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LE ERESIE - LA CABALA

CABALA - GLI ERETICI

Cabala o Kabbalah o Qabbalah (XV secolo)



Serie di dottrine esoteriche e mistiche di origine ebraica. Secondo alcuni
autori, le tre grafie possibili della parola, che in ebraico significa
tradizione, indicano tre momenti di sviluppo di questa scuola:


Kabbalah
E' la scuola mistica ebraica nata circa 2000 anni fa. Il suo fondamento è lo
studio per arrivare al segreto della conoscenza di Dio, come manifestata
dalle seguenti 10 sefirôth, cioè stadi o emanazioni o attributi di Dio
stesso:
Keter (Corona eccelsa)
Chokhmah (Sapienza)
Binah (Intelligenza)
Chesod (Amore)
Dîn (Giustizia)
Rachamîn (Pietà)
Nezach (Eternità)
Hôd (Maestà)
Jesôd (Fondamento)
Malkûth (Regno)


Benché la K. sia strettamente collegata alla tradizione ebraica, e quindi,
osservante della halakhah (norme di comportamento) e della haggadah
(letteratura ebraica e scopo didattico), essa fa comunque uso di complesse
tecniche alfanumeriche, come:
notariqon, dove ogni parola può diventare l'acronimo di altre parole.
gematriah, dove ad ogni parola viene dato un valore numerico
temurah, dove avviene uno scambio di lettere di una parola per trasformarla
in un'altra.
Nella K. lo scopo degli studiosi si indirizzava verso due direzioni: la K.
speculativa, il cui fine era la conoscenza di Dio e la K. magica, che
approfondiva lo studio della magia dei numeri e delle lettere.


Cabala
Nel XIV e XV secolo, il mondo cristiano venne in contatto con i concetti
della Kabbalah, attraverso gli ebrei spagnoli convertiti al Cristianesimo (i
cosiddetti conversos), ma soprattutto per mezzo dei lavori di Pico della
Mirandola, in particolare alcune sue tesi contenute nelle Conclusiones
philosophiae, cabalisticae et theologicae, condannate nel 1486 dalla Chiesa
durante il papato di Innocenzo VIII (1484-1492).
In Europa, la C. si fuse con l'occultismo cristiano: infatti anche lo stesso
Pico affermò che la C. poteva servire a provare dottrine come la divinità di
Cristo e la Trinità.
Famosi studiosi di C. dell'epoca furono Johannes Reuchlin, Cornelius
Agrippa, Guillaume Postel e Paracelso (Bombast von Hohenheim).


Qabbalah
Inizio del XX secolo un revival delle Cabala, denominata Qabbalah, si
mischiò con elementi magici e fu largamente impiegato dal mago Aleister
Crowley (1875-1947) e dalla società ermetica dell'Alba Dorata (Golden Dawn).


Quartodecimani (II secolo)



L'usanza di celebrare la Pasqua il 14° giorno del mese di Nisan (mese
ebraico tra Marzo e Aprile, il cui inizio era stabilito dalla luna di
Marzo), indipendentemente dal giorno della settimana, e non nella domenica
successiva, fu detto quartodecimanismo e venne seguito dalle Chiese
Cristiane d'Oriente.
Tra i fautori di questa usanza vi fu il più autorevole personaggio dell'Asia
Minore cristiana del II secolo, S. Policarpo (ca. 80-167), vescovo di Smirne
e ultimo discepolo diretto degli Apostoli e più precisamente di San
Giovanni.
Egli cercò perfino di convincere Papa Aniceto (155-166) della bontà
dell'usanza quartodecimana durante un suo viaggio a Roma, ma i due si
lasciarono in buona armonia, senza comunque aver risolto la controversia.
Un atteggiamento più energico fu assunto da Papa Vittore I (189-199), che
nel 193 condannò la pratica q. e cercò perfino di scomunicare tutti i
cristiani, che la praticavano. Il vescovo Policrate di Efeso scrisse a
Vittore, difendendo la scelta fatta risalire direttamente agli Apostoli
Filippo e Giovanni (curiosamente Policrate non nominò nella sua lettera S.
Paolo, fondatore della Chiesa di Efeso).
In seguito la scomunica venne lasciata cadere per una generale levata di
scudi da parte dei vescovi orientali. Rimase però la decisione papale della
Pasqua domenicale, che fu ribadita nel Concilio di Nicea del 325, tuttavia
solo con il Concilio di Antiochia del 341, gli orientali abbandonarono
l'usanza q.
Alcuni autori riportano l'esistenza di una chiesa q. che sopravvisse fino al
V secolo, ma probabilmente questa venne confusa con il movimento dei
montanisti, che adottò questa usanza.



Quesnel, Pasquier (1634-1719)



Lo scrittore giansenista Pasquier Quesnel, nato a Parigi il 14 luglio 1634
da una antica e nobile famiglia, si laureò in filosofia e teologia
all'università della Sorbona. All'età di 23 anni (1657), Q. entrò, come
insegnante, nell'ordine degli oratoriani, fondato nel 1611 dal cardinale
Pierre de Bérulle (1575-1629), sull'esempio di quello di San Filippo Neri
(1515-1595), e nel 1662 egli fu nominato direttore del seminario parigino.
Nel 1672 furono pubblicate la sua Noveau Testament en français, avec des
reflexions morales (Il Nuovo Testamento in francese, con riflessioni
morali), un commento giansenista al Nuovo Testamento, che suscitò vive
polemiche e fu messo all'Indice. Stessa fine fece la sua edizione sulle
opere di Papa San Leo I (440-461), il cui commento fu tacciato di
gallicanesimo.
Nel 1684 l'assemblea generale degli oratoriani convocò Q. per fargli firmare
un documento di condanna delle idee gianseniste, e, al suo rifiuto, lo
espulse dall'ordine. Q. si rifugiò allora in Belgio, presso Antoine Arnauld,
di cui prese il posto come leader del movimento, alla morte di Arnauld nel
1694.
Nel 1703 egli fu arrestato a Bruxelles per ordine di Filippo V di Spagna (e
del Belgio) (1700-1724) e imprigionato nell'arcivescovato, ma riuscì ad
evadere ed a raggiungere l'Olanda, ad Amsterdam, dove visse per gli ultimi
16 anni della sua vita e dove morì il 2 dicembre 1719.
Nel frattempo Papa Clemente XI (1700-1721), che aveva condannato la sua
Noveau Testament en français, avec des reflexions morales la prima volta nel
1708, successivamente nel 1713 reiterò la condanna mediante la bolla
Unigenitus, documento di una insolita durezza e che stigmatizzava perfino
frasi perfettamente ortodosse contenute nel testo.
Questo fatto, giunto in un momento critico del rapporto tra papato e
episcopato francese, in seguito ai quattro articoli gallicani del 1682,
provocò una momentanea scissione nella Chiesa Cattolica francese quando il
cardinale Louis Antoine De Noailles, arcivescovo di Parigi (1651-1729), e
otto (in seguito diciotto) altri vescovi, appoggiati dalle facoltà di
Parigi, Reims e Nantes, oltre a circa 3000 ecclesiastici, non accettarono
affatto i contenuti della bolla e si appellarono al sinodo generale
francese. La reazione di Clemente XI fu durissima con l'emissione della
bolla Pastoralis officii (1718), che condannò l'appello e scomunicò gli
appellanti. Tuttavia i dissidenti rimasero sulle loro posizioni ed anche il
ritorno di De Noailles all'ortodossia nel 1728 non riportò la situazione
alla normalità: il parlamento francese continuò ancora per molto tempo a
rifiutare la bolla Unigenitus.


Molinos, Miguel de (1640-1696) e Quietismo



La vita
Il mistico Miguel de Molinos nacque il 21 dicembre 1640 a Muniesa, vicino a
Saragoza, in Spagna. Da giovane egli studiò, laureandosi e venendo ordinato,
a Valencia, dove successivamente poté godere del beneficio (rendita) della
locale chiesa di San Tommaso e fu confessore per un convento di suore.
Nel 1662 egli si trasferì a Roma, dove divenne amico del cardinale Benedetto
Odescalchi, il futuro Papa (energico, saggio ma alquanto intransigente)
Innocenzo XI (1676-1689). Nel 1675 M. pubblicò, in italiano, la sua Guida
spirituale, che disinvolge l'anima e la conduce per l'interior cammino
all'acquisto della perfetta contemplazione e del ricco tesoro della pace
interiore, seguita poco dopo dal Trattato della Comunione quotidiana. I due
testi passarono abbastanza inosservati fino al 1681, quando il predicatore
gesuita Paolo Segneri (1624-1694) attaccò le idee di M., pur non citandolo
direttamente.
Una prima inchiesta dell'Inquisizione assolse il mistico spagnolo, tuttavia
i soliti gesuiti non ebbero problemi a scatenare il re di Francia, Luigi XIV
(1654-1715), ansioso di mettere in difficoltà Innocenzo XI con il quale era
ai ferri corti per le posizioni gallicane della monarchia francese, a
denunciare, attraverso il cardinale César d'Estrées (1628-1714),
ambasciatore presso la Santa Sede, la presenza di un eretico a Roma proprio
nella persona di M., oltretutto amico del Papa.
M. fu arrestato nel maggio 1685 e, nonostante le intercessioni di amici
altolocati, fu processato per eresia e immoralità (quest'ultima accusa fu un
malinteso derivato da una particolare interpretazione della sua dottrina:
vedi sotto): la sentenza di condanna fu pronunciata il 3 settembre 1687
nella chiesa domenicana di Santa Maria sopra Minerva a Roma. M. dovette fare
pubblica ammissione dei propri errori e fu condannato alla prigione a vita e
a vestirsi con il saio dei penitenti.
Infine il 2 novembre 1687 Innocenzo XI firmò la bolla Colestis pastor, che
condannò 68 proposizioni contenute nella Guida spirituale e in altre opere
di M.
M. morì in carcere il 28 dicembre 1696.


La dottrina
Il quietismo mirava a privilegiare un rapporto diretto, una vera unione, con
Dio, ottenuto mediante uno stato di quiete, di passività, di annullamento
della volontà e di ogni pensiero intellettuale, rifiutando la consolidata
gerarchia ecclesiastica. L'uomo doveva percorrere la sua via interna
annichilandosi, abbandonandosi totalmente alla volontà di Dio senza pensare
a premi o punizioni e rimanere perinde ac cadaver (come un cadavere).
Facendo ciò, l'anima si annichiliva e ritornava alla fonte, l'essenza di
Dio, nella quale veniva trasformata e divinizzata.
Erano quindi disprezzate le attività esteriori del Cristianesimo, come le
preghiere (più il fedele si abbandonava alla volontà di Dio e più gli
risultava difficile recitare anche un semplice Padre Nostro), i sacramenti,
la ritualità.
L'accusa di immoralità rivolta a M. derivava dal convincimento quietista che
quando la purezza dell'anima fosse stata raggiunta con l'annichilazione
sopra descritta, l'uomo non doveva più chiedere niente a Dio, ma anche non
offrire resistenza alle tentazioni in quanto egli non avrebbe potuto più
peccare. Del resto un eventuale peccato (opera del diavolo) non andava
neanche confessato cosicché lo spirito potesse vincere il diavolo grazie
alla sua pace e all'unione più intima con Dio. Un credo questo simile a
quello del movimento medioevale dei fratelli del libero spirito, che, al
riguardo, rimandavano al passo di San Paolo: Tutto è puro per i puri
(Lettera a Tito 1,15).
Elementi della dottrina quietista si possono ritrovare nella storia del
Cristianesimo occidentale fino al `500: in alcune scuole gnostiche, nei
messaliani, nel movimento dei begardi e beghine, nei già citati fratelli del
libero spirito, nei mistici tedeschi come Johannes Eckhart, negli
alumbrados, e perfino nei santi mistici cattolici Teresa d'Avila (1515-1582)
e Giovanni della Croce (1542-1591).
Inoltre, nel XVII secolo, idee o istanze simili a quelle quietiste si
ritrovano espresse dai quaccheri di George Fox, dal giansenismo, dalla
mistica eterodossa francese (quietista ante-litteram) Antoinette Bourignon,
dal mistico spagnolo Juan Falconi (1596-1638), e soprattutto dai precursori
del pietismo luterano: Johann Arndt aveva pubblicato nel 1606 il suo lavoro
più famoso, Vier Bücher vom Wahren Christhentum [Quattro (diventati poi sei)
libri sul vero cristianesimo] e Jean de Labadie, dopo il 1650, aveva fondato
comunità mistica di adepti che si ritenevano predestinati alla salvezza e
che rifiutavano sacramenti, pratiche religiose, dogmi e gerarchia
ecclesiastica.


Il quietismo dopo Molinos
In Italia il più famoso seguace di M. fu il vescovo (poi cardinale) di Iesi,
Pier Matteo Petrucci, condannato nel 1687, mentre molto peggio andò ai
francescani minori conventuali Antonio Bevilacqua e Carlo Maria Campana,
decapitati nelle Carceri Nuove il 26 marzo 1695. Inoltre, nel 1708, fece
notevole scalpore il processo al prete bresciano Giuseppe Beccarelli
(1666-1716), accusato di quietismo, ma forse più noto per le gravi accuse di
sodomia nei confronti dei giovani che frequentavano il collegio bresciano,
di cui il Beccarelli era direttore.
Comunque la nazione dove il quietismo ebbe la diffusione più duratura fu la
Francia: a parte la mistica Antoinette Bourignon, gli esponenti più in vista
furono Jeanne Marie Guyon (detta Madame Guyon), una mistica ben introdotta
nell'aristocrazia francese e amica di Francoise d'Aubigne, Marchesa de
Maintenon (1635-1719) e moglie morganatica del re Luigi XIV (1654-1715); il
confessore della Guyon, padre François Lacombe (1643-1715); e l'arcivescovo
di Cambrai François de Fénelon.
Il grande nemico del quietismo fu Jacques Bénigne Bossuet (1627-1704),
predicatore e vescovo di Meaux, in Francia. Egli dispose l'arresto e
l'imprigionamento alla Bastiglia di Madame Guyon, entrò in polemica accesa
con Fénelon e fu il principale artefice della condanna, nel 1699, di
quest'ultimo da parte di Papa Innocenzo XII (1691-1700).


Cainiti e Quintillianiti (II secolo)



Una setta gnostica estremista, che, similmente ad altre sette gnostiche,
credeva che il Dio (o Demiurgo) del Vecchio Testamento fosse malvagio e
ostile all'umanità.
Perciò i c. veneravano tutti i personaggi della Bibbia, oppositori del
Creatore, come Esaù, Cam, gli abitanti di Sodoma e Gomorra, Giuda e
soprattutto Caino (da cui il nome della setta), l'eone decaduto per colpa di
sua madre Sophia (Eva) e quindi il personaggio depositario della gnosi.
Per quanto concerneva Giuda, l'altro importante riferimento dei c., nel loro
testo sacro, il Vangelo di Giuda, veniva spiegato come l'Apostolo avesse la
conoscenza (gnosi) del metodo per la salvezza degli uomini e come avesse
tradito Gesù, in quanto credeva che Cristo fosse un agente del Demiurgo
malvagio.
Un'altra scuola di pensiero dei c. credeva, invece, che il Demiurgo volesse
impedire il sacrificio e la sofferenza di Gesù, per rendere vano il Suo
intervento come Salvatore: il ruolo, quindi, di Guida era fondamentale per
aiutare a catturare e successivamente crocefiggere Gesù, da cui si deduce
che, in base a questo contorto pensiero, i c. consideravano l'Apostolo un
eroe!
I c., inoltre, come altri gnostici (Basilide, Carpocrate) credevano che
fosse possibile ottenere la salvezza passando attraverso ogni sorta di
esperienza, anche sessuale.
A riguardo i c. assumevano un forte atteggiamento antinomistico, praticando,
cioè, tutti gli atti proibiti dal Decalogo redatto da Mosè, profeta da loro
disprezzato, ed in tale senso fu particolarmente attivo un cainita di nome
Quintill, che in Africa fondò la setta detta dei Quintillianiti.


Quinto-monarchisti (XVII secolo)



I Fifth Monarchy Men o Fifth Monarchists (Quinto-monarchisti) furono un
movimento religioso millenarista inglese, attivo dal 1649 dal 1661, cioè per
tutto il periodo del Commonwealth del Lord Protettore Oliver Cromwell
(1599-1658).
Il nome di quinto-monarchisti della setta prese origine dall'episodio del
libro di Daniele, nell'Antico Testamento, dove il profeta interpretò il
sogno del re Nabucodonosor, profetizzando l'avvento di un quinto regno,
fatto sorgere da Dio e che avrebbe distrutto i precedenti e sarebbe durato
per sempre.
Questi riferimenti al millenarismo furono molto frequenti durante gli anni
1640-1660, il ventennio cioè della storia inglese che comprendeva la guerra
civile, la decapitazione del re Carlo I (1625-1649), e il successivo
interregno, periodo nel quale proliferarono sette e pubblicazioni
apocalittiche, come il popolare The personal reign of Christ upon Earth (il
regno personale di Cristo in terra) del 1642, scritto dal reverendo q. Henry
Archer, il quale profetizzò la conversione dei giudei e la distruzione di
turchi nel 1650 e la parusia (seconda venuta in terra di Cristo) per il
1700.
La setta q. generò intorno al 1649 da alcuni predicatori laici e religiosi
indipendenti e battisti, che avevano in comune lo spirito millenarista, il
cui messaggio era di prepararsi alla parusia, riformando il parlamento ed il
governo inglese. Altri elementi erano l'amore fraterno per i poveri, il
rilascio dal carcere dei debitori, l'abolizione delle tasse.
Il un primo momento i q. appoggiarono Oliver Cromwell, con la speranza che
egli avrebbe riformato la società corrotta, e in ciò essi si allinearono
alle attese del levellers di John Lilburne, ma quando Cromwell decise di
perseguitare i levellers e di reprimere un tentativo di ammutinamento di
solidarietà nell'esercito, usando la parte rimastagli fedele del New Model
Army [l'esercito parlamentare, comandato da Sir Thomas Faifax (1601-1671)],
nella battaglia di Burford del maggio 1649, i q. si trovarono ad essere
l'unica forza di opposizione al futuro Lord Protettore.
Cromwell tuttavia isolò progressivamente i q., dapprima sciogliendo nel
dicembre 1653 il parlamento Barebone [chiamato così dal nome da uno dei suoi
più influenti membri: Praise-God Barebone (ca.1596-1680)], dove i q. avevano
un notevole appoggio dai delegati radicali, poi varando un nuovo parlamento
e governo favorevoli alla sua politica.


Thomas Harrison
Alfiere della protesta q. fu l'ex generale di brigata Thomas Harrison
(1610-1660), deputato nel parlamento Barebone ed amico intimo di Cromwell.
Forte della sua immagine di eroe nazionale, Harrison poté parlare a nome dei
q., aiutando la loro causa, ma Cromwell spazzò via anche la sua opposizione,
facendolo degradare ed arrestare per ben due volte pretestuosamente per
sovversione. Ironia della sorte, Harrison fu fatto impiccare, e poi
squartare mentre ancora moribondo, non da già Cromwell, bensì nel 1660 dai
realisti di Carlo II (1649-1685), che non gli avevano mai perdonato di aver
firmato nel 1649 la condanna a morte di Carlo I.
Alla morte di Harrison, la leadership dell'ala più oltranzista dei q. fu
assunta dal commerciante in botti Thomas Venner (m.1661), che aveva già
organizzato dei complotti, falliti, contro Cromwell nel 1657 e 1659.
Venner tentò una disperata insurrezione nel gennaio 1661, ma, come era
prevedibile, il colpo fallì e Venner e gli altri capi della rivolta furono
decapitati. Le successive repressioni stroncarono definitivamente il
movimento q., oltre a perseguitare anche altre sette, a causa delle loro
dottrine simili a quelle dei q., come i quaccheri, i giacobiti e i
sabbatariani.


Bernard Marty (o Bertand d'En Marti) (vescovo cataro) (m. 1244)



"Figlio maggiore" del vescovo cataro di Tolosa, Guilhabert de Castres e suo
successore, famoso nella storia degli albigesi per la strenua difesa della
roccaforte simbolo di questa setta: Montségur.
B. difese eroicamente il pog (picco) di Montségur dal maggio 1243 al 16
marzo 1244 con 70 "perfetti", le loro famiglie ed una ridotta guarnigione,
al comando di Pierre-Roger de Mirepoix, per un totale di ca. 500 persone
contro un esercito assediante di 10.000 soldati (secondo una stima, forse
esagerata, di alcuni storici) al comando del siniscalco di Carcassonne,
Hugues de Arcis.
L'assedio iniziò nel maggio 1243, ma fu solamente alla fine di dicembre, che
gli assedianti riuscirono a portarsi in una posizione strategicamente più
favorevole, fiaccando la resistenza dei catari.
In questi ultimi mesi dell'assedio di Montségur, si svilupparono le leggende
più varie, legate al favoloso "tesoro" dei catari, messo in salvo chissà
dove oppure alla fuga dalla rocca, il giorno prima della resa, di quattro
"perfetti" a conoscenza di misteriosi segreti, sui quali alcuni autori, più
o meno fantasiosamente, hanno speculato nei secoli successivi: dal Sacro
Graal all'ubicazione della tomba con le spoglie mortali di Gesù ecc.
Il 16 marzo 1244 la guarnigione si arrese e furono lasciati liberi solo i
soldati al comando di Mirepoix.
Ben altra sorte attendeva i ca. 205 (o forse 225) catari, tra i quali, oltre
a Marty, facevano parte Raimond Agulher, vescovo della chiesa catara del
Razès e i famigliari di Ramon de Perella (o Raymond de Péreille), signore
del luogo, e più precisamente la moglie Corba de Lanta, la figlia
Esclarmonde de Péreille (alla cui vita e morte sul rogo fa probabilmente
allusione una cantata del trovatore occitano Guilhem de Montanhagol) e la
suocera, marchesa de Lanta .
Tutti furono bruciati sul rogo, sul quale salirono cantando, sicuri della
loro salvezza in Dio.
Il luogo fu rinominato Prat dels Cremats (Prato dei Bruciati).


Gomar (o Gomarus), Franz (o Francois) (1563-1641) e gomaristi



Il teologo Franz Gomar nacque a Bruges, in Belgio, il 30 gennaio 1563, da
una famiglia, che nel 1578 abbracciò la fede protestante e fu per questo
costretta ad emigrare nel Palatinato, in Germania.
G. studiò a Strasburgo, sotto l'insegnamento dell'educatore riformato
Johannes Sturm (1507-1589), successivamente a Neustadt con i professori
riformati Zacharius Ursinus (Zaccaria Ursino)(1534-1583) e Girolamo Zanchi,
cacciati da Heidelberg perché non luterani, ed infine nel 1582 in
Inghilterra, e più precisamente ad Oxford con il puritano John Rainolds
(1549-1607) e a Cambridge con il calvinista William Whitaker (1548-1598). In
quest'ultima università G. si laureò nel 1584.
Tra il 1587 ed il 1593 G. fu pastore di una chiesa riformata olandese a
Francoforte, ma nel 1594 gli fu offerto il posto di professore di teologia
all'università di Leida, in Olanda.
Nel 1602 divenne suo collega Jacob Arminius, successore del professore di
teologia Franz Junius (1545-1602): lo scontro ideologico fra Arminio,
fautore dell'introduzione del libero arbitrio nel calvinismo e G., rigido
osservante della forma più estrema del calvinismo, il cosiddetto
supralapsarianismo, fu immediato e senza quartiere. La leadership di G. fu
tale che i suoi seguaci assunsero il nome di gomaristi.
Nonostante la strenua opposizione di G., alla morte di Arminio nel 1609,
diventò suo successore alla cattedra di teologia, il suo seguace Konrad von
der  Vorst (Vorstius) (1569-1622), che pubblicò nel 1610 il Tractatus
Theologicus de Deo, ritenuto da G. un testo eretico [Vorstius sarebbe stato
poi condannato da sinodo di Dort (1618-19) ed espulso dall'Olanda].
Nel 1611, però, amareggiato per le polemiche sorte con l'elezione di
Vorstius, G. decise di rassegnare le dimissioni per ricoprire di seguito i
ruoli di predicatore di una chiesa riformata a Middleburg nel 1612, poi
professore di teologia a Saumur nel 1614 ed infine, dal 1618 fino alla
morte, professore di teologia e lingua ebraica a Groningen.
Ciò non gli impedì, comunque, di partecipare al sinodo di Dort (Dordrecht)
nel 1618-19, dove, grazie alla sua influenza, venne condannata ufficialmente
la dottrina arminiana, e di contribuire alla traduzione in olandese del
Vecchio Testamento nel 1633.
G. morì a Groningen l'11 gennaio 1641.


Ramirdo (m. 1077)



Nel 1076, un contadino, ma secondo alcuni autori un ex prete, di Scherie
nella diocesi di Cambrai, tale Ramirdo, si mise a predicare contro la
corruzione dei preti e a sostenere la nullità dei sacramenti amministrati da
preti e vescovi, che si erano macchiati di peccati di simonia e concubinato.
Per questo, R., che oramai aveva raccolto intorno a sé una folta schiera di
seguaci, principalmente tessitori della zona, venne arrestato, condannato da
un sinodo locale con l'accusa di eresia e bruciato vivo, nel Marzo 1077,
dalle guardie del vescovo di Cambrai.
L'episodio suscitò le indignate proteste di Papa Gregorio VII (1073-1085),
che istituì un'inchiesta.
Fu stabilita la totale innocenza di R. considerato per questo fatto un
martire, mentre Gregorio lanciò successivamente una interdizione sulla
diocesi di Cambrai.
Furono, infatti, proprio la simonia ed il concubinato del clero, oggetto
degli strali di R., che Gregorio dovette combattere per tutta la sua vita
nella sua opera di riforma ecclesiastica.


Bullinger, Johann Heinrich (1504-1575)



Johann Heinrich Bullinger nacque nel 1504 a Bremgarten, nel cantone di
Argovia, in Svizzera.
Studiò per quattro anni con i monaci certosini ad Emerich (Germania), ma fu
successivamente convertito alla Riforma da Ulrich Zwingli, di cui divenne un
fervente seguace, sposandone la figlia e subentrando a questi nella guida
della Chiesa riformata di Zurigo, dopo la tragica morte di Zwingli durante
la battaglia di Kappel del 1531.
Il suo principale impegno fu quello di evitare il riassorbimento del
pensiero del suo maestro nel più popolare calvinismo, di cui non condivideva
la dottrina della predestinazione (non che lo rifiutasse in toto, ma non
poteva credere che Dio volesse la dannazione dei peccatori), i rapporti
troppo stretti con l'autorità civile, e il concetto di una partecipazione
reale di Cristo nell'Eucaristia.
A proposito di quest'ultimo argomento, nel 1549 B. firmò il Consensus
Tigurinus assieme a Calvino e Farel: nell'accordo non si faceva menzione del
termine substantia, (sebbene il termine presenza reale fosse rimasto nel
testo) un successo comunque per B, che era riuscito a portare Calvino su
posizione più vicine all'interpretazione simbolica dell'Eucaristia, cara a
Zwingli. Tuttavia resta sempre il dubbio che i riformatori ginevrini abbiano
accettato il compromesso dottrinale per un'opportunità politica: quella di
non isolare la loro città dal resto della Svizzera riformata. Nuovamente,
dopo la morte di Calvino, anche il suo successore, il diplomatico Théodore
di Béze, impegnato in una disputa sull'Eucaristia con B., preferì non
insistere sulle sue posizioni per mantenere l'unità della Chiesa riformata.
Nel 1563 B. fu favorevole al Catechismo di Heidelberg (1563): questo testo,
benché scritto dai calvinisti Caspar von der Olewig (Olevianus o Olevian)
(1536-1585) e Zacharias Beer (Ursinus) (1534-1583), non faceva menzione alla
dottrina delle predestinazione e per quanto concerne l'Eucaristia, si
allineava più sulle posizioni zwingliane. Il Catechismo di Heidelberg
influenzò poi il testo della Seconda Confessio Helvetica del 1566, scritto
da B. stesso, in risposta ad una richiesta dell'Elettore-Palatino Federico
III, detto il Pio (1559-1576), che aveva annunciato la sua adesione al
calvinismo nel 1563.
B., saggio e moderato, godeva di grande prestigio all'estero, presso la
Chiesa riformata scozzese di John Knox, in Francia con l'amico filosofo
Pierre de la Ramée (Ramus) (1515-1572), nei Paesi Bassi, dove i suoi scritti
erano molto popolari, e, grazie all'amico John Hooper, negli ambienti
anglicani: quando Pio V (1566-1572) confermò la scomunica di Elisabetta I
d'Inghilterra (1558-1603), fu B. ad aiutare la regina inglese a preparare
un'adeguata risposta. Del resto proprio il riformatore zurighese ospitò
alcuni vescovi riformati inglesi profughi in Svizzera, in occasione delle
persecuzioni durante il regno della sorella cattolica di Elisabetta, Maria
Tudor, detta la Sanguinaria (1553-1558).
L'atteggiamento di B. nei confronti delle frange radicali fu non sempre
costante: da una parte amico dell'antitrinitariano Lelio Sozzini, dall'altra
dapprima ammiratore, ma successivamente avversario del movimento
anabattista, soprattutto dopo le atrocità compiute a Münster.
B. morì a Zurigo nel 1575.


Ranters (XVII secolo)



I Ranters (dall'inglese to rant: parlare in modo ampolloso) erano una setta
radicale protestante inglese, che fiorì nel biennio 1649-50, all'indomani
cioè dell'arresto ed esecuzione capitale del re Carlo I d'Inghilterra
(1625-1649).
I R. rappresentarono un caso estremo di antinomismo, cioè della convinzione
dell'inutilità della legge morale. Essi infatti pensavano di essere
all'inizio dell'era dello Spirito Santo, profetizzata dall'abate cistercense
Gioacchino da Fiore, dove gli uomini sarebbero stati direttamente ispirato
da Dio e dove quindi le organizzazioni religiose e le Sacre Scritture
sarebbero state superflue.
L'estremismo, espresso dai R., sfociò nel panteismo mistico (Dio è in ogni
cosa) simile a quello del XII secolo di Amaury di Béne, e nel noto concetto
antinomiano Siccome Dio è in ogni uomo, egli non può peccare, un'idea non
del tutto originale in quanto già espressa da diverse sette religiose, come
ad esempio i Fratelli del Libero Spirito  o il movimento della Libera
Intelligenza del XIII secolo. Venivano respinte tutte le forme esteriori di
religione, perfino la Bibbia: siccome tutto veniva da Dio, tutto poteva
essere usato in comune da parte di tutti, un concetto non molto dissimile da
quello di altri gruppi come i familisti o i quaccheri.
Il comportamento dei R. fu molto scandaloso e privo di valori morali: essi
si distinsero per bestemmia, adulterio, eccesso di tabacco e alcool,
incesto, e furono spesso accusati di orge e fornicazioni.
I due rappresentanti più significativi del movimento R., ambedue
imprigionati per i loro scritti, furono Laurence Clarkson (1615-1667), che
si convertì successivamente al muggletonianismo, e Abiezer Coppe
(1619-1672),.
Questi loro scritti scatenarono la reazione del Parlamento inglese, che nel
maggio 1650, promulgò la Adultery Act (legge contro l'adulterio) e,
nell'agosto dello stesso anno, la Blasfemy Act (legge contro la blasfemia)
proprio contro il fenomeno R. I sei mesi di carcere duro previsto da questi
leggi arginarono il fenomeno, che, dopo il 1654, declinò rapidamente fino
quasi a scomparire dopo la restaurazione nel 1660.


Ratramno di Corbie (m. ca. 868)



Ratramno era un monaco dell'abbazia benedettino di Corbie (vicino ad Amiens,
nella Francia settentrionale), chiamato in causa dal re dei Franchi
occidentali Carlo il Calvo (re: 843-875 e imperatore: 875-877) nel 844 in
occasione della polemica sulla transustanziazione durante l'Eucarestia,
sollevata dall'abate dello stesso monastero di Corbie, Pascasio Radberto.
Quest'ultimo aveva scritto nel 831 la sua opera più importante, De corpore
et sanguine Domini (Del corpo e sangue del Signore), nella quale aveva
presentato la sua dottrina sulla transustanziazione durante l'Eucarestia, ma
dove aveva esagerato nell'affermare l'identità del Corpo naturale di Cristo
con il Suo Corpo eucaristico.
La tesi ufficiale, infatti, fino a quel momento era che il pane ed il vino,
durante l'Eucarestia, si trasformavano solo simbolicamente nel Corpo e nel
Sangue di Cristo.
Pascasio, invece, insistette sul fatto che l'essenza (ovviamente non
l'apparenza) del pane e del vino si trasformava realmente in quel Corpo e in
quel Sangue, che era nato da Maria e aveva patito sulla croce. Quindi il
sacramento non era una semplice cerimonia, ma un vero e proprio sacrificio,
che ogni volta si ripeteva solamente, però, per i fedeli, perché questo
miracolo non accadeva invece per i non credenti.
Quando fu pubblicato il lavoro, ci fu un coro di proteste da parte dei
teologi dell'epoca, tra cui Rabano Mauro (ca.784-856), abate di Fulda, che
vedevano in questa dottrina idee sconvolgenti quasi di tipo cannibalistico.
R. scrisse, a sua volta, un lavoro dal titolo identico a quello di Pascasio,
dove egli insistette sul fatto che la presenza di Cristo nell'Eucarestia
fosse un mistero, non riducibile ad una trasformazione alla lettera del pane
e del vino. Inoltre, secondo R., era il corpo divino di Cristo ad essere
presente nel sacramento non la Sua carne.
R. non fu dichiarato eretico durante la sua esistenza terrena, tuttavia,
dopo la sua morte avvenuta nel 868, il suo attacco alle dottrine di Pascasio
Radberto, diventate nel frattempo accettate e ortodosse, costò una condanna
postuma al suo libro, condannato e bruciato al Concilio di Vercelli del
1050.
Questo insegnamento della presenza meramente simbolica di Cristo
nell'Eucarestia fece sì che questo libro finisse nel 1599 nell'Index
Librorum Prohibitorum, per esservi tolto solo nel 1900.


Muggleton, Lodowick (1609-1698) e muggletoniani



La setta religiosa dei muggletoniani si sviluppò in Inghilterra all'indomani
della guerra civile (1642-46) e prese il nome da uno dei fondatori, Lodowick
Muggleton. Il messaggio di fondo della setta era di tipo millenarista (la
Terza Era dello Spirito Santo di gioachimita memoria) e basato sulla
interpretazione di un passo del Libro dell'Apocalisse (XI:3-6):
E io darò ai miei due testimoni di profetare, ed essi profeteranno per
milleduecentosessanta giorni, vestiti di cilicio.
Questi sono i due olivi e i due candelabri che stanno nel cospetto del
Signore della terra.
E se alcuno li vuole offendere, esce dalla loro bocca un fuoco che divora i
loro nemici; e se alcuno li vuole offendere, bisogna ch'ei sia ucciso in
questa maniera.
Essi hanno il potere di chiudere il cielo onde non cada pioggia durante i
giorni della loro profezia; e hanno potestà sulle acque di convertirle in
sangue, potestà di percuotere la terra di qualunque piaga, quante volte
vorranno.
Questo ruolo di due testimoni venne reclamato dal 1652 dai due cugini John
Reeve (1608-1658) e Lodowick Muggleton (1609-1698), che affermavano di aver
avuto la chiamata da Dio per preparare il Regno dei Santi. C'era stato, per
la verità, un precedente nel 1636 con due tessitori di Colcester, che si
erano auto-proclamati i due testimoni, ma questi ebbero scarso seguito e
morirono miseramente in prigione nel 1642.
Quindi nel febbraio 1652 John Reeve, che faceva il sarto di Londra, disse di
aver ricevuto tre visioni da Dio e che l'Onnipotente l'aveva nominato Suo
profeta, mentre Lodowick Muggleton, suo cugino, che aveva avuto simili
visioni, fu nominato Suo portavoce.
La dottrina della setta fu un misto di dottrine dei Ranters, dei Familisti,
dei Behmenisti con buona dose di millenarismo e predestinazione, mentre fu
fortemente in contrasto con le idee di George Fox, il fondatore del
movimento quacchero, e dei battisti.
Benché la setta avesse preso in seguito (dal 1676) il nome del suo
principale organizzatore Muggleton, fu Reeve (da cui il termine, meno usato,
di Reeveoniani) il leader carismatico del movimento fino al 1658, e i suoi
seguaci lo temevano, in quanto, come Profeta di Dio, egli affermava di
sapere chi si sarebbe salvato e chi no.
Dal 1653 i due incominciarono ad avere i primi guai giudiziari: per le loro
convinzioni furono imprigionati una prima volta nella prigione di Bridewell,
a Londra, in seguito alla Blasfemy Act (legge contro la blasfemia), creata
in realtà contro la setta dei Ranters. Nel 1654 un secondo periodo di
carcere fu loro comminato per aver maledetto un reverendo, che
effettivamente morì dopo poco. Dopo la morte di Reeve, Muggleton fu
imprigionato una terza volta nel 1676, sempre per blasfemia.
Nel 1658 morì quindi John Reeve e Muggleton ebbe i suoi problemi nel
mantenere la leadership del movimento contro i presunti eredi spirituali di
Reeve, tra cui l'ex ranter Laurence Clarkson (1615-1667).
Muggleton diede una svolta moderata alla setta, ammorbidendo i toni
millenaristi e sviluppando una sua dottrina, basata su una presunta
indifferenza di Dio per il suo creato, il che rendeva superfluo e inutile,
atti come la preghiera, l'adorazione, il martirio etc.
Altri punti della dottrina muggletoniana, che pareva più una filosofia della
ragione che un vero pensiero religioso, furono l'unitarianismo o
anti-trinitarianismo (Gesù era un uomo come altri) la negazione dell'aldilà
e la mortalità dell'anima, il paradiso o l'inferno in terra, l'estrema
informalità delle cerimonie religiose e la tolleranza verso altre sette
religiose.
Questa moderazione e tolleranza mise al sicuro Muggleton e i suoi seguaci
contro possibili persecuzioni, specialmente dopo la restaurazione del re
Carlo II nel 1660.
Muggleton morì nel 1698 e la sua setta continuò a fiorire soprattutto nelle
campagne e città industriali del centro-sud Inghilterra e si esaurì
solamente alla metà del XX secolo, quando morì l'ultimo membro ufficiale del
movimento.


Reformed Dutch Church (Chiesa olandese riformata in America) (dal 1628)



Premessa
La denominazione di riformata si applicò dal XVI secolo alle chiese
calviniste, che seguivano quindi la dottrina di Giovanni Calvino: in
particolare l'Olanda si distinse fin dall'inizio, grazie all'attività di Guy
de Bray, che nel 1561 elaborò la Confessio Belgica, diventato testo
ufficiale della Chiesa riformata olandese dopo il sinodo di Emden del 1571.
Già dal 1576, con la pacificazione di Gand alla fine delle ostilità fra i
protestanti olandesi e i cattolici spagnoli, la Chiesa riformata era ben
consolidata sul territorio dei Paesi Bassi, ed un particolare sviluppo lo
ricevette, quando emigranti olandesi portarono la loro fede nella colonia di
Nuova Amsterdam (poi venduta nel 1664 ai coloni inglesi che cambiarono il
nome in New York), dove nel 1628 fu fondata la prima chiesa riformata
olandese sul territorio americano.


Storia della chiesa olandese riformata in America
La Chiesa riformata protestante olandese (Reformed Protestant Dutch Church)
nacque quindi nel 1628 su iniziativa del reverendo Jonas Michaelius
(1577-1638) con 50 fedeli presenti alla prima celebrazione della Cena del
Signore e oggigiorno ancora quattro chiese in New York City discendono
direttamente da essa.
Nel 1664, come già detto, la colonia di Nuova Amsterdam venne venduta agli
inglesi, che garantirono la libertà di culto alla Chiesa formata oramai da
10.000 fedeli e 11 chiese. Tuttavia in seguito i governanti inglesi
cercarono di imporre abitudini ecclesiastiche britanniche, cosa che acuì la
tensione fra le due comunità.
Nel XVIII secolo, man mano, la comunità si affrancò dal legame con la terra
d'origine: già da tempo era infatti cessata l'immigrazione dall'Olanda.
Inoltre nel 1747 l'assemblea ecclesiastica si rese indipendente dalla
giurisdizione (denominata classis) di Amsterdam, nel 1764 si iniziò ad
utilizzare la lingua inglese per le funzioni religiose, nel 1792 la chiesa
si dotò di una propria costituzione e nel 1794 ebbe luogo il primo Sinodo
Generale.
Dal 1846 diversi coloni di fede riformata olandese migrarono nel Midwest
(area centro-occidentale degli USA), soprattutto nello stato del Michigan,
dove nel 1857 un gruppo di essi, in contrasto con la chiesa olandese che
accusavano di lassismo e di tollerare la Massoneria, si scissero dalla
chiesa madre, formando la True Holland Reformed Church (Chiesa olandese
riformata vera), mentre i fedeli del filone principale cambiarono nel 1867
il nome della chiesa nell'attuale denominazione di Reformed Church in
America (RCA) (Chiesa riformata in America).


Gli eredi della chiesa olandese riformata oggigiorno
Oggi la denominazione più diffusa è appunto la Reformed Church in America
(RCA), che conta 898 chiese e 306.000 fedeli in Stati Uniti (web site:
http://www.rca.org/).
L'altra denominazione è la Christian Reformed Church in North America
(CRCNA), (web site: http://www.crcna.org/cr/crwb/index.htm) erede della True
Holland Reformed Church e che ha 207.000 adepti, ma non aderisce al Concilio
Mondiale delle Chiese.
Altri gruppi isolati di riformati olandesi sono confluiti nella grande
fusione del 1961 con il General Council of Congregational Christian Churches
e la Evangelic and Reformed Church per formare la United Church of Christ
(Chiesa unita di Cristo), la più grossa denominazione calvinista non
presbiteriana, attualmente presente in USA.
Nonostante la relativamente scarsa diffusione della chiesa riformata
olandese negli USA (solo 0.1% della popolazione), ben due (su 43) Presidenti
della Repubblica, Martin Van Buren e Theodore Roosevelt, appartenevano a
questa confessione.


Podiebrad Kunstadt, Georg von (1420-1471)



Georg von Podiebrad Kunstadt nacque da famiglia nobile nel 1420 a Podèbrady,
in Boemia e, intorno al 1445, fu nominato governatore di Praga
dall'imperatore Federico III (1440-1493), tutore del re minorenne di Boemia
e d'Ungheria, Ladislao V Postumo  (n. 1440- m. 1457).
Era il periodo immediatamente successivo alle Compactata di Basilea, una
serie di deroghe dottrinali, che riproducevano i Quattro Articoli di Praga
(concepiti nel 1420 da Jakoubek di Stribo): esse furono concesse agli
hussiti dal Concilio di Basilea (1431-1439) e quindi ratificate nel 1436
dalla Dieta di Iglau (Jihlava) in Moravia, dove i cattolici e gli hussiti
avevano accettato reciprocamente le Compactata e l'obbedienza al Concilio.
Tuttavia l'accordo non aveva portato la sperata pace in Boemia, dove
continuarono nuove lotte interne culminate nel 1448, quando il governatore
P. reagì con forza ai tentativi dei cattolici di riprendersi i beni
confiscati durante le guerre hussite e di rievangelizzare la regione con una
attività martellante dei predicatori francescani agli ordini del Vicario
generale, San Giovanni Capistrano (1386-1456).
P. venne successivamente nominato reggente nel 1452 e, alla morte di
Ladislao Postumo nel 1457, diventò re di Boemia il 2 Marzo 1458. In quegli
anni egli si impegnò attivamente a reprimere gli ultimi focolai dei
taboriti, che erano già stati duramente sconfitti dagli utraquisti, alleati
per l'occasione con i cattolici, nella battaglia di Lipau (Lipany) del 1434.
Ma nel 1462 avvenne l'inaspettata rottura con Roma: il Papa Pio II
(1458-1464) dichiarò nulle le Compactata del 1436, da sempre sostenute da
P., convinto utraquista.
P. ignorò le disposizioni papali, scontrandosi duramente con il successore
Papa Paolo II (1464-1471), il quale lo convocò a Roma nel 1465 e, di fronte
al rifiuto del re di comparire, lo scomunicò nel 1466.
P. divenne quindi per i cattolici il "Re degli eretici"  e contro la Boemia
nel 1467 fu indetta da Paolo II una crociata capeggiata dal re ungherese
Mattia Corvino (1458-1490).
Dopo tre anni di guerra, nella quale le truppe di Mattia occuparono la
Moravia, Slesia e Lusazia, P. fu deposto nel 1470 e morì il 22 Marzo 1471.
In seguito la Boemia cadde sotto il dominio della dinastia polacca degli
Jagelloni: divenne infatti re di Boemia (e dal 1490 anche di Ungheria)
Ladislao II (1471-1516), figlio di Casimiro IV di Polonia (1444-1492).


Renata di Francia, duchessa di Ferrara (1510-1575)



I primi anni
Figlia secondogenita di Luigi XII di Francia (1498-1515) e di Anna di
Bretagna, cognata-cugina di Francesco I di Francia (1515-1547), Renata
(Renée) nacque a Blois, in Francia, il 25 ottobre 1510. Rimasta orfana a
soli 5 anni, R. fu accolta alla corte del cognato Francesco I e della moglie
Claudia, sorella di R.
In quegli anni, si fece sentire in Francia l'attività riformatrice della
Chiesa cattolica locale da parte del vescovo Guillaume Briçonnet, del
riformatore Guillaume Farel , e del loro maestro Jacques Le Fèvre, attività
che, pur dall'interno della Chiesa e accettandone la gerarchia, ebbe
comunque applicazione pratica nell'esperimento, durato solo fino al 1546,
della chiesa riformata a Meaux.
Le Fèvre, il famoso umanista noto anche con il nome latinizzato di Jacobus
Faber Stapulensis,  autore nel 1512 del Commentari in epistoles Sancti
Pauli, nonostante le persecuzioni contro i riformati, rimase comunque
intoccabile sotto la protezione personale del re di Francia, Francesco I e
dell'influente sorella Margherita di Angoulême e divenne inoltre insegnante
di R., alla quale trasmise il concetto del primato della Sacra Scrittura
sugli insegnamenti della Chiesa, e della salvezza sola fide.
Dopo essere stata promessa in sposa, nell'ordine, al famoso condottiero
Gastone di Foix (1484-1512), a Carlo d'Austria (il futuro imperatore Carlo
V: 1519-1566), all'arciduca d'Austria Ferdinando I (1521-1564), ad Enrico
VIII d'Inghilterra ed al principe elettore Gioacchino II di Brandeburgo
(1535-1571), R. andò finalmente in sposa al futuro Duca Ercole II d'Este
(1543-1559) il 28 giugno 1528.


Renata a Ferrara
R. dunque, accompagnata dalla fedelissima governante Michelle de Saubise
anch'essa salda nella fede riformata, dovette lasciare, a malincuore, la
Francia per recarsi a Ferrara, dove iniziò a creare un punto di sicuro
riferimento per tutti i protestanti italiani dell'epoca. Infatti la duchessa
accolse e protesse molti perseguitati religiosi a corte, tra cui si
ricordano Ambrogio Cavalli, Giulio Della Rovere, Celio Secondo Curione,
Andrea Ghetti da Volterra, Fulvio Pellegrino Morato, Francesco Porto
(1511-1581), il prete anabattista Antonio Pagano, il poeta francese Clément
Marot (1496-1544), fino a Giovanni Calvino in persona, che nel 1536 si recò
a Ferrara, sotto lo pseudonimo di Carlo d'Espeville, dopo aver appena
pubblicato a Basilea l'opera base della sua dottrina, la Christianae
religionis institutio. R. inoltre aiutò diversi riformisti in difficoltà,
come nel 1542, quando fece uscire da prigione Camillo Renato.
Dal 1551 circa, o forse già da prima, R faceva celebrare regolarmente la
funzione religiosa protestante della Cena del Signore, alla quale partecipò
una volta Isabella Bresegna (moglie di don Garcia Manrique, governatore di
Piacenza), già in contatto con i circoli valdesiani  a Napoli, e convertita
successivamente alla Riforma.


Il caso di Fanino Fanini
Il casus belli tra R. ed il marito, sempre più spiazzato dalle prese di
posizione religiose della duchessa, scoppiò nel 1550, in occasione del
processo e della condanna del fornaio riformato di Faenza, Fanino Fanini. Il
processo si era concluso il 25 settembre 1549 con la condanna al rogo di
Fanini, tuttavia il duca fu notevolmente recalcitrante nel far eseguire la
sentenza, anche per una inusitata corsa alla solidarietà e ai tentativi di
far liberare il fornaio faentino da parte di illustri personaggi dell'epoca,
come il famoso capitano di ventura Camillo Orsini (1491-1559), la nuora
Lavinia Franciotti della Rovere Orsini e Olimpia Morato (figlia di Fulvio
Pellegrino): le ultime due, probabilmente sollecitate dalla duchessa,
cercarono di intercedere presso il duca nella primavera 1550 e visitarono il
prigioniero in carcere per portargli l'elemosina della duchessa.
Perfino R. in persona cercò di intervenire presso il marito, ma, dopo
l'elezione del nuovo papa, Giulio III (1550-1555) nel febbraio 1550, il duca
fu fatto oggetto di pressioni e ricatti da parte del famigerato inquisitore
cardinale Giovanni Pietro Carafa, poi Papa Paolo IV (1555-1559): Carafa
minacciò che se Ercole non avesse acconsentito all'esecuzione di Fanini (che
fu infatti giustiziato mediante impiccagione, seguita dal rogo, a Ferrara il
22 agosto 1550), l'Inquisitore Generale avrebbe aperto un procedimento
contro la duchessa stessa.


La conversione forzata di Renata
Tuttavia fu R. stessa, oramai ben radicata nel suo credo riformato, a
offrire il fianco alle critiche, quando, dopo 12 anni di esenzione dal
partecipare alla messa cattolica, nel marzo 1554 R. si oppose con fermezza a
che le figlie partecipassero alla celebrazione della Pasqua. Ercole II era
sempre più furibondo per questa ostinazione della moglie, oltretutto
amplificata dalle pressioni messe in atto dai Gesuiti, comandati dal rettore

del Collegio di Roma, Jean Pelletier, e si vide obbligato a far chiamare
dalla Francia il noto teologo, capo dell'Inquisizione francese e priore dei
domenicani, Matthieu Ory.
La contromossa di R. di chiamare il teologo riformato e pastore della Chiesa
calvinista di Parigi, François Morel, inviato da Calvino, esasperò
ulteriormente il duca, che nel settembre 1554 relegò la moglie nel palazzo
di San Francesco, che successivamente avrebbe preso il nome di Palazzo della
Duchessa, e minacciò di rinchiudere per sempre le figlie in convento, se R.
non avesse accettato di ubbidire ai precetti della Chiesa Cattolica. Obtorto
collo, R. dovette accettare, anche se l'ambasciatore di Firenze alla corte
estense osservò acutamente che la fede professata da R. era nella Chiesa
Cattolica, in senso lato, e non certo nella gerarchia romana.
Un ulteriore tentativo di Calvino di mandare Ambrogio Cavalli per contattare
la duchessa naufragò: Cavalli fu arrestato, processato e, due anni dopo,
impiccato e arso sul rogo a Roma il 15 giugno 1556.
Tuttavia Ercole II, non fidandosi totalmente della "conversione" della
moglie, la tenne segregata nel palazzo ducale fino alla sua (di lui) morte,
avvenuta nel 1559.


Il ritorno in Francia
Visto il perdurare dell'ostilità nei suoi confronti anche da parte del
figlio e nuovo duca Alfonso II (1559-1597), Renata lasciò Ferrara nel 1560
per trasferirsi nel suo castello di Montargis in Francia.
Durante il suo viaggio verso la Francia, R. si fermò a Savigliano il 7
ottobre 1560 per cercare di perorare, inutilmente, la causa dei valdesi
presso il duca di Savoia, Emanuele Filiberto (1559-1580).
Giunta a Montargis, R. continuò da qui a proteggere la causa calvinista,
accogliendo nel novembre 1567 i riformatori profughi lucchesi, come Michele
Burlamacchi e Pompeo Diodati.
Tuttavia, anche a Montargis, R. dovette subire angherie da parte delle
fazioni cattoliche francesi, e nel 1562 il suo castello fu perfino posto
sotto assedio da parte delle truppe di suo genero, Francesco, duca di Guisa
(1550-1563).
R. morì a Montargis il 13 giugno 1575.


Renato, Camillo (o Paolo Ricci o Lisia Fileno o Fileno Lunardi)
(ca.1500-1575)



La vita
Paolo Ricci, meglio conosciuto come Camillo Renato, nacque nel 1500 ca. in
Sicilia, probabilmente a Palermo, ma si hanno poche notizie sulla prima
parte della sua vita: si sa comunque che diventò frate minorita. Va
precisato inoltre che, a parte la regione d'origine ed una certa
misteriosità sulla prima parte della sua vita, R., contrariamente alle
convinzioni di alcuni autori, non ha nulla in comune con il corregionale
Giorgio Rioli (detto Giorgio Siculo).
In seguito R. frequentò i circoli evangelici di Juan de Valdès a Napoli e
visse a Venezia, mentre dalla fine degli anni '30 del XVI secolo egli pose
il suo campo d'azione nell'Emilia, nel triangolo compreso fra Bologna,
Modena e Ferrara. A Bologna, probabilmente sotto lo pseudonimo dello
studente di diritto Fileno Lunardi, R. poté approfondire i suoi studi del
pensiero di Erasmo da Rotterdam, insieme agli agostiniani Giulio Della
Rovere, Ortensio Lando e Ambrogio Cavalli, e all'umanista abruzzese Giovanni
Angelo Odoni. Abitò inoltre a Modena, dove l'Accademia del Grillenzoni fece
da centro di diffusione delle sue idee. R. infatti già iniziava ad esprimere
alcune sue tipiche idee radicali, come l'opposizione del culto dei santi e
della Madonna, e la negazione del valore dei sacramenti.
Inoltre, tra i primi in Italia ad interessarsi all'anabattismo e
all'antitrinitarismo, R. aveva letto i testi di Miguel Serveto e sembra che
avesse, intorno al 1550, convertito all'anabattismo il misterioso Tiziano,
pare un ex frate friulano e poi mercante ed uno dei più attivi propagatori
dell'anabattismo.
Quando finalmente si decise a convertirsi alla dottrina riformata (seppur
con una serie di importanti distinguo), R. decise di cambiare il proprio
nome in Camillo Renato, proprio per sottolineare la sua "rinascita".
Ma, con l'avanzare del suo radicalismo religioso, aumentarono anche i guai
giudiziari: nel 1540 a Modena, sotto lo pseudonimo di Lisia Fileno, aveva
dovuto fare una pubblica ritrattazione delle sue idee e nel 1542 R. fu
arrestato a Ferrara per eresia. Per sua fortuna, Renata di Francia
intercesse per farlo uscire da prigione: libero, R. prese immediatamente la
via dell'esilio per la Valtellina, insieme a Celio Secondo Curione.
In Valtellina, ai tempi parte del territorio elvetico del Cantone Grigioni,
R. divenne dapprima tutore dei figli di Raffaele Pallavicini a Caspano,
vicino a Morbegno, poi, nel 1545 fu maestro di scuola nella vicina Traona e
infine visse a Vicosoprano, in Val Bregaglia.
Nel 1546 fece un viaggio a Vicenza per partecipare ai Collegia Vicentina,
dove si riunirono i principali anabattisti e antitrinitariani veneti
dell'epoca.
Ritornato in Valtellina, nel 1547 R. si trasferì a Chiavenna, il centro più
importante per la Riforma nei cantoni svizzeri di lingua italiana, dove
conobbe Lelio Sozzini, ma qui, dopo un breve periodo iniziale di simpatia
reciproca, egli entrò in rotta di collisione con il pastore riformato
Agostino Mainardi, che, nell'esercizio delle sue funzioni, si sentì in
dovere di contestare le pericolose idee protocristiane e anabattiste, che R.
propagandava presso la popolazione delle vallate valtellinesi. Infatti nel
1548, come reazione all'avanzata delle idee troppo estremiste del pensatore
siciliano, Mainardi, eccessivamente rigoroso, cercò di obbligare tutti i
fedeli della Chiesa riformata di Chiavenna di giurare fedeltà ad una
Confessione di Fede, che egli si era fatto approvare dalle autorità
religiose di Coira, Zurigo e Basilea. L'azione gli alienò l'amicizia con
Francesco Negri da Bassano, con il quale aveva avuto dei buoni rapporti fino
a quel momento e che provocatoriamente si rifiutò di far battezzare il suo
neonato se prima Mainardi non avesse firmato una Confessione di Fede redatta
da Negri stesso, e con Francesco Stancaro, che accusò Mainardi di troppa
ortodossia, e troppo poco dialogo, in questa diatriba sorta sull'opportunità
dei sacramenti.
La lunga e amara controversia sulla Cena del Signore con Mainardi, ebbe un
amaro epilogo per R. (magnus haereticus, secondo Mainardi): essendosi
rifiutato di cessare di propagare le sue dottrine egli fu scomunicato il 6
luglio 1550.
Del resto, anche in una lettera scritta un mese dopo (il 3 agosto 1550) da
Altieri d'Aquila a Heinrich Bullinger (curiosamente anche lo stesso R. aveva
una vasta corrispondenza con il riformatore svizzero) l'ex diplomatico
definì R. anabaptistarum patronus, cioè protettore degli anabattisti.
A R. non rimase che ritirarsi in un punto non meglio precisato della
Valtellina, dopo aver polemicamente pubblicato un elenco di 125 errori,
scandali, contraddizioni vari di Mainardi dal 1545 in poi.
Di R. non si sentì più parlare eccetto che nel 1554, quando, indignato per
l'esecuzione sul rogo di Michele Serveto, R. scrisse a proposito un lungo
poema, De injusto Serveti incendio e lo inviò a Calvino in persona.
In vecchiaia, da una testimonianza del 1560, pare fosse diventato cieco e
morì nel 1575, sempre in Valtellina.


Il pensiero
Il punto essenziale del pensiero mistico spirituale di R., espresso nel suo
Trattato del Battesimo e della Santa Cena, scritta in italiano (cosa rara
all'epoca), era la vera rinascita spirituale del credente, che si sentiva
unito in spirito e carità con gli altri fedeli in un unico corpo mistico.
Il tutto rendeva per R. ovviamente superfluo ogni sacramento e
manifestazione esteriore e utilitaristica della religione cristiana. Da ciò
quindi derivava il principale motivo del contendere con Mainardi: l'idea di
considerare la Cena del Signore come una semplice memoria della morte di
Cristo e, similmente, il Battesimo come una mera affermazione della fede
individuale di ogni credente.
D'altra parte, questa poca importanza attribuita, o addirittura rifiuto del
Battesimo (vedi anche lo scritto Adversus baptismum del 1548) mette in serio
dubbio una supposta appartenenza di R. al movimento anabattista.
Inoltre per R., le anime, dopo la morte, non godevano subito della vita
ultraterrena, ma stavano in uno stato di sonno fino al giorno del Giudizio
Universale, un concetto che accosta curiosamente R. ad un papa medioevale
molto criticato: Giovanni XXII! Questi aveva infatti incautamente dichiarato
nel 1331 che le anime dei morti in grazia di Dio avrebbero goduto della
"visione beatifica" non subito dopo la morte, come affermava la tradizione,
ma solo alla resurrezione dei morti e che, nell'attesa, essi avrebbero
dormito godendo del conforto di Cristo "sotto l'altare". L'affermazione del
papa fu condannata dai teologi dell'Università di Parigi nel 1333.


I seguaci
R. influenzò diversi pensatori e riformati dell'epoca, di cui si possono
citare, a parte l'ebraista Francesco Stancaro, sopra menzionato: il
bolognese Ulisse Aldrovandi (1522-1605), coinvolto nel 1549-50 in un
processo per eresia, proprio come presunto seguace di R.; il pastore di
Casaccia (in Val Bregaglia, nell'attuale cantone Grigioni) e scrittore
Bartolomeo Silvio di Cremona; il medico Pietro Bresciani di Casalmaggiore.


Reublin (o Röuble o Röblin o Reubel), Wilhelm (ca. 1480/4- ca.1559)



Wilhelm Reublin (la grafia del cognome è riportata anche nelle varianti
Röuble o Röblin o Reubel) nacque a Rottenberg sul Neckar, nella Germania
meridionale, in un anno imprecisato tra il 1480 ed il 1484, studiò alle
università di Friburgo e Tübingen e, ordinato sacerdote, fu nominato parroco
a Griessen, vicino a Waldshut, nel Baden Würtemberg.
Nel 1510 R. ottenne il Magister artium e nel 1521 prese servizio come
predicatore nella chiesa di Sant'Albano a Basilea, dove venne apprezzato dal
popolo per le sue notevoli doti di predicatore riformista. Tuttavia egli
iniziò ben presto a manifestare una posizione alquanto radicale e, per
questo, entrò in rotta di collisione con il suo vescovo Christoph von
Otenheim (vescovo:1502-1527). Un primo intervento contro la messa gli fu
perdonato, stante il seguito e la popolarità che aveva riscosso in città, ma
un secondo, in cui osò sostituire le ossa di un reliquiario con la Bibbia
gli costò il posto e l'espulsione dalla città il 27 Giugno 1522.


Reublin a Zurigo
Nell'autunno 1522 R. si recò a Zurigo, entrando nei circoli cittadini, che
gravitavano intorno a Zwingli, e si fece apprezzare come predicatore,
venendo successivamente, nel 1523, nominato, dalla comunità locale, pastore
del villaggio di Wytikon, dove fu il primo sacerdote a sposarsi
pubblicamente in chiesa il 23 Aprile.
Tuttavia, già dal Gennaio 1523, R. ed altri radicali, come Felix Mantz, Hans
Brötli e Simon Stumpf, avevano solidarizzato con le idee anabattiste di
Conrad Grebel ed incominciato a contestare la linea riformista di Zwingli.
In particolare la materia del contendere era la superiorità della Sacra
Scrittura, propugnata da Grebel e compagni, rispetto all'autorità dello
stato, voluto da Zwingli, che lavorava per ottenere il consenso unanime del
corpus christianum, inteso come l'unità dei fedeli.
All'inizio del 1524 il gruppo di Grebel, propugnatore del battesimo solo in
età adulta, entrò in rotta di collisione con Zwingli, proprio quando R., nel
suo villaggio di Wytikon, si rifiutò di far battezzare i bambini, cosa che
gli costò qualche giorno di arresto.
La polemica montò fino ad una disputa pubblica il 10 e 17 Gennaio 1525 tra
gli anabattisti, da poco rinforzati dall'adesione dell'ex sacerdote Jörg
Blaurock, e i riformatori svizzeri nelle persone di Zwingli e Johann
Heinrich Bullinger. Ma il risultato fu scontato: il Consiglio cittadino di
Zurigo censurò la posizione del gruppo di Grebel, ordinando il battesimo
immediato di tutti i bambini entro otto giorni dalla loro nascita.
Poco dopo, il 21 Gennaio 1525, lo stesso Consiglio cittadino, nell'ambito
delle misure repressive contro gli anabattisti, ordinò l'espulsione dalla
città e dal cantone di tutti gli anabattisti non cittadini zurighesi, tra
cui R. stesso.


Reublin a Waldshut
R. allora si recò, con Hans Brötli, a Hallau, nel cantone Sciaffusa, e
successivamente, da solo, a Waldshut, vicino al confine con la Svizzera, nel
sud del Baden Württenberg, principato sotto il dominio degli Asburgo dal
1520 al 1534.
Qui R. convertì alla causa anabattista Balthasar Hubmaier, battezzandolo il
16 Aprile 1525, assieme ad altre 60 persone. Hubmaier e R. fondarono a
Waldshut la prima comunità anabattista tedesca.
Tuttavia, poco dopo, il contrasto con i cattolici Asburgo prese una piega
molto drammatica: nell'autunno 1525 Ferdinando d'Asburgo fece porre
d'assedio Waldshut, con il pretesto della repressione della nota Rivolta dei
contadini (vedi Müntzer), ma anche con l'obiettivo di riportare il
Cattolicesimo nella città.
Waldshut si arrese il 5 Dicembre 1525 e R. fuggì, comparendo a Strasburgo
nel Marzo 1526, ospite del riformatore Wolfgang Capito (1478-1541): la sua
permanenza a Strasburgo fu alquanto breve a causa di alcune sue incaute
dichiarazioni, nelle quali R. si vantò di aver convinto Capito ed altri
riformatori della bontà delle idee anabattiste. Tuttavia R. fu smentito e
invitato per ben tre volte dagli stessi riformatori ad un dibattito
pubblico, che lui preferì rifiutare, decidendo poi di lasciare la città.
Si recò quindi nella zona di Horb sul Neckar e di Rottenburg, il suo paese
natale, organizzando con l'amico Michael Sattler (da R. ribattezzato a
Zurigo nel 1525) la predicazione anabattista nel Baden Württenberg.


La riunione di Schleitheim
Il 24 Febbraio 1527 R. probabilmente partecipò, con altri anabattisti
(sicuramente Sattler e forse Blaurock e Brötli), ad una riunione a
Schleitheim, nel cantone svizzero di Sciaffusa, al termine della quale
furono stillati da Sattler i Sette articoli di Schleitheim, un documento che
contiene la dottrina fondamentale dell'anabattismo.
I sette articoli erano:
1. Battesimo, dato in seguito ad un sincero pentimento e promessa di
cambiamento di vita.
2. Scomunica, intesa come esclusione dalla Cena del Signore e comminata a
chi veniva ammonito per tre volte contro l'errore ed il peccato.
3. Cena del Signore, con la precisazione di chi aveva diritto di accedervi.
4. Separazione dal mondo: una volta battezzato, il fedele doveva la sua
lealtà alla Chiesa e a Cristo, e non più al suo paese e ai suoi governanti.
5. I pastori e loro funzioni.
6. Non resistenza: i veri cristiani non potevano svolgere un ruolo pubblico,
come il giudice, o partecipare ad  azioni militari.
7. I giuramenti, vietati ai fedeli.


Poco dopo la conclusione della riunione di Schleitheim, Sattler, la moglie
ed altri 18 anabattisti (tra cui la moglie di R., la quale rimase a lungo in
carcere e fu liberata solo dopo la sua ritrattazione) furono arrestati a
Horb. Dopo un processo a Rottenburg, Sattler e la moglie furono condannati a
morte: il 20 Maggio 1527 a Sattler fu mozzata la lingua, strappati pezzi di
carne con tenaglie roventi ed infine bruciato sul rogo, mentre la moglie fu
annegata nel fiume Neckar. R., scosso dalla tragedia, si ritirò allora
presso una sua sorella nella vicina Reutlingen a scrivere un memorandum sul
processo e martirio di Sattler e sulle persecuzioni degli anabattisti nel
Baden Württenberg.
In seguito R. riprese le pellegrinazioni, recandosi a Ulm, dove incontrò
Hans Denck: con quest'ultimo R. dovette intervenire a Esslingen (vicino a
Stoccarda), per calmare le acque, poiché la locale comunità anabattista
voleva vendicare la morte di Sattler con le armi.
R. resse con mano ferma la gestione della comunità di Esslingen fino al
Febbraio 1528, data della sua espulsione, richiesta al consiglio cittadino
dalla Lega (cattolica) Sveva, fondata dagli Asburgo per contrastare le
attività riformatrici nel sud della Germania.
R. decise allora di ritornare a Strasburgo, dove, assieme al predicatore
anabattista Jakob Kautz (un giovane predicatore di Bockenheim che aveva
affisso, a mo' di Lutero anabattista, un manifesto in sette punti in difesa
del pensiero di Hans Denck alla porta della Predigerkirche a Worms nel
1527), prese una posizione fortemente polemica nei confronti della Chiesa
riformata della città, la quale, manco a dirlo, li fece imprigionare il 22
Ottobre 1528 ed espellere nel 1529, con la minaccia di affogamento nel caso
di un ritorno in città.


Reublin in Moravia
Fu allora che R. si decise, nel 1530, di emigrare, con moglie e figli, in
Moravia, ad Austerlitz, dove si era formata una fiorente comunità
anabattista, sotto la protezione del signore del luogo, Ulrich von Kaunitz.
Qui, però R. entrò in aperto contrasto con Jakob Wideman, detto Jakob il
guercio (m.1535 ca.), capo della comunità, colpevole di gestire in malo
modo, secondo R., la vita degli anabattisti di Austerlitz: lo scontro tra
Widemann e il gruppo dissidente capitanato da R. e dal tirolese Jörg
Zaunring (m.1533 ca.) sfociò in un esodo, nel Gennaio 1531, di questi ultimi
verso la comunità anabattista di Auspitz, sempre in Moravia: tuttavia anche
qui ci furono problemi per R., che, in contrasto con le rigide leggi della
comunità in tema di gestione di tutti i beni in comune, fece una pessima
figura facendosi beccare con un gruzzolo personale di denaro in casa e per
questo fu espulso con ignominia dalla comunità stessa. Lo stesso Zaunring,
colpevole di aver riaccolto in casa la moglie adultera senza il consenso
preventivo della comunità, fu successivamente scomunicato e scacciato.


Gli ultimi anni
R. non si perse d'animo e ritornò nuovamente al suo paese natale, Rottenberg
sul Neckar, dove rilanciò l'attività anabattista in zona, ma dove provocò
nuovamente l'intervento della potente Lega Sveva, che vanificò tutti i suoi
sforzi.
Scoraggiato e deluso, R. si allontanò gradualmente alla causa anabattista e
già nel 1535, pare l'avesse abbandonato definitivamente.
Non se ne seppe più nulla di lui fino al 1554, quando i testi riportano che
R. si era ritirato a vita privata in Svizzera, dove morì dopo il 1559 nel
cantone Basilea.
R. fu uno dei pochi capi anabattisti, che riuscì a morire nel proprio letto
e nonostante la sua predicazione presenti molte luci e ombre, indubbiamente
fu uno degli anabattisti più importanti del suo tempo.


Reuchlin, Johannes (o Capnion)(1455-1522)



Johannes Reuchlin, importante cabbalista e umanista tedesco, nacque a
Pforzheim, nel Baden, il 22 Febbraio 1455.
Si laureò nel 1477 a Basilea e diventò uomo di legge nel 1481 a Poitiers.
Viaggiò varie volte in Italia, nel 1482 e nel 1490, diventando amico di Pico
della Mirandola ed habitué della Accademia Platonica a Firenze.
Tornato in Germania, si fece propugnatore dello studio della lingua ebraica
e del Talmud, che perfezionò nel corso di un terzo viaggio a Roma nel 1489.
Egli diventò quindi professore di ebraico a Ingolstadt ed a Tübingen, ma la
sua difesa dell'ebraico fu talmente estrema che quando gli inquisitori
Domenicani di Colonia iniziarono a distruggere scritture ebraiche, R.
protestò vivacemente e questo gli costò un'inchiesta a suo carico.
Tuttavia egli riuscì a evitare un processo e morì a Libenzell il 30 Giugno
1522.
R. scrisse molti testi, soprattutto per lo studio della lingua ebraica, come
De rudimentis hebraicis o De accentibus et ortografia linguae hebraicae.
Tuttavia è più conosciuto per i testi cabalistici come il De arte
cabalistica o De verbo mirifico: la diffusione di quest'ultimo testo molto
discusso costò il posto di lavoro all'università di Dôle (nella Borgogna) ad
Agrippa di Nettesheim nel 1509.


Curiosità: R. fu prozio del notissimo riformatore tedesco Philipp
Schwarzerd, meglio conosciuto come Melantone.



Aconcio (alias Riccamati), Jacopo (o Giacomo) (ca. 1492-ca.1567)



L'umanista Jacopo (o Giacomo) Aconcio (che adottò anche lo pseudonimo di
Riccamati), nato ad Ossana (Val di Sole, in provincia di Trento) verso il
1492, compì studi universitari di giurisprudenza e di fisica, diventando in
seguito notaio in Trento, ma nel 1556 entrò al servizio, come segretario,
del cardinale Cristoforo Madruzzo (1512-1578), referente imperiale a Milano.
Nel 1557 l'eclettico umanista trentino, noto anche come architetto militare
e filosofo, aderì agli ideali luterani, ma poco dopo, a causa dell'attacco
persecutorio della Chiesa Cattolica, lanciato dal Papa Paolo IV (1555-1559),
dovette fuggire, con l'amico Francesco Betti, a Basilea. Qui pubblicò il suo
trattato De Methodo, un metodo di ricerca per spiegare i problemi
filosofici, intriso di razionalismo rinascimentale.
I due si trasferirono dapprima a Zurigo (fino all'autunno 1558), dove furono
accolti favorevolmente da Johann Bullinger, grazie ad una lettera di
presentazione di Celio Secondo Curione, e furono ospitati nella casa di
Bernardino Ochino, e poi a Strasburgo e a Ginevra.
Nel 1559 A. si recò in Inghilterra dove incontrò i favori della regina
Elisabetta I (1558-1603), che gli appaltò alcuni lavori di ingegneria
militare e di bonifica. A Londra egli aderì alla Chiesa degli esuli
spagnoli, dopo aver inutilmente tentato di far parte della Chiesa italiana e
di quella francese, dalle quali venne respinto, dopo la scomunica per
antitrinitarismo lanciata dall'Ecclesia Peregrinorum.
Nel 1564 tornò a Basilea, dove pubblicò nello stesso anno, o forse l'anno
dopo, la sua opera più famosa, diventata popolarissima nell'ambiente
protestante europeo e perciò tradotta in varie lingue, i Satanae
Stratagemata (le astuzie di Satana), grido di protesta sia contro i metodi
violenti dell'inquisizione cattolica che, dall'altra parte, contro il
dogmatismo ortodosso, l'autoritarismo e le controversie di natura dogmatica
delle Chiese riformate, causa principale di intolleranza. Secondo A., per la
salvezza erano necessarie solo alcune parti della Bibbia, quelle cioè
scritte sotto la diretta ispirazione della Spirito Santo, mentre risultavano
del tutto inutili le interpretazioni speculative umane, presenti nella
religione Cristiana.
Questi temi, cari ad A., verranno ripresi nel secolo successivo da Arminio e
dai suoi seguaci, detti Rimostranti.
A. morì a Londra nel 1567 circa.



Renato, Camillo (o Paolo Ricci o Lisia Fileno o Fileno Lunardi)
(ca.1500-1575)



La vita
Paolo Ricci, meglio conosciuto come Camillo Renato, nacque nel 1500 ca. in
Sicilia, probabilmente a Palermo, ma si hanno poche notizie sulla prima
parte della sua vita: si sa comunque che diventò frate minorita. Va
precisato inoltre che, a parte la regione d'origine ed una certa
misteriosità sulla prima parte della sua vita, R., contrariamente alle
convinzioni di alcuni autori, non ha nulla in comune con il corregionale
Giorgio Rioli (detto Giorgio Siculo).
In seguito R. frequentò i circoli evangelici di Juan de Valdès a Napoli e
visse a Venezia, mentre dalla fine degli anni '30 del XVI secolo egli pose
il suo campo d'azione nell'Emilia, nel triangolo compreso fra Bologna,
Modena e Ferrara. A Bologna, probabilmente sotto lo pseudonimo dello
studente di diritto Fileno Lunardi, R. poté approfondire i suoi studi del
pensiero di Erasmo da Rotterdam, insieme agli agostiniani Giulio Della
Rovere, Ortensio Lando e Ambrogio Cavalli, e all'umanista abruzzese Giovanni
Angelo Odoni. Abitò inoltre a Modena, dove l'Accademia del Grillenzoni fece
da centro di diffusione delle sue idee. R. infatti già iniziava ad esprimere
alcune sue tipiche idee radicali, come l'opposizione del culto dei santi e
della Madonna, e la negazione del valore dei sacramenti.
Inoltre, tra i primi in Italia ad interessarsi all'anabattismo e
all'antitrinitarismo, R. aveva letto i testi di Miguel Serveto e sembra che
avesse, intorno al 1550, convertito all'anabattismo il misterioso Tiziano,
pare un ex frate friulano e poi mercante ed uno dei più attivi propagatori
dell'anabattismo.
Quando finalmente si decise a convertirsi alla dottrina riformata (seppur
con una serie di importanti distinguo), R. decise di cambiare il proprio
nome in Camillo Renato, proprio per sottolineare la sua "rinascita".
Ma, con l'avanzare del suo radicalismo religioso, aumentarono anche i guai
giudiziari: nel 1540 a Modena, sotto lo pseudonimo di Lisia Fileno, aveva
dovuto fare una pubblica ritrattazione delle sue idee e nel 1542 R. fu
arrestato a Ferrara per eresia. Per sua fortuna, Renata di Francia
intercesse per farlo uscire da prigione: libero, R. prese immediatamente la
via dell'esilio per la Valtellina, insieme a Celio Secondo Curione.
In Valtellina, ai tempi parte del territorio elvetico del Cantone Grigioni,
R. divenne dapprima tutore dei figli di Raffaele Pallavicini a Caspano,
vicino a Morbegno, poi, nel 1545 fu maestro di scuola nella vicina Traona e
infine visse a Vicosoprano, in Val Bregaglia.
Nel 1546 fece un viaggio a Vicenza per partecipare ai Collegia Vicentina,
dove si riunirono i principali anabattisti e antitrinitariani veneti
dell'epoca.
Ritornato in Valtellina, nel 1547 R. si trasferì a Chiavenna, il centro più
importante per la Riforma nei cantoni svizzeri di lingua italiana, dove cono
bbe Lelio Sozzini, ma qui, dopo un breve periodo iniziale di simpatia
reciproca, egli entrò in rotta di collisione con il pastore riformato
Agostino Mainardi, che, nell'esercizio delle sue funzioni, si sentì in
dovere di contestare le pericolose idee protocristiane e anabattiste, che R.
propagandava presso la popolazione delle vallate valtellinesi. Infatti nel
1548, come reazione all'avanzata delle idee troppo estremiste del pensatore
siciliano, Mainardi, eccessivamente rigoroso, cercò di obbligare tutti i
fedeli della Chiesa riformata di Chiavenna di giurare fedeltà ad una
Confessione di Fede, che egli si era fatto approvare dalle autorità
religiose di Coira, Zurigo e Basilea. L'azione gli alienò l'amicizia con
Francesco Negri da Bassano, con il quale aveva avuto dei buoni rapporti fino
a quel momento e che provocatoriamente si rifiutò di far battezzare il suo
neonato se prima Mainardi non avesse firmato una Confessione di Fede redatta
da Negri stesso, e con Francesco Stancaro, che accusò Mainardi di troppa
ortodossia, e troppo poco dialogo, in questa diatriba sorta sull'opportunità
dei sacramenti.
La lunga e amara controversia sulla Cena del Signore con Mainardi, ebbe un
amaro epilogo per R. (magnus haereticus, secondo Mainardi): essendosi
rifiutato di cessare di propagare le sue dottrine egli fu scomunicato il 6
luglio 1550.
Del resto, anche in una lettera scritta un mese dopo (il 3 agosto 1550) da
Altieri d'Aquila a Heinrich Bullinger (curiosamente anche lo stesso R. aveva
una vasta corrispondenza con il riformatore svizzero) l'ex diplomatico
definì R. anabaptistarum patronus, cioè protettore degli anabattisti.
A R. non rimase che ritirarsi in un punto non meglio precisato della
Valtellina, dopo aver polemicamente pubblicato un elenco di 125 errori,
scandali, contraddizioni vari di Mainardi dal 1545 in poi.
Di R. non si sentì più parlare eccetto che nel 1554, quando, indignato per
l'esecuzione sul rogo di Michele Serveto, R. scrisse a proposito un lungo
poema, De injusto Serveti incendio e lo inviò a Calvino in persona.
In vecchiaia, da una testimonianza del 1560, pare fosse diventato cieco e
morì nel 1575, sempre in Valtellina.


Il pensiero
Il punto essenziale del pensiero mistico spirituale di R., espresso nel suo
Trattato del Battesimo e della Santa Cena, scritta in italiano (cosa rara
all'epoca), era la vera rinascita spirituale del credente, che si sentiva
unito in spirito e carità con gli altri fedeli in un unico corpo mistico.
Il tutto rendeva per R. ovviamente superfluo ogni sacramento e
manifestazione esteriore e utilitaristica della religione cristiana. Da ciò
quindi derivava il principale motivo del contendere con Mainardi: l'idea di
considerare la Cena del Signore come una semplice memoria della morte di
Cristo e, similmente, il Battesimo come una mera affermazione della fede
individuale di ogni credente.
D'altra parte, questa poca importanza attribuita, o addirittura rifiuto del
Battesimo (vedi anche lo scritto Adversus baptismum del 1548) mette in serio
dubbio una supposta appartenenza di R. al movimento anabattista.
Inoltre per R., le anime, dopo la morte, non godevano subito della vita
ultraterrena, ma stavano in uno stato di sonno fino al giorno del Giudizio
Universale, un concetto che accosta curiosamente R. ad un papa medioevale
molto criticato: Giovanni XXII! Questi aveva infatti incautamente dichiarato
nel 1331 che le anime dei morti in grazia di Dio avrebbero goduto della
"visione beatifica" non subito dopo la morte, come affermava la tradizione,
ma solo alla resurrezione dei morti e che, nell'attesa, essi avrebbero
dormito godendo del conforto di Cristo "sotto l'altare". L'affermazione del
papa fu condannata dai teologi dell'Università di Parigi nel 1333.


I seguaci
R. influenzò diversi pensatori e riformati dell'epoca, di cui si possono
citare, a parte l'ebraista Francesco Stancaro, sopra menzionato: il
bolognese Ulisse Aldrovandi (1522-1605), coinvolto nel 1549-50 in un
processo per eresia, proprio come presunto seguace di R.; il pastore di
Casaccia (in Val Bregaglia, nell'attuale cantone Grigioni) e scrittore
Bartolomeo Silvio di Cremona; il medico Pietro Bresciani di Casalmaggiore.


Riccio (o Del Riccio), Pier Francesco (1501-1564)



Pier Francesco Riccio (o Del Riccio) nacque a Prato nel 1501 (altri fonti
citano il 1490 come data di nascita) da Nese di Clemente Riccio.
R. fu un sacerdote probo e onesto e legò la sua fortuna a quella del duca
Cosimo I de' Medici (1537-1574), del quale fu dal 1524 precettore, sia in
patria che in esilio, e poi maggiordomo, cioè segretario personale, fino al
1553. Ebbe una notevole influenza nelle committenze della corte medicea,
come, per esempio, nella creazione della manifattura di arazzi.
Uomo di discreta cultura con una buona conoscenza di greco e latino [sebbene
il noto orafo e scultore Benvenuto Cellini (1500-1571), nella sua
autobiografia, lo citi ingiuriosamente con epiteti come bestia e asino], fu
un valdesiano e un ammiratore di Martin Lutero, ed era in possesso di un
manoscritto (oggi unico superstite) del famoso Beneficio di Christo di
Benedetto Fontanini da Mantova, prima della sua stampa nel 1543.
Si impegnò a favore di intellettuali perseguitati per motivi religiosi o
politici, come Aonio Paleario nel 1541 o Benedetto Varchi, di cui favorì il
rientro a Firenze nel 1543 e ci sono prove che si mantenesse in contatto
epistolare con un libraio di Venezia, probabilmente Antonio Brucioli, per
fornirsi delle opere dei riformatori tedeschi, come Lutero o Melantone.
Nel febbraio 1550 entrò a far parte del Capitolo della cattedrale di Santo
Stefano di Prato e qui chiamò a predicare l'agostiniano Alessio Casani
(1491-1570), già accusato di luteranesimo nel 1548, quando fu salvato
dall'intervento del decano della facoltà di Teologia a Firenze, Andrea
Ghetti da Volterra.
Purtroppo, nel 1553 R. fu colpito da una grave malattia e dovette essere
relegato a Borgo San Lorenzo, poiché apparentemente era uscito di senno,
anche se si ipotizza che si trattasse di una malattia diplomatica, suggerita
da Cosimo I in persona, per evitargli un processo per eresia, come sarebbe
successo qualche anno dopo agli amici Pietro Carnesecchi e Aonio Paleario,
bruciati sul rogo a Roma.
Dopo la sua guarigione, R. morì a Firenze, nel 1564.


Rizzetto (o Rossetto o Ricetto), Antonio (m. 1565)



Antonio Rizzetto (o Rossetto o Ricetto), modesto proprietario terriero di
Vicenza, negli anni '50 del XVI secolo aderì ad un antitrinitarismo
moderato, ma nel 1557, in seguito ai processi nel Veneto contro gli eretici
(scaturiti dalle confessioni di Pietro Manelfi), fuggì a Salonicco, in
Grecia, dove fu convertito all'anabattismo.
Dopo un breve rientro a Venezia, egli si recò con Francesco Della Sega e
Giulio Gherlandi in Moravia, entrando in una comunità hutterita ad
Austerlitz, "perché aveva inteso che erano buone persone e vivevano
santamente, per viver anche mi là in quel loco; e vedendo il suo viver e il
suo proceder, el mi piacque. E così me deliberai de restar là, e restai",
come viene riportata la sua dichiarazione negli atti processuali.
Dalla Moravia R. ritornò in Italia per fare proselitismo, ma il 27 agosto
1562 fu catturato a Capodistria, insieme a Della Sega e a Niccolò Buccella,
mentre stava facendo ritorno in Moravia, e fu rinchiuso nel carcere
veneziano di San Giovanni Battista in Bragora.
Fu torturato per farlo abiurare, ed in seguito condannato alla pena
capitale, ma, contrariamente al confratello Della Sega, che ebbe qualche
tentennamento di fronte agli inquisitori ottenendo un rinvio (fino al 26
febbraio) dell'esecuzione capitale, R. fu incrollabile nella sua fede e la
sentenza per annegamento fu quindi eseguita nel Canale dell'Orfano (nella
laguna veneta) nella notte dell'8 febbraio 1565.



Ridley, Nicholas (ca. 1500-1555)



Nicholas Ridley nacque nel 1500 circa a Ridley, nella contea inglese del
Northumberland da una famiglia nobile: il padre, infatti, Christopher,
signore di Ridley, era un uomo di fiducia di Enrico VIII d'Inghilterra.
Nicholas frequentò le migliori università, a Cambridge, Parigi e Lovanio,
successivamente ritornò ad insegnare a Cambridge nel 1529.
Nel novembre 1534 R. sottoscrisse l'Atto di Supremazia, il documento con cui
il re Enrico VIII aveva risposto alla scomunica papale del luglio dello
stesso anno, comminata in seguito al suo divorzio da Caterina d'Aragona.
Dall'anno successivo R. iniziò ad interessarsi delle dottrine della Riforma
e a studiare soprattutto le opere di Ratramno di Corbie, in particolare il
De Corpore et Sanguine Domini, dove il monaco francese del IX secolo aveva
difeso il concetto della presenza del corpo divino di Cristo
nell'Eucaristia. R. divenne in seguito amico dell'arcivescovo di Canterbury,
Thomas Cranmer, che lo nominò nel 1537 suo cappellano personale e nel 1540
rettore del collegio di Pembroke Hall, a Cambridge.
Sempre più sulla cresta dell'onda, nel 1541 R. fu nominato cappellano del re
Enrico VIII e canonico della cattedrale di Canterbury.
Nel 1547, con la salita al trono di Edoardo VI (1547-1553), il riformismo di
R. divenne ancora più accentuato: nominato vescovo di Rochester, R.
partecipò al comitato, che nel 1549 fece pubblicare il Book of Common Prayer
(il libro delle preghiere), compilato su richiesta di Cranmer per
semplificare i libri di preghiere e di funzioni religiose in latino e
risalenti al periodo medioevale.
Inoltre R. esaminò inoltre gli atti di accusa che portarono alla deposizione
degli arcivescovi cattolici di York, Stephen Gardiner (1483-1555) e di
Londra Edmund Bonner (1500-1569).
R. subentrò a quest'ultimo come nuovo arcivescovo di Londra nel 1550, ma nel
1553 il nuovo capovolgimento della situazione dinastica fu fatale al
prelato: il 6 luglio 1553 morì infatti di tubercolosi Edoardo VI, a soli 15
anni, e dopo l'infelice avventura di Lady Jane Grey (1537-1554) cugina di
Edoardo e regina per soli 9 giorni (e incautamente appoggiata da R. in
persona), salì al trono la cattolica Maria Tudor, figlia di quella Caterina
d'Aragona, il cui ripudio aveva innestato lo scisma della Chiesa
d'Inghilterra. Oltre a tutto ciò Maria decise in seguito di nominare Lord
Cancelliere proprio quel Stephen Gardiner, che R. aveva fatto rimuovere dal
suo incarico.
Ragioni più che sufficienti per ordinare l'arresto di R., assieme a Cranmer
stesso e all'ex vescovo di Worcester, Hugh Latimer, che furono rinchiusi
nella torre di Londra per due anni fino alla loro definitiva condanna a
morte.
Il 16 ottobre 1555 Latimer e R. furono portati per essere bruciati sullo
stesso rogo: R. decise di indossare i suoi paramenti vescovili, mentre
Latimer si presentò vestito più modestamente e fu quest'ultimo, più anziano,
a morire per primo in maniera dignitosa ed esortando R. ad un comportamento
più coraggioso.
La morte per R. fu più atroce: con le gambe quasi completamente consunte
dalle fiamme, spirò solo quando il fuoco finalmente accese la polvere da
sparo contenuta in una piccola botte, legata intorno al collo dei condannati
per abbreviare loro le sofferenze.


Rioli, Giorgio (Siculo, Giorgio) (ca. 1517-1551) e i georgiani



La vita
Né con la Chiesa Cattolica, né con i Protestanti: Giorgio Rioli  iniziò
questa sua scomoda avventura di dissidente isolato, nascendo nel 1517 circa
a San Pietro Clarenza, sulle pendici dell'Etna, in provincia di Catania.
Della prima parte della vita di quest'uomo, più universalmente noto come
Giorgio Siculo (che, contrariamente alle convinzioni di alcuni autori, non
ha nulla a che fare con il corregionale Camillo Renato), non si conosce
praticamente nulla fino alla sua ammissione nel monastero benedettino di San
Niccolò l'Arena di Catania il 24 febbraio 1534, dove conobbe e diventò amico
del confratello Benedetto Fontanini da Mantova, l'autore dell'arcinoto
Beneficio di Christo, residente nel monastero di Catania tra il 1537 ed il
1543.
R. fu un uomo indubbiamente carismatico, ma di scarsa cultura: scriveva in
dialetto siciliano e, per poter rendere i propri testi più leggibili,
necessitò spesso di traduzioni in italiano o in latino fornite da parte dei
confratelli, o il sopramenzionato Benedetto Fontanini o Luciano degli
Ottoni, abate di Santa Maria di Pomposa e uno dei suoi più convinti seguaci.
Alla fine del 1546 egli cercò di intervenire nei lavori del Concilio di
Trento (1545-1563), inviando il suo De iustificatione ad Ottoni, poi
cercando di farsi ricevere direttamente dal cardinale Reginald Pole, per
presentare le sue dottrine profetiche ed apocalittiche.
Poco dopo, nel 1548 esplose il caso di Francesco Spiera, l'avvocato di
Cittadella, che aveva dovuto abiurare dal suo credo luterano, ma che, in
seguito, ne era morto per il rimorso. R., dopo il tentativo di intervento al
concilio di Trento, era comunque rimasto in zona, e più precisamente a Riva
di Trento, dove dedicò ai fedeli della cittadina una predica quaresimale sul
caso Spiera, da cui venne tratta la sua opera più nota, l'Epistola di
Georgio Siculo (.).
Ma, solo qualche mese dopo, nel settembre 1550, mentre stava predicando
contro i luterani a Ferrara, fu arrestato con l'accusa di eresia. Da una
parte non poteva certo contare sull'appoggio dei evangelisti e riformatori,
i quali, come Giulio Della Rovere o Celio Secondo Curione o perfino lo
stesso Calvino, lo avevano (o lo avrebbero) attaccato duramente nei loro
scritti, dall'altra il cardinale Ercole Gonzaga (1505-1563) aveva coinvolto
il cugino duca Ercole II d'Este (1534-1559) per poter punire esemplarmente
il monaco benedettino e reprimere il più possibile la setta dei seguaci del
"Don Georgio impio heretico", come R. stesso venne definito da un
inquisitore. Perfino l'Inquisizione romana si interessò a lui e ne chiese
inutilmente l'estradizione, ma il duca di Ferrara si assicurò che il
processo si svolgesse sotto la sua giurisdizione.
Durante il processo R. dichiarò la sua decisione di abiurare, e quindi fu
ordinato che dovesse farlo pubblicamente il 30 marzo 1551 nella chiesa di
San Domenico a Ferrara, davanti all'Inquisitore fra' Michele Ghisleri da
Alessandria (il futuro Pio V: papa dal 1566 al 1572) e ad Ercole II d'Este,
ma sorprendentemente, considerando che egli era stato uno strenuo difensore
dell'atteggiamento nicodemitico, R. si rifiutò.
A quel punto, il suo destino era segnato: riportato in carcere, R. vi fu
strangolato due mesi dopo, la sera del 23 maggio 1551.


Le opere
Detto del De iustificatione del 1546, il libro di R. che ebbe la maggior
diffusione, ma che sollevò anche un grande scalpore, fu l'Epistola di
Georgio Siculo servo fidele di Iesu Christo alli cittadini di Riva di Trento
contra il mendatio di Francesco Spiera et falsa dottrina de' protestanti,
stampata nel 1550 a Bologna. Benché all'apparenza sembri un testo cattolico
tutto proteso contro la dottrina calvinista della predestinazione e di
quella luterana della giustificazione per sola fede, il testo anelava
invece, similmente alla "terza via cristiana", e cioè al pensiero
anabattista e antitrinitario (quest'ultimo secondo la dottrina di Miguel
Serveto), alla palingenesi o apocatàstasi, la salvezza per tutta l'umanità,
grazie all'opera redentrice del Vangelo trasmesso da Cristo morto in croce e
per mezzo della Grazia di Dio.
Poco dopo, nello stesso anno, comparve il suo Espositione.nel nono decimo et
undecimo capo della Epistola di San Paolo alli Romani, con un suo commento
sulla lettera paolina più discussa dai luterani.
Gli altri suoi pensieri, noti in forma orale durante la sua vita, furono
pubblicati postumi in un libro, latinizzato da Luciano degli Ottoni, con il
titolo di Libro maggiore o Libro grande o Libro della verità christiana et
dottrina apostolica.


La dottrina
Profetico, mistico e apocalittico, R. raccontava ai suoi seguaci che Cristo
gli era apparso in persona per comunicargli che tutti i sacramenti erano
completamente inutili (anche il Battesimo, ed in questo si differenziava
dagli anabattisti) e che l'unica cosa che poteva rimettere i peccati era la
fede nel Signore.
R. inoltre negava l'autorità papale, la gerarchia ecclesiastica, il culto
della Vergine e dei santi, il valore meritorio delle opere, la messa, le
indulgenze, la presenza reale nell'Eucaristia, ma esaltava la ragione e la
dignità della natura umana.
Indipendente e critico delle correnti principali del protestantesimo, R.
favoriva una religiosità semplificata e spirituale: per lui, era preferibile
mantenere una certa indifferenza di fronte alle professioni di fede e anzi
perfino accettare esteriormente una confessione religiosa, soprattutto
quella cattolica, anche se non vi si credeva. Da qui le pesanti accuse di
nicodemismo lanciate da Calvino.


I seguaci
Le idee di R. ebbero un certo seguito negli anni successivi ed influenzarono
diversi dissidenti e seguaci, denominati georgiani, come:
Il già citato Luciano degli Ottoni, che dovette dimettersi dall'incarico di
abate di Pomposa e fu processato nel 1552, ma che morì alla fine dello
stesso anno.
Il medico e poeta di Argenta Francesco Severi, che fu decapitato e arso a
Ferrara nel 1570,
Il prete e letterato ferrarese Nascimbene Nascimbeni (m. dopo 1578), che
abiurò per opportunità nel 1551 e nel 1560, ma che nel 1570 si presentò
spontaneamente agli Inquisitori, permettendo di riaprire il procedimento
decisivo a carico dei seguaci di S.  oramai vent'anni dopo la morte del loro
capostipite.
Francesco Pucci, curiosamente considerato l'erede del pensiero di R., pur
non avendolo mai conosciuto.


Müntzer (o Münzer), Thomas  (ca. 1490-1525) e Rivolta dei Contadini



La vita
Thomas Müntzer nacque nel 1490 ca. a Stolberg, nella regione dei monti Harz,
da una famiglia benestante e studiò a Lipsia ed a Francoforte. Diventato un
canonico regolare agostiniano, si pose seriamente il problema della crisi
della Chiesa e nel 1519 aderì alla Riforma.
Conobbe Martin Lutero, con il quale rimase in contatto epistolare, così come
con gli altri principali riformatori, durante l'anno in cui fu nominato
padre confessore del convento di Beuditz. L'incarico gli lasciò ampio tempo
per approfondire i suoi studi su Sant'Agostino e sui mistici come Enrico
Suso (1295-1366) e Johannes Tauler.
Nel Maggio 1520, raccomandato da Lutero, M. fu chiamato a Zwickau per
sostituire il precedente pastore della Chiesa di Santa Maria, Johannes
Egranus.
Il paese di Zwickau era, nel XVI secolo, una ricca centro della Sassonia,
vicino al confine con la Boemia, ed aveva basato il suo sviluppo sulle
attività minerarie dell'argento. Questo orientamento dell'economia locale
aveva, tuttavia, portato in rovina la precedente fiorente industria tessile,
generando una vasta disoccupazione tra i lavoratori tessili.
La retorica di Müntzer fu forte e radicale, soprattutto quando, dopo il
rientro di Egranus, egli diventò pastore della Chiesa di Santa Caterina
nell'Ottobre dello stesso 1520. Si scagliò spesso con violenza contro i
monaci francescani locali durante le sue prediche, ai quali non mancavano di
assistere l'ex tessitore Nicholas Storch, l'ex studente di Wittemberg Markus
Stübner e un terzo personaggio, che le varie fonti indicano o come Thomas
Drechsel oppure come Markus Thomä.
I tre, denominati "Profeti di Zwickau", fortemente influenzati dalle
dottrine dei Fratelli Boemi con una decisa impronta millenaria -
apocalittica, derivata dagli hussiti taboriti, predicavano l'imminenza
dell'avvento della "Chiesa degli Eletti", ricusavano lo studio della
teologia e consideravano gli uomini istruiti come manipolatori della parola
di Dio.
Per questo erano convinti che era necessario essere totalmente ignoranti,
persino delle prime lettere dell'alfabeto (ABC), da cui il loro altro nome
di abecedariani. Erano infatti convinti che Dio avrebbe illuminato i suoi
eletti e dato loro la conoscenza della verità tramite lo Spirito Santo.
Il tono delle prediche di M. diventò così sovversivo che il 26 Dicembre
1520, eccitata da un suo sermone contro i frati e i preti, la folla uscì
dalla chiesa e quasi lapidò a morte un prelato, che ebbe la sfortuna di
passare proprio in quel momento. Questo ed altri episodi portarono
inevitabilmente all'espulsione di M. da Zwickau, decisa dal consiglio
cittadino il 16 Maggio 1521, nonostante disordini di piazza, fomentati per
solidarietà da Storch.
M. si recò a Praga, dove continuò nelle sue prediche sempre più
apocalittiche, ma non fece granché presa sui praghesi, che si erano già
abituati a sentire simili toni dai taboriti circa cento anni prima. Egli
decise quindi di lasciare la città e vagò un po' senza un incarico fisso,
finché non riuscì a convincere Lutero a raccomandarlo per la posizione di
pastore della chiesa di San Giovanni ad Alstedt, vicino ad Eisleben in
Sassonia, dove iniziò a predicare dalla Pasqua 1523.
Qui, dopo aver sposato l'ex suora Ottilie von Gersen, svolse un'intensa
attività liturgica, riformatrice e politica: officiò la messa in lingua
tedesca, pubblicò un nuovo libro di preghiere contenente liturgie per tutti
i sacramenti, ristrutturò l'organizzazione della chiesa, ma soprattutto
fondò la Lega degli Eletti, una "comunità di santi" senza preti, principi,
nobili o proprietà privata: in questo fu un vero comunista ante-litteram (e
per questo fu considerato un eroe da diversi pensatori o storici marxisti
come Friedrich Engels, Karl Kautsky e Ernst Bloch).
Purtroppo la Lega si distinse in atti di violenza come il saccheggio e
l'incendio di conventi della regione, mentre M. litigò furiosamente con il
nobile locale, il Conte Ernst II di Mansfeld (m. 1532), ed il tutto iniziò a
preoccupare seriamente i principi di Sassonia, Federico III, detto il Saggio
(1486-1525) ed il fratello Giovanni, favorevoli sì alla Riforma, ma in forme
molto più moderate.
Giovanni fu mandato assieme ad altri notabili, su incarico di Federico, ad
investigare sul tono delle prediche di M.: questi tenne, davanti al
principe, il 13 Luglio 1524, un apocalittico sermone, pubblicato poi come
Sermone ai principi di Sassonia sullo spirito della rivolta, sulla guerra
tra il Demonio e la Lega degli Eletti, l'inizio, cioè, di una riforma
definitiva, che, partita da Alstedt, si doveva espandere in tutto il mondo,
massacrando tutti coloro che non fossero stati d'accordo! E lo stesso
trattamento M. promise ai suoi attoniti astanti, se non avessero aderito a
questa crociata.
Ovviamente la relazione di Giovanni di Sassonia al pur tollerante fratello
Federico fu del tutto negativa e quest'ultimo decise di convocare M. a
Weimar per ulteriori spiegazioni.
M., tra le cui doti principali non c'era certo la diplomazia, ribadì le sue
allucinanti tesi davanti al duca e ritornò ad Alstedt, convinto di aver
vinto l'appoggio dei regnanti di Sassonia alla sua causa: invece il duca
fece pressioni sul consiglio cittadino di Alstedt perché egli venisse
espulso dalla città.
Inaspettatamente, senza attendere l'ingiunzione del consiglio, M. lasciò
Alstedt la notte del 7 Agosto 1524, abbandonando moglie, figli e proprietà e
recandosi a Mühlhausen (in Turingia), dal collega Heinrich Pfeiffer, che
stava cercando di imporre una Lega degli Eletti in città: i due ne vennero
successivamente cacciati da un esercito di mercenari, chiamati dai nobili
locali.
Allora essi si recarono allora  a Norimberga, dove M. fece pubblicare da uno
stampatore, probabilmente il futuro anabattista Hans Hut, uno dei suoi più
violenti opuscoli contro Lutero (che chiamò Dottor bugiardo e il Drago),
Apologia ben fondata e risposta alla carne senza spirito che vive mollemente
in Wittenberg. La reazione delle autorità locali fu l'espulsione di M. e
Pfeiffer, l'arresto della stampatore ed il rogo del libello.
M. viaggiò quindi alla ricerca, vana, di nuovi alleati in Svizzera, dove
incontrò il riformatore zwingliano Ecolampadio e l'anabattista pacifista
Hübmaier, ritornando poco dopo a Mühlhausen, dove il partito radicale di
Pfeiffer aveva preso il controllo della città. I due armarono i loro fedeli
ed espulsero gli oppositori.


Guerra dei Contadini
Questo episodio si inserì nella più vasta Guerra (o Rivolta) dei Contadini
del 1525: il ruolo di M. in questo conflitto viene variamente interpretato
dagli storici. Alcuni considerano M. il vero ispiratore della Rivolta o
perlomeno colui il quale aveva dato una giustificazione ed una speranza ai
rivoltosi; altri negano il ruolo primario di M., che pare non avesse capito
totalmente le veri ragioni della Rivolta.
I contadini, infatti, erano più prosaicamente interessati all'abolizione dei
resti del feudalesimo, ad una drastica riduzione delle tasse, alla
legalizzazione di diritti comuni in tema di pascoli, allo sfruttamento dei
boschi, alla liberalizzazione della caccia e della pesca.
Il predicatore di Stolberg, invece, non si impicciava di problemi pratici,
ma, fortemente influenzato dalle idee di Gioacchino da Fiore, era più
concentrato sulle sue fantasticherie millenaristiche e sull'ora
dell'apocalisse. Oramai egli si definiva Thomas Müntzer il martello e aveva
adottato come simbolo una croce rossa con una spada affilata.
Da tutta la Germania allora arrivarono esaltati, disperati, ma anche piccoli
eserciti organizzati, come quello di Nicholas Storch.
All'inizio di Maggio 1525 i rivoltosi arrivarono fino al numero di 10.000
persone e si accamparono intorno a Frankenhausen, una città conquistata
dagli insorti di Mühlhausen, ma il nuovo principe di Sassonia, succeduto nel
frattempo al fratello, era quel Giovanni, detto il Risoluto (1525-1532), che
aveva ascoltato le farneticazioni apocalittiche di M. nel Luglio 1524 e che
ora diede l'incarico di reprimere la rivolta a Filippo, langravio di Hesse,
forte di un esercito di 5.000 soldati, 2.000 cavalieri e vari pezzi di
artiglieria.
All'onor del vero, Filippo cercò di convincere i contadini ad arrendersi
dietro consegna di M., ma quest'ultimo fece una epica arringa, promettendo
di catturare la palle di cannoni con il proprio mantello (sic!) e garantendo
l'incolumità dalle pallottole per i propri seguaci: il resto lo fece un
arcobaleno, simbolo dei rivoltosi, che apparve in cielo, proprio in quel
momento.
I contadini respinsero le condizioni di Filippo, il quale attaccò il 15
Maggio 1525. Fu una carneficina: 5.000 rivoltosi furono immediatamente fatti
a pezzi dai soldati meglio addestrati e successivamente ne furono sgozzati
altri 20.000, in tutta la Germania.
M., nell'ora più tragica, ebbe un momento di panico: piantò tutto per
correre a nascondersi in una soffitta in Frankenhausen, dove lo trovarono i
soldati in un letto con le coperte tirate sopra la testa. Il suo debole
tentativo di dichiararsi estraneo alla vicenda fallì miseramente a causa dei
suoi appunti trovati nella stanza.
Egli fu quindi consegnato a Filippo di Hesse, che lo inviò dal suo mortale
nemico, il Conte di Mansfeld: questi lo fece torturare tutta la notte ed il
giorno dopo M. firmò una piena confessione.
Il 24 Maggio 1525, l'esercito catturò Mühlhausen e il 26 Maggio M., Pfeiffer
ed altri furono decapitati in piazza. Prima della sua morte, M. ritrattò le
sue convinzioni e fece la comunione, ma non riuscì nemmeno a ricordarsi il
testo del Credo Niceno.


Così morì Thomas Müntzer, il "profeta guerriero", tanto osannato come
proto-comunista [la Repubblica democratica tedesca (Germania dell'Est) fece
perfino ritrarre la sua immagine sulle proprie banconote da 5 Marchi] quanto
condannato senza appello sia dai cattolici, che dai luterani, che dagli
anabattisti pacifisti.
Martin Lutero, che disse di lui Chiunque abbia visto Müntzer può dire di
aver visto il diavolo incarnato nella sua furia più feroce, si prese la sua
vendetta postuma, acquistando una collezione di sue lettere autografe, che
pubblicò con un commentario molto critico sotto il titolo di Una storia
terribile e il Giudizio di Dio su Thomas Müntzer.


Robinson, John (1575-1625) e i Padri Pellegrini



John Robinson
John Robinson, l'ideatore del viaggio dei Padri Pellegrini, nacque nel 1575
a Sturton-le-Steeple, vicino a Retford, nella contea del Nottinghamshire, in
Inghilterra e iniziò a frequentare nel 1592 il collegio Corpus Christi a
Cambridge. Nel 1595 R. ottenne il baccalaureato in arti liberali e nel 1597
diventò professore associato del suo collegio, dove si laureò nel 1599.
Durante la sua docenza, R. fu ordinato sacerdote anglicano, ma nel contempo
egli fu influenzato dagli insegnamenti del teologo puritano William Perkins
(1558-1602).
Nel 1604 R. si sposò con una sua concittadina, Bridget White, trasferendosi
in seguito a Norwich, nel Norfolk, con la sua famiglia, ma qui entrò in
conflitto con il suo vescovo, John Jegon, il quale, deciso a stroncare ogni
forma di dissenso puritano nella sua diocesi, sospese R. dal suo ministero.
R. ritornò quindi a Sturton, dove entrò in contatto con un gruppo di
dissidenti separatisti, formato da John Smyth (il fondatore della Chiesa dei
battisti), William Brewster, Richard Clifton, Hugh Bromhead, Thomas Helwys e
William Bradford (1590-1657).
Il gruppo operava in un vasto territorio situato nella valle del fiume
Trent, alla confluenza delle contee del Lincolnshire, Yorkshire e
Nottinghamshire.
Ben presto nel gruppo si svilupparono delle divergenze interne
(contrariamente a R., Smyth voleva tagliare ogni forma di amicizia con i
puritani rimasti nell'ambito della chiesa ufficiale), e si formarono due
tronconi, favoriti anche da motivi geografici: Helwys, Clifton e Bromhead
rimasero con Smyth a Gainsborough (nel Yorkshire), mentre Brewster e
Bradford, che vivevano vicino a Scrooby (nel Nottinghamshire), scelsero R.
come loro capo. In seguito la vita per la comunità divenne così dura a causa
delle persecuzioni messe in atto dall'arcivescovo di York e dal vescovo di
Lincoln che nel 1608 ambedue i gruppi decisero di emigrare in Olanda, Smyth
ad Amsterdam e R. dapprima ad Amsterdam poi, nel 1609, a Leida, dove egli
acquistò una casa vicino alla Chiesa di San Pietro.
A Leida il gruppo crebbe sotto l'ottima gestione di R., come suo pastore, e
del diacono John Carver, cognato di R., raggiungendo le 300 unità  ed ebbe
proficui contatti con Henry Jacob, il fondatore della chiesa
semi-separatista, emigrato in Olanda nel 1605, dove aveva fondato una suo
congregazione, di ispirazione calvinista, a Middleburg, nella regione dello
Zeeland. In vari colloqui Jacob convinse R. a modificare le sue idee
separatiste.


I Padri Pellegrini
Come altri dissidenti inglesi emigrati forzatamente all'estero, anche R. ed
il suo gruppo separatista soffrivano a stare lontano dalla madrepatria, a
causa di problemi di lingua e di diverse abitudini in Olanda, e quindi essi
pervennero alla decisione di emigrare nelle nuove colonie nel New England,
in America.
Dopo una lunga negoziazione con la Virginia Company, che gestiva il
territorio nella valle del fiume Hudson, e avendo ottenuto una promessa dal
re Giacomo I d`Inghilterra (1603-1625) che, una volta arrivato in Virginia,
il gruppo non sarebbe stato perseguitato, fu noleggiato la nave Mayflower.
Il 6 settembre 1620 la Mayflower salpò dal porto inglese di Plymouth, dove
aveva imbarcato un altro gruppo di fedeli: la nave portava a bordo un totale
di 102 passeggeri, tra cui figuravano William Brewster, John Carver e
William Bradford.
R. era rimasto in Olanda per organizzare un altro viaggio simile con gli
altri adepti della chiesa di  Leida, ma sfortunatamente si ammalò durante
un'epidemia di peste e morì a Leida stessa il 1 marzo 1625.
L'11 novembre 1620 la Mayflower, dopo un viaggio avventuroso di diverse
settimane, entrò nella baia di Capo Cod, ben più a nord del territorio
controllato dalla Virginia Company. I 41 uomini adulti a bordo, chiamati
Padri Pellegrini (così infatti sarebbero stati denominati in seguito),
stillarono un accordo, denominato Compact, per le leggi della nuova colonia
e nominarono John Carver come loro primo governatore.
Presero terra il 16 dicembre 1620 nella baia di Plymouth (nell'odierna
Massachusetts) ribattezzata così non già da loro stessi, come comunemente si
crede, bensì nel 1615 dal capitano John Smith (1580-1631), fondatore della
colonia di Jamestown, in Virginia e famoso per il noto episodio di
Pocahontas.
Il primo inverno della colonia fu durissimo e più di 40 persone morirono per
il freddo e la fatica, compresi William Brewster e John Carver. Fu quindi
eletto nuovo governatore della colonia William Bradford, che avrebbe tenuto
questo incarico per 31 anni. Nell'autunno del 1621 il gruppo si era
costruito case più consone al rigore invernale ed aveva fatto amicizia con
gli indiani Wampanoags, i quali avevano insegnato ai bianchi la coltivazione
del mais: per festeggiare tutto ciò Bradford istituì il giorno del
ringraziamento (Thanksgiving Day), tuttora celebrato dagli americani.
Nei quindici anni successivi all'arrivo dei Padri Pellegrini, tutto il New
England (termine coniato sempre da John Smith), ed in particolare la
Massachusetts Bay, fu teatro di una crescente emigrazione di massa di
puritani e dissidenti religiosi (più di mille persone solo nel 1630), spinti
a fuggire a causa delle politiche repressive del re Carlo I (1625-1649) e
dell'arcivescovo di Canterbury, William Laud (1573-1645). Entro il 1640 più
di ventimila dissidenti religiosi erano emigrati sulle coste della
Massachusetts Bay, formando uno dei nuclei dei futuri Stati Uniti d'America.


Sacro Macello in Valtellina (luglio 1620)



Situazione della Valtellina durante la Riforma
Il Cantone Grigioni aveva aderito nel 1497-98 alla Confederazione Svizzera e
il 27 giugno 1512, con il Giuramento di Teglio, aveva inglobato la
Valtellina e le valli a sud delle Alpi. Tuttavia, con l'avvento della
Riforma di tipo zwingliano dal 1524 in avanti, le cose si erano complicate
per la convivenza di una maggioranza protestante nei Grigioni ed una
maggioranza cattolica in Valtellina. La situazione era stata aggiustata con
la Dieta di Ilanz del 7 gennaio 1526 nella quale era stata data a ciascun
fedele il diritto di scegliere la propria confessione tra cattolica e
protestante (la fede anabattista era stata bandita).
Oltre a questo va anche considerato che il fattore della lingua italiana,
usata nelle sei valli a sud delle Alpi del cantone (Bregaglia, Poschiavo,
Mesolcina, Bormio, Chiavenna e Valtellina) favorì l'azione di esuli
riformati italiani, i quali poterono agire come pastori locali. Si ricordano
a riguardo Agostino Mainardi, Camillo Renato, Girolamo Zanchi, Scipione
Lentulo, Pier Paolo Vergerio, Scipione Calandrini, Francesco Negri da
Bassano, Ulisse e Celso Martinengo e Filippo Valentini.
Ma con l'avanzare della Controriforma, l'odio dei cattolici valtellinesi
verso la minoranza protestante, fomentata dai predicatori francescani e
domenicani, inviati dall'arcivescovo di Milano cardinale San Carlo Borromeo
(1538-1584), arrivò a livelli di elevata intolleranza, nonostante i richiami
alla pacifica convivenza lanciati dai pastori Ulisse Martinengo e Scipione
Calandrini (e proprio per questo motivo i cattolici, sobillati
dall'arciprete di Sondrio Nicolò Rusca, per ben due volte, cercarono di
uccidere quest'ultimo).
L'episodio più significativo, ispirato da Papa Pio V (1566-1572), ex
Inquisitore di Morbegno, fu il rapimento da parte dei domenicani del pastore
della chiesa riformata di Morbegno, l'ex frate minorita Francesco Cellario,
di ritorno da un sinodo di pastori tenuto a Coira. Cellario fu portato in
catene a Roma e, dopo un lungo interrogatorio per farlo abiurare, impiccato
e bruciato sul rogo a Ponte Sant'Angelo il 25 maggio 1569.


Il Sacro Macello
Ma questo fu niente in confronto alla rivolta dei cattolici contro i
protestanti della Valtellina del 1620, che sfociò in uno spaventoso pogrom,
chiamato dal celebre storico Cesare Cantù (1804-1895), il Sacro Macello
della Valtellina.
Il fomentatore principale fu il fanatico arciprete di Sondrio Nicolò Rusca,
vero agitatore delle folle cattoliche e sprezzante delle leggi che cercavano
di mantenere un pur delicato equilibrio tra le due comunità. Egli venne
arrestato e processato a Thusis nel 1618 per il tentato omicidio,
sopraccitato, di Scipione Calandrini, ma morì durante le torture
dell'interrogatorio. Nello stesso processo furono condannati, ma si
rifugiarono all'estero, i fratelli Rodolfo e Pompeo Planta e il genero di
Rodolfo, Giacomo Robustelli.
Quest'ultimo, una volta rientrato due anni dopo, organizzò l'atroce vendetta
contro i protestanti locali: nella notte tra il 18 ed il 19 luglio 1620, i
congiurati trucidarono quasi tutti i protestanti di Tirano. Passarono quindi
a Teglio, dove fu compiuta una strage (72 persone) direttamente nella chiesa
evangelica: 17 tra uomini, donne e bambini, rifugiatisi nel campanile,
bruciarono vivi per il fuoco acceso dai fanatici cattolici. Terza tappa
Sondrio, dove solo un gruppo di 70 riformati con le armi in pugno poterono,
grazie ad una tregua, rifugiarsi in Engadina: tutti gli altri (anche di
nobili famiglie) furono trucidati. In tutto si calcola che furono sterminati
circa 600 persone.
Questo episodio, assieme alla rivolta anti-asburgica della Boemia, portò
allo scoppio della Guerra dei Trent'anni (1618-1648) e alla fine del primo
periodo della guerra, nel 1639, la Valtellina venne riconsegnata al Cantone
Grigioni (che lo tenne fino all'annessione alla Repubblica Cisalpina del
1797), a condizione di accettarvi solo la religione cattolica.
L'esperimento di libera convivenza tra cattolici e protestanti in Valtellina
era dunque finito nel peggiore dei modi.


Giovanni di Ronco (o di Roncarolo) (XIII secolo) e Poveri Lombardi



Nel XIII secolo il valdismo era ben radicato nel sud della Francia, in
Spagna e nel nord dell'Italia.
Qui, in particolare in Lombardia, i seguaci di Arnaldo da Brescia e un
gruppo dissidente del movimento degli Umiliati  confluirono nel movimento
valdese, assumendo nel 1205 il nome di Poveri Lombardi.
Le due anime del valdismo ben presto arrivarono ad una spaccatura nel
movimento: i Poveri di Lione, francesi, disdegnavano il matrimonio dei
ministri del culto, il lavoro manuale e la gerarchia interna, cosa che i
Lombardi, più estremisti, accettavano, oltre ad essere più severi dei
francesi nel rigettare i sacramenti conferiti da sacerdoti indegni.
Essi avevano a capo il piacentino Giovanni di Ronco (o di Roncarolo), un
"illetterato" secondo gli scrittori dell'epoca, ma che aveva preso posizione
assumendo un ruolo quasi sacerdotale nel gruppo lombardo, in contrasto con
il gruppo dei Poveri di Lione, che non prevedevano questa evoluzione della
figura del predicatore valdese.
Le caratteristiche del valdismo italiano (matrimonio dei ministri del culto,
lavoro manuale, rifiuto dei sacerdoti indegni) influenzarono profondamente
anche le frange di questo movimento presenti nel nord dell'Europa (Germania,
Austria, Boemia), per non parlare, due secoli dopo, degli hussiti taboriti
del 1420.
Nel 1217 (secondo altri autori nel 1207) Valdo morì con l'amarezza di non
essere riuscito a mediare le divergenze dei due gruppi, che neppure una
successiva riunione organizzata a Bergamo nel 1218 poté appianare.
Pare comunque che neppure G. avesse partecipato alla suddetta riunione,
essendo morto qualche anno prima.



Fratelli del Libero spirito (XII - XIII - XIV secolo)



I Fratelli del Libero Spirito fu un movimento, dal XII secolo, diffuso nella
Francia settentrionale, in Germania, nei Paesi Bassi, in Boemia e in Italia,
che professava l'indipendenza dall'autorità ecclesiastica e la possibilità
di vivere secondo una vita apostolica, poiché i propri adepti erano convinti
di essere pervasi dallo Spirito Santo.
Questo stato di divinità coincideva con la totale scomparsa dei tormenti
della coscienza: essi quindi ritenevano di essere talmente perfetti da poter
commettere qualsiasi atto senza correre il rischio di peccare, secondo il
detto di San Paolo: Tutto è puro per i puri (Lettera a Tito 1,15). Alcuni
autori cattolici riportarono che essi, forti di questo convincimento, si
lasciavano andare soprattutto ad atti contro la morale, come atti sessuali
extra matrimoniali.
Se ne ha notizia già dalla metà del XII secolo, quando i F. vennero
identificati nei pifres, predicatori ascetici eterodossi, combattuti dal
monaco Eckbert di Schönau.
La dottrina del movimento fu, all'inizio del XIII secolo, fortemente
influenzata dal pensiero apocalittico di Gioacchino da Fiore e quello
neoplatonico e panteista di Amaury di Bène, e successivamente dal teologo e
mistico Ortlieb di Strasburgo, i cui seguaci, chiamati ortlibarii, vennero
condannati dal Papa Innocenzo III (1198-1216).
Ai F. si fanno risalire parentele più o meno strette con il movimento degli
apostolici di Gerardo Segalelli, fra Dolcino da Novara, i movimenti dei
begardi e delle beghine e il grande mistico tedesco Eckhart von Hocheim.
Nel XIV secolo, il capo dei F. italiani, Bentivegna da Gubbio, fu condannato
al carcere a vita nel 1307 proprio da Ubertino da Casale, diventato poi uno
dei leader storici del movimenti dei francescani spirituali o fraticelli.
In Francia, nello stesso periodo, fece notizia la condanna al rogo della
beghina, simpatizzante con i F., Margherita La Porète nel 1310.
Altri F. condannati al rogo furono Berthold Rohrbach a Spira (Germania) nel
1356, Johannes Hartmann-Spinner nel 1370 ca. e Nicola da Basilea a Vienna
nel 1395.
Il movimento fu definitivamente condannato da Papa Clemente V (1305-1314)
nella bolla Dilectus Domini del 1311.
Tuttavia, alla metà del XIV secolo, apparve una sua variante nel movimento
della Libera Intelligenza o Uomini di Intelligenza, al quale potrebbe aver
aderito, secondo una curiosa ipotesi dello studioso tedesco Wilhelm
Fraenger, il noto pittore fiammingo Hieronymus Bosch (1450-1516).


Luca di Praga (1460-1528), i Fratelli Boemi (Unitas fratrum) ed i Fratelli
Moravi



Il periodo storico
I Fratelli Boemi si inserirono nel periodo storico scaturito in Boemia in
seguito all'approvazione delle Compactata di Basilea, una serie di deroghe
dottrinali, che riproducevano i Quattro Articoli di Praga (concepiti nel
1420 da Jakoubek di Stribo): esse furono concesse agli hussiti dal Concilio
di Basilea (1431-1439) e quindi ratificate nel 1436 dalla Dieta di Iglau
(Jihlava) in Moravia, dove i cattolici e gli hussiti avevano accettato
reciprocamente le Compactata e l'obbedienza al Concilio.
Ma questo compromesso non fu accettato dalla fazione radicale dei taboriti e
si giunse ad una guerra civile tra i moderati utraquisti (momentaneamente
alleati con i cattolici) e i Taboriti stessi, conclusasi con la sconfitta di
questi ultimi nella battaglia di Lipau (o Lipany) del 30 Maggio 1434, dove
fu ucciso anche il loro capo Andreas Prokop.
Due anni dopo, nel 1436, alla Dieta di Iglau (Jihlava) in Moravia, i
cattolici e gli hussiti accettarono reciprocamente le Compactata e
l'obbedienza al Concilio. Fu formata una Chiesa Cattolica boema indipendente
con a capo l'arcivescovo Jan Rokyzana.
Tuttavia l'accordo non portò la sperata pace in Boemia, dove continuarono
nuove lotte interne culminate nel 1448, quando il governatore di Praga,
Giorgio Podiebrad reagì con forza ai tentativi dei cattolici di riprendersi
i beni confiscati durante le guerre hussite e di rievangelizzare la regione
con una attività martellante dei predicatori francescani agli ordini del
Vicario generale, San Giovanni Capistrano (1386-1456).
Podiebrad venne nominato reggente nel 1452 e divenne re di Boemia dal 1458
al 1470, sostenendo attivamente il rito utraquista.


La fondazione dell'Unitas fratrum
Nel 1457 alcuni utraquisti ed i superstiti taboriti si staccarono dalla
Chiesa hussita, formando un movimento separato, denominato Unitas Fratrum
(unità dei fratelli) o Fratelli Boemi, il cui fondatore fu un certo Gregorio
(secondo altri autori, Giorgio), nipote del predicatore utraquista Rokyzana,
ma di cui ebbe parte fondamentale il predicatore Petr Chelcický (1390-1460).
Il movimento ebbe un immediato successo ed aumentarono i suoi adepti fino al
numero di qualche migliaio, ma la sua rapida crescita fu bloccata nel 1461
dall'arresto di Gregorio e di altri attivisti per ordine del re Giorgio
Podiebrad, sempre vigile contro possibili riprese del defunto movimento
taborita.
Infatti, benché rifiutassero la violenza tipica dei taboriti, sviluppando
invece altre caratteristiche, come l'abolizione di ogni grado e gerarchia,
del giuramento, del servizio militare per favorire una vita basata sulla
povertà evangelica, i Fratelli Boemi accettarono alcuni punti tipici dei
radicali hussiti in tema di Eucarestia e Sacramenti.
Per continuare la loro opera essi si rifugiarono a Reichnau, sul lago di
Costanza, dove nel 1467, i F. si fusero con i valdesi boemi nel 1467,
diventando l'Unione dei fratelli boemi-moravi, e dando luogo alla
consacrazione di diversi preti (che dovevano essere celibi e non potevano
avere alcun possesso) e di un vescovo, Mattia di Kunwald.
L'Unione era basata su una severa moralità, sulla quale vigilava un comitato
di anziani, che potevano espellere coloro che si erano macchiati di qualche
peccato o colpa.
Comunque le persecuzioni nei loro confronti da parte di re Giorgio
continuarono fino alla sua morte nel 1471.


Luca di Praga
Luca nacque intorno al 1460 ed divenne baccelliere all'Università di Praga,
affermandosi successivamente come teologo molto preparato.
Dal 1480 circa, Luca fu nominato capo e vescovo dei F. riorganizzandoli come
una vera chiesa: in questo dovette vincere l'opposizione interna
rappresentata dall'ala più conservativa dei Radicali.
Nel frattempo, la Boemia era finita sotto il dominio della dinastia polacca
degli Jagelloni: era infatti diventato re di Boemia (e dal 1490 anche di
Ungheria) Ladislao II (1471-1516), figlio di Casimiro IV di Polonia
(1444-1492).
Ladislao fu alquanto tollerante con i F. e questa cosa permise una loro
rapida espansione (circa 100.000 seguaci), nonostante la persecuzione voluta
da Papa Alessandro VI (1492-1503): fu un vero peccato tuttavia che essi non
sapessero meglio coltivare i rapporti con il re. Infatti nel 1507 quando il
sovrano li invitò ad una conferenza con gli utraquisti a Praga, essi, per
tutta risposta, inviarono degli illetterati maleducati. Questo sgarbo mandò
in bestia il re Ladislao, che iniziò a perseguitare i F. ad iniziare
dall'Editto di San Giacomo del 1508.
Nel 1528 morì il vescovo Luca, che si era sempre posto in maniera
equidistante dai vari pensieri riformatori dell'epoca, come i luterani e gli
zwingliani.
Ne prese l'eredità spirituale Giovanni di Augusta, il quale tentò una
fusione con i luterani nel 1542, ma questa naufragò per una visione troppo
severa della morale dei F., non condivisa da Martin Lutero.
Tuttavia i F. furono lealmente al fianco dei luterani nella lega di
Smalcalda e patirono anche loro le conseguenze della sconfitta nella
battaglia di Muhlberg del 1547 e dovettero accettare o l'esilio in Polonia e
Prussia o di fondersi almeno formalmente con gli utraquisti.
Un periodo di relativa pace si ebbe sotto Massimiliano II d'Asburgo
(1564-1576), che rifiutò le decisioni del Concilio di Trento (1545-1563) per
mantenersi in una posizione neutrale: ne approfittarono i F. per stendere la
Confessio bohemica, l'atto di fede dei F., un documento teologicamente
ancora in una posizione intermedia tra luterani e calvinisti.
Durante il regno dell'imperatore Rodolfo II (1576-1612) fu stillata una
lettera di garanzia delle libertà religiose ai boemi, mentre durante il
regno del successore, il fratello Mattia (1612-1619), avvenne l'episodio
scatenante la Guerra dei Trent'anni: una ulteriore defenestrazione di Praga
degli incaricati cattolici dell'Imperatore.
Ma non erano più i bei tempi di Zizka o Prokop: la guerra vide la secca
sconfitta dei Boemi nella battaglia alla Montagna Bianca del 1620 da parte
delle truppe dell'imperatore Ferdinando II (1619-1637), il quale forzò i F.
a diventare cattolici o ad emigrare: molti scelsero di rifugiarsi in
Ungheria o in Polonia settentrionale, tra cui l'illustre filosofo e pedagogo
Jan Amos Komenski (Comenio) .
Altri F. boemi sopravvissero in clandestinità in Moravia, emigrando
successivamente in Germania, dove intorno al 1730 il conte Nikolaus Ludwig
von Zizendorf (1700-1760) fondò il movimento dei Fratelli Moravi, unendo le
caratteristiche dei F. con quelle del Pietismo di origine luterana.
Oggigiorno la Chiesa Morava, anche grazie ad una intensa opera di
missionariato nelle Americhe, conta nel mondo circa 300.000 fedeli.

Rothmann, Bernhard (o Bert) (1495-dopo il 1535)



Bernhard (o Bert) Rothmann, figlio di un fabbro, nacque nel 1495 a
Stadtlohn, un paese ad ovest di Münster (capitale della Westfalia), vicino
al confine con l'Olanda.
R. dapprima fu insegnante di latino a Warendorf (vicino a Münster) e poi fu
poi avviato alla carriera ecclesiastica, studiando all'università di Colonia
e viaggiando nel 1531 in alcuni centri della Riforma luterana, come a
Wittenberg, dove diventò amico di Melantone, e a Strasburgo, dove conobbe
Wolfgang Capito (1478-1541).
Tornò quindi a Münster e accettò di diventare predicatore della chiesa di
San Lamberto, con lo scopo di convertire la città al luteranesimo. In ciò R.
venne aiutato dal ricco mercante di panni Bernhard Knipperdolling, capo
delle gilde cittadine dal 1527.
I due si allearono per poter scalzare il potere del vescovo cattolico Franz
von Waldeck (vescovo: 1532-1534, m. 1553) e nel 1532 R. precisò il proprio
credo pubblicando una confessione di fede in trenta articoli, sintesi tra
una solida base luterana e alcune influenze dei riformatori svizzeri, in
particolare Zwingli, soprattutto per quanto riguardavano i sacramenti.
Tuttavia già nei mesi successivi R. cambiò totalmente pensiero, venendo
influenzato da un gruppo di dissidenti, che si erano recati a Münster in
quel periodo, i cosiddetti Predicatori di Wassenberg (Wassenberger
Prädikanten), radicali evangelici come Heinrich Rol (Henricus Rollius),
scacciati dal vicino ducato di Cleve.
Nella sua lotta contro il consiglio comunale, R. dunque fu appoggiato da
questi predicatori e, come già detto, dalle gilde di Knipperdolling, e poté
approfittare delle lotte in città tra luterani e cattolici.
Tuttavia la situazione si evolse molto rapidamente con l'afflusso, sempre
più marcato di anabattisti dal 1533, ed in particolare con l'arrivo, nel
gennaio 1534, del predicatore olandese anabattista Jan Bockelson, inviato a
Münster dal profeta apocalittico Jan Matthys.
Bockelson riuscì a convertire Knipperdolling ed insieme i due diffusero
l'anabattismo in maniera capillare e crearono una tale esaltazione delle
masse da far espellere l'odiato vescovo von Waldeck. Successivamente gli
anabattisti portarono la propria confessione a vincere la maggioranza nel
consiglio comunale, durante le elezioni del 23 febbraio 1534.
Immediatamente Matthys vi si trasferì, dichiarando che quella era la Nuova
Gerusalemme dove attendere il ritorno di Cristo, Knipperdolling fu
dichiarato borgomastro e furono prese misure radicali, come l'espulsione,
anche con la violenza, di tutti i cattolici e luterani (a fatica
Knipperdolling e Bockelson riuscirono a convincere Matthys dell'assurdità di
massacrarli tutti, come invece il profeta pretendeva!) e confisca dei loro
beni, ribattesimo di coloro che era rimasti in città, abolizione della
proprietà privata, incluso il denaro, falò di tutti i libri della città
eccetto la Bibbia.
Matthys proclamò la Nuova Sion in terra ed invitò tutti gli anabattisti ad
accorrere a Münster: nonostante che l'ex vescovo von Waldeck oramai cingesse
d'assedio la città con le sue truppe (per la verità non molto numerose):
circa 2500 fedeli risposero all'appello, tra cui i due fratelli ed ex preti
Bernhard ed Hinrich Krechting, che avrebbero assunto in seguito incarichi
ufficiali nel governo della città.
Tutte queste novità spiazzarono R. ed i predicatori di Wassenberg, che, da
lì in avanti diventarono figure esecutive di secondo piano, sebbene R. fu
comunque chiamato a ricoprire il ruolo di responsabile della propaganda.
Poco dopo, il giorno di Pasqua, 4 aprile 1534, il vero capo di questa vera e
propria dittatura teocratica, Jan Matthys, guidò una folle sortita con soli
20 compagni contro le truppe del vescovo e cercò perfino di arringare i
soldati per convincerli a passare dalla parte degli assediati, ma fu ucciso
da un ufficiale con un colpo di spada al petto.
Caduto il profeta Matthys, prese il potere direttamente Jan Bockelson, più
fanatico e sanguinario di Matthys stesso, che introdusse tutta una serie di
leggi, presentandole come non discutibili in quanto parte di suoi deliri
mistici: in una di queste leggi egli introdusse, dal luglio 1534, la folle
idea della poligamia obbligatoria. Bockelson stesso sposò 15 mogli, tutte
giovani e belle, tra cui la vedova di Matthys, Divara, mentre R. si
accontentò di 9 mogli. La disposizione, imposta con la forza, incontrò una
crescente resistenza: una congiura fu repressa nel sangue e tutte le donne
che rifiutavano il matrimonio forzato venivano orribilmente torturate ed
uccise.
In settembre, in un delirio di onnipotenza, Bockelson si fece incoronare
sfarzosamente, con la sua regina Divara al suo fianco, come un novello Re
Davide del regno della Nuova Gerusalemme, minacciando di morte coloro che si
fossero opposti.
Tra ottobre e dicembre 1534 R., che probabilmente ancora pensava nella bontà
dell'esperienza di Münster, scrisse e pubblicò due opuscoli (Eine
Restitution e Van der Wrake) per cercare di sostenere la causa degli
assediati, ma i dissidi interni tra gli immigrati, favoriti da Bockelson (le
cui follie giornaliere non si contavano più), e gli abitanti originari di
Münster, portarono a nuove esecuzioni capitali.
Nel gennaio 1535 l'assedio divenne rigorosissimo: nulla poteva passare,
neanche i viveri che precedentemente riuscivano a filtrare attraverso le
maglie dell'assedio. La fame avanzò rapidamente e quando finì il cibo, gli
abitanti si misero a mangiare di tutto: cani, gatti, topi, erbe, scarpe
bollite e quant'altro.
L'espugnazione della città avvenne il 24 giugno 1535 grazie al tradimento di
un cittadino di Münster, che apri le porte della città durante un violento
temporale. Le truppe del vescovo poterono quindi entrare, procedendo ad un
massacro sistematico dei difensori, nonostante la strenua lotta organizzata
da Bernhard Krechting.
Bockelson, Knipperdolling e B. Krechting furono catturati, interrogati,
torturati ed infine orribilmente giustiziati sulla piazza del mercato di
Münster il 22 gennaio 1536.
Di R. non si seppe mai più nulla e fu ricercato attivamente per qualche anno
nel dubbio che fosse riuscito a fuggire da Münster. Girarono voci, non
confermate, che si fosse rifugiato nel nord della Germania, ma la data della
sua morte rimane ancora un mistero.