come noi abbiamo, e questa fu inventata dal nostro Flavio Gioja di Positano". Kipping de expedition. marit. lib. 3. cap. 6 dice:"Gli Amalfitani si resero cotanto insigni nella navigazione, che Flavio Gioja di Positano piccolo castello di quella Ducea la bussola inventò". L'Enciclopedia popolare di Torino 1857 dice:"Flavio Gioja Piloto e capitano di mare nacque a Positano vicino ad Amalfi". Pietro Olivieri Poli nelle sue opere scrive:"Flavio Gioja di Positano venne al mondo verso il 1300 (Sono discordi gli autori in rapporto all'anno della invenzione della Bussola. Alcuni la vogliono nell'anno 1289 altri nel 1300 ed altri nel 1302. Dippiù taluni scrittori al nostro Flavio donano il nome di Giovanni, ed il soprannome di Gilio o Giglio) fu insin della sua prima età applicato al traffico marittimo. Instancabile, perspicace, buon piloto ben presto venne annoverato fra i primi uomini di mare, che allora vissero. Caldo dell'amore di patria tentava tutte le vie per farla primeggiare sulle altre città marittime di quei tempi il genio lo guidò, e da questo ispirato perfezionò l'ago calamitato ed inventò la Bussola. M. Povillet nella sua Fisica sperimentale vol. 1. pag. 2. Angelo de Nuce, De le Blond, Vossio, Fazzello, Gennaro Terracina, molti dizionarii antichi e moderni predicano tutti Positanese il nostro Flavio Gioja. Il Dizionario Francese Predoni dedicato a Vittorio Emmanuele di recente data lo dice nativo di Positano. Dictionarie de Biographia et de Histoirie de Depolays et Bachelet Paris 1857. "Positano a deux kilometres d'Amalph ne vers la fin du XIII sieclo.". A queste irrepugnabili testimonianze si aggiunge quella della Regina Giovanna I° la quale volendo gratificare Positano come l'atria di Gioja rilasciò ai positanesi suoi concittadini nell'anno 1345 un Privilegio col quale potevano importare ed esportare generi nel Regno senza pagare balzello alcuno (vedi documento in latino giù). Sono troppo note e chiere le parole del Privilegio "grata utilia et fructuosa et accepta beneficia" volendo alludere ai mirabili effetti della Bussola inventata dal nostro Flavio Gioja, che tornavano in profitto dello stato e del mondo intero. Ed invero egli fu il primo che rinserrò in una bussoletta di legno sopra di un perno l'ago calamitato e vi stabilì l'equilibrio, e così diede ai nocchieri la Bussola quasi in quello stato, che al presente si osserva e perciò la gloria è dovuta tutta al nostro Flavio Gioja perchè attestata da tanti scrittori che accennavano il suo nome, cognome, patria, tempo della sua invenzione. Finalmente la costante tradizione locale getta le traccie del più valido argomento, per la ragione, che questa città è stata sempre abitata dalla famiglia Gioja, che à dato una serie di professori notarili. Dimorava questa famiglia nella contrada Fornillo, e possedeva un boschetto fra Nocella e Montepertuso, che portò il nome di Gioia qual suo antico proprietario. Se questa famiglia non avesse emigrato in Napoli nell'anno 1665 e fissata dimora a Rua Catalana, ancora farebbe parte dei cittadini di Positano. E poi chi meglio di Positano può aspirare al nobile vanto della grande invenzione? Positano che avea la scuola nautica insin dal tempo della Confederazione Amalfitana. Positano che avea un Cantiere, ove si formavano solide navi addetti al commercio ed alla guerra. Sono questi tanti argomenti, che contestano colla luce la più chiara Flavio Gioja essere nostro concittadino. Quindi noi Positanesi dobbiamo esser lieti per un siffatto rinomato quale fu il nostro Flavio Gioja che à saputo fare sì rilevante invenzione, che ha partorito i più maravigliosi effetti. Poichè per la bussola, valicato il grande oeano Cristoforo Colombo ritrovò un nuovo mondo. Per essa Vasco de Gama sormontato il capo delle procelle, e poscia detto per antifrasi Capo di buona speranza rinvenne la tanto ricercata via dell'Indie. Per essa conosciamo i costumi ed opinioni, e godiamo i prodotti di quella parte meridionale, ed orientale dell'Asia. Per essa le flotte degli Europei si portano nelle isole innumerevoli dell'Oceania, e delle Indie orientali, e ritornano ricchi di aromi e di spezierie. Essa c'insegnò al dir di uno scrittore moderno a costruire con arte e solidità maggiore che pria non facevasi i navigli, e a conoscere la vera condizione del loro carico e della loro misura. Essa obbligandoci a bene apprendere la scienza della latitudine, sparse grande luce su questa specie di conoscenze. C'informò dei fenomeni della magnetica inclinazione e declinazione. Ci dimostrò la maniera d'indirizzare la nave al segno determinato. Ci diede fedeli e salutevoli istruzioni intorno alla dottrina dei movimenti costanti e periodici del mare, ed intorno alla qualità e forza dei venti. Risvegliò l'umano ingegno a studiare i possibili mezzi a fin di rendere i viaggi marittimi spediti e sicuri. In una parola essa c'insegnò con un mondo sconosciuto a discoprire un'ampio tesoro di vantaggi di commodità e di delizie. Purnondimeno nell'aula di commercio della Borsa di Napoli si vede una statua a piè della quale si legge:"Flavio Gioja di Amalfi". È questo un errore madornale. Nè vale ciò che si fa dire al Panormita: - Prima dedit nautis usum magnetis Amalphis, - Vexillum Solymis militiaeque typum. Dappoichè Alessandro Dimeo lette le sue opere non ha ritrovato tali versi, nè nelle sue lettere, e neppure nei suoi epigrammi. Oltre a ciò dal nono secolo sino al decimosesto, alcuni scrittori attribuirono alla sola Amalfi come capitale della Repubblica o Ducato tutto quello che appartenea alle singole città e terre che la componevano. Quindi non fa meraviglia se si ritrovano scrittori che denominavano Flavio Gioja nativo di Amalfi, mentre lo era di Positano, come pur troppo l'abbiamo dimostrato con gli argomenti di sopra riportati. La Regina Giovanna 1° concede ai Positanesi il privilegio di non pagare balzelli, sì nell'importare, che esportare merci nel Regno Jhoanna... Universis et singulis praesens privilegium inspecturis tam presentibus quam futuris. Exaltat potentia principum mnnifica remuneratio subjectorum quia recipientium fides crescit ex praemio, et alii ad obsequendum devotius animantur exemplo, sane attendentes grata, utilia, fructuosa, et accepta servitia, quae Universitas et homines Terrae Positani de Costa Amalphie nobis hactenus praestarunt, praestant, et praestare poterunt in futurum, nullis corum personis parcendo periculis, eorumdem Universitatem et homines ex nunc in antea et in futurum immunes, franchos liberos et exemptos ab omni et quacunque solutione dohanae fundaci, datii portus, Ancoragii, et guardiae portus. Sic etiam conducendo tam per mare, quam per terram mercantias et alias res, tum commercii causa, quam pro usu domorum et familiarum suarum circa solutionem dirictuum praedictorum per totum regnum, nostrum Siciliae, deliberatione mera et gratia speciali tenore praesentium facimus et ordinamus. Mandamus insuper Magno Regni Siciliae Camerae nostrae Summariae, necnon magistris, portulanis, segretis, vicesegretis dohaneriis (o dohancriis), portulanetis, platerariis, pontium custodibus, guardianis portuum seu eorum locum tenentibus et officialibus aliis ad quos spectat et spectaverit in futurum, et praesentes pervenerint vel quomodolibet fuerint praesentatee, ut vigure dicti privilegii nostri gratiae et immunitatis dictis Universitati et hominibus per nos concesse cum contigerit homines ipsos cum eorum navigiis vacare per maria, portos maritimos et plageas Regni supradicti quocumque applicuerint tam emendo et vendendo quam conducendo aliquas res et mercantias tam parvas quam magnas immunes servient et tractent ab omni et quacunque solutione dirictuum supradicta et ab aliis tractari et servari immunes et franchos faciant si gratiam nostram curam habeant, et indignationem Nostri Culminis cupiunt evitare. Praesentes autem literas post opportunam inspectionem eorum restitui volumus praesentantantibus in antea valituras. Datum in casa sana prope Castrum Maris de Stabia per Venerabilem Praesulem Rogerium Barensem Episcopum Regni Siciliae. Anno Domini 1345 die VIII julii indictio XIII Regnorum nostrorum anno III. Di recente invece, secondo alcune constatazioni, la medievalista Chiara Frugoni, anche non contestando l’attribuzione della scoperta a Positano, afferma che Flavio Gioia sembra addirittura un personaggio mai esistito, perché frutto di un equivoco storico, ma vediamo cosa dice: “ad attribuire l'invenzione della bussola magnetica agli amalfitani era stato per primo l'umanista Flavio Biondo da Forlì (1392 - 1463). La notizia fu ripresa dal filologo bolognese nel 1511 Giambattista Pio, il quale scrisse:"Ad Amalfi fu inventato l'uso della calamita, Flavio lo dice" ("a Flavio traditur"). In seguito, secondo Chiara Frugoni, un errore di trascrizione, praticamente uno spostamento della virgola, del testo latino trasformò il Flavio fonte della notizia nel Flavio presunto inventore. Così la frase diventò:"Ad Amalfi fu inventato l'uso della calamita da Flavio, si dice" ("a Flavio, traditur"). Quindi ricostruendo i fatti, all'origine della leggenda che lo riguarda sta appunto una testimonianza dell'umanista forlivese Flavio Biondo, che aveva attribuito agli Amalfitani l'invenzione della bussola. Nel 1511, l'umanista bolognese Giovan Battista Pio, nei suoi In Carum Lucretium poëtam Commentarii, riprese l'informazione di Flavio Biondo in questi termini: Amalphi in Campania veteris magnetis usus inventus a Flavio traditur. La formulazione del testo latino è però ambigua, in quanto il complemento d'agente a Flavio, che nelle intenzioni dell'autore va letto in dipendenza da traditur (= "Viene tramandato da Flavio [Biondo] che l'uso della bussola sia stato inventato ad Amalfi in Campania"), può essere però riferito anche al participio passato inventus, ottenendo così: "Si tramanda che l'uso della bussola sia stato inventato ad Amalfi, in Campania, da Flavio", che per effetto di questa seconda lettura - erronea dal punto di vista del senso, ma perfettamente lecita sul piano grammaticale - divenne l'inventore della bussola. In seguito l'umanista ferrarese Lilio Gregorio Giraldi, nel suo De Re Nautica del 1540, attribuisce l'invenzione della bussola a tale "Flavio di Amalfi": a questa informazione, lo storico napoletano Scipione Mazzella aggiunse, non si sa perché, quella che "Flavio" sarebbe nato nella cittadina pugliese di Gioia del Colle, da qui il “Gioia”. In sintesi, la storica italiana Chiara Frugoni, in una propria ricerca, ha voluto dimostrare la non esistenza di Flavio Gioia. Nella puntata della trasmissione Superquark del 7 agosto 2008, lo storico Alessandro Barbero ha fatto riferimento allo studio della Frugoni, confermandone le conclusioni. ".

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