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                            | IL DISCO DI NEBRA 
							- Articolo di 
							Francesco Garufi |   
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    | Il Disco di Nebra, il recente straordinario e ritrovamento del reperto archeologico è avvenuto 
vicino al villaggio di Nebra situato presso Mittelberg, una collinetta 
coperta della foresta di Ziegelroda alta circa 250 mt, a 50 km ad ovest di Lipsia, 
nella Germania Est. Nello stesso sito sono state ritrovate anche delle 
spade stile miceneo.Il disco di Nebra è un artefatto circolare in bronzo e 
oro datato circa 1600 a.C. circa, con un diametro di circa 32 cm. con raffigurati sole, luna 
e stelle tra le quali si distinguono le sette Pleiadi (attualmente visibili
    appena sei). Il disco di Nebra fino a 
questo momento è la più antica rappresentazione astronomica in assoluto.
 Questo 
ritrovamento archeologico sembra di sicura manifattura locale poichè il rame ha 
caratteristiche minerali isotopiche della zona stessa del ritrovamento e sembra corroborare 
gli stretti legami, evidenziati nel libro "Omero nel Baltico" di Felice Vinci, 
tra l'Europa centro-settentrionale e il mondo omerico.
 Il disco è il perfetto 
pendant dei versi del XVIII libro dell'Iliade in cui Omero illustra le 
decorazioni astronomiche fatte dal dio fabbro Efesto sullostrato in bronzo posto 
al centro dello scudo di Achille: "Vi fece la terra, il cielo e il mare, 
l'infaticabile sole e la luna piena, e tutti quanti i segni che incoronano il
cielo, le Pleiadi, le Iadi, la forza d'Orione".
 I reperti di Nebra insomma 
mostrano lo stretto rapporto, per così dire "triangolare", che, attraverso 
l'archeologia, si può stabilire tra il mondo nordico della prima età del bronzo, 
quello omerico (lo scudo) e quello miceneo (le spade)
 
 
  
 L'importante scoperta archeologica è avvenuta in Germania ed è stata resa 
pubblica solo recentemente. Ce ne siamo occupati superficialmente qualche numero 
fa parlando del sito sacro agli antichi germani Exterstaine. Ora lo faremo con maggiore approfondimento, essendo questa scoperta di 
fondamentale importanza per la comprensione della scienza dell’Uomo del 
Neolitico. Si tratta di Goseck, il più antico sito preistorico conosciuto con 
evidenti relazioni astronomiche, un luogo in cui gli uomini che, ancor oggi sono 
definiti "primitivi", osservavano i movimenti del Sole, i cicli lunari e il moto 
delle costellazioni. Ciò avveniva circa 7.000 anni fa, ben 2.000 anni prima 
della realizzazione di Stonehenge. L'archeologo che coordina il team di ricerca 
dell'Università di Halle-Wittemberg è fermamente convinto che Goseck 
rappresenti, oltre che un punto di osservazione astronomica, uno dei siti sacri 
più antichi e importanti del Centro Europa. Il sito di Goseck tratteggia dunque, 
semmai ve ne fosse bisogno, una nuova immagine dell'uomo del Neolitico, rivolto 
alla conoscenza del proprio habitat, ma anche proiettato verso l'osservazione 
del cielo in cerca, forse, delle risposte ai grandi misteri della sua 
esistenza.
 Una scoperta inaspettata
 Come si è giunti alla scoperta dell'importante sito di Goseck? L'archeologo 
Francois Bertemes, responsabile del progetto Goseck, ci ha raccontato le 
circostanze che hanno portato alla scoperta del sito. È stato il caso, come 
molte altre volte nella storia dell’archeologia, ad averne permesso il 
ritrovamento. Un piccolo aereo da turismo, sorvolando la zona, segnalò di aver 
individuato nei pressi della cittadina di Goseck una sorta di impronta circolare 
nel terreno, con quelle che sembravano essere tre porte di accesso. I primi 
scavi cominciarono nel 2002 e subito ci si accorse subito della sua importanza, 
in quanto la sua funzione fu presto evidente: si trattava di un osservatorio 
stellare. Il sito preistorico, paragonato ai circa duecento luoghi simili sparsi 
in Europa, possiede una particolarità: le vie di accesso all’interno della 
struttura sono tre, disposte, rispettivamente, a sud-est, sud-ovest e a nord, 
mentre normalmente, in siti similari, risultano essere quattro. Goseck era 
costituito da una serie di anelli concentrici realizzati con pali di legno 
dell'altezza di un uomo. Le stesse entrate e gli anelli si stringevano 
progressivamente fino al centro, in una sorta di percorso a imbuto, indicando 
forse che solo pochi uomini avevano accesso al cerchio centrale, al luogo sacro. 
Secondo Wolfhard Schlosser, uno dei massimi esperti di archeo astronomia in 
Germania, questa particolare conformazione costituisce il primo esempio di 
osservatorio astronomico preistorico. Il circolo ha un diametro di 
settantacinque metri e originariamente era composto da quattro cerchi 
concentrici, una collinetta, un fossato e due palizzate di legno con tre porte 
di accesso. Secondo l'archeoastronomo, l’entrata meridionale punta il sorgere e 
il tramontare del Sole nel solstizio d’estate e d’inverno, mettendo i primi 
europei in condizione di determinare con accuratezza il percorso del Sole 
attraverso il cielo. Schlosser è convinto che il sito fosse stato eretto per 
l’osservazione dei fenomeni astronomici come il movimento del Sole, della Luna e 
delle stelle, e quindi per tracciare il corso del tempo. Per la datazione del 
sito il team di archeologi tedeschi si è basato sullo stile di alcuni frammenti 
di vasi rinvenuti al suo interno, risalenti 4900 a.C. ca. Gli scavi effettuati 
nei pressi hanno messo in luce resti di abitazioni in legno e argilla con 
rimanenze di granaglie e evidenze di addomesticamento di animali. Si trattava, 
probabilmente, di un popolo stanziale dedito all'agricoltura e all'allevamento 
del bestiame e che occupò il luogo 500 anni di erigere l'osservatorio di Goseck.
 L’intervista a Bertemes
 Si tratta, lo ripetiamo, di una grande scoperta: un popolo del Neolitico 
misurò per millenni i movimenti del Sole e della Luna e la posizione delle 
costellazioni, con estrema precisione. Goseck, però, non è solo una “costruzione 
calendario” ha spiegato Schlosser, “ma è chiaramente un edificio sacro”. Gli 
archeologi hanno trovato numerose prove che testimoniano che Gosek fosse un 
luogo in cui venivano svolte cerimonie di culto. La disposizione delle ossa 
umane, per esempio, è tipica dei siti sepolcrali, e segni indicativi presenti su 
di esse suggeriscono che fossero esercitati sacrifici umani. Bertemes ha 
dichiarato che non è strano che gli osservatori astronomici fungessero anche 
come luoghi di venerazione, centri di vita sociale e religiosa e, allo stesso 
tempo, fossero di importanza vitale in una società dominata dai mutamenti 
stagionali. Riportiamo di seguito un estratto dell’intervista che Bertemes ci ha 
rilasciato:
 F.G.: Quale fu il popolo che costruì questo sito?
 F.B.: Di certo un popolo appartenente alla cultura danubiana neolitica, 
proveniente dai Carpazi, loro luogo di origine. Questa popolazione si sparse in 
tutta Europa, fino ai Paesi Bassi e nell'Ucraina.
 F.G.: Cosa rappresentava Goseck per queste popolazioni?
 F.B.: Era un luogo di culto e di osservazione astronomica. Conoscere 
l'altalenarsi delle stagioni era di importanza vitale per comprendere i momenti 
in cui seminare. Tutta la vita era regolata sul ritmo delle stagioni. Avere dei 
riferimenti astronomici che permettessero di stabilire con esattezza il momento 
di inizio delle stagioni costituiva un grande vantaggio.
 F.G.: In questo luogo di culto esisteva, a suo avviso, una classe 
sacerdotale? F.B.: Finora non abbiamo avuto nessuna evidenza archeologica circa 
la possibilità che vi fosse una classe sacerdotale. Tenga presente che queste 
evidenze le riscontriamo solo dopo il terzo millennio a.C. Goseck è ancora in 
piena fase di studio, ma escluderei questa possibilità.
 F.G.: Quali metodi sono stati utilizzati per datare il sito?
 F.B.: Abbiamo utilizzato il metodo di comparazione stilistica e tuttora 
sono in corso degli esami con il carbonio 14. Presto avremo i risultati, ma già 
oggi siamo ragionevolmente certi della sua datazione.
 F.G.: Mi ha detto di aver rinvenuto, all'interno del sito, resti di ossa 
umane. Nel cerchio di Goseck venivano effettuati sacrifici rituali?
 F.B.: Sì, è esatto. Abbiamo trovato resti umani e la loro disposizione ci 
fa credere che si effettuassero riti sacrificali importanti per la vita sociale, 
economica e religiosa di queste popolazioni. E d'altra parte il ritrovamento di 
questi resti all'interno di quello che è chiaramente un sito di osservazione 
astronomica, ci porta a pensare che quest’attività fosse mitologicamente e 
religiosamente collegata ai fenomeni astronomici.
 F.G.: La maggior parte dei siti astronomici preistorici avevano quattro 
entrate mentre Goseck ne presenta tre. Qual è la sua opinione?
 F.B.: Finora non abbiamo una risposta precisa. Normalmente le quattro o più 
porte identificavano la connessione con i due solstizi d'estate e d'inverno, o 
delle complesse relazioni con le stelle. A Goseck sembra che solo il solstizio 
d'inverno rivesta un’importanza rituale.
 Il Disco di Nebra
 Quindi Goseck assume fondamentale importanza per le sue relazioni con 
l’osservazione del cielo in epoca molto antica. Ciò va a formare un quadro 
completo e molto intrigante della scienza dell’Uomo Neolitico, in quanto la 
scoperta di questo sito va ad aggiungersi (e può spiegare) a quanto rinvenuto 
alcuni anni fa, un prezioso reperto, un disco “astronomico”, chiamato Disco di 
Nebra. Un disco metallico ritrovato nel 1999 da "cercatori di tesori" insieme a 
una spada e altri arnesi. Successivamente, nel 2003, il disco fu oggetto di 
contrattazioni nel mercato dei ricettatori archeologici ed è grazie 
all'intervento dell'archeologo tedesco, Harald Meller, che il Museo di Halle è 
potuto entrarne in possesso (cfr. HERA n° 28 pag. 12). Il reperto in questione è 
un disco bronzeo di circa 32 centimetri di diametro, in cui sono presenti 
inserzioni e raffigurazioni in oro. Il prezioso oggetto è stato datato intorno 
al 1600 a.C. L'eccezionalità del reperto consiste, a detta di molti studiosi, 
nell'essere la più antica mappa esistente del cielo. Sul disco, infatti, sono 
presenti, un cerchio grande, una porzione di cerchio, tre archi e 23 cerchi più 
piccoli sparsi, più altri sette disposti in maniera ravvicinata. Lo studio del 
disco ha individuato in queste incisioni la rappresentazione del Sole (il 
cerchio grande), della Luna crescente (la porzione di cerchio), di 23 stelle (i 
cerchi più piccoli) e la raffigurazione della costellazione delle Pleiadi (il 
gruppo di sette). I due archi, quello alla destra e alla sinistra del disco sono 
stati interpretati come la porzione di orizzonte in cui il Sole sorge. Il terzo 
arco raffigurerebbe invece una barca solare che solca le acque celesti: la barca 
che trasporta il Sole da ovest ad est. L'immagine della barca solare è una 
costante nella visione cosmogonica di alcuni popoli, in special modo, della 
cultura egizia, ma ne riparleremo più avanti.
 La validità di queste 
considerazioni induce a pensare che il disco rappresenti l'esatta visione 
frontale di un individuo che si trovi in un preciso luogo d’osservazione del 
cielo, un osservatore che possa confrontare il disco, come si farebbe con una 
mappa, con la volta celeste di fronte a sè. L'interessante particolarità che 
unisce le due scoperte, il sito di Goseck e il disco astronomico, consiste nel 
fatto che Goseck dista appena 25 chilometri da Nebra, venendosi a costituire un 
ideale ponte, una diretta connessione tra un sito per l'osservazione astronomica 
e la relativa carta del cielo, in cui un popolo stanziale, annotava i risultati 
delle sue scoperte cosmiche nel corso di migliaia di anni.
 Il disco di 
Nebra, ha subito numerose analisi per stabilirne l'autenticità, in quanto la 
raffigurazione incisa, che mostra la costellazione delle Pleiadi, aveva generato 
numerosi dubbi nella comunità scientifica.
 Le due scoperte focalizzano 
un’antica visione cosmo-mitologica del mondo delle civiltà europee dell’Età del 
Bronzo. Il disco di Nebra, a prima vista, sembra essere un oggetto rituale, ma 
gli studi di archeoastronomia in corso rivelano una profonda conoscenza del 
cielo, evidenziando come forse il disco sia stato un utensile in grado di 
"registrare" le osservazione stellari di Goseck o di altri siti 
simili.
 L'immagine che abbiamo dei popoli del Nord Europa nell'Età del 
Bronzo, è quella di "barbari" distanti anni luce dalle sofisticate civiltà di 
Grecia ed Egitto. Nel Nord Europa non vi erano grandi città, non vi erano forme 
di scrittura e nessun segnale di studi filosofici. Tutto ciò è ora da 
riconsiderare proprio in seguito al ritrovamento del disco di Nebra. Ma, come 
spesso accade per i reperti che mettono in discussione teorie consolidate, la 
comunità scientifica ha considerato l'oggetto un falso, uno scherzo. 
L’archeologo Harald Meller che ci ha confidato di considerare il Disco di Nebra 
come la più grande scoperta della sua vita, nonostante lo scetticismo iniziale 
di molti suoi colleghi. La conferma dell’autenticità dell’importante reperto è 
venuta solo in seguito alle immediate analisi archeometallurgiche. E’ stato il 
dottor Heinrich Wunderlich che ha potuto analizzare lo stato di corrosione 
dell'oggetto. La patina di corrosione di un oggetto archeologico di dubbia 
provenienza può essere il frutto di particolari tecniche di falsificazione. È 
importante effettuare una profonda analisi della struttura corrosiva atta a 
stabilire il suo tipo di cristallizzazione. Fu così riscontrato che la struttura 
chimica dei cristalli presentava la tipica formazione a grandi bolle, propria di 
una corrosione non artificiosa. Ciò eliminava ogni possibile ipotesi di 
contraffazione ma non precisava la data storica per la sua realizzazione. Ciò è 
stato raggiunto grazie agli oggetti rinvenuti insieme al disco: due spade. 
Usando il metodo di datazione associativa furono presi in esame gli oggetti e 
paragonati stilisticamente ad altri di nota datazione, grazie a materiale 
sottoposto al C-14. Il risultato stabilì una data intorno al 1600 a.C., una 
conclusione stupefacente, se si considera il tipo di cultura e di civilizzazione 
che si è sempre pensato occupasse quei luoghi a quel tempo.
 E’ certamente europeo!
 Come si è giunti però a identificare nel disco di Nebra la ricostruzione di 
una mappa stellare? Lo abbiamo chiesto al Professor Wolfhard Schlosser, uno dei 
più famosi archeoastronomi tedeschi, che ci ha messo a conoscenza degli studi 
effettuati sul reperto. Schlosser ci ha spiegato che la sua prima impressione, 
quando gli sottoposero il reperto, fu proprio quella di trovarsi di fronte a una 
mappa celeste. Il problema era comprendere se si trattasse di una raffigurazione 
fantasiosa oppure se le incisioni rappresentassero una reale e precisa 
collocazione degli astri nel cielo. In questo caso, quando il cielo si 
presentava in quel modo e soprattutto da dove? Il professore tedesco ha 
individuato, immediatamente e senza alcun dubbio, le sette inserzioni dorate 
come la raffigurazione delle Pleiadi. Queste stelle erano ben conosciute dai 
popoli antichi, sia in Grecia, che in Mesopotamia, che in Russia. La 
costellazione delle Pleiadi si compone di undici stelle, ma nell'epoca in cui 
non vi erano i nostri potenti telescopi, ad occhio nudo, era possibile vederne 
solo sette, le stesse raffigurate nel disco di Nebra. Schlosser fu giustamente 
colpito da questa scoperta, in quanto la raffigurazione delle Pleiadi era sì 
conosciuta in Egitto o in Mesopotamia a quell'epoca, ma non certamente in Europa 
centrale o in Germania. Mappare le stelle, raffigurarle e identificarle è sempre 
stata una sorta di "ossessione" nella storia dell'umanità, ma nessuno può dire 
chi e quando si cominciò a comprenderne il movimento. Di certo si sa che in 
Egitto e in Mesopotamia venivano associavate le stelle a figure di animali e che 
la prima immagine realistica di costellazioni la si ritrova in Egitto intorno al 
1400 a.C. Come è possibile quindi che sul disco di Nebra risalente al 1600 a.C. 
circa vi sia una così chiara raffigurazione e disposizione di queste 
stelle?
 Come ha affermato Meller, il disco di Nebra è la prima reale, 
concreta rappresentazione astronomica nella storia dell'umanità. Ci chiediamo 
quindi: è possibile che in questa parte dell'oscura Europa vi fossero uomini in 
grado di sviluppare una conoscenza astronomica più avanzata della civiltà 
egizia? Il disco presenta oltre alle stelle anche il Sole e la Luna. In basso, 
vicino al bordo è possibile vedere quella che sembra una barca: la barca solare. 
Per lo studio di questa figura, Harald Meller ha contattato il dottor Flemming 
Kaul del Museo Nazionale della Danimarca, che possiede la collezione più 
completa di antiche immagini di barche incise sulle rocce di tutto il nord 
Europa. Le immagini mostrano una linea curva, spesso circondata da rematori. Non 
si tratta di raffigurazioni di barche associate a culti religiosi, mentre quella 
del disco di Nebra sembra "accompagnare" il viaggio del Sole verso il mondo 
nascosto. Kaul, in base alla sua esperienza, ha affermato che la barca incisa 
sul disco sia proprio una barca solare. La rappresentazione di una barca quale 
"traghetto" per il Sole è una delle immagini più forti presenti in molte civiltà 
antiche e ha origine non in Europa, ma in Egitto. Gli antichi egizi credevano 
che la potente divinità del Sole, il dio Ra (cfr. articolo di pagina 20), 
viaggiasse nel cielo notturno a bordo di una nave, potendo così ritornare e 
rinascere all'alba successiva. Com'è possibile, quindi, ritrovare questa stessa 
idea nel disco di Nebra? Gli archeologi si trovano così di fronte a due 
"anomalie": la prima costituita dalla raffigurazione delle Pleiadi, la seconda 
da un simbolo che richiama fortemente la cultura egizia. È possibile che il 
disco di Nebra non sia Europeo? Oppure c'è dell'altro?
 E’ l'esperienza 
archeoastronomica del professor Schlosser a chiarire i nostri dubbi. Misurando 
l'angolo di ampiezza del semicerchio posto sul bordo del disco, Schlosser nota 
che corrisponde a 82 gradi, “una misura molto precisa”, specifica. Questa misura 
ricorda le conoscenze degli antichi, i quali costruivano i loro monumenti 
allineandoli con i solstizi d'estate e d'inverno, quando il Sole compie un 
movimento con un angolo di 80 gradi attraverso l'orizzonte. Ma questo preciso 
angolo varia da luogo a luogo: dai 90 gradi del nord ai 70 del sud. Solo in una 
piccola fascia del centro Europa l'angolo misura 82 gradi esatti. Il professor 
Schlosser decide quindi di recarsi a Nebra, nel luogo del ritrovamento del 
reperto. Lì, a Nebra entrambi i solstizi presentano un angolo esatto di 82 
gradi! Potrebbe però essere una coincidenza, afferma Schlosser. Bisogna 
approfondire gli studi ed è quello che ha fatto Harald Meller del Museo di 
Halle, chiedendo la consulenza del Professor Ernst Pernicka, dell'Università di 
Tubinga, specialista di antichi metalli. Pernicka doveva stabilire, con esatta 
scientificità, la provenienza del metallo che compone il disco di Nebra. Per 
farlo aveva bisogno di confrontare il disco con un metallo proveniente dalle 
antiche miniere delle Alpi austriache. Il disco di Nebra è in bronzo ma contiene 
parti in rame; quest'ultimo presenta la caratteristica di possedere isotopi che 
sottoposti alle analisi con lo spettrometro di massa consentono di stabilire, 
attraverso il loro indice di radioattività, il luogo di provenienza. Comparando 
un campione prelevato dal disco di Nebra con il rame proveniente dalle miniere 
del Mediterraneo è stato possibile, così, provare scientificamente che la 
provenienza è senza dubbio dal cuore dell'Europa: dalla Germania. Era la prova 
che ci si aspettava, il risultato scientifico che determinava una volta per 
tutte che le popolazioni europee dell'Età del Bronzo possedevano davvero 
sofisticate capacità astronomiche, come in Egitto.
 Una Bibbia portatile
 Si pone ora un'ultima domanda: che significato poteva avere il disco di 
Nebra per quel popolo? Vi erano aspetti religiosi legati al disco? E’ l’analisi 
delle immagini presenti sul disco che può offrire la risposta.
 Il Sole era 
un asterismo molto importante nella religione dei Nordeuropei dell'Età del 
Bronzo; è chiara la connessione tra il Sole e la vita. Se il Sole scompare anche 
la vita muore. La seconda figura è la Luna crescente. La Luna nelle culture 
germaniche era simbolo del passaggio del tempo. Il tempo era qualcosa di 
inesplicabile anticamente e se qualcuno poteva comprenderlo e controllarlo aveva 
in mano il potere. Abbiamo poi il semicerchio che funge da orizzonte e che 
stabilisce i solstizi sacri nell'Europa centrale. Sotto queste figure 
provenienti dalla cultura del Nord e Centro Europa osserviamo la figura della 
barca solare. In ultimo abbiamo le stelle e, più importanti, il gruppo delle 
sette sorelle: le Pleiadi. Questa costellazione ebbe una notevole rilevanza 
nell'antichità, in quanto la loro visibilità in marzo e in ottobre, segnava due 
date di grande valore per la vita agricola. Esiodo conferma nelle sue opere 
questa importanza: "Quando le Pleiadi sorgono, figlie di Atlante, la mietitura 
incomincia; l'aratura al loro tramonto; esse infatti quaranta notti e quaranta 
giorni stanno nascoste, poi, volgendosi l'anno, appaion dapprima quando è il 
momento di affilare gli arnesi.". Il Sole, la Luna, la barca solare, le Pleiadi 
e i solstizi: cinque grandi concetti connessi alle tematiche religiose di questo 
popolo, stanziato nel cuore dell'Europa. Ritrovarli collegati insieme in un 
unico oggetto, il disco di Nebra, rappresenta realmente una grande scoperta. La 
professoressa Miranda Aldhouse Green, esperta in religioni dell'Età del Bronzo, 
ha paragonato il disco di Nebra ai testi biblici, all'Antico Testamento, nel 
senso che questo disco rende visibili concetti e messaggi sacri come quelli 
rintracciabili nella Bibbia. Secondo la Aldhouse Green l'uomo Europeo dell'Età 
del Bronzo è stato in grado di inserire tutte le sue credenze religiose in un 
unico oggetto "portatile.
 Ricapitolando, il sito di Goseck risale quasi al 5000 a.C. e, anche se in 
corso di studio, può essere considerato il più antico osservatorio astronomico 
d’Europa; in questo luogo una popolazione stanziale osservò il cielo per 
millenni, seguendo e rilevando i movimenti delle stelle. Il disco di Nebra 
rappresenta la summa delle loro credenze, delle loro osservazioni, del loro modo 
di vedere il mondo".
 
 
  
 
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