Kant è un filosofo illuminista, nasce a Königsberg; la madre riveste per lui un ruolo molto importante che, a quanto sostiene, gli insegna il primo germe di bene. È il quarto di 11 figli, ma con i fratelli non ha un gran rapporto. Viene mandato al collegium Friedericianum, dove si dimostra subito critico nei confronti della religione, per quanto riguarda le forme esteriori ed esagerate del culto: ha un concetto intimistico della fede, le preghiere forzate sono, per lui, inutili. Diventa bibliotecario, poi docente di logica e metafisica all'università; i suoi interessi sono prevalentemente scientifici: pubblica molte opere sulla Terra, sul moto, sulla quiete e sulla teoria dei venti (scritti pre - critici). La sua prima opera importante, scritta nel 1781 è la "Critica della Ragion Pura", dove fa il punto sulla conoscenza (2° edizione). Il 1788 è l'anno della pubblicazione della "Critica della Ragion Pratica". Nel Critica della Ragion Pratica si chiede cosa si può conoscere, è uno scritto teoretico, nella Critica della Ragion Pratica si occupa di come si debba agire nella pratica. Nel 1790 scrive "Critica del giudizio". 1793 - 1797: sono gli anni della censura prussiana e del terrore francese: perciò riceve un severo ammonimento soprattutto per le sue opere a tema religioso, dalle quali traspariva troppo l'ideale illuministico; scrive inoltre il libro "Per la pace perpetua", intesa come pace fra gli stati e le nazioni. Muore malato nel 1804, di lui si parla come di una persona calma, mite, riflessiva. L'indirizzo filosofico di Kant si chiama criticismo, dal verbo Krino: Analizzare, scomporre un problema in parti elementari per studiarle meglio (Cartesio) e Giudicare, e cioè emanare sentenze. Il suo principio sta nel criticare e verificare la legittimità delle pretese avanzate dalla ragione umana nel campo delle conoscenza: critica della ragione con la ragione stessa; bisogna studiare la ragione per vedere qual è il suo limite. Il criticismo indica la dottrina di Kant nei capisaldi che possono essere così ricapitolati: Impostazione critica del problema filosofico, e pertanto, la condanna della metafisica come sfera di problemi che sono al di là della ragione umana. Determinazione del compito della filosofia come riflessione sulla scienza, e, in generale, sulle attività umane, allo scopo di determinare le condizioni che ne garantiscono la validità. Criticismo: analisi della ragione umana, e fondazione della legittimità delle pretese che essa avanza nell'ambito variegato dell'esperienza umana. La domanda che segue questi ragionamenti è questa: cosa dobbiamo fare per dire che la conoscenza è scienza? È necessario che un concetto sia universalmente approvato; il nome è convenzionale, il concetto no. La ragione è una struttura a priori nata per unificare l'esperienza. Il criticismo è detto anche filosofia del limite, ermeneutica della finitudine o teoria dell'interpretazione. Lo scopo della filosofia di Kant è andare a individuare il limite all'interno del quale la conoscenza è valida. Mediatore tra empirismo e razionalismo, Kant vuol dare alla sua filosofia una visione finita dell'esistenza, delimitata all'interno di un ambito preciso, perciò nega la potenza e l'onniscienza umana e studia il problema della conoscenza come è stato affrontato in passato. Razionalismo (Cartesio): Per Cartesio si poteva giungere alla conoscenza del mondo sensibile, attraverso l'idea di Dio per mezzo del cogito, dell'autocoscienza. Secondo lui la ragione umana aveva il potere di conoscere tutto, nel campo della realtà sensibile e nel campo metafisico. Conoscenza = rappresentazione. Come si fa ad avere la certezza di qualcosa? Cogito, ergo sum, autocoscienza, sentire di sentire = avere delle idee. Punto debole: il pensiero corrspode all'essere? Empirismo: (Hobbes, Locke e Hume) Conoscenza, = avere sensazioni, percezioni, ma le idee che posso avere non sono certe. La certezza c'è solo nel momento attuale della percezione. Punto debole: scetticismo Sintesi Kantiana: Kant opera una vera e propria rivoluzione copernicana: come Copernico aveva invertito il rapporto tra Terra e Sole, così Kant inverte il rapporto tra oggetto e soggetto della conoscenza. Anziché pensare che le nostre strutture mentali umane si adattino alla natura, bisogna pensare che la natura si modella sulle strutture umane. La conoscenza parte dall'oggetto, ma al centro del sistema conoscitivo c'è un soggetto che organizza i dati dell'esperienza sensibile attraverso strutture a priori dunque tutto inizia dall'esperienza (empirismo), ma non tutto deriva dall'esperienza (razionalismo) la ragione è modellata con strutture a priori universali e necessarie. La conoscenza ha l'aspetto passivo (sensibilità, esperienza) e quello attivo: Unificazione degli elementi sensibili (razionalità). La conoscenza è fenomenica (posso conoscere solo quello che mi appare), non noumenica. Le nostre conoscenze senza la sensibilità sarebbero vuote: la sensibilità ci dà gli oggetti immediatamente con la conoscenza intuitiva (immediata): l'intelletto unifica i dati dell'esperienza in concetti: è già una facoltà mediata, è una forma di conoscenza discorsiva. Però questo meccanismo funziona solo se limito le mansioni dell'intelletto ad unificare l'esperienza; se pretende di arrivare alla conoscenza di Dio (di cui non si può avere esperienza), non va più bene. La ragione è la facoltà umana che tende a proseguire il processo di unificazione della realtà, ma commette l'errore di uscire dall'esperienza. La ragione unifica i concetti in teorie, il prodotto della ragione nelle idee. Le forme a priori sono spazio e tempo: ognuno di noi ha l'inevitabile attitudine a collocare ciò che conosce in ambito spazio - temporale spazio e tempo universali e necessari. La teoria di Kant è la riproposizione della fisica astronomica di Newton (scardinata dalle teoria della relatività di Einstein). C'è continuità tra Kant e Newton anche se ci sono comunque importanti differenze: Newton ritiene che l'ordine del mondo sia causato da una forza divina intelligente che ha deciso di creare il mondo, quindi la sua è una concezione teleologica o finalistica. La concezione di Kant invece è più meccanicistica o deterministica, dato che, secondo lui, a partire da un caos iniziale, grazie alle forze di attrazione e repulsione si genera il mondo che funziona secondo un principio di causa - effetto. Newton è pessimista: il cosmo tenderà ad autodistruggersi, mentre Kant è molto più ottimista, perché secondo lui la ragione umana tende all'ordine: non è detto che sia reale, ma è un'impostazione mentale. Kant si basa sulla geometria euclidea tridimensionale, ma quando questa viene superata le sue affermazioni non hanno più senso: per renderle nuovamente valide, però, basta eliminare l'assolutezza delle tre dimensioni. Kant vuole far capire come avviene la conoscenza e le condizioni secondo cui la conoscenza è valida. La condizione delle condizioni è che la conoscenza dipende dall'esperienza (critica alla metafisica che è puro pensiero). Kant si mette ad esaminare le singole sfere conoscitive per mettere in rilievo, se ce ne sono, gli elementi a priori. Le sfere conoscitive, ossia gli aspetti diversi nei quali si presenta il nostro potere conoscitivo, sono di tre tipi: sensibilità, intelligenza e ragione, che Kant rispettivamente denomina estetica, analitica, dialettica. L'estetica trascendentale Il suo scopo è di studiare le forme a priori della sensibilità: alla base della sensibilità ci sono strutture uguali per tutti all'interno delle quali collochiamo l'oggetto percepito, che sono spazio e tempo. Lo spazio è la forma del senso esterno, il tempo è la forma del senso interno, in cui collochiamo il flusso delle nostre esperienze interne. Lo spazio e il tempo sono le strutture grazie alle quali sono possibili la matematica e la fisica. La matematica lavora sulla pura forma dello spazio, estrae dalla realtà; a questo si collega la questione dei giudizi: conoscere vuol dire anche giudicare. I giudizi possono essere: Analitici: il predicato è già contenuto nel soggetto Sintetici: c'è stata una sintesi: il predicato non è contenuto nel soggetto Si possono conciliare giudizi analitici e sintetici in giudizi che si chiamano sintetici a priori universali e necessari che ampliano la conoscenza: 7 + 5 = 12 è uguale per tutti (analitico), ma ci si può arrivare in altri modi: il 12 non è insito né nel 7 né nel 5, è nuovo (sintetico). La scienza è fatta da giudizi sintetici a priori. Spazio e tempo hanno due caratteristiche che sono ideali e reali : l'idealità trascendentale. Ideali perché sono funzioni logiche della mente, reali perché sono universali e necessari dato che valgono per tutti. L'analitica trascendentale È quella dottrina che studia le forme a priori dell'intelletto: studia il modo in cui l'intelletto unifica le sensazioni arrivate dall'esperienza, il cui prodotto è un concetto. C'è bisogno di strutture categoriche per classificare le singole sensazioni: le categorie derivano da Aristotele, per il quale sono i sommi generi dell'essere: ciò che si può predicare dell'essere. Le categorie per Kant sono divise in quattro tipi: quantità (unità pluralità, totalità), relazione (causa effetto, accidente), qualità (forma, colore, odore) e modalità (inerenza e sussistenza). Queste categorie devono essere universali e necessarie e derivano tutte dall'autocoscienza dell'individuo che Kant chiama l'io penso: il sentire di sentire o sintesi originaria dell'appercezione . Per Cartesio il cogito implicava la res cogitans, la sostanza; per Kant resta una funzione logica, un'ipotesi perché tutti coloro che hanno l'io penso, possiedono le categorie e le possiedono allo stesso modo: "deduzione trascendentale": dimostrazione della validità delle categorie. Dialettica trascendentale La dialettica è logica dell'apparenza, un modo di ragionare vizioso che produce parvenza e non conoscenza. La dialettica studia il modo in cui la ragione unifica i concetti dell'intelletto: mentre l'intelletto procede con i giudizi e con le sentenze, la ragione procede con i sillogismi. Il problema della dialettica e della ragione è il fatto che non ha direttamente a che fare con l'esperienza: arriva a delle conclusioni che escono dall'ambito fenomenico. La ragione nel suo processo di unificazione dei concetti approda a tre totalità incondizionate (tre assoluti): l'idea di Anima, l'idea di Mondo, l'idea di Dio. La ricerca dell'incondizionato da parte della ragione è la prosecuzione inevitabile del nostro processo conoscitivo verso un'unità ultima che continuamente sfugge alla nostra conoscenza. L'unità suprema cui la ragione aspira può solo essere pensata ma non può essere conosciuta. Studio dell'anima: psicologia razionale; Studio del mondo: cosmologia razionale Studio di Dio: teologia razionale. La ragione, nella sua ricerca dell'incondizionato, cade in contraddizione di aporie , di antinomie . Si rientra nella metafisica che esula dell'ambito dell'esperienza. Psicologia razionale Il concetto di anima, con il progredire della scienza è diventato sinonimo di mente: la psicologia razionale pretende di giungere ad una conoscenza effettiva dell'Io, senza ricorrere all'esperienza, così, con il puro pensiero o ragionamento, attribuisce all'anima caratteristiche quali la sostanzialità, la semplicità, l'immutabilità, l'immortalità. Alla base di queste pretese c'è per Kant un errore logico che chiama paralogismo. Ovvero un sillogismo errato nella sua struttura, nella sua impostazione, perché il sillogismo è basato su due premesse: una premessa maggiore (a) e una premessa minore (b); dalla sintesi delle due deve derivare una conclusione. Il sillogismo funziona se le premesse sono vere, se i due termini a e b sono uniti da un termine intermedio c che è comune ad entrambi, se il termine intermedio non è univoco, non ha sempre lo stesso significato, ma è equivoco, o si presta a più interpretazioni, quindi a e b non sono più uniti, ma il sillogismo si scinde in due e più sillogismi, uno per ogni significato del termine, quindi il sillogismo non dimostra più nulla. Esempio di sillogismo: a) Tutti gli uomini sono animali razionali b) Socrate è un uomo c) Uomo Conclusione: Socrate è un animale razionale Esempio di paralogismo: a) Socrate è Ateniese b) Socrate è brutto c) Ateniese Conclusione errata: tutti gli Ateniesi sono brutti Per l'anima si viene a creare un paralogismo : a) Ciò che può essere pensato solo come soggetto esiste come tutto ed è sostanza tangibile b) Un essere pensante può essere pensato solo come soggetto Conclusione errata: l'essere pensante esiste come sostanza, cioè come anima errore: si attribuisce sostanzialità dunque esistenza reale a ciò che è solo formale. Cosmologia razionale Si occupa dell'idea di mondo, ovvero la totalità dei fenomeni esterni: la sua tesi è questa: se è dato un fenomeno condizionato (qualunque cosa che esista nella realtà di cui noi possiamo fare esperienza), è data anche la serie delle sue condizioni come un oggetto conoscibile. Si scambia per fenomeno ciò che non può essere un oggetto di esperienza, ovvero il mondo esterno inteso come insieme di tutti i fenomeni. La totalità dell'esperienza, non è mai un'esperienza, si conosce la verità solo sotto aspetti particolari, possiamo solo pensare ad un'idea che comprende in sé teoricamente tutti i fenomeni possibili, ma assolutamente non possiamo conoscerla. La cosmologia, dunque, cade nelle antinomie della ragione, ovvero conflitti della ragione con se stessa, contraddizioni insolubili, perché in esse, sia le tesi, sia le antitesi, sono sorrette da ragionamenti rigorosi, ma non si basano sull'esperienza. Tesi e antitesi potrebbero essere entrambe vere o entrambe false, ma non è possibile propendere per le une o per le altre perché manca il controllo empirico. Tesi: Il mondo ha un inizio nel tempo e un limite spaziale Antitesi: Il mondo è eterno e infinito Tesi: Nel mondo ogni sostanza consta di parti semplici e indivisibili Antitesi: Il mondo è composto da elementi divisibili all'infinito Tesi: Oltre alla causalità naturale, nel mondo esiste una causalità libera (possibilità di scegliere l'azione da compiere, il comportamento da tenere) Antitesi: Esiste solo un principio di Causa - effetto Tesi: esiste un essere assolutamente necessario Antitesi: Ogni realtà è solo contingente Kant dice che le prime antinomie sono false sia nella tesi sia nell'antitesi, perché non si più avere davanti l'oggetto mondo e individuarne le caratteristiche. Le altre due poterebbero essere vere, però il problema è che le tesi fanno riferimento al campo noumenico, mentre le antitesi si riferiscono al mondo fenomenico. Il conflitto deriva dall'applicare la categoria di totalità ai fenomeni che invece si danno solo individualmente. La soluzione è dire che il mondo nella sua totalità non è oggetto conoscibile. Teologia razionale Si occupa dell'idea di Dio: è un assoluto, una verità incondizionata a cui la ragione tende e non può non tendere: è un'idea della ragione. L'obiettivo è confutare l'idea che le prove dell'esistenza di Dio abbiano una validità scientifica. Dio è l'essere supremo, originario, l'essere degli esseri, e Kant esamina le prove che nella tradizione filosofica sono state date, non valide scientificamente. Kant dice: non si può non pensare a Dio, però di Dio non si può dimostrare né l'esistenza, né la non esistenza, ma allora queste idee della ragione, cosa servono? Per loro ci sono due usi: 1) Uso costitutivo: usare le idee per conoscere: prendo un'idea e la applico agli oggetti (uso illegittimo) 2) Uso regolativo: utilizzare le idee per regolare il nostro rapporto con la realtà, per dare sistematicità alle nostre conoscenze, e per guidare il nostro comportamento, allora io so che queste idee sono puramente pensate, ma faccio come se esistessero per poter regolare il mio rapporto con la realtà. Possiamo rifletter sull'esistenza ponendo a fondamento di essa e dandole un senso. Se questo serve a consolarmi, va bene, ma non devo crederci. Quando parliamo di natura utilizziamo il nesso causale, e per comodità di ragionamento possiamo ipotizzare l'esistenza di una causa prima. Le idee trascendentali ci ricordano costantemente la nostra limitatezza, la debolezza del nostro sapere, che si arresta inevitabilmente in un punto, ma contemporaneamente queste idee ci spingono ad andare oltre. Kant si accorge che non si vive di solo fenomeno, ma c'è bisogno di noumeno. Quello che non vale da un punto di vista scientifico, può avere un senso nell'ambito pratico. In quest'ambito pratico si può inserire l'idea di Anima, di Mondo e di Dio. CRITICA DELLA RAGION PRATICA Non ci si trova più nell'ambito teoretico, ma in quello pratico. La ragione, oltre ad avere un uso puro, dunque a valere in campo conoscitivo, possiede per Kant un uso pratico, cioè funge da motivo determinante della volontà: guida la volontà ed incita ad agire in un certo modo verso un fine positivo. Ma questo non significa, per l'uomo soddisfare tutti i suoi bisogni naturali: l'uomo possiede un fine più elevato che il semplice raggiungimento di una felicità naturale. Il fine della ragion pratica è il bene: è il produrre una volontà buona in sé. La Ragione deve dettare all'uomo le regole di comportamento. Per capire la morale kantiana, dobbiamo capire il concetto di dovere: se la ragion Pura era legata al mondo dell'essere , la critica della ragion pratica è legata a quella categoria filosofica che si chiama dover essere . Le azioni del Dover essere si dividono in: Legali: Azioni conformi al dovere per un motivazione estrinseca: rispettare la legge o per paura della pena o per desiderio di un premio Morali: Azioni conformi al dovere per una motivazione intrinseca, ovvero per il dovere stesso e per nessun altra ragione. Le caratteristiche della legge morale sono cinque: Razionalità: deve essere chiaramente comprensibile alla ragione umana Universalità: la legge morale deve valere non solo per il soggetto che se la pone, ma per tutti gli esseri razionali- Si è universali quando la massima della nostra azione può essere estesa a tutti senza alcun danno. es. la massima delle mie azioni è vivere arricchendosi: è razionale ma non universale, perché chi si vuole arricchire a tutti i costi lo farà a discapito di qualcun altro. Formalità: la legge morale deve prescindere da ogni contenuto empirico, e basarsi esclusivamente sulla pura forma della razionalità 5. Imperatività: è un comando dovuto al fatto che l'Uomo non è spontaneamente morale, ma ha bisogno di un certo controllo: la moralità sta a metà tra la bestialità e la santità . L'Uomo è tentato di comportarsi come gli animali, ma tende verso la santità. Ma nella moralità si realizza l'autonomia: dare leggi a se stessi. Non essere determinati da altri che da sé. Quanti tipi di imperativi esistono? Imperativi ipotetici: regole dell'abilità, consigli della prudenza, regole di comportamento sociale che si sintetizzano nella formula: se vuoi x fai y. Questi imperativi ipotetici indicano solo quali mezzi adoperare per raggiungere un certo fine, ma non dicono se il fine sia bene o male. Imperativi categorici: devo fare x perché devo, prima ancora di sapere se ho i mezzi per raggiungere x debbo attivare la mia volontà per raggiungere questo fine. Formulazione degli imperativi categorici Agisci: come se la massima della tua azione dovesse essere elevata a legge universale di Natura. Qui si sottolinea il fatto che la legge deve valere per tutti incondizionatamente e che tutti devono mettere da parte i propri vantaggi e svantaggi personali. Agisci in modo che la tua volontà valga per tutti come universalmente legislatrice. Agisci in modo da trattare l'umanità nella propria e nell'altrui persona sempre come fine e mai semplicemente come mezzo. Questo presuppone il rispetto altrui: solo in questo modo si può realizzare il "regno dei fini", l'obiettivo degli obiettivi dell'uomo, che è realizzare una comunità di esseri liberi e razionali, quindi autodeterminantisi, in cui ciascuno sia al tempo stesso legislatore e suddito. Non è una comunità corretta, non è uno stato. Il regno dei fini è un ideale utopico. Intenzionalità della legge morale. Significa che l'etica di Kant guarda all'intenzione con cui è stata compiuta l'azione, piuttosto che il risultato. Dunque il valore di un'azione sta nel movente della volontà: posso fallire, ma se ho agito per il bene, l'azione ha una morale. Quindi l'uomo ha dentro di sé una componente empirica e naturale, è sottoposto alle leggi di causa - effetto e quindi non è libero, anche se ha un aspetto legato alla libertà: anche l'uomo è fenomeno, ma può valere anche come noumeno perché si dà delle leggi morali: l'uomo deve fondere dentro di sé l'aspetto fenomenico e noumenico. Pensiero di Kant: «Il cielo stellato sopra di me mi fa ricordare la fragilità della mia natura, ma mi fa sentire anche parte del tutto, mentre la legge morale che è in me mi fa ricordare che sono libero». Il rispetto della legge morale produce nell'uomo un duplice sentimento, ovvero uno stato di piacere e dispiacere contemporaneamente. Il dispiacere consiste nel fatto che l'uomo si rende conto della propria fragilità, della sua necessità fenomenica, cioè di esse un semplice meccanismo tra i meccanismi, essere la parte di un tutto, in questo senso l'uomo perde il suo amor proprio, viene mortificato il suo lato sensibile, perché non può abbandonarsi agli istinti. Il piacere, invece, consiste nel fatto che l'uomo è libero e può scegliere di elevarsi dalla bruta animalità e quindi agire disinteressatamente per il bene comune. In questa legge morale, affinché sia realizzabile, occorre ammettere tre postulati detti: postulati della ragion pratica, sono condizioni che si ammettono come vere in modo ipotetico: Libertà autonomia autodeterminazione Immortalità dell'anima Esistenza di Dio Non è obbligatorio crederci. Le ultime due condizioni, Kant le aveva espulse nella "Critica della ragion pura", ma le riprende in ambito pratico. Kant intende la libertà come autonomia: capacità di dare leggi naturali a se stessi, di autodeterminarsi, quindi di decidere razionalmente il proprio destino. La libertà è necessaria, perché, se io devo, in qualche modo è perché posso, non sono il balia di qualche essere trascendentale che mi guida. La bontà dell'azione sta nel fatto che posso scegliere anche quella opposta. La libertà è la ratio essendi della ragione morale, cioè, agendo normalmente, l'uomo diventa libero, ma è anche vero che l'uomo agisce normalmente perché è libero; quindi è un rapporto biunivoco, di simbiosi. Kant dice anche che la legge morale è la ratio cognoscendi della libertà. L'immortalità dell'anima e l'esistenza di Dio servono per realizzare il fine che Kant chiama SOMMO BENE, perché questo contiene due elementi al suo interno che sono la virtù e la felicità. La virtù è intesa come merito di essere felici; noi siamo buoni e meritiamo la felicità, ma non è detto che lo sia veramente: non è completo perché ha bisogno anche della felicità. Questa è la soddisfazione dei propri bisogni, sempre in connessione con la legge morale. Per realizzare la virtù c'è bisogno dell'immortalità dell'anima, e per la felicità dell'esistenza di Dio. La connessione tra virtù e immortalità è data dal fatto che, dovendo l'uomo diventare sempre migliore per tendere alla felicità, ha bisogno di pensarsi come essere infinitamente perfettibile; cioè che in un tempo e spazio non definiti si continui il processo di perfezionamento. Se così non fosse non servirebbe a niente agire bene perché non ne si avrebbe la motivazione. Questa è un'ipotesi che dà la forza di agire bene; l'altruismo può essere visto come una forma di egoismo mascherato, perché lo si fa anche per un bene personale. L'uomo è caratterizzato da un'insocievole socievolezza, in quanto, quando ha soddisfato il bene comune, si occupa del proprio. L'esistenza di Dio mi serve perché un Dio è garante della giusta distribuzione della felicità, quindi la moralità è una condizione necessaria ma non sufficiente (perché ha bisogno della religione). La morale conduce alla religione. Il concetto di moralità diviene molto importante dal punto di vista politico: Per Kant è importante mettersi sia dal punto di vista dei legislatori che dei sudditi. Kant condivide il presupposto jus naturalistico per cui lo Stato è il frutto di un accordo stipulato tra i suoi membri. Lo stato di natura è immorale, perché gli uomini perseguono i propri bisogni personali, quindi avviene la creazione del patto. Per uscire dallo stato di natura occorre il diritto: limitazione della libertà individuale alla condizione che questa si accordi con la libertà degli altri: la legge morale e quella giuridica devono funzionare allo stesso modo, quindi Kant ipotizza una costituzione repubblicana di Stato basato sulla divisione dei poteri e sui tre principi fondamentali della ragione: libertà, uguaglianza davanti alla legge, indipendenza dell'individuo, che nello Stato diventa partecipazione al potere politico mediante meccanismi di rappresentanza. Kant non è un democratico giacobino, anche se è d'accordo con gli ideali della rivoluzione, ma non ama nemmeno il dispotismo illuminato tipico del 700 (Maria Teresa d'Austria), poiché tutto dipende dalla bontà o meno del sovrano, ma può anche capitare un sovrano non buono. Se il sovrano non rispetta il diritto dell'individuo, il popolo può fare resistenza con la penna, ovvero, con l'opinione pubblica che faccia sentire il suo dissenso. Dov'è la moralità dello Stato? Il politico deve essere anche morale, ovvero la legge va fatta tenendo conto dell'interesse universale, e il politico deve rinunciare a interessi egoistici. Egli deve agire mirando alla pace, intesa come dovere universale. Kant nell'opera per la pace perpetua, parla della pace tra gli stati: se il politico non agisce mirando alla pace, l'unica pace ottenibile sarà quella eterna. Kant Immanuel Fichte Johann Schelling Friedrich Hegel George Schopenhauer Arthur Sören Kierkegaard Fauerbach Ludwig Marx Karl Indice Generale Fichte Johann Noi intendiamo io puro, principio di ogni cosa, pensiero ed attività spirituale. Con Fichte abbiamo la metafisica del pensiero ciò vuol dire che la ricerca della sostanza di una cosa non è nella realtà ma nel pensiero soggettivo. Fichte considera la filosofia dogmatica degna di persone passive. L'idealismo è per lui la filosofia dei giovani perché l'io è creatore. Secondo lui, la vera natura umana è quella morale, possiamo definire il suo un idealismo etico. Dopo la lettura della critica alla ragion pratica, pubblicò un libro anonimo che come stile si avvicinava molto a quello di Kant. Viene riconosciuto ed invitato ad insegnare all'università. Qui un suo assistente aveva proposto nei suoi testi che noi dobbiamo parlare di Dio come ordine morale dell'Universo. Il senato accademico richiamò Fichte il quale disse "se non siamo liberi di scrivere quello che vogliamo, io do le dimissioni". Vennero cacciati dall'università. Fichte cercò lavoro ma ben presto sua moglie che era infermiera si ammalò e lo contagiò di un male che in breve tempo lo portò alla morte. Importantissimi da ricordare sono i discorsi alla nazione tedesca che egli scrisse per suscitare uno spirito nazionalistico. Secondo Fichte l'io penso di Kant non può essere solo legislatore della natura, ma deve essere anche creatore. Esso si struttura in: TESI (realtà*) L'io pone se stesso ANTITESI (negazione*) L'io pone il non io 1 SINTESI (limitazione*) L'io pone il non io per farsi io 2 1 vengono sistemate come le categorie di Kant 2 il rapporto tra realtà e negazione è limitazione L'io pone se stesso secondo il principio logico di identità a=a io=io Esso ha una natura morale Se io sono messo alla prova è vero che sono moralità? La vita va vissuta. Bisogna cercare di superare il non io, che rappresenta gli ostacoli e ci allontana dalla moralità. Il non io non è autonomo ma è creato per controbattere l'io. Il non io viene quindi creato da noi. L'io per realizzarsi come moralità si è trasformato in non io. Finché viviamo ci limitiamo sempre ad essere morali sapendo comunque che la moralità assoluta non la raggiungeremo mai. Schelling prese il posto di Fichte ma pur avendo avuto successo inizialmente, con l'avvento di Hegel le cose cambiarono. Le sue opere principali sono: "Bruno o del principio naturale e divino delle cose", "Il sistema dell'idealismo trascendentale". Critica Fichte in quanto l'attività dell'io descritta da lui è infinita, ma questa infinità è cattiva, perché non raggiunge mai una fine. D'altra parte il "non io" è troppo limitato e deve essere rivalutato: tutto deve rispondere a Spinosa, tutto è divinizzato. Il principio di Schelling è l'Assoluto. ASSOLUTO: unità indifferenziata di natura e spirito NATURA: spirito incosciente SPIRITO: consapevolezza L'interesse di Schelling fu rivolto alla natura che cerca di prendere coscienza di se stessa. Il suo studio si chiama fisica speculativa. Studia il divenire della natura che va avanti per gradi. Si va avanti per lo scontro di due grandi forze, quella attrattiva e quella repulsiva. Le tre tappe più importanti sono: gravità (magnetismo), luce (elettricità), vita [chimismo (organica)]. Il momento culminante della vita è il finalismo. La natura è espressione dell'assoluto. Le tappe dello spirito sono: Attività teoretica Attività pratica La finalità e la storia Il suo idealismo è chiamato idealismo estetico. Il momento finale in cui si raggiunge l'assoluto è l'arte. L'arte è l'organo della filosofia e rivela l'assoluto in quanto è spirito che opera come natura. Hegel sarà d'accordo con Schelling riguardo all'assoluto, dando un momento finale, mentre ne criticherà l'assoluto: "se sono unità indifferenziate di natura e spirito, come si differenziano?" Per lui l'assoluto sarà unità - distinzione di natura e spirito. Hegel nasce a Stoccarda nel 1770 e studia in scuole religiose. Una volta laureato, viene chiamato a Berna a fare il precettore privato. Nelle famiglie ricche dove lavora ha la possibilità di frequentare grandi biblioteche dove si può accingere alla lettura dei classici. Egli studiò molto la cultura greca e soprattutto Platone. Voleva diventare un grande filosofo come Platone e non come il "genio" (Schelling) che solo in sogno conobbe la filosofia. Proprio mentre era a Berna scrisse le sue prime opere di natura religiosa: "La vita di Gesù", "La positività della religione cristiana". Le opere di questo periodo non ebbero grande successo anche se oggi sono state riscoperte e studiate. Successivamente pubblica: "Differenza fra il sistema filosofico di Fiche e quello di Schelling", "Fenomenologia dello spirito". Trasferitosi a Norimberga scrive "Scienza della logica" dove, partendo dall'idea prima di essere cerca di raggiungere la realtà determinata e quindi anche la coscienza. A Berlino divenne professore universitario facendo, con le sue lezioni, grande successo. Hegel divenne filosofo dello Stato Prussiano, con le "Lezioni Berlinesi", libro contenente gli appunti delle sue lezioni, raccolti dai suoi alunni, esaltava le doti dello Stato tedesco e lo poneva come guida per gli altri. Egli sviluppa il suo pensiero tenendo presente il pensiero greco. Per Hegel il principio di ogni cosa è l'Assoluto = distinzione di natura e spirito. L'assoluto (unità distinzione) ha un punto finale. "Tutto ciò che è reale è razionale, tutto ciò che è razionale e reale" tutto ciò che si realizza ha una sua razionalità; ciò vuol dire credere alla provvidenza (ottimismo). Tutto ciò che è razionale si deve realizzare. Per Hegel l'assoluto si sviluppa secondo una struttura dialettica. Di dialettica ne hanno parlato i sofisti, ma era di natura bipolare; ne ha parlato Kant, ma rappresentava la pretesa della ragione di dimostrare le sue idee. Per Hegel invece, la dialettica rappresenta il movimento stesso dell'Assoluto. STRUTTURA DELL'ASSOLUTO TESI: momento astratto intellettuale, Momento di posizione ANTITESI: opposizione, momento negativo della ragione SINTESI: momento positivo razionale Movimento circolare L'antitesi si basa sul principio di opposizione che determina il movimento. La sintesi rappresenta il superamento dei limiti posti nella tesi e nell'antitesi. (SINTESI=AUFHBEN tagliare e conservare). Esempio: TESI: vita ANTITESI: morte SINTESI: specie (figli) (con i figli si può vivere oltre la morte). Quindi la tesi e l'antitesi vengono superati per affrontare un momento nuovo di ottimismo. Nelle opere giovanili già si può intuire questo metodo dialettico: TESI: momento rappresentato dalla religione greca; c'era armonia con la natura, la religione rispondeva ai bisogni dell'uomo. ANTITESI: rappresentata dalla religione ebraica; si rompe l'equilibrio tra uomo e divinità mostrando l'uomo come schiavo, servo della divinità punitrice. Si ha quindi una scissione (separazione tra uomo e divinità). SINTESI: rappresentata dalla religione cristiana; la religione dell'amore. L'amore unisce l'uomo a Dio; come dice Platone: "nell'amore non c'è chi domina e chi è dominato, c'è unità. L'uomo della religione cristiana sa che è unito a Dio attraverso l'amore. Con l'amore si supera qualsiasi scissione (Fedro). Quindi l'assoluto rappresenta il momento culminante della filosofia. "La filosofia è come l'uccello di Minerva che vola al tramonto". Minerva: Dea della sapienza Tramonto:momento di riflessione; (l'assoluto riflette su se stesso). L'idealismo di Hegel è un idealismo logico [sarà accusato di Panlogismo (tutto è razionalità)]. FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO La fenomenologia dello spirito rappresenta la storia romanzata dello spirito che si racconta attraverso la storia. Lo spirito si presenta come: COSCIENZA: Spirito AUTOCOSCIENZA: Religione RAGIONE: Sapere Assoluto Lo spirito cerca di presentarsi: COSCIENZA: o Certezza sensibile o Percezione o Intelletto AUTOCOSCIENZA: o Servo - Padrone o Libertà (Stoicismo, scetticismo, cristianesimo) o Coscienza infelice RAGIONE: o Osservativa (Rinascimento) o Attiva (piacere, virtù, cuore) o Etica La coscienza è il momento in cui inizia tutto. Lo spirito prende coscienza di se (certezza sensibile). Quando capisce la differenza tra uno e molti, si passa alla percezione. Con l'intelletto si fa il concetto che permette di cogliere l'universale concreto. Concetto reale (concreto) - razionale (universale). La coscienza diviene autocoscienza nel rapporto con gli altri. Noi siamo delle coscienze, tra l'una e l'altra si crea un rapporto di "servo - padrone". C'è chi ha paura della morte, dell'incognito. allora non affronta la vita e si affida a qualcun altro. Chi non ha paura sarà sempre padrone nella vita, chi invece ha paura avrà sempre un atteggiamento di servo. Il padrone che si serve del servo, non si rende conto però che è lui stesso servo del suo servo poiché ha bisogno di lui. Allora il servo prende coscienza della sua importanza per il padrone, che non potrebbe essere tale senza il suo servo. Da questa opposizione scaturisce la libertà spirituale. Il Cristianesimo del Medioevo ha portato la coscienza infelice: durante quel periodo infatti, si diceva ai cristiani di vivere in questo mondo pensando sempre che il vero mondo è quello dell'aldilà. Allora il cristiano nel Medioevo, era scisso, lacerato, perché viveva in questo mondo sapendo che non era il suo mondo. Nel Rinascimento ci cogliamo come ragione (universale concreto). Ragione osservativa: l'uomo nel Rinascimento vuole fare scienza. Poi da osservativa diventa attiva (la ragione può agire per piacere, come Faust); o per ragioni di cuore (come Rousseau) o per virtù (come Don Chisciotte). Il momento culminate vede la ragione come etica. Percorso speculativo SPIRITO La bella vita etica "Antigone" La cultura (Illuminismo, Robespierre, Terrore) L'anima bella (Romanticismo, Novalis) RELIGIONE SAPERE ASSOLUTO La bella vita etica è il mondo greco. Si rifà alla tragedia di Antigone. Lei era una fanciulla che ha disubbidito a Creonte seppellendo il fratello. Si viene a formare un conflitto tra legge umana e legge del cuore. Ciascuno di noi ha simpatia per Antigone, ma se ciascuno di noi la pensasse come lei, non ci sarebbe Stato. Le leggi vanno rispettate anche se non condivise per mantenere il giusto rapporto individuo-stato. Da questo conflitto si giunge al poter vivere in società. E' il caso dell'impero romano. La cultura rappresenta la presenza della legge dello Stato. Ma questo ha comportato il momento del Terrore. Siamo tutti uguali, ma nello stesso tempo nessuno lo era. Il rapporto tra individuo e Stato nell'Illuminismo era di paura. E' un'anima bella che rischia di impazzire o intisichire. E' individualistica. ENCICLOPEDIA DELLE SCIENZE FILOSOFICHE IN COMPENDIO ASSOLUTO O IDEA Idea in se o Logica Essere (qualità, quantità, misura) Essenza [contenuto dell'essere] Concetto Idea fuori di se o Natura Meccanica Fisica (magnetismo, elettricità, chimismo) Organica (geologico, vegetale, animale[sensibilità, irritabilità, riproduzione{vita, morte, specie}]) Idea in sè e per sé o Spirito Soggettivo (antropologia[anima], fenomenologia[coscienza], psicologia[libertà]); Oggettivo (Diritto, moralità, eticità [famiglia, società civile, stato]); Assoluto (arte[idealità, intuizione, forma]{l'assoluto è intuito}, religione[orientale, personale, cristiana]{l'assoluto è rappresentato}, filosofia{l'assoluto è pensato come concetto}). Idea in se o LOGICA Per Hegel tutto è logica, tutto è razionalità. "Le mie categorie hanno mani e piedi"; le categorie, forme della logica non sono astratte, ma concrete. Il momento vero è la sintesi, il concetto. Il vero concetto è l'idea, il momento in cui l'idea, partita da essere diviene concetto. Idea fuori di sé o NATURA Nella filosofia della natura, l'idea si estranea da sé. Essa rappresenta il momento negativo razionale, quello dell'antitesi. E' un momento importante, necessario ma che Hegel non ritiene interessante poiché qualunque suo spettacolo, anche se stupendo, è inferiore ad ogni azione dell'uomo, anche se malvagia; perché nell'uomo c'è lo spirito libero. Non è come Schelling che la studia approfonditamente attraverso la fisica speculativa. Hegel dice: "io non credo alla natura come ce l'ha presentata il Romanticismo, ("Deus sive natura" Spinoza). Egli la suddivide in meccanica, fisica ed organica. La natura meccanica studia la natura nello spazio e nel tempo (esteriormente). La natura fisica analizza le leggi della natura. Le leggi sono quelle di Schelling(elettricità, magnetismo, chimismo). La natura organica ci presenta l'organismo geologico (il fossile). Hegel studia l'organismo secondo la concezione di Aristotele di funzione vegetativa e sensitiva. L'organismo vegetale ha la funzione vegetativa cioè di crescere, nutrirsi e morire. L'organismo animale ha invece la funzione sensitiva, quindi ha anche la capacità di sentire gli stimoli. L'animale sente; è sensibile; quando sente degli stimoli reagisce ad essi, di qualsiasi natura essi siano, secondo la legge di stimolo e risposta. La riproduzione rappresenta la continuazione della vita (vita, morte, specie). La specie è il punto culminante della riproduzione. Con la specie vengono superate le barriere della morte con la vita stessa. Ciò determina la Storia dell'umanità. Idea in sé e per sé o SPIRITO Lo spirito soggettivo Nell'Antropologia Hegel ci presenta lo spirito soggettivo come anima biologica cioè come funzionalità, come vita (alla maniera di Aristotele). Un'anima primordiale a contatto con l'ambiente (teoria dell'evoluzione). Nella Fenomenologia dello spirito, si parla di coscienza (certezza sensibile, percezione, intelletto). La Psicologia ci studia dal punto di vista della libertà. La psicologia non viene studiata come scienza; lo diventerà solo nel 1879. Per il momento viene studiata solo come espressione della nostra libertà. Lo spirito oggettivo Lo spirito oggettivo riguarda i rapporti che si concretizzano tramite la libertà. La libertà individuale si esplica nelle istituzioni. Il primo momento è il contratto; si riferisce alla proprietà che è la prima libertà individuale. Quindi il diritto si presenta come un momento esteriore, come rapporto visibile. Il primo rapporto visibile è il contratto, ciascuno di noi si realizza come possesso, e quindi con tutto ciò che comporta avere il contratto e la conservazione della proprietà privata. Se il diritto è l'aspetto esteriore, quello interiore è la moralità. Per Hegel è sempre un aspetto individuale. Per superare gli aspetti limitativi l'unico momento vero è la sintesi: individualità in riferimento alla comunità (eticità, organismi etici). La sintesi ci presenta dunque l'eticità, il significato dell'individuo in relazione alla società. Gli organismi etici sono: La famiglia. Essa è l'unione che nasce con un contratto quando fra due individui c'è sentimento (si nota quindi l'unione tra tesi ed antitesi). La famiglia dà l'idea che la moralità individuale è già in rapporto alla moralità del coniuge. Hegel vede questo rapporto come un nucleo chiuso ed armonico al suo interno. Però, questo nucleo chiuso, per necessità si deve rompere, scindere, lacerare (antitesi) quando i figli, diventati grandi, escono dalla famiglia. Quando questi escono rompono l'armonia che c'era all'interno della loro famiglia. Hegel esamina questa lacerazione e la chiama società civile. Questa indica una comunità di famiglie aperte. Si crea così un rapporto continuo, dinamico tra i vari individui; questa comunità ha bisogno però di una ricongiunzione armonica e questa si raggiunge solo con lo Stato. Lo Stato rappresenta il momento della sintesi e lo si può considerare come una grande famiglia. Questo rappresenta la "realtà etica consapevole si sé" di un popolo, ossia la consapevolezza del fine cui va indirizzata la vita comune. In questo senso esso è per Hegel Dio in Terra. Lo Stato quindi rappresenta la sintesi, la realizzazione dell'assoluto dal punto di vista storico. Lo Stato è vita perché è ragione ("Il Dio che si fa realtà"). La sua vivacità si nota nella guerra. Proprio questa viene vista da Hegel come vento che non permette alle acque di stagnare. "lo capisco che nelle guerre si corrono molti rischi però bisogna affrontarli per permettere agli Stati giovani di affermarsi". La guerra quindi è necessaria e come tale è razionalità. Tramite la guerra si affermano le nazioni. La guerra si serve dell'astuzia della ragione degli uomini per fomentare la battaglia, lo scontro. La ragione quando ha suscitato la guerra si serve anche degli eroi (individui cosmico storici). Gli eroi per Hegel sono l'assoluto. L'assoluto si è realizzato in un individuo che ha sentito lo spirito dell'assoluto e lo ha realizzato nella storia e nello spazio. Es: "Cesare distrutto due Repubbliche fantasma e ha realizzato lo spirito nuovo". Una volta che questi eroi compiono il loro compito di mostrare l'assoluto, vengono messi da parte. Per Hegel l'unica realtà vera è lo Stato che sviluppa la razionalità. Noi possiamo studiare la storia attraverso la libertà, attraverso la realizzazione della libertà. "Negli Stati orientali la libertà è di uno solo, poi negli Stati greco - romani la libertà appartiene a pochi (il Senato, l'aristocrazia), è solo nello Stato tedesco che da Lutero in poi la libertà appartiene a tutti". Quindi è solo nello Stato tedesco che tutti sono liberi e quindi è lo Stato tedesco che deve essere lo Stato guida di tutti gli altri Stati, perché è l'unico che ha realizzato l'assoluto. (idea PANGERMANICA - la Germania ha il diritto di guidare gli altri popoli). Questo fu un discorso pericoloso più dei "discorsi alla nazione tedesca" di Fiche. Mentre questi ultimi furono scritti per necessità, per stimolare i tedeschi contro l'oppressione dello straniero, i discorsi di Hegel sono rivolti allo Stato che viene giustificato attraverso la razionalità. Naturalmente questo discorso venne ripreso durante la I guerra mondiale. Hegel tratteggia questo grande scenario (storia - realizzazione dell'assoluto). Nella storia nulla è fatto per caso, ma tutto ha un suo fine, uno scopo ben determinato. Tutto è razionale, tutto compie un movimento razionale. Lo spirito assoluto Lo spirito fin'ora è stato soggettivo, oggettivo, ed adesso lo si può cogliere nella sua pienezza. Tutte e tre le funzioni dello spirito hanno per oggetto l'assoluto (lo spirito che si coglie in sé e per sé). Questo è il momento in cui si prende coscienza del giorno cioè rappresenta lo svolgimento dell'assoluto. L'assoluto può essere intuito nell'arte, rappresentato nella religione e pensato come concetto nella filosofia. L'arte è il momento di intuizione soggettiva di chi ha una natura sensibile. Schelling ha visto l'arte come momento di intuizione dell'assoluto, per lui l'arte è il momento culminante (unione indifferenziata di natura e spirito). Per Hegel invece, l'arte è un momento particolare che deve essere superato. L'arte si sviluppa attraverso tre momenti particolari dell'artista: idealità, intuizione, forma. In queste tre fasi si può trovare delineata la storia dell'arte. All'inizio della storia, nell'arte è stata predominante la materia (arte simbolica). L'arte orientale poi, si è manifestata nell'architettura dei templi (uso del marmo, della pietra). Nell'arte greco - romana, c'è stato invece un equilibrio tra materia e idealità e questa forma di arte si è manifestata nella scultura (armonia tra intuizione dell'artista e forma). Infine si giunge all'età moderna, all'età tedesca con l'arte Romantica. In questo tipo di arte predomina la soggettività dell'artista, infatti le espressioni d'arte di questo periodo sono la pittura, la musica e la poesia. In questo senso, l'arte tedesca è quella superiore a tutte le altre. Nell'arte noi cogliamo in un momento soggettivo l'intuizione dell'assoluto. Hegel, comunque, pur affrontando la distinzione tra bello naturale e bello artistico, ritiene che il soggetto da cui si trae l'ispirazione è sempre superiore. Ma l'arte in sé è un momento affidato al soggetto. Ma l'assoluto ha bisogno di avere un momento di oggettività. Questo momento lo si ha con la religione. In essa, l'assoluto è colto da tutti tramite la fede che fa avvertire oggettivamente la presenza dell'assoluto. Anche la religione si può studiare attraverso tre momenti: religione orientale; religione personale; religione cristiana. La religione orientale, rappresenta il primo momento in cui l'assoluto è visto in un feticcio (in questa religione c'è il culto del Dio Sole, della metempsicosi), al massimo si può avere un certo animalismo (pensare che tutta la natura sia divinizzata). Ma questa rappresenta l'infanzia dell'umanità, poi si passa alla religione personale (la divinità è vista come persona). Questa religione, di natura personale è tipico della religione ebraica. Ma anche questo momento, non è quello culminate. Infatti il momento culminante è dato solo dalla religione cristiana che presenta Dio come trinità: Dio Padre, Dio Figlio, Dio Spirito Santo. Nemmeno la religione è un momento conclusivo, perché oggettivo. L'assolto è colto nella sua pienezza come natura concettuale (concetto). Il concetto è visto come complemento, coglie l'assoluto nella sua essenza. L'assoluto si può cogliere solo nella filosofia (panlogismo). Questo momento è il momento finale "E' come l'uccello di Minerva che vola al tramonto". C'è solo da riflettere, di prendere coscienza di ciò che è accaduto. Quindi la filosofia è anche storia. Attraverso i vari filosofi che hanno criticato le filosofie precedenti e le hanno superate si è potuto avere uno svolgimento nella storia, nella ricerca della filosofia finale. In questo svolgimento, l'assoluto cerca se stesso, cerca di farsi capire, di realizzarsi. La filosofia quindi risponde al tempo in cui si realizza e coglie quel momento storico in cui si sviluppa. Hegel dice che la sua filosofia è la massima filosofia, e come tale non potrà essere mai superata. Questa sua idea rappresenta il limite della filosofia hegeliana, perché la filosofia procede, come procede lo sviluppo dell'umanità. E'importante che la filosofia abbia un rapporto sociale con la storia e che instauri anche un rapporto con la religione. Però, pur considerando la filosofia come momento speculativo (sintesi), ritiene che la religione e la filosofia stiano sullo stesso piano. Per lui la filosofia non è superiore alla religione perché entrambe hanno lo stesso soggetto, l'assoluto. Un gruppo di suoi discepoli riterrà questa affermazione corretta (destra hegeliana), mentre un altro gruppo di studenti dirà che la religione e l'arte, non stanno sullo stesso piano della filosofia perché hanno lo stesso oggetto. Alcuni caratteri del pensiero Hegeliano saranno criticati: L'identità di reale e razionale. Come si spiega dunque il male? Il negativo? Non lascia spazio alla caducità, all'incidente. La mancanza dell'individualità, ciascuno di noi è inserito nell'assoluto razionale. Schopenhauer è stato il primo ad esaminare questi aspetti. Egli ebbe contrasti con Hegel accusandolo di avere prostituito la filosofia. Considerava infatti, quella di Hegel, la più vuota chiacchierata che potevano fare delle teste di legno. Schopenhauer nasce a Danzica nel 1778, i suoi ideali sono Platone e Kant, la sua filosofia sarà irrazionalismo e pessimismo. Egli ha conosciuto la filosofia orientale, ciò è anche riscontrabile nel suo pensiero. La sua opera più grande fu "Il mondo come volontà e rappresentazione", la tesi di laurea "Sulla quadruplice radice del principio di ragion sufficiente" cioè la causalità. La causa si esprime nell'essere, nel divenire, nel conoscere e nell'agire. Studia la causa e ritorna alla distinzione di fenomeno e noumeno. Il noumeno è la volontà, essa è l'unica vera realtà, è cieca, irrazionale e non sa nemmeno lei quello che vuole. Essa si estrinseca prima in un mondo di idee platonico, poi nel nostro mondo (spazio, tempo, causalità) e poi in ciascuno di noi, perché noi vogliamo in ogni momento, è un bisogno muscolare. Abbiamo un pensiero fisso, fino a quando non lo soddisfiamo. Dopo averlo soddisfatto, viviamo nella noia, e cerchiamo un altro bisogno, un altro dolore: la vita è un pendolino dalla noia al dolore. Sentirsi vivi per Schopenhauer è sentire la volontà. Ma non si può vivere così, dobbiamo tentare di non sentire più la volontà di vivere: potrebbe essere una soluzione il suicidio, ma non è così, perché facciamo ciò che vogliamo, cioè liberarsi dalla vita. Liberarsi significa squarciare il velo di Maya. Maya è la verità: ma noi non possiamo mai vedere la verità nuda, il noumeno. Ma Schopenhauer dice che possiamo liberarci dalla volontà di vivere in 4 gradi: L'arte: è un modo per non pensare a noi stessi. In particolare la musica di Wagner. La musica ci fa dimenticare noi stessi. La Compassione: patire insieme, rendersi partecipi ai problemi degli altri. La giustizia: è una compassione legalizzata infatti la legge prevede il rispetto per tutti. Nirvana: equivale alla beatitudine, non avvertire nessun dolore, cioè l'annullamento della volontà, il non sentire. Questo è la noluntas (negativo di voluntas). Kant Immanuel Fichte Johann Schelling Friedrich Hegel George Schopenhauer Arthur Sören Kierkegaard Fauerbach Ludwig Marx Karl Indice Generale La Sinistra Hegeliana Strauss Nei Vangeli non ha ricavato il Gesù storico, la figura della religione rivelata, ma solo il Cristo della Fede, ovvero la figura che era attesa dal popolo. La religione è quindi mito: non è una leggenda, ma una trasfigurazione della realtà; la religione non è altro che un'aspettazione di un popolo. Stirm Pubblica "l'unico e la sua proprietà" è considerato il teorico dell'anarchismo. Protagonista della storia è l'unico, cioè ciascuno di noi preso singolarmente, è legge a se stesso, e la regola è che ciascuno di noi è la regola e che ciascuno di noi è la sua proprietà, la mia ricchezza sono io steso. Ciascuno di noi deve rifiutare i condizionamenti sociali. Feuerbach E' la figura più importante della sinistra Hegeliana. Scrive "l'Essenza del Cristianesimo". Parte con una critica al pensiero di Hegel. Hegel ha visto l'uomo solo come testa, razionale; per egli l'uomo è tutto, dalla testa al calcagno, cioè nell'uomo oltre alla razionalità c'è la caducità, l'imperfezione. Il suo pensiero è umanesimo integrale, guardare cioè tutto l'uomo. "l'uomo è ciò che mangia" la verità di un uomo è soddisfare i suoi bisogni fisiologici. Dobbiamo anzitutto soddisfare i bisogni dell'uomo. L'uomo si presenta con queste necessità materiali e con due attributi: l'uomo è possibilità e volontà, potenza e volontà. Come potenza (possibilità) è limitato, ma come volontà è illimitato. Come potenza l'uomo è dunque finito, ma come volontà è infinito. Il finito potrebbe essere la tesi e l'infinito l'antitesi. Nella volontà l'uomo traccia Dio, perché l'uomo vuole essere eterno, onnipotente, onnisciente. Tutti i desideri dell'uomo sono Dio. Esso è l'ottativo dell'uomo portato al massimo grado. La religione è la coscienza dell'uomo, è il prodotto dei desideri dell'umanità. Porta alcuni esempi: Gli ebrei erano un popolo disprezzato, schiavo, hanno progettato un Dio superiore a quello degli altri popoli per cercare un riscatto. I Greci si crearono divinità razionali, come loro. Il Cristianesimo è la religione che presenta l'unione tra umano e divino. Cristo è quello che vorrebbe essere ciascuno di noi. Ha sofferto come umano e operato come Dio. Esso potrebbe essere la sintesi (potenza-volonta-Cristo). "Ogni teologia è antropologia" Ogni religione ci fa capire il popolo che l'ha creata. La coscienza che ogni uomo ha di Dio, è quella che ciascuno ha di se stesso. L'ultima parola da dire è quella di chiamare l'umanità ad essere solidale gli uni con gli altri. Noi dobbiamo comprendere che "ogni io è un tu", cioè il rapporta vicendevole tra gli uomini, e non lo deve dimenticare se deve continuare a vivere. Marx scrive le tesi su Feurbach. Marx riconosce a Feurbach di essere partito dai bisogni materiali. Marx dice che Hegel ha fatto ideologia ma ha sbagliato il soggetto e il verbo: è l'uomo che fa lo stato, che crea la religione, ma ha bisogno pero Fauerbach non ha fatto che interpretare la realtà bisogna invece trasformare la realtà (filosofia della prassi rivoluzionaria). Quando l'uomo crea Dio, sta facendo alienazione religiosa, trasferisce cioè se stesso in dio. Per Marx l'uomo si alienerà nel lavoro. Karl Marx nasce nel 1811 a Treviri, figlio di avvocato ebreo ma che si sentiva tedesco, viene inscritto all'università ma non ebbe ottimi risultati. Si laureò con una tesi in filosofia "Sulle differenze tra la filosofia di Democrito e di Epicuro". Si sposa, e scrive su dei giornali entrando in collaborazione con la sinistra hegeliana. Ogni suo scritto veniva censurato. Gli offrono di collaborare con gli "annali Franco-tedeschi" e viene nuovamente censurato. In Francia conosce Proudhon e si lega a Frederic Engels, benestante che lo mantiene. Viene cacciato dalla Francia e lo ritroviamo nel 1848 a Bruxelles per il manifesto del partito comunista. Anche qui viene condannato ed insieme ad Engels si ritirava definitivamente a Londra dove scrive il "Capitale". Lì organizza nel 1864 la "I internazionale" dove si trovarono Proudhon, Backmin anche Mazzini che quando saprà di cosa si tratta si ritirerà. Nel 1871 in Francia c'è la Comune, governo socialista represso nel sangue. Ci fu un conflitto tra Backmin e Marx che culminò con il fallimento della "I internazionale" (1876). Dopo avere lavorato tutta la vita al "Capitale", morì a Londra. Formazione Culturale Rapporto tra Marx ed Hegel Gli dedica l'"Ideologia Tedesca". Egli afferma che Hegel aveva ragione quando affermava che la struttura della realtà è una struttura dialettica. La realtà è opposizione. Non ha detto bene quando ha fatto ideologia, cioè quando ha sbagliato il soggetto con il predicato. Hegel è partito dall'assoluto ed ogni manifestazione l'ha giudicata razionale in quanto reale: ciò è assurdo perché tante cose che si realizzano non sono razionali (vedi maggiorascato). "Hegel sta facendo il più crasso dei materialismi" perché sta sollevando a razionalità qualsiasi cosa materiale dimenticando che il soggetto di ogni cosa è l'uomo, con i suoi bisogni, è il popolo che si fa la costituzione, non viceversa. Rapporto con la sinistra hegeliana Scrive la "Sacra famiglia". "Essi si sono atteggiati a radicali. Ma radicali significa cogliere le cose alla radice". Hanno ricondotto il fenomeno religioso alla coscienza dei popoli, ma non si sono chiesti perché la coscienza dei popoli ha bisogno di religione. "Coscienza, teologia, religione: tutte queste cose sono ciarpame" ossia immondizia inutile. Tesi su Fauerbach Fauerbach ha detto bene quando dice che protagonista della ricerca filosofica dell'essere è l'uomo con i suoi bisogni. Il pensiero di Marx è dunque il materialismo dialettico. In realtà questo materialismo fu di Engels (diamat) mentre Marx lo chiamerà mat. Storico. Fauerbach ha capito che l'alienazione religiosa, ma anche lui come tutti ha solamente interpretato la realtà adesso bisogna trasformarla. Il compito della filosofia è trasformare la realtà. La sua è la filosofia della Prassi, ossia trasformazione rivoluzionaria. Socialisti utopistici e Proudhon Essi si sono posti il problema della questione sociale, ma si sono riempiti solo la bocca di belle parole, senza organizzare niente. Proudhon in particolare è il rappresentante del socialismo piccolo- borghese: egli vuole che nella proprietà privata partecipino tutti; non ha capito che la proprietà privata deve essere abolita. Economisti classici (Say e R. Smith) Smith aveva esaminato il rapporto tra salario e rincaro di vita e si accorse che essi erano tra di loro direttamente proporzionali. Essi hanno capito il senso della vita, hanno capito che il valore di una merce è dato dal lavoro necessario per produrla. Loro lo presentano come una legge, vedendo un'equazione di due termini astratti ( valore - lavoro ): ma non lo sono, perché dietro c'è gente che lavora e soffre, non è quindi una legge ma può cambiare e può essere rivoluzionata. Pensiero Il suo concetto principale è il materialismo. Per Marx il punto nevralgico di tutta la filosofia, della storia è la struttura economica. Essa è un insieme di individui in relazione tra loro per produrre e distribuire merci. Tutte le altre cose (il diritto, l'arte, la filosofia, la religione) si chiamano sovrastrutture perché non sono altro che la produzione di quella determinata struttura economica. Engels modificò questo rapporto e disse che non è così determinato (strutture determina sovrastrutture): le sovrastrutture servono anche alle strutture, è dunque un processo circolare. Il suo pensiero si presenta come materialismo dialettico, ma è una posizione più di Engels. Per Marx sarà materialismo storico, ossia la struttura economica della storia. Storicamente si possono individuare prima i rapporti nella società tribale, poi nel mondo feudale (cominciano le divisioni tra padrone e servo: il primo è padrone dei mezzi di produzione. La produzione è sociale, la proprietà è invece di uno solo). Tutta la storia è divisione di classe. L'ultimo momento si chiama Capitalista - operaio. In futuro deve essere eliminata la proprietà privata per non esserci più lotta di classe. Ecco i momenti: Proprietà tribale (tesi): gli uomini primitivi Essi si spostavano, sfruttavano i territori. Qui non c'era una struttura economica in quanto non c'era produzione di bene. Essi avevano un solo mezzo: la mano. Questo era un mezzo di impossessamento e non produzione. Ad un certo punto si scontrano per impadronirsi dei territori migliori. Dal contrasto ci saranno vincitori che faranno i padroni e vinti che saranno servi. Divisione della società in classi (antitesi): tutta la storia è antitesi Il padrone tratta lo schiavo come strumento di produzione, come una cosa, reificazione (riduzione a cosa), da questa particolare struttura economica noi originiamo le sovrastrutture. Ad esempio la religione. L'uomo pensa che ci sarà un momento in cui verrà premiato per i sacrifici, pensa che c'è un Dio che soffre vicino agli emarginati . La religione è dunque una sovrastruttura. "La religione è l'oppio dei popoli" significa che con la religione i popoli non si ribellano. Ma la religione non è inventata, essa è un bisogno del popolo. In un primo momento i padroni temono la religione, poi però capiscono che non cambierà il loro modo di vivere e decidono di abbracciare il fenomeno religioso facendo magari carità. Un'altra sovrastruttura è il diritto. Questo l'hanno inventato i proprietari per mantenere unita la propria ricchezza. Hanno inventato il testamento, i contratti ecc.; il diritto non è altro che la tutela della loro ricchezza e della proprietà. L'arte la si fa solo per motivi economici, è anch'essa una sovrastruttura. Tutta la storia, dice nel "Manifesto", è percorsa da lotte di classe: padroni-servi, patrizi-plebei, fino ad arrivare alla borghesia come padrona. La borghesia è la classe rivoluzionaria per eccellenza. Essa per mantenere il potere inventa sempre cose nuove. E' per spirito borghese che Colombo scoprì l'America, che i fu la rivoluzione industriale, che fu inventato il treno per occupare sempre più mercati. Da questo punto di vista, la guerra è voluta proprio dalla borghesia capitalista che vuole il monopolio del proprio prodotto, non solo nel territorio nazionale, ma anche in quello straniero. Le guerre accadono solo per motivi economici. Nella guerra gli operai, che erano trattati sempre come carne da macello, diventano carne da cannone. La borghesia è dunque sommamente rivoluzionaria. Il Manifesto si conclude dicendo che il proletario non ha nulla da perdere se non le proprie catene. Nel "Capitale" affronta il rapporto economico vero e proprio. Engels diceva che il socialismo scientifico si deve a Marx, che ha saputo analizzare il rapporto economico che ha generato lo sfruttamento dei lavoratori. M. D. M. (merce, danaro, merce) [feudalesimo] D. M. D1 (Capitale variabile e costante, merce, plusvalore) questi devono essere sempre maggiori [Capitalismo]. Investo un capitale per aprire una banca: Capitale costante: macchinari Capitale variabile: personale Noi compriamo l'operaio ma il suo valore è personale, variabile; egli vende un lavoro che produce valore. L'operaio nel suo rapporto di lavoro è alienato in esso, l'operaio odia il suo lavoro. Il capitalista paga il tempo all'operaio ma non il valore: questo è plusvalore. Merce di uso (tutto ciò che usiamo) Merce di scambio (è dovuto al valore della merce, cioè dal lavoro necessario a produrlo) L'operaio dà la forza, il tempo, ma anche la produttività, che il capitalista non paga: questo è plusvalore. Il D1 (plusvalore), dice Marx, serve a pagare la rendita fondiaria, gli interessi bancari e per permettere nuovi investimenti. Il capitalista preferisce investire in capitale costante (macchine). Qui abbiamo la prima contraddizione del sistema perché in questo modo si ottiene una caduta tendenziale del saggio di profitto. Il guadagno del capitalista è dato dal capitale variabile e non da quello costante. Continuando così il capitalista non avrà più guadagno in quanto più si affida alle macchine più il prodotto si abbassa di prezzo con il rischio di restare invenduto a causa delle crisi cicliche di sovrapproduzione. Perché avvengono queste? La voglia spasmodica del capitalista di aumentare le proprie entrate lo convince ad investire di più per produrre maggiormente. Ma se si produce troppo la merce non viene venduta e non può essere comperata dal salariato che ha un guadagno di sussistenza. Il salariato si trasforma in questo modo in becchino del proprio padrone costringendolo al fallimento. Un'altra contraddizione è la formazione dei sindacati che organizzano scioperi. Questi per il capitalista sono un danno perché scioperando lui perde giorni in cui avrebbe potuto produrre. Cosa fare per evitare tutto ciò? Comunismo (tesi) Bisogna rompere le leggi del capitalismo cioè bisogna eliminare la proprietà privata dei mezzi di produzione. Tutti dobbiamo essere i proprietari perché tutti siamo i responsabili della produzione sociale. Il proletariato si deve unire alla piccola borghesia per lottare uniti contro la grande borghesia organizzando la dittatura del proletariato. Questo deve rappresentare un momento di transizione in quanto dopo si dovrà arrivare al comunismo di tutta la società civile. Egli pero non vuole uno stato comunista poiché questo si sostituirebbe ai vecchi padroni delle macchine. Deve essere la società protagonista, lo Stato non ha una funzione etica esso nasce solo per interessi economici, e qui riattacca Hegel che vedeva lo stato superiore alla società. In una società comunista non ci saranno più guerre perché nessuno avrà bisogno di prevalere sull'altro; l'istruzione sarà gratuità ed ognuno avrà secondo le proprie capacità e i propri bisogni. Non dice più nulla, non voleva essere un profeta. Tutto ciò che sperava però non è successo: la borghesia esiste ancora, il socialismo si è organizzato solo in sistemi ancora non industrializzati ma solo a carattere agricolo. Dopo Marx, nella storia, si è cominciato a vedere pure l'effetto economico dei fatti. Sociologia ed Antropologia Nietzsche Friedrich Einstein Albert Freud Sigmund Indice Generale Sociologia Il clima positivistico fu particolarmente favorevole allo sviluppo della sociologia intesa come scienza descrittiva delle società umane nella loro evoluzione progressiva. In Francia E. Durkheim nell'opera "Le regole del metodo sociologico", delinea le norme che devono guidare le indagini sociologiche particolari andando contro lo stesso Comte il quale pretendeva che la sociologia studiasse il mondo sociale nella totalità. Egli si dedicò soprattutto a scoprire le cause dell'ordine e del disordine nella società formulando il concetto di coscienza collettiva, ossia un insieme di convinzioni e sentimenti condivisi da tutti i membri di un gruppo: l'integrazione sociale esiste quando i membri ne condividono le norme e regolano la propria vita in base ad esse. Quando i desideri degli individui non sono più regolati da norme comuni, il risultato è l'anomia ovvero assenza di norme. Gli studi etnologici sulle forme sociali primitive con particolare riguardo agli aspetti religiosi, l'avvio delle ricerche di sociologia della conoscenza e la teorizzazione del metodo, rappresentano i più importanti contributi sociologici di Durkheim. Ogni persona occupa numerose posizioni in una società. Ciascuna di queste posizioni sociali, con i diritti e doveri che comporta, è uno status. Anche se una persona può avere numerosi status, ve ne sarà uno che definisce specialmente tale persona. Ad esempio un americana di origine cinese potrà essere una figlia, un'amica, una ballerina, ma è più probabile che socialmente sia definita un'orientale. In base al proprio status si individua nella società un ruolo ben definito. Un tentativo di mettere ordine nel labirinto dei ruoli sociali fu compiuto nel 1951 da Parsons che li classificò in base a 5 tipi di caratteristiche: Alcuni esigono un certo controllo in situazioni caratterizzate da forti tensioni emotive, come l'infermiere, il medico, o l'impresario di pompe funebri. Altri sono basati su status ascritti come quello di figlio, adolescente, pensionato. Altri ancora sono più precisamente definiti e circoscritti, ad esempio i ruoli di medico e paziente si limitano agli aspetti che riguardano direttamente la salute del paziente. Altri implicano l'aspettativa che le persone vengano trattate secondo regole generali. Ed altri infine, richiedono diversi tipi di motivazione (da un commerciante ci si aspetta che sia orientato dai propri interessi privati). Secondo Parsons, quindi, qualsiasi ruolo presenta una combinazione di queste variabili. La situazione in cui un individuo è investito da aspettative relative a due o più ruoli non coincidenti o convergenti è detta conflitto di ruolo (Merton). Questo conflitto è comune nelle società altamente organizzate dove ogni persona riveste un gran numero di ruoli. Quando osserviamo insiemi più vasti di ruoli formali, ci troviamo di fronte al concetto di istituzione intesa come mezzo per soddisfare determinate esigenze sociali. Questo concetto di ruolo così determinato viene a svilupparsi specialmente nelle relazioni interpersonali dando luogo ai cosiddetti gruppi. La prima caratteristica fondamentale del gruppo è l'interazione strutturata da modelli che ha luogo tra i componenti: i membri infatti programmano insieme le loro attività, sono pronti a proteggersi l'un l'altro mantenendo tale comportamento solo con i membri stessi del gruppo. Quindi il senso di appartenenza a tali insiemi crea una sorta di sicurezza. Chiunque non è inserito appieno nel gruppo (out sider) avrà una vita difficile. Il gruppo condiziona i membri e se questi vogliono adeguarsi devono seguire l'istituzione altrimenti sono fuori. I contributi principali di Max Weber in campo sociologico sono rappresentati dall'indagine dei rapporti tra forme religiose e forme economiche, a partire dalla ricerca "l'Etica Protestante e lo spirito del capitalismo" per finire allo studio comparato delle religioni orientali (Taoismo, Confucianesimo, Induismo, Buddismo, Giudaismo), nell'intento di mostrare, contro le interpretazioni correnti di derivazione marxista l'irriducibilità del comportamento sociale a cause puramente economiche. Celebre la molto discussa tesi che fa risalire la formazione dello spirito capitalistico all'influenza delle posizioni etiche calviniste che concepivano il lavoro come vocazione. La sua sociologia, concepita come scienza pura, è immune da concetti naturalistici e da costruzioni speculative: polemico al tempo stesso contro positivismo e storicismo, Weber si proponeva di studiare le azioni tipiche, le probabilità calcolabili nel comportamento degli uomini, non i valori soggettivi determinanti nella realtà le azioni. Colui il quale parlò per primo di sociologia penale fu Enrico Ferri. Egli nega il libero arbitrio e il correlativo concetto di responsabilità morale, giustificando la punibilità del reo non con la moralità della sanzione, ma con il valore di questa come fattore che si contrappone agli altri fattori nella determinazione del delitto e della recidiva. Antropologia Tra i maggiori studiosi di antropologia dell'epoca ebbe una particolare rinomanza Augusto Murri, per la metodica seguita nello studio del malato, basata su uno scrupoloso ed attento rilievo dei sintomi e sulla loro interpretazione nel quadro di una rigorosa logica. Nella sua produzione scientifica, vanno segnalati gli studi sul meccanismo di compenso fisio - patologico del cuore e sulla terapia digitalina. Gli studi che dettero a Cesare Lombroso una notorietà tutta particolare furono quelli di antropologia criminale, materia di cui è considerato l'iniziatore. Lombroso partendo da una concezione materialista dell'uomo, cercò i spiegare con anomalie fisiche (caratteri degenerativi lombrosiani) la degenerazione morale del delinquente: "L'uomo delinquente in rapporto all'antropologia, alla giurisprudenza e alle discipline economiche" è l'opera che contiene i fondamenti di questa nuova scienza. Le sue idee ebbero larga diffusione specie fra sociologi e giuristi, favorendo la nascita della cosiddetta scuola positiva del diritto penale. Le tesi di Enrico Ferri e di altri influenzarono poi lo stesso Lombroso che, accanto ai fattori individuali sottolineò l'importanza dei fattori sociali nelle sue ulteriori ricerche sull'antropologia criminale. Quello che Levi Strauss rimprovera agli evoluzionisti è l'annullamento delle diversità delle culture. Essi impongono a tutte le società identici e rigidi manismi di sviluppo, per cui ciascuna società risulta costretta a percorrere una scala necessaria di tappe evolutive. Questo errore dipende essenzialmente dall'etnocentrismo della società occidentale, che considera i propri valori come punto di arrivo dell'evoluzione sociale dell'umanità intera. Secondo Levi Strauss non ci sono invece tappe obbligate di sviluppo sociale: ciascuna società si sviluppa in modo autonomo ed originale. Si occupò pure del rapporto libertà - pazzia affermando che in ciascuno di noi c'è un pizzico di pazzia. Se noi liberiamo la pazzia allora siamo veramente liberi. Sociologia ed Antropologia Nietzsche Friedrich Einstein Albert Freud Sigmund Indice Generale Sociologia Il clima positivistico fu particolarmente favorevole allo sviluppo della sociologia intesa come scienza descrittiva delle società umane nella loro evoluzione progressiva. In Francia E. Durkheim nell'opera "Le regole del metodo sociologico", delinea le norme che devono guidare le indagini sociologiche particolari andando contro lo stesso Comte il quale pretendeva che la sociologia studiasse il mondo sociale nella totalità. Egli si dedicò soprattutto a scoprire le cause dell'ordine e del disordine nella società formulando il concetto di coscienza collettiva, ossia un insieme di convinzioni e sentimenti condivisi da tutti i membri di un gruppo: l'integrazione sociale esiste quando i membri ne condividono le norme e regolano la propria vita in base ad esse. Quando i desideri degli individui non sono più regolati da norme comuni, il risultato è l'anomia ovvero assenza di norme. Gli studi etnologici sulle forme sociali primitive con particolare riguardo agli aspetti religiosi, l'avvio delle ricerche di sociologia della conoscenza e la teorizzazione del metodo, rappresentano i più importanti contributi sociologici di Durkheim. Ogni persona occupa numerose posizioni in una società. Ciascuna di queste posizioni sociali, con i diritti e doveri che comporta, è uno status. Anche se una persona può avere numerosi status, ve ne sarà uno che definisce specialmente tale persona. Ad esempio un americana di origine cinese potrà essere una figlia, un'amica, una ballerina, ma è più probabile che socialmente sia definita un'orientale. In base al proprio status si individua nella società un ruolo ben definito. Un tentativo di mettere ordine nel labirinto dei ruoli sociali fu compiuto nel 1951 da Parsons che li classificò in base a 5 tipi di caratteristiche: Alcuni esigono un certo controllo in situazioni caratterizzate da forti tensioni emotive, come l'infermiere, il medico, o l'impresario di pompe funebri. Altri sono basati su status ascritti come quello di figlio, adolescente, pensionato. Altri ancora sono più precisamente definiti e circoscritti, ad esempio i ruoli di medico e paziente si limitano agli aspetti che riguardano direttamente la salute del paziente. Altri implicano l'aspettativa che le persone vengano trattate secondo regole generali. Ed altri infine, richiedono diversi tipi di motivazione (da un commerciante ci si aspetta che sia orientato dai propri interessi privati). Secondo Parsons, quindi, qualsiasi ruolo presenta una combinazione di queste variabili. La situazione in cui un individuo è investito da aspettative relative a due o più ruoli non coincidenti o convergenti è detta conflitto di ruolo (Merton). Questo conflitto è comune nelle società altamente organizzate dove ogni persona riveste un gran numero di ruoli. Quando osserviamo insiemi più vasti di ruoli formali, ci troviamo di fronte al concetto di istituzione intesa come mezzo per soddisfare determinate esigenze sociali. Questo concetto di ruolo così determinato viene a svilupparsi specialmente nelle relazioni interpersonali dando luogo ai cosiddetti gruppi. La prima caratteristica fondamentale del gruppo è l'interazione strutturata da modelli che ha luogo tra i componenti: i membri infatti programmano insieme le loro attività, sono pronti a proteggersi l'un l'altro mantenendo tale comportamento solo con i membri stessi del gruppo. Quindi il senso di appartenenza a tali insiemi crea una sorta di sicurezza. Chiunque non è inserito appieno nel gruppo (out sider) avrà una vita difficile. Il gruppo condiziona i membri e se questi vogliono adeguarsi devono seguire l'istituzione altrimenti sono fuori. I contributi principali di Max Weber in campo sociologico sono rappresentati dall'indagine dei rapporti tra forme religiose e forme economiche, a partire dalla ricerca "l'Etica Protestante e lo spirito del capitalismo" per finire allo studio comparato delle religioni orientali (Taoismo, Confucianesimo, Induismo, Buddismo, Giudaismo), nell'intento di mostrare, contro le interpretazioni correnti di derivazione marxista l'irriducibilità del comportamento sociale a cause puramente economiche. Celebre la molto discussa tesi che fa risalire la formazione dello spirito capitalistico all'influenza delle posizioni etiche calviniste che concepivano il lavoro come vocazione. La sua sociologia, concepita come scienza pura, è immune da concetti naturalistici e da costruzioni speculative: polemico al tempo stesso contro positivismo e storicismo, Weber si proponeva di studiare le azioni tipiche, le probabilità calcolabili nel comportamento degli uomini, non i valori soggettivi determinanti nella realtà le azioni. Colui il quale parlò per primo di sociologia penale fu Enrico Ferri. Egli nega il libero arbitrio e il correlativo concetto di responsabilità morale, giustificando la punibilità del reo non con la moralità della sanzione, ma con il valore di questa come fattore che si contrappone agli altri fattori nella determinazione del delitto e della recidiva. Antropologia Tra i maggiori studiosi di antropologia dell'epoca ebbe una particolare rinomanza Augusto Murri, per la metodica seguita nello studio del malato, basata su uno scrupoloso ed attento rilievo dei sintomi e sulla loro interpretazione nel quadro di una rigorosa logica. Nella sua produzione scientifica, vanno segnalati gli studi sul meccanismo di compenso fisio - patologico del cuore e sulla terapia digitalina. Gli studi che dettero a Cesare Lombroso una notorietà tutta particolare furono quelli di antropologia criminale, materia di cui è considerato l'iniziatore. Lombroso partendo da una concezione materialista dell'uomo, cercò i spiegare con anomalie fisiche (caratteri degenerativi lombrosiani) la degenerazione morale del delinquente: "L'uomo delinquente in rapporto all'antropologia, alla giurisprudenza e alle discipline economiche" è l'opera che contiene i fondamenti di questa nuova scienza. Le sue idee ebbero larga diffusione specie fra sociologi e giuristi, favorendo la nascita della cosiddetta scuola positiva del diritto penale. Le tesi di Enrico Ferri e di altri influenzarono poi lo stesso Lombroso che, accanto ai fattori individuali sottolineò l'importanza dei fattori sociali nelle sue ulteriori ricerche sull'antropologia criminale. Quello che Levi Strauss rimprovera agli evoluzionisti è l'annullamento delle diversità delle culture. Essi impongono a tutte le società identici e rigidi manismi di sviluppo, per cui ciascuna società risulta costretta a percorrere una scala necessaria di tappe evolutive. Questo errore dipende essenzialmente dall'etnocentrismo della società occidentale, che considera i propri valori come punto di arrivo dell'evoluzione sociale dell'umanità intera. Secondo Levi Strauss non ci sono invece tappe obbligate di sviluppo sociale: ciascuna società si sviluppa in modo autonomo ed originale. Si occupò pure del rapporto libertà - pazzia affermando che in ciascuno di noi c'è un pizzico di pazzia. Se noi liberiamo la pazzia allora siamo veramente liberi. Sociologia ed Antropologia Nietzsche Friedrich Einstein Albert Freud Sigmund Indice Generale Albert Einstein Albert Einstein nacque il 14 Marzo 1879 a Ulm, in Germania. Suo padre era un operaio specializzato nella costruzione di apparecchiature elettriche. A causa di un fallimento economico suo padre fu costretto a trasferirsi con la famiglia prima a Munich poi a Milano. Non ci restano sufficienti informazioni sulla vita individuale di Einstein risalenti a questo periodo. Durante i suoi studi non mostrò particolari attitudini, in quanto non approvava i rigidi metodi dell'istruzione, e fu davvero un pessimo allievo. Però Einstein rimase affascinato dalla matematica e dalle scienze, materie che studiò autonomamente. Nel 1896 gli fu revocata la cittadinanza tedesca e nel 1901 divenne cittadino svizzero. Nel 1896 ebbe l'opportunità di entrare all'Istituto Federale Svizzero di Tecnologia a Zurigo. Nonostante avesse un esigua retribuzione, divenne un esaminatore. Nei due anni seguenti si occupò di insegnamenti generali. Dal 1902 egli divenne un esaminatore ufficiale a Berna dove lavorò per sette anni. L'anno 1905 fu un grande momento per la scienza; infatti Einstein pubblicò, a soli 26 anni, quattro articoli sul giornale Annalen Der Physik, articoli che avrebbero alterato il corso della scienza del XX Sec. Il primo trattava dei casuali cambiamenti termici nelle molecole, chiamati Browniani, per prima riconosciuti nel 1827 dal botanico inglese Robert Brown. Il secondo articolo trattava la teoria quantistica della luce divulgata da Max Planck nel 1900. In esso Einstein mostra come la luce sia formata da fotoni rifacendosi al fenomeno fotoelettrico scoperto nel 1902. Per questo contributo gli fu conferito nel 1921 il Premio Nobel per la fisica. Il terzo articolo (il più famoso di Einstein) tratta della teoria della relatività: "Zur Electrodynamik bewegter Korper" ("Elettrodinamica dei corpi in movimento"). L'ultimo articolo di quell'anno introdusse l'ormai famosa equivalenza tra la massa e l'energia espressa dall'equazione E=mc2. Grazie a questi lavori Einstein ricevette, nel 1908, delle onorificenze all'università di Berna, che furono seguite da moltissime altre in Europa dopo che si stabilì all'istituto per Studi Avanzati di Princeton, nel 1933. Gli ultimi anni di Einstein furono trascorsi cercando una teoria per la forza universale che potesse unire le forze subatomiche con la gravitazione e l'elettromagnetisno, problema che nessuno mai è riuscito a risolvere. Einstein aveva un gran rispetto per le opere della natura, e notò che "La cosa più incomprensibile del mondo è che esso sia comprensibile". Si considerava più un filosofo che uno scienziato, e in molti modi fu dello stesso stampo dei filosofi greci, come Platone ed Aristotele, cercando di capire la natura mediante la ragione anziché l'esperimento. Il suo successo deve molto al discernimento dei suoi predecessori e alla potenza d'analisi degli strumenti matematici, ma soprattutto ad una grande intuizione, che nessuno ha mai avuto. Morì il 18 Aprile del 1955 a Princeton, nel New Jersey, dopo aver ricevuto la cittadinanza statunitense. La teoria della relatività ristretta Il terzo e più importante studio del 1905, dal titolo Elettrodinamica dei corpi in movimento, conteneva la prima esposizione completa della teoria della relatività ristretta, frutto di un lungo e attento studio della meccanica classica di Isaac Newton, delle modalità dell'interazione fra radiazione e materia, e delle caratteristiche dei fenomeni fisici osservati in sistemi in moto relativo l'uno rispetto all'altro. La base della teoria della relatività ristretta, che comporta la crisi del concetto di contemporaneità, risiede su due postulati fondamentali: il principio della relatività, che afferma che le leggi fisiche hanno la stessa forma in tutti i sistemi di riferimento inerziale, ossia in moto rettilineo uniforme l'uno rispetto all'altro, estendendo il precedente principio di relatività galileiano, e il principio di invarianza della velocità della luce, secondo cui la velocità di propagazione della radiazione elettromagnetica nel vuoto è una costante universale, che sostituisce il concetto newtoniano di tempo assoluto. Critiche alla teoria di Einstein La teoria della relatività ristretta non fu immediatamente accolta dalla comunità scientifica. Il punto d'attrito risiedeva nelle convinzioni epistemologiche di Einstein in merito alla natura delle teorie scientifiche e sul rapporto tra esperimento e teoria. Sebbene affermasse che l'unica fonte di conoscenza è l'esperienza, egli era anche convinto che le teorie scientifiche fossero libera creazione dell'uomo e che le premesse sulle quali esse sono fondate non potessero essere derivate in modo logico dalla sperimentazione. Una "buona" teoria, per Einstein, è una teoria nella quale è richiesto un numero minimo di postulati per ogni dimostrazione. La teoria della relatività generale
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