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LA STORIA DALLA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE FINO ALLA GUERRA FREDDA

RIASSUNTO DELLA STORIA DAL COLONIALISMO, RIVOLUZIONE INDUSTRIALE FINO ALLA GUERRA FREDDA

SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE E COLONIALISMO
Differenze sostanziali della II rivoluzione industriale con la prima:
Carattere generale (interessa tutta l'Europa e non solo una nazione).
Danneggiamento nei confronti dell'agricoltura (produzioni abbondanti per via
dei nuovi territori disponibili e conseguente calo dei prezzi).
Innovazioni tecnologiche (petrolio, elettricità, acciaio, telefono, motore a
scoppio, telegrafo senza fili, dinamite, ricerca chimica, linee ferroviarie
transcontinentali).

Capitalismo finanziario (nascita di nuovi grandi istituti di credito per
rendere disponibili maggiori capitali). Si creano nuovi contatti tra
società:
cartelle: intese tra imprese che producono le stesse merci per fissare i
prezzi;
trust: concentrazione di aziende legate ad un identico ciclo di produzione.
Protezionismo invece di liberoscambismo (gli imprenditori nazionali volevano
essere Tutelati con dazi verso l'esterno).
Cambiano le motivazioni che caratterizzavano il colonialismo infatti prima
si colonizzava per avere materie prime e per far emigrare e lavorare la
popolazione in eccesso; ora invece, oltre a questi motivi si aggiungono la
creazione di nuovi mercati ove collocare le merci nazionali, la tutela degli
investimenti con gli eserciti e l'ideologia di potenza.
Prima della nuova fase del colonialismo si intrapresero missioni esplorative
in Africa, finanziate dai governi interessati ai territori (Livingstone,
Stanley individuarono la sorgenti del Nilo, ecc.).
Ben presto agli scopi scientifici e umanitari si contrapposero quelli
politici e militari. L'Inghilterra si impossessa dell'Egitto, della Somalia
e della Nigeria. Tenta, ma non riesce, di occupare il Sudan.
La Francia occupa la Tunisia (per accordi di Berlino), gran parte del Congo
e il Madagascar.
La Germania conquista il Camerun, il Togo e il sud-ovest dell'Africa. Nel
1885 Bismark convoca una conferenza sulla situazione africana e in
particolare della parte restante del Congo. Quest'ultimo verrà dichiarato
Stato libero, ma la sovranità apparterrà a Leopoldo II del Belgio.
Tra il 1894-1895 si ebbe una ripresa del colonialismo inglese e francese. Le
loro mire espansionistiche finirono però per scontrarsi in Sudan, a Feshoda.
Entrambe preferirono non combattere, per non avvantaggiare la Germania; i
francesi si ritirarono, ma nacque tra le due potenze, un rapporto di
distensione.
In Asia la situazione fu la seguente:
Francia: occupa l'Indocina.
Inghilterra: la Birmania, la Persia e il Turkistan, sui quali c'era
l'attenzione della Russia.
Rimaneva insoluto il problema della Cina, nazione debole ma ancora autonoma.
POLITICA INTERNA ED ESTERA DELLA SINISTRA
Con l'unificazione dell'Italia la destra aveva assolto i suoi compiti,
adesso si sentiva bisogno di un rinnovamento, così nelle elezioni del 1874
la sinistra ebbe più voti. Il suo programma aveva come capisaldi la
diminuzione delle imposte, la perequazione fondiaria e il decentramento.
Caratteristica della sinistra sarà l'impegno democratico.
In Italia c'erano due sinistre: quella "Meridionale", formata da piccola e
media borghesia artigianale e commerciale, proprietari terrieri, ceti
professionali che si vedevano svantaggiati dall'unità; e quella
"Settentrionale", formata da media borghesia.
Depretis (1875) propone il programma Stradella che principalmente si
occupava dell'elettività dei sindaci, dell'istruzione elementare
obbligatoria e dell'allargamento del suffragio.
Con Depretis come ministro, sembrava si stesse formando un sistema di
governo all'inglese, bipartitico, che alternava i partiti al governo. Però,
nel 1876, si sciolse la destra. Le motivazioni risiedevano nella:
fragilità della borghesia, dovuta alla mancanza di contrapposizione tra
interessi diversi in una società industriale in espansione;
nella mancanza di partecipazione alla vita politica dei cattolici.
Al posto del bipartitismo, quindi, si formò il trasformismo, cioè l'
aggregarsi al centro di larghissima parte della classe politica.
Agli estremi dei trasformisti si delineò una nuova destra (Di Rudinì) e un'e
strema sinistra, che aveva tra le sue richieste il suffragio universale, la
tutela dei diritti dei lavoratori, la libertà di associazione e la
Repubblica.
Tra le riforme effettuate dalla sinistra una volta salita al potere
ricordiamo:
Scuola elementare obbligatoria (rif. Coppino);
Soppressione tassa sul macinato;
Abolizione corso forzoso;
Riforma elettorale: votavano gli uomini con più di 21 anni con il biennio
elementare o paganti almeno un'imposta annua di 19.80 lire;
Prime riforme sul lavoro: infortuni, sciopero, lavoro minorile e orari.
Nel frattempo gli industriali italiani chiedevano al governo di attuare
provvedimenti protezionistici al fine di proteggere il già debole mercato
interno dalle importazioni straniere.
Se da un lato nascevano sempre più nuove industrie (siderurgiche ed
elettriche) e cantieri navali (Edison e Navigazione Generale Italiana), dall
'altro le strutture di credito restavano arretrate.
Lo Stato così doveva sostenere lo sviluppo industriale, tassando i
cittadini. Le maggiori entrate venivano dall'agricoltura e quindi dal sud,
ma finivano al nord.
Contro il protezionismo si schieravano i proprietari terrieri che
esportavano merci (agrumi, olio, vino) e l'industria tessile e meccanica
(che importava materiali meno costosi e migliori).
Ma la crisi agraria dovuta al ribasso dei prezzi a causa dei prodotti
importati, rese necessario il protezionismo, iniziando una guerra di dazi
con la Francia.
I rapporti con la Francia si stavano incrinando. La politica estera doveva
essere estranea alla colonizzazione per il principio di nazionalità
risorgimentale.
La Francia invase la Tunisia, che subiva da sempre l'influenza italiana, e
ciò ruppe definitivamente i rapporti tra le due potenze. L'Italia, ancora
giovane non poteva rimanere isolate diplomaticamente, così il governo firmò
la Triplice Alleanza con Austria e Germania, che impegnava le potenze a
difendersi solo in territorio europeo.
Con l'adesione alla Triplice Alleanza, l'Italia ottenne la rottura dell'
isolamento diplomatico e l'impegno dell'Austria a compensi territoriali in
caso di sua espansione balcanica. Però l'alleanza con l'Austria sembrava
sancisse una definitiva rinuncia a Trento, Trieste e all'Istria (si temeva
il rafforzarsi di tendenze anti-parlamentari).
Sotto la pressione inglese, nel 1882 l'Italia acquista la baia di Assab e
comincia la sua avventura coloniale (in contrapposizione ai principi
risorgimentali). Se da un lato i latifondisti meridionali vedevano risolto
il problema delle terre ai contadini, dall'altro era evidente l'
impreparazione italiana dovuta sia alla mancanza di capitale e di industrie.
Nel 1887 l'Italia tenta di conquistare l'Eritrea, ma a Dogali furono
trucidati 500 soldati italiani.
CRISPI, RIFORMA INTERNA E COLONIALISMO
Per Crispi, un modello da imitare era Bismark: egli ai valori risorgimentali
aggiunge il conservatorismo e il nazionalismo. I punti cardine della sua
riforma furono la nascita del nuovo Codice Penale e l'abolizione della pena
di morte.
Tra le varie riforme che fece, sono da ricordare:
La nuova legge comunale e provinciale, che comprendeva l'elettività del
sindaco.
Il nuovo codice penale che prevedeva l'abolizione della pena di morte e
maggiori garanzie per i lavoratori (libertà di associazione, pensiero,
sciopero).
L'inasprimento dei rapporti con la Chiesa e il conflitto doganale con la
Francia.
Per tentare di risolvere i problemi relativi alla povertà nel mezzogiorno,
riprende l'attività coloniale e firma il trattato di Uccialli con Menelik,
in base al quale era riconosciuto il controllo italiano in Eritrea ed un
ambiguo protettorato sull'Etiopia.
A causa della crisi economica cade Crispi e sale Giolitti (1892).
A sud intanto, prendono corpo i fasci dei lavoratori, che chiedevano un
contratto di lavoro e una soluzione riguardante la questione dello zolfo
siciliano, invenduto appannaggio di quello americano. Giolitti non
interviene, neanche quando la situazione degenera in guerriglia.
A contribuire al suo declino interviene lo scandalo della Banca Romana,
anche se in realtà anche Crispi ne fu colpevole. Travolto dallo scandalo,
Giolitti si dimette e nel frattempo nasceva la Banca d'Italia.
Crispi tornò al governo con fare autoritario: represse nel sangue rivolte in
Sicilia, tolse il diritto di voto a 800.000 persone e si attirò perplessità
sul suo operato.
L'ambiguità del trattato con Menelik fece scoppiare una guerra che si
concluse con la disfatta italiana ad Adua, nel 1896, e con le dimissioni di
Crispi.


LA CRISI DI FINE SECOLO
Durante il governo di Di Rudinì destò scalpore l'articolo di Sonnino
"Torniamo allo statuto", che diceva di dar meno importanza al parlamento, e
che il governo era responsabile solo nei riguardi del sovrano, non del
parlamento.
Un altro problema era la necessità dei cattolici a partecipare alla vita
politica italiana.
Tra il 1897-1898 scoppiarono a Milano rivolte per il prezzo del pane: Di
Rudinì mando il generale Bava Beccaris, che le represse nel sangue, e che fu
addirittura insignito di medaglia. Fu scandalo e Di Rudinì si dimise.
Salì così al potere Pelloux che abolisce le leggi di Crispi (libertà di
stampa, associazione, pensiero). Ma in parlamento le leggi liberticide non
passano grazie all'ostruzionismo dell'opposizione, la quale si prende il
consenso dell'opinione pubblica. Nelle elezioni del 1900 vista la sconfitta
Pelloux si dimette e sale Saracco.
Nel frattempo viene ucciso il re Umberto I dall'anarchico Bresci che voleva
vendicare i morti di Milano. Sale al trono Vittorio Emanuele III. A Genova
viene sciolta la camera del lavoro, ma Saracco revoca lo scioglimento e si
dimette. Il re affida il governo a Zanardelli che prende con sé Giolitti.
L'ORIGINE DELLE TEORIE RAZZISTE E L'AFFARE DREYFUS
Alcuni elementi avevano dato vita a teorie di razze superiori e inferiori,
primo fra tutti la posizione egemonica che l'Europa aveva assunto nella
storia degli ultimi secoli.
I primi autori che si espressero con queste opinioni furono Arthur de
Gobineau ("Sull'ineguaglianza delle razze") e H.S. Chamberlain ("Fondamenti
del XIX secolo").
Chamberlain stesso poi identificava la razza germanica come migliore dei
suoi tempi, destinata ad espandersi nel corso del Novecento.
C'era però anche chi andava contro queste tesi, come Friedrich Meinecke, che
scrisse un'opera liberale, "Cosmopolitismo e stato nazionale".
Nel frattempo nel mondo la conflittualità tra le potenze europee stava
prendendo il potere ed il lungo periodo di pace era destinato ad essere
interrotto.
Infatti sia a causa delle rivolte socialiste sedate nel sangue, sia per le
guerre coloniali, le teorie razziste non erano altro che una manifestazione
del disagio crescente europeo, un disagio che avrebbe portato gravi
conseguenze.
Nel 1894 la Francia fu colpita da una grave crisi politica denominata
"affare Dreyfus". Alfred Dreyfus era un capitano dell'esercito di origine
ebraica che fu accusato di spionaggio senza reali prove a suo carico.
Scoperta più tardi la frettolosità con cui era stato trattato l'affare,
l'esercito e l'opinione pubblica nazionalista, supportati dal clero
francese, si opposero ad una revisione del processo, per non danneggiare le
istituzioni.
Contro di essi si scagliò il romanziere Emile Zola, con il suo celebre
articolo "J'accuse", nel quale condannava tutte le più alte cariche militari
di voler trattenere in carcere un innocente e soprattutto di voler attentare
ai principi della legalità.
LA PRIMA GUERRA MONDIALE
Le cause della prima guerra mondiale non si possono individuare in modo
preciso; tuttavia è possibile delineare i principali motivi di dissidio tra
le potenze europee. In primo luogo la questione dei confini franco -
tedeschi: la Germania nel 1870 si era annessa l'Alsazia e la Lorena, e la
cosa non andava giù alla Francia, che voleva riprendersi le province. La
Germania aveva anche il problema della Russia, che si era alleata con la
Francia e che avrebbe potuto aprire un nuovo fronte orientale;
contemporaneamente l'impero Turco aveva avuto appoggi dalla Germania e ciò
aggravava i suoi rapporti con l'impero zarista; anche l'Austria aveva due
potenziali fronti: l'Italia, che rivendicava le terre irredente, e la zona
balcanica, in bilico tra espansionismo russo e spirito nazionalista.
La Germania inoltre era la più terribile concorrente economica della Gran
Bretagna, anche se ad un grande sviluppo industriale corrispondeva una forte
dipendenza alimentare, aggravata dalla mancanza di un vasto impero coloniale
e da una flotta insufficiente; questo naturalmente non poteva andare bene
alla Germania Guglielmina.
Questione coloniale e riarmo navale furono i principali motivi di tensione
tra Germania da un lato, Francia e Gran Bretagna dall'altro.
Riguardo la prima, la Germania, dopo aver subito molte sconfitte
diplomatiche, riteneva che la forza fosse l'unica soluzione possibile per
rompere questo accerchiamento delle altre potenze.
Per fare questo però, bisognava rinforzare gli armamenti: la Germania,
andando contro il principio inglese del "two - powers standard" (cioè la
flotta inglese doveva essere pari alla somma delle prime due potenze a lei
successive) varò nuove navi, alle quali l'Inghilterra rispose con il "two
keels for one" (due chiglie per una), ovvero costruì due navi, con enorme
sforzo produttivo, per ognuna varata dalla Germania.
Si assistette dunque ad una rivalutazione e ad un acquisto di potere da
parte delle gerarchie militari e ad un irrigidirsi del sistema di alleanze
europee che avrebbe impedito la soluzione diplomatica agli incidenti che si
sarebbero sviluppati dopo.
Il pretesto per lo scoppio fu l'assassinio in Serbia dell'arciduca Francesco
Ferdinando d'Austria con tutta la famiglia: l'Austria intimò un ultimatum
alla Serbia, con il quale chiedeva di collaborare alla ricerca dei
responsabili del delitto; in questo modo veniva sminuita la sovranità dello
stato. La Serbia non accettò e l'Austria, appoggiata dalla Germania, le
dichiarò guerra. Subito la Russia scese in campo per difenderla, e la
Germania le dichiarò guerra. Anche la Francia, alleata Russa, scese in
campo: la Germania, invadendo il Belgio neutrale che non gli voleva far
passare le truppe, dichiarò guerra alla Francia ed anche l'Inghilterra,
infastidita dal gesto, si schierò con Francia e Russia. La situazione era
dunque questa: da una parte la Triplice Alleanza, formata da Germania,
Austria e impero Ottomano; dall'altra la Triplice Intesa, formata da
Inghilterra, Francia, Russia, che difendevano la Serbia. Rimanevano neutrali
Italia e Romania.
La guerra si dimostrò subito diverso rispetto a tutte le altre, sia per la
grande massa di uomini impiegati sia per i nuovi e terribili armamenti.
Nonostante una prima posizione di neutralità, i socialisti europei finirono
per cedere alle posizioni nazionaliste e si dichiararono favorevoli
all'intervento in guerra, votando i crediti per gli armamenti.
Esisteva una grande sproporzione tra le forze della Triplice e quelle
dell'intesa e per questo motivo il piano tedesco ideato da Schlieffen
prevedeva la guerra - lampo, in modo da sconfiggere subito la Francia e
concentrare le forze sul fronte orientale russo. In un primo momento
l'offensiva riuscì, portando i tedeschi a 40 chilometri da Parigi ma poi la
controffensiva francese nella battaglia della Marna fece ritirare il
generale Von Moltke. Dopo questa sconfitta si provò la "corsa al mare",
ovvero il tentativo di aggirare da nord le truppe francesi e chiudere i
rapporti marittimi con la Gran Bretagna: anche questa offensiva fallì e i
due eserciti si prepararono ad affrontare la terribile guerra di trincea.
La Germania si trovò così costretta a distribuire le sue forze su due
fronti. Su quello orientale le vicende erano altalenanti: a vittorie
tedesche succedevano quelle russe, e a favorire la Germania ci pensò
l'impero ottomano, che indebolendo la Russia, rese possibile una
controffensiva austriaca mirata a riconquistare la Galizia precedentemente
sottratta.
Sicuramente più successo ebbe il blocco navale Britannico, al quale si
opponeva la guerra sottomarina tedesca. Un incidente però, ossia
l'affondamento del piroscafo civile Lusitania, con 100 cittadini americani,
attirerà sulla Germania le antipatie degli Stati Uniti.
L'ITALIA ENTRA IN GUERRA
In base all'articolo 7 del trattato che univa l'Italia alla Germania e
all'Austria, la posizione neutrale assunta dall'Italia era perfettamente
legittima, infatti il punto prevedeva la discussione preventiva dei
territori da dare in compenso alla fine della guerra e ciò non era avvenuto.
Ma il problema della posizione italiana rimaneva irrisolto.
All'interno del paese erano infatti schierati i neutralisti e gli
interventisti. Ai primi appartenevano:
i socialisti: essi infatti ritenevano la guerra voluta dalle grandi potenze
imperialiste e capitaliste europee ma d'altra parte erano isolati e il loro
neutralismo era stato indebolito dalle posizioni interventiste dei
socialisti europei;
i cattolici: ovviamente il pontefice non poteva che schierarsi contro la
guerra, anche se esisteva ancora il contrasto tra l'obbligato neutralismo
della Chiesa e la dovuta lealtà dei cattolici allo Stato di cui facevano
parte;
i giolittiani: Giolitti sosteneva che la guerra sarebbe durata molto tempo e
l'Italia era impreparata sia economicamente che militarmente ad affrontarla.
Ma Giolitti non si limitò a manifestare la sua posizione sulla situazione
italiana, anzi formulò un'analisi della situazione internazionale: egli
riteneva che si sarebbe potuto ottenere "parecchio" senza la guerra, ove
parecchio indicava l'opportunità di contrattare la neutralità come se fosse
una vittoria. D'altronde anche la situazione dell'Austria, che non poteva
resistere all'urto di altre diverse nazionalità, lasciava presagire ciò.
Invece proprio l'Austria era assolutamente contraria a qualsiasi cessione di
territori, nonostante le pressioni tedesche.
Agli interventisti appartenevano:
gli "interventisti democratici" e i "socialisti riformisti": i primi erano
fautori di una pronta cessione delle terre irredente; i secondi ritenevano
che solo sconfiggendo gli imperi centrali si potevano attuare le aspirazioni
di indipendenza nazionale e di democrazia dell'Europa intera; gli esponenti
del sindacalismo rivoluzionario: guidati da Mussolini, essi credevano nella
prospettiva rivoluzionaria che potrebbe nascere dalla sconfitta degli imperi
centrali e criticavano apertamente la passività dei socialisti italiani;
i nazionalisti: essi vedevano nella guerra esclusivamente anti -
democraticismo e ambizioni espansionistiche;
i liberali conservatori: essi ritenevano che da un lato, entrando in guerra,
al parlamento venivano dati poteri straordinari tali da far finire per
sempre le riforme giolittiane, e dall'altro puntavano a riottenere i
territori del Trentino e Trieste e di far acquistare all'Italia lo status di
grande potenza.
Era allora ormai inevitabile la rottura da parte dell'Italia della Triplice
Alleanza sancita nel 1915 con il Patto di Londra tra Italia, Inghilterra,
Francia, Russia. In caso di vittoria l'Italia avrebbe ottenuto il Trentino e
Trieste, l'Istria, la Dalmazia, il porto di Valona e altri territori da
stabilire.
Rimaneva il problema di convincere il parlamento di maggioranza giolittiana
ad entrare in guerra. Molte furono le manifestazioni a favore durante le
"radiose giornate di maggio", e alla fine il re e Salandra, con uno
stratagemma, riuscirono nell'impresa. Salandra finse di dare le dimissioni e
al suo posto fu convocato Giolitti. Questi, saputo parzialmente del patto di
Londra, si rese conto che il suo parecchio non era più sufficiente e rifiutò
l'incarico. Allora il re non accettò le dimissioni di Salandra, il governo
ebbe poteri speciali e il 24 maggio 1915 l'Italia dichiarò guerra
all'Austria.
Le prime battaglie, come prevedibile, ebbero esito disastroso: nei territori
del Carso i soldati italiani subirono quattro cruente disfatte (Battaglie
dell'Isonzo). Nel frattempo la Bulgaria si schierava dalla parte degli
imperi centrali, aggravando la posizione russa nei Balcani ma soprattutto
quella serba. L'unico presidio dell'intesa nei Balcani fu Salonicco, città
greca ufficialmente neutrale ma in realtà alleata dell'Intesa.
LA GUERRA DI TRINCEA
Il capitolo più terribile e sanguinoso di questa guerra fu rappresentato
proprio dalla guerra di trincea. Migliaia di uomini al freddo, alle
intemperie, vittime delle malattie e dei cecchini, che persero la vita per
conquistare pochi metri, poi regolarmente persi.
Uno dei più sanguinosi massacri fu la battaglia di Verdun: l'alto comando
tedesco sapeva che difficilmente avrebbe potuto conquistare il presidio
francese di Verdun, ma contava sul fatto di causare molte perdite al nemico
in relazione alle sue. Un freddo calcolo matematico dunque, che si dimostrò
errato: infatti le perdite furono enormi sia da una parte che dall'altra,
senza grosse differenze. Successivamente l'Austria mandò una spedizione
punitiva contro il traditore italiano, che però reagì favorito anche dal
contemporaneo attacco russo.
Gli eserciti centrali avevano dunque subito gravi sconfitte. La Romania,
sollecitata dalla vittoriosa avanzata delle truppe russe nei Carpazi, decise
di entrare in guerra con l'Intesa ma il suo debole esercito fu annientato e
il suo ricco territorio occupato. D'altronde uno dei maggiori problemi della
Triplice erano proprio gli approvvigionamenti, bloccati bene dalla flotta
inglese.
Nel frattempo in Medio Oriente Francia e Inghilterra si spartivano l'Impero
ottomano.
L'andamento della guerra fece tornare su posizioni di pace i socialisti
europei, che nel congresso di Zimmerwald assunsero la linea di una "pace
senza annessioni e senza indennità". Stessa posizione nella conferenza di
Kienthal dove però trovò spazio la tesi del russo Lenin secondo la quale la
guerra imperialista doveva essere trasformata in rivoluzione sociale.
Un po' in tutti gli stati si assistette al rafforzamento del potere
esecutivo unendo al governo anche le opposizioni: erano questi i gabinetti
di guerra.
Mentre le democrazie parlamentari attuavano i gabinetti di guerra, gli
imperi centrali accentuarono gli aspetti repressivi e autoritari dei loro
governi, vietando la libertà di stampa, di pensiero e centralizzando
l'economia. Poiché i materiali per rifornire l'esercito servivano in
abbondanza e presto, la qualità spesso ne risentiva mentre chi li produceva
si arricchiva: erano questi i profittatori di guerra.
L'INTERVENTO DEGLI STATI UNITI D'AMERICA ED IL CROLLO DEGLI IMPERI CENTRALI
Alla fine del 1916 si era venuta a creare una situazione di stallo tra le
potenze belligeranti. Si pensò che la pace fosse vicina. La fine del
conflitto aveva come principale punto di riferimento gli Stati Uniti ed il
loro presidente. Proprio alla fine dello stesso anno il governo tedesco
propose delle condizioni di pace miranti all'acquisizione di territori a est
e ad ovest. Ma queste condizioni erano ben lontane da quelle che avrebbero
voluto le potenze dell'intesa.
L'imperatore austriaco offrì alla Germania parte dei suoi territori polacchi
se quest'ultima in cambio avesse ceduto in caso di pace l'Alsazia e la
Lorena alla Francia. L'Italia si oppose a quest'accordo perché non avrebbe
visto riconosciuto il principio di autodeterminazione per la sua terre
irredente.
Le speranze di pace si affievolirono e ben presto ripresero le ostilità. La
Germania avviò una guerra sottomarina contro l'Inghilterra pensando che
questa entro sei mesi non sarebbe stata in grado di provvedere al suo
approvvigionamento a causa dei danni inferti al suo sistemi di trasponi dai
potentissimi sottomarini e gli Usa non sarebbero entrati in guerra prima di
un anno. Tutto ciò non fu vero infatti l'Inghilterra in breve tempo si
riprese dalla crisi e gli Usa dopo l'affondamento del loro mercantile
Vigilantia il 2 aprile 1917 decisero di entrare in guerra.
Contemporaneamente usciva di scena a causa delle rivolte sociali la Russia.
Il Pontefice Benedetto XV chiedeva invano una pace senza vincitori ne vinti
ma la volontà di vincere delle potenze dopo tutti gli sforzi sopportati era
troppa Così a metà del 1917 si ebbe una ripresa del conflitto sul fronte
orientale e su quello italiano.
Gli imperi centrali grazie alla ritirata degli eserciti Russi potettero
occupare la Polonia e parte delle regioni Baltiche. Contemporaneamente fu
predisposta una controffensiva in Italia. Le truppe italiane erano ancora
predisposte in assetto da attacco e a causa di errori tattici ed
organizzativi a Caporetto, dopo che l'esercito austriaco era stato
rinforzato da alcune divisioni tedesche, si ebbe una grave sconfitta.
L'esercito austriaco penetrò in Italia per oltre 200. Questo fu uno dei
momenti più drammatici della storia italiana e parve quasi che la stessa
unità fosse in pericolo.
Al posto di Boselli sali al governo Orlando il quale era maggiormente
appoggiato e sostituì Cadorna con Armando Diaz affermando che più terribile
di una guerra è una guerra perduta.
Nel 1918 il Presidente degli Stati Uniti pubblicò i 14 punti nei quali
fissava le condizioni che avrebbero dovuto regolare i rapporti tra le
nazioni alla fine del conflitto, In base al principio di nazionalità e
autodeterminazione dei popoli si doveva ridisegnare l'Europa. Doveva essere
una pace nuova; non doveva mirare all'espansionismo delle potenze vincitrici
ma doveva garantire il rispetto del principio di nazionalità.
La pace di BREST-LITOVSY conclusa con gli imperi centrali nel l918 obbligava
l'ex impero zarista alla cessione della Polonia, dell'Estonia, della
Lettonia, della Lituania e al riconoscimento dell'indipendenza Ucraina.
Ormai tranquilli sul fronte orientale i tedeschi fecero affluire truppe sul
suolo francese riprendendo una tattica simile a quella utilizzata all'inizio
del conflitto in breve tempo si riportarono sulla linea della Marna. Lo
sfondamento che avevano fatto nelle barriere francesi non era stato di
grande importanza e cosi gli Inglesi e i Francesi uniti gli eserciti
contrattaccarono vincendo nella battaglia di Amiens.
Il fallimento tedesco seguito dall'insuccesso austriaco nel tentativo di
sfondare la linea italiana del Piave, lasciava prevedere la sconfitta degli
imperi centrali.
Nel tentativo di raggiungere una pace non troppo disastrosa, Guglielmo il
nominò cancelliere il democratico Baden il quale cercò cerco di trasformare
la Germania da monarchico-mititare a liberal-democratica. Sulla questione
decisiva dell'abdicazione del re, però, incontrò la secca opposizione del
Kaiser e degli ambienti militari in genere.
Seguirono una serie di rivolte ed ammutinamenti che portarono l'11 novembre
1918 alla firma dell'armistizio.
Lo sfaldamento dell'esercito austriaco determinò anche la fine dell'impero
asburgico. La Cecoslovacchia si proclamò indipendente, fu formato lo stato
Yugoslavo e si formarono governi provvisori in Ungheria e a Vienna.
Il 3 novembre 1918 a Villa Giusti prima della sua abdicazione l'imperatore
austriaco firmò l'armistizio con l'Italia.
LA PACE ED I PROBLEMI DEL DOPOGUERRA
Alla conferenza di pace di Parigi non vennero accolti i rappresentanti delle
potenze vinte a essi spettava solo l'alternativa dell'accettazione o di una
ripresa delle ostilità. Per la prima volta problemi fondamentali
dell'equilibrio europeo venivano discussi insieme a potenze non Europee
quali Giappone e USA. La "New diplomancy" proposta da Wilson non era ben
vista dalle potenze vincitrici.
Tutto sommato dopo che la flotta tedesca preferì auto affondarsi piuttosto
che consegnarsi ai nemici, gli Inglesi avevano raggiunto il loro scopo
principale.
Adesso essi cercavano di non fare punire con pesantissime sanzioni la
Germania perché questa fino al 1914 era stata la loro migliore partner
commerciale.
Wilson si oppose alle rivendicazioni italiane preferendo appoggiare i nuovi
governi tra cui quello iugoslavo. Dopo questa opposizione Orlando preferì
abbandonare per alcuni giorni la conferenza.
Per evitare futuri e dannosi conflitti si creò la Società delle Nazioni con
sede a Ginevra che avrebbe dovuto rappresentare tutti gli stati sovrani del
mondo. I paesi membri si impegnavano a non ricorrere più alla guerra per
risolvere le controversie ma al giudizio della Società delle nazioni.
Quest'organizzazione non aveva però i mezzi per far si che le decisioni
prese venissero rispettate. Essa era in realtà molto fragile.

Dalla conferenza di Parigi uscirono cinque distinti trattati:
Con il TRATTATO Dl VERSAILLES la Germania doveva cedere l'Alsazia e la
Lorena alla Francia.
Al rinato Stato polacco dovette cedere parte della Slesia, della Posnania e
della Pomerania assicurandogli in questo modo un accesso nel mar Baltico. La
città di Danzica che si affacciava sul Baltico venne considerata città
libera.
La Germania orientale venne in questo modo separata da quella occidentale e
l'impero coloniale tedesco diviso tra Inghilterra e Francia.
Quando si dovette decidere a chi dare la colpa del conflitto si pensò, anche
a causa delle pressioni francesi, ad accusare la Germania. In base
all'articolo 231 essa era tenuta a risarcire tutti i danni procurati alla
popolazione e le pensioni di guerra in una cifra che fu stabilita intorno ai
132 marchi - oro. Come garanzia del pagamento la Francia poteva occupare per
15 anni il bacino carbonifero del Saar. L'esercito tedesco venne ridotto a
100000 unità.
Con il TRATTATO DI SAINT-GERMAIN e del TRIANON venivano smembrati Austria ed
Ungheria a favore della Polonia, della Jugoslavia, della Romania e della
Cecoslovacchia. All'Italia veniva ceduto il Trentino.
Il territorio austriaco rimanente era pari a circa 1/8 di quello precedente
mentre quello Ungherese uguale a circa ½.
Con il TRATTATO DI NEUILLY anche la Bulgaria dopo avere ceduto la Macedonia
alla Jugoslavia e la Tracia alla Grecia, ne uscì ridimensionata avendo perso
pure lo sbocco sul mar Egeo.
Con il TRATTATO DI SEVRES i Turchi dovevano cedere alla Grecia anche la
Tracia Ottomana, dovevano smilitarizzare gli stretti perdendo il controllo
anche su parte dell'Asia dopo l'indipendenza della Transgiordania,
dell'Arabia e dello Yemen.
I restanti territori asiatici vennero portati gradualmente da Francia e
Inghilterra ad una condizione di indipendenza e autogoverno tramite i
"mandati fiduciari".
Il nuovo assetto europeo era fondato su basi troppo deboli, si erano venute
a creare numerose minoranze che creavano tensioni interne. La Germania,
additata come colpevole, voleva avere la sua rivincita e l'Italia aveva
avuto un accrescimento territoriale inferiore a quello sperato; si parlava
infatti di vittoria mutilata.
Dopo la fine della guerra si erano venuti a creare particolarismi che in
futuro avrebbero potuto creare problemi. Le nuove nazioni sorte, dette
cuscinetto, non avevano la capacità di vita economica autonoma né
propensione ad allearsi tra di loro. Il trattamento riservato allo Stato
tedesco non solo rovinò il migliore dei mercati centro-europei ma aveva
creato un pauroso sentimento di rivincita. Francia ed Inghilterra pur
essendo nazioni vincitrici erano sommerse dai debiti contratti con gli Stati
Uniti mentre in Italia oltre alla crisi economica si parlava di vittoria
mutilata.
Il ritorno ad un'economia di pace fu difficilissimo e il processo di
riconversione, molto lungo, fece crescere la disoccupazione. La soluzione a
questi problemi era quella proposta nei trattati di pace: bisognava fare
circolare rapidamente materie prime a buon mercato e tornare, grazie anche
agli aiuti proposti agli imprenditori, a proporre alla popolazione merci
abbondanti a prezzi vantaggiosi.
Con questo tipo di trattati, si era perduta l'opportunità di dare all'Europa
e al mondo intero un periodo di pace duraturo. Dal punto di vista sociale
tutti gli Stati erano più o meno in crisi perché i miglioramenti
sopraggiunti dopo la vittoria non potevano colmare gli sforzi economici ed
umani subiti. L'idea generale era che si fosse combattuto per nulla.
I PROBLEMI DEL DOPOGUERRA
Le forze socialiste e cattoliche nonostante la vittoria, continuavano ad
avere un atteggiamento critico nei confronti della classe liberale dirigente
ed intendevano raggiungere il potere per portare al termine quelle riforme
che la guerra non aveva permesso di realizzare.
La riforma principale a cui aspiravano, era quella agraria, cioè quella che
prevedeva di dare ai contadini, che erano stati i principali combattenti, la
proprietà della terra.
La classe liberale non poteva utilizzare la vittoria per aggregare il
consenso dei diversi strati sociali da qui la nascita del Partito Popolare
Italiano guidato da Don Luigi Sturzo.
Esso nacque principalmente per impedire in Italia un'avanzata del socialismo
di tipo bolscevico. Il programma prevedeva la libertà di insegnamento, il
riconoscimento dell'importanza dei valori religiosi e della famiglia.
Chiedevano anche un sistema elettorale di tipo proporzionale e l'ampliamento
del voto alle donne.
Sul piano economico cercavano di far si che le classi sociali invece di
lottare tra di loro cooperassero per trovare insieme soluzioni vantaggiose
per esempio per la riforma agraria.
I leader più rappresentativi del Partito Sociale Italiano alla fine della
guerra vennero messi in minoranza. L'area massimalista il 18 dicembre 1918
rifiutando accordi con il governo borghese pose all'ordine del giorno
"Istituzione della Repubblica sociale e dittatura del proletariato".
Il giornale "Ordine nuovo" credeva che fosse fondamentale trasportare all'
interno della classe operaia italiana il modello dei Soviet ed organizzare
consigli di fabbrica capaci in breve tempo di autogovernare le aziende.
La crescita della disoccupazione seguita a ruota dalla aumentata inflazione
non penalizzo moltissimo i lavoratori dell'industria grazie ai loro
sindacati. Là dove i sindacati non esistevano come ad esempio nel settore
agrario, lì la crisi si fece sentire abbastanza. Anche i ceti a reddito
fisso vennero penalizzati e i borghesi che in tempo di guerra avevano
ricoperto cariche importanti adesso si sentivano solo opachi lavoratori.
Nacque l'Associazione Nazionale Combattenti con l'obbiettivo di dare voce
alle aspettative dei combattenti pur restando estranea ai partiti.
Mussolini a Milano, fece nascere i fasci di combattimento. Il suo programma
parlava di Repubblica, di suffragio universale e di ordinamento sociale
corporativo. Voleva pure la formazione di un unico "superpartito" chiedeva
inoltre che la giornata lavorativa fosse di 8 ore. Difendeva chiunque avesse
combattuto la guerra, facendosi considerare nemico dei socialisti e
neutralisti in genere mostrando verso questi i lati più aggressivi e
arrivando anche all'incendio dell'"Avanti!". La difesa della guerra e l'idea
della vittoria mutilata fecero guadagnare ai fascisti ampi consensi.
Differentemente i Democratici volevano abbandonare ogni idea espansionista
per dedicarsi maggiormente a rapporti di amicizia con gli stati neonati.
Orlando e Sonnino a Versailles non riuscirono a prendere Istria e Dalmazia e
preferirono lasciare la sede come segno di protesta. I trattati di pace
continuarono ugualmente e le colonie tedesche vennero divise tra Francia ed
Inghilterra. Quando Orlando e Sonnino furono costretti a tornare era stato
tutto già deciso, all'Italia non restava che restare delusa e soprattutto
umiliata.
GIOLITTI E L'OCCUPAZIONE DELLE FABBRICHE
L'esito insoddisfacente della conferenza di Versailles costrinse Orlando
alle dimissioni. Al suo posto salì il liberale Nitti.
L'idea di Nitti era quella che bisognava produrre di più e consumare di meno
a tal fine accelerò i processi di riconversione, favorì l'esportazione e
diede un prezzo politico al pane. Le misure fiscali più severe toccarono ai
ceti più alti. Sotto richiesta dei socialisti e dei popolari sostituì il
sistema elettorale uninominale con quello proporzionale.
Nonostante ciò la crisi non passò e nell'estate del 1919 cominciarono
agitazioni popolari causate anche dall'aumento dei prezzi e dalla mancata
promessa della "terra ai contadini".
La crisi si fece ancora più acuta quando D'Annunzio con l'aiuto di giovani
"sensibili" occupò la città di Fiume. D'Annunzio non sopportava Nitti e lo
accusava di non tutelare gli interessi dello Stato. Dal canto suo, Nitti non
fece nulla per fermare l'avventura fiumana ma stese solo ad osservare il
comportamento delle altre nazioni.
Alle elezioni del 1919 vi fù il crollo dei Democratici a favore delle nuove
organizzazioni PSI e PPI. Il governo Nitti in seguito all'aumento del pane
fu costretto a dimettersi a favore dell'ormai ottantenne Giolitti.
Giolitti doveva ridurre il debito pubblico favorendo una ridistribuzione dei
redditi a vantaggio di quelli meno abbienti. Propose di nominare i titoli
azionari in modo da poterli rendere fiscalmente individuabili.
In politica estera con il trattato di Tirana rinunciava al mandato italiano
sull'Albania riconoscendogli l'indipendenza.
Con il trattato di Rapallo, rinunciava alle pretese sulla Dalmazia ad
eccezione della città di Zara ottenendo in cambio, dalla Yugoslavia, Istria
e Lussino. Fiume venne considerata una città stato indipendente.
I nazionali non videro di buon occhio questi trattati e li considerarono
come una conferma della vittoria mutilata. Quando poi fu fatto cannoneggiare
il palazzo dove D'Annunzio governava, nel dicembre 1920, parlarono di Natale
di sangue.
Il partito popolare aumentò i problemi interni non essendo d'accordo alla
nominatività dei titoli azionari perché tale riforma avrebbe colpito
soprattutto la chiesa cattolica.
Dal 1920 cominciarono le occupazioni delle fabbriche. La linea di governo di
Giolitti fu piuttosto statica infatti attese che le sommosse terminassero da
sole.
I gruppi socialisti più intransigenti diedero vita al PCI ad ispirazione
leninista.
Si pensò che i problemi del dopoguerra dovessero essere risoti in maniera
autoritaria. I primi gruppi organizzati militarmente vennero utilizzati per
fare aggressioni ai movimenti sindacali e cattolici. Erano sostenuti
economicamente da agrari ed industriali e in poco meno di un anno passarono
da 200 unità a 200000 unità.
Alla luce dei fatti, Giolitti non poteva sperare nell'aiuto socialisti né in
quello dei cattolici e di lì a poco decise di utilizzare l'appoggio dei
Fasci. Questa mossa doveva solo servire a prendere più voti "le candidature
fasciste sono come i fuochi d'artificio: fanno molto rumore ma si spengono
rapidamente".
Le elezioni non andranno come previsto da Giolitti. I socialisti perderanno
pochissimi seggi mentre i 35 fasci eletti più 10 nazionalisti passeranno all
'opposizione. A Giolitti non resterà che rassegnare le dimissioni.
FASCISMO ED ANTIFASCISMO - MUSSOLINI
ASCESA POLITICA DEL FASCISMO
Il Governo successivo sostenuto solo dai cattolici era guidato dal
socialista Bonomi il quale però si mostrò subito inadeguato e dopo essersi
rifiutato d'intervenire per salvare la Banca d'Italia venne sostituito da
Facta.
Con il Congresso di Roma nel 1921 da semplice gruppo, quello fascista,
divenne un vero e proprio partito: il PNF (partito nazional fascista) che
aveva come capisaldi nel programma la chiesa con i principi cattolici, la
Repubblica e la proprietà capitalista.
Lo "Sciopero Legalitario" organizzato da tutti i sindacati fine di chiedere
al Governo Facta un comportamento più energico nei confronti delle violenze
fasciste, si mostrò un fallimento. Queste infatti aumentarono così come la
popolarità del nuovo partito visto come ripristinatore dell'ordine e della
legalità turbata dagli scioperi.
Con la formazione del Partito Socialista Unitario, guidato da Turati, si
andava perdendo ogni possibilità di creare una forte coalizione
antifascista.
Ben presto Mussolini prese le distanze dalla Repubblica e si avvicinò alla
Monarchia alla quale riconosceva un ruolo nazionale importantissimo.
Il consenso verso i fascisti aumentava costantemente mentre le coalizioni
antifasciste si andavano sempre più indebolendo così il Re, anche per
evitare la sua possibile sostituzione con il Duca Amedeo D'Aosta, aperto
sostenitore del fascismo, dovette necessariamente appoggiare il movimento.
Alla luce di ciò, nel 1922 si tenne a Napoli un enorme adunata di camice
nere decise da lì a poco a marciare fino a Roma per prendersi il potere. Le

20000 camice nere non erano ben armate, ma la figura incolore di Facta
decise ugualmente di dare le dimissioni.
Il Re d'Italia, Vittorio Emanuele, sarebbe potuto intervenire duramente
contro i manifestanti ma si rese conto che se questi avessero avuto la
meglio il suo trono sarebbe vacillato, viceversa, se avesse vinto lui, l'
Italia, dato il forte consenso verso il fascismo, sarebbe potuta cadere in
una dilaniante guerra civile.
Fu così che il Re decise di affidare il Governo a Mussolini che ebbe la
fiducia anche dai liberali e dai popolari così da far credere che,
nonostante le violenze esteriori, questo era un Governo in linea con la
tradizione Costituzionale.
Si capì subito col discorso del 16 novembre del 1922 che qualcosa era
cambiato: "Potevo fare di quest'aula sorda e grigia un bivacco di manipoli.
Potevo: ma non ho almeno in questo primo tempo, voluto".
Agli organi di Stato a poco a poco si sostituivano organi di partito. Il
Gran Consiglio del Fascismo si sovrapponeva al Parlamento; la Milizia
Volontaria per la Sicurezza Nazionale all'esercito nazionale.
Nel 1923 venne varata la Riforma Scolastica Gentile che partendo da un
progetto elaborato da Croce, istituiva un esame alla fine degli studi
superiori così da permettere l'esistenza delle scuole private cattoliche e
valorizzare maggiormente la cultura. Sempre nello stesso anno si ebbe l'
alleanza con il partito nazionalista.
Quando i popolari si ribellarono all'evoluzione autoritaria che stava
prendendo il governo, Mussolini, sicuro che il mondo cattolico gli sarebbe
stato sempre vicino, chiese a loro le dimissioni. In questo modo a Don Luigi
Sturzo non restò che dare le dimissioni.
Il sistema elettorale venne modificato con la "legge Acerbo" la quale
attribuiva i 2/3 dei seggi parlamentari al partito che avesse avuto il
maggior numero di voti purchè non inferiore al 25%.
Lo scopo di questa legge era quello di far affiancare il maggior numero di
forze liberal-moderate intorno al partito fascista.
Autorevoli leader come Salandra e Orlando, appoggiarono il listone
mussoliniano mentre le altre forze antifasciste, troppo frammentate, non
rappresentarono una vera minaccia infatti il listone ebbe il 65% dei voti.
All'apertura della nuova Camera nel 1924 Giacomo Matteotti denunciò le
ripetute violenze fasciste che avevano caratterizzato la campagna elettorale
e chiese l'annullamento delle elezioni. Pochi giorni dopo venne rapito ed
ucciso da dei sicari fascisti.
Il delitto sembrò avere compromesso il potere fascista perché tutte le forze
si rifiutarono di partecipare ai lavori della Camera e seguendo l'esempio
degli antichi romani con la Secessione dell'Aventino ma non ebbero l'
appoggio del Re.
Mussolini si assunse tutte le responsabilità del delitto Matteotti e
proclamò la volontà di eliminare ogni forma di democrazia esistente.
Seguirono nuovi atti di violenze e repressioni che portarono nel corso del
1925 alla soppressione della libertà di stampa; i giornali per continuare a
lavorare dovevano allinearsi alle posizioni del regime. Ormai lo Stato
totalitario si era affermato.
Con la legge del 24 dicembre 1925 il presidente del Consiglio assumeva il
nome di Capo del Governo e doveva dare conto delle sue azioni non più al
potere legislativo ma solo al Re.
Le leggi del novembre 1926 determinarono la fine del sistema parlamentare.
Furono sciolti tutti i partiti antifascisti e giudicati illegali. Chiunque
si fosse opposto al regime sarebbe stato giudicato da un tribunale speciale
ed inviato al confino.
Con le leggi del 1926 si modificavano le amministrazioni locali, il sindaco
era sostituito dal podestà di nomina governativa.
Con la legge del 1928 si modificava il sistema elettorale; si sottolineava
il principio della lista unica nella quale erano presenti 400 candidati
scelti dal Gran Consiglio del Fascismo che bisognava approvare o respingere
in blocco.
Con i patti Lateranensi firmati dal Duce e dal cardinal Gasparri, si poneva
fine alle lotte tra Stato e Chiesa. A quest'ultima veniva riconosciuta l'
importanza della religione cattolica; gli venivano dati maggiori poteri per
quanto riguardava la nomina dei vescovi e la celebrazione del matrimonio sia
in forma civile che religiosa.
Per quanto riguarda il territorio la chiesa riconosceva lo Stato italiano
con Roma capitale e al piccolo Stato Vaticano venivano dati 750 milioni come
prezzo per le terre espropriate.
Questi erano gli anni della fabbrica del consenso. I giovani da fanciulli
fino all'età universitaria, venivano squadrati in gruppi tipo Balilla,
Avanguardisti, Giovini italiane, Figli della Lupa e così via.
Il regime si mostrò molto attento alle innovazioni, infatti per diffondere
le notizie si servi moltissimo oltre che della stampa che però esisteva già
da tempo, anche dei nuovi sistemi di comunicazione rappresentati dal cinema
e soprattutto della radio.
Tra il 1922 e il 1926 il fascismo mantenne una politica economica liberale.
Il ministro delle finanze Alberto De Stefani, si affrettò a ritirare il
progetto sulla nominatività dei titoli e abolì il monopolio statale delle
assicurazioni sulla vita. In pratica cercò di ridurre il controllo pubblico
sulla vita economica promovendo l'iniziativa privata.
In questi anni l'industria italiana incrementò molto la produzione grazie
soprattutto alle aumentate esportazioni. Nonostante ciò De Stefani venne
sostituito da Volpi che era più in linea con i caratteri totalitari dello
Stato fascista.
Per permettere la ripresa del settore agricolo, fu lanciata la "battaglia
del grano"; furono alzati i dazi doganali sui cereali importati per
incoraggiare la produzione nazionale e giungere all'autosufficienza nei
consumi. Furono estese le aree coltivate a grano sostituendo culture
specializzate che in un mercato estero sarebbero state maggiormente
richieste.
Nel discorso di Pesaro nel 1926, Mussolini, annunciò di volere fissare il
cambio della lira con la sterlina a 90 "quota novanta". Questa riforma era
tesa a fare aumentare l'importanza italiana in una futura politica estera
autoritaria ma ciò preoccupava molto le classi medie del paese sottoposte al
pericolo dell'inflazione. Per venire incontro agli industriali, il duce,
fece alleggerire i salari del 10-30% con un conseguente aumento della
disoccupazione.
I disoccupati che si erano venuti a creare vennero impiegati in un vasto
programma di opere pubbliche culminanti con la Bonifica dell'Agro Pontino.
Le zone paludose furono rese agricole ed abitabili, furono edificate nuove
città quali Latina, Pomezia, Sabaudia ed altre.
In questo modo, l'Italia si allontanava sempre di più dal mondo industriale
e dal commercio estero.
Con il "Patto di palazzo Vidoni", la confederazione degli industriali e
quella dei sindacati fascisti, con una legge vietarono gli scioperi ed
istituirono un magistrato del lavoro che doveva risolvere i problemi
riguardanti i contratti collettivi di lavoro.
Gli anni trenta furono gli anni del consenso; ogni italiano si poteva
riconoscere con convinzione nelle forme politiche realizzate dal PNF.
L'isolamento dell'economia fece in modo che la crisi del '29 fu meno cocente
rispetto agli altri Stati e colpì le banche e le industrie siderurgiche. Il
duce per evitare il tracollo dell'economia assunse il controllo tramite l'
IRI e l'IMI delle principali industrie e banche italiane. IMI ed IRI avevano
lo scopo di riorganizzare le industrie e le banche per farle uscire dalla
crisi.
Il regime in questo modo finì per avere il monopolio del credito e 1/4 del
capitale industriale. Tutto questo non faceva parte di un processo di
socializzazione, ma al contrario, era teso a facilitare l'iniziativa privata
tramite sgravi fiscali e tariffe protette. In cambio di queste
facilitazioni, gli industriali s'impegnavano ad appoggiare il regime.
L'Autarchia, produrre e consumare solo prodotti nazionali, divenne una delle
parole d'ordine del regime. Il sistema produttivo del paese gravò assai poco
sulle classi medie che per questo si sentirono legate al Duce.
LA POLITICA ESTERA DEL FASCISMO
In questo campo si notavano diverse contraddizioni che avevano
contraddistinto il fascismo (tra continuazione e rottura con il
liberalismo). Mussolini, da un lato aveva sempre in mente i piani di
revisione dei trattati di pace; dall'altro, non voleva opporsi al volere
delle grandi potenze europee di Francia e Inghilterra. Da uomo realista
qual'era, si rendeva conto delle disparità tra la sua nazione e le altre
due, ma il suo obiettivo restava comunque quello di far raggiungere all'
Italia il medesimo loro livello sia economico che militare. Non rinunciava a
gesti esteriori come nel caso dell'occupazione dell'isola di Corfù avvenuta
dopo l'assassinio di un suo generale sul fronte greco - albanese, e che il
duce abbandonò solo dopo la mediazione inglese. A seguito poi di una
trattativa con la Jugoslavia, Mussolini firmò il trattato di Roma, e Fiume
divenne città italiana.
Fino al patto di Locarno la diplomazia italiana aveva sostanzialmente
mantenuto una rigorosa applicazione dei trattati di pace e il principale
obiettivo era quello di mantenere indipendente l'Austria, per scongiurare
un'annessione con la Germania. Tale trattato, pur avendo definito i confini
occidentali della Germania, lasciava molte libertà su quelli orientali, e di
questa situazione ambigua ne volle trarre vantaggio il governo fascista, con
il ministro Dino Grandi. Vennero stipulati una serie di trattati e di patti
d'amicizie con le regioni balcaniche (Albania, Ungheria, Romania, Bulgaria)
e con l'avvento in questi paesi di governi filofascisti, il regime inaugurò
una politica di sostegno alle nazioni sconfitte, in rottura con la
tradizione liberale. Nonostante le ambizioni espansionistiche del duce, non
vi fu mai vera rottura con le grandi democrazie occidentali. La situazione
cominciò a mutare con l'affermarsi del nazismo in Germania e con la ripresa
della politica espansionistica giapponese. Hitler in particolare voleva
anch'egli una revisione dei trattati di pace; Mussolini si ritrovava così
con un agguerrito riferimento internazionale. Tuttavia però decise di
muoversi ancora verso un'intesa con Francia e Inghilterra, per paura di
iniziative tedesche in Austria e firmò, nel 1933 il patto a quattro tra
Italia, Germania, Francia e Inghilterra con l'impegno di una revisione dei
trattati.
Le proteste scatenate dall'URSS e dagli stati balcanici indussero però la
Francia a limitare la revisione di tale trattato all'interno della Società
delle Nazioni, rendendo inattuabili i disegni mussoliniani di una revisione
consensuale dei trattati di pace. Rimase però in lui un atteggiamento di
protezione verso l'indipendenza austriaca, favorito anche dalla politica
antitedesca francese. La Francia firmò infatti con Mussolini un trattato che
prevedeva ufficialmente una rettifica dei confini somali, ma ufficiosamente
dava il via libera all'Italia per la conquista dell'Etiopia.
La guerra d'Etiopia era dettata da due principali motivi: la crescente
disoccupazione, causa della crisi economica (quindi la colonizzazione era
ritenuta una valida alternativa all'emigrazione); e la necessità da parte
del regime di ostentare una militarizzazione (seppur superficiale) di un
atto importante di politica estera. Con grande propaganda quindi si diede
avvio alle operazioni militari, condotte prima da De Bono e poi da Badoglio
sul fronte eritreo, e da Graziani su quello somalo.
Conclusa vittoriosamente e brevemente la guerra, scattarono subito le
ripercussioni internazionali. In particolare l'opinione pubblica inglese si
dimostrò ostile a questo atto e nonostante un tentativo di rendere l'Etiopia
protettorato italiano (rifiutato dal popolo inglese), la Società delle
Nazioni condannò l'Italia a delle sanzioni economiche che, per quanto
blande, furono usate dal regime per fini propagandistici.
L'ANTIFASCISMO E BENITO MUSSOLINI
L'usufruire di organizzazioni paramilitari significò, per il fascismo,
sviluppare clandestinamente qualsiasi forma di opposizione al regime.
Conseguentemente i vari giornali socialisti chiusero e le personalità di
spicco della sinistra furono costretti ad andare via dall'Italia. I pochi
socialisti rimasti formarono nel 1926 la convenzione antifascista; mentre i
comunisti si organizzarono in società segrete vivendo nelle zone malfamate
ed agendo nell'anonimato.
Antonio Gramsci fu incarcerato nel '27 e nelle sue lettere inviate dal
carcere si riscontra il suo pensiero politico: l'ascesa del socialismo in
Italia, che sarebbe dovuto salire in Italia sarebbe dovuto essere diversa
dall'avvento del socialismo in Russia, poiché la realtà Italiana era diversa
socialmente, economicamente ed intellettualmente.
Ma le società antifasciste venutesi a formare, non trovarono mai un'intesa
tra loro ed inevitabilmente fallirono. Altro tentativo fu quello di Carlo
Rosselli, con l'instaurazione di un movimento chiamato Giustizia e libertà,
che prevedeva la riorganizzazione delle forze antifasciste al fine di
opporsi al regime in modo più deciso. Caratterizzato fortemente dalla
componente generazionale, tale movimento riteneva necessario far cambiare
mentalità ai giovani per potere risolvere il problema alla radice.
Allo scoppio della guerra in Spagna parteciparono molti antifascisti con la
speranza di dimostrare che la resistenza armata alla dittatura mostrata
contro il franchismo potesse essere d'esempio contro il regime mussoliniano;
da qui il grido "Oggi in Spagna domani in Italia".
HITLER ADOLF - ASCESA DEL NAZISMO E SCOPPIO DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE
LA GERMANIA DI WEIMAR ED IL PROBLEMA DELLE RIPARAZIONI
La difficile fase iniziale della Repubblica di Weimar sembrò superata già
nel 1921, quando il sistema industriale tedesco aveva riacquistato l'
importanza che aveva avuto nell'anteguerra.
Nello stesso anno venivano fissate le riparazioni di guerra: circa 132
miliardi di marchi-oro, cifra assolutamente spropositata per le possibilità
di pagamento tedesche. Le riparazioni erano state volute prevalentemente
dalla Francia, desiderosa di lasciare la Germania in una posizione di
subalternità ancora per parecchi decenni. Inoltre vi erano i debiti con gli
USA contratti da Francia ed Inghilterra per i quali ogni richiesta da parte
tedesca di una riduzione della cifra veniva rifiutata.
All'inizio del 1923, a causa di un ritardo nel pagamento di una rata da
parte dei tedeschi, la Francia decide, insieme al Belgio, di occupare il
ricco bacino carbonifero della Ruhr. L'orgoglio della popolazione tedesca si
tradusse in un rifiuto del lavorare.
Il desiderio tedesco di rivincita andava crescendo e l'8 novembre del 1923
si tento il "Putsch di Monaco" organizzato da Hitler in persona all'interno
di una birreria bavarese. Il colpo di stato non andò a segno e Hitler venne
arrestato e condannato ad un anno di carcerazione; durante quel periodo
scrisse il "Mein Kampf" in cui esponeva le sue idee sulla razza tedesca, che
avrebbe poi divulgato ed applicato durante il periodo del regime in
Germania.
L'occupazione della Ruhr e la conseguente decisione dei tedeschi di
astenersi dal lavoro, provocò nel 1923 una crescita smisurata dell'
inflazione in Germania; il marco giunse a valere fino ad un trilionesimo del
valore che aveva nel 1914 e solo con l'inizio del 1924 la Germania iniziò a
riprendersi.
Sia gli Usa che l'Inghilterra non avevano mai approvato l'occupazione
francese della Ruhr e misero appunto dei piani per salvare l'economia
tedesca dalla bancarotta.
Con il piano Dawes, gli Usa concedevano nuovi prestiti per consentire alla
Germania di riavviare le industrie.
Con il piano Young al posto del vecchio marco ne veniva creato un altro
scambiato a 1000 miliardi di marchi vecchi; facendo in modo che non si
ripetesse la situazione precedente che aveva causato l'inflazione.
Il nuovo ministro degli esteri tedesco firmò insieme a quello francese il
Trattato di Locarno in base al quale le frontiere occidentali tedesche non
dovevano essere mai più violate. Sempre nello stesso anno (1926) la Germania
entrava a far parte delle società delle Nazioni.
Con il patto di Briand-Kellogg, Francia ed Usa si impegnavano a non
ricorrere più alla guerra per risolvere le controversie internazionali, ma
di rivolgersi ad un tribunale internazionale a cui aderirono altre 57
Nazioni tra cui Germania e Urss.
Il trattato di Locarno, riguardava solo la frontiera occidentale tedesca e
non quella orientale per la quale non esisteva nulla. Locarno lasciava così
presagire eventuali mire espansionistiche tedesche verso est.
Alle elezioni presidenziali tedesche a causa dell'intransigenza dei
comunisti, che non appoggiarono il candidato socialdemocratico al
ballottaggio, salì il conservatore, eroe della I guerra mondiale,
Hindenburg. Nelle elezioni generali successive però i socialdemocratici
ebbero la meglio riuscendo ad equilibrare le forze.
La Repubblica di Weimar, fondata su basi troppo deboli, presentava, al suo
interno, interessi troppo divergenti. I gruppi paramilitari andavano
aumentando sempre di più facendo sulla piccola borghesia sempre più
sensibile, dopo l'inflazione, ai richiami all'ordine e all'onore da
riscattare.
La crisi Americana si ripercuotè in Germania facendo vacillare la già
precaria Repubblica di Weimar. Le spinte conservatrici ed autoritarie si
accentuarono; una prova tangibile di ciò fu l'ascesa di Hindenburg e la
formazione di gruppi paramilitari.
A differenza del Fascismo, che non aveva fin dal principio un programma ben
delineato, il Nazismo fondava le proprie solide basi nel "Mein Kampf" l'
opera che Hitler scrisse durante il suo anno di prigionia. Il testo
riprendeva molto le teorie di Rosenberg e Chamberlain e affermava che tutte
le vicende umane potessero essere interpretate come un eterno conflitto tra
razze superiori, ariani, e razze inferiori, ebrei. Il concetto di razza
doveva essere inteso proprio come biologico - genetico. A capo della razza
Ariana doveva esserci il Fuhrer, un capo capace di interpretare le esigenze
del popolo.
Le esigenze primarie dovevano essere quella dello spazio vitale e quella che
doveva vedere unito nello stesso territorio tutte le popolazioni germaniche.
Inoltre il movimento era anticomunista in quanto l'ideologia ugualitaria è
frutto delle tendenze livellatrici e mortificanti delle razze inferiori.
Nelle elezioni del 1928 il nazismo non ebbe molto successo, appena il 2,6 %
dei voti. Man mano che la crisi economica si faceva più dura, crescevano i
consensi e nelle elezioni del 1930 i nazisti ebbero oltre 6 milioni di voti
diventando il secondo partito dopo i socialdemocratici.
Come avvenne per il fascismo, anche il nazismo si servì delle squadre SS e
SA per incutere timore nell'opposizione e nella popolazione in generale.
Memore della sfortunata impresa di Monaco, Hitler non tentò mai il colpo di
stato, ma cerco sempre di fare affluire nel suo partito tutte le forze
nazionalistiche e conservatrici.
Dopo la figura incolore di Bruning, alle presidenziali del 1932 venne
rieletto Hindenburg. A tali elezioni si era presentato pure Hitler ma a lui
non toccarono più del 37% dei voti.
Alle elezioni politiche dello stesso anno i nazisti ottennero oltre 13
milioni di voti e si affermarono come I partito del paese. Furono le
pressioni della grande industria, della finanza e della proprietà terriera a
indurre Hindenburg ad assegnare ad Hitler la guida del governo e ad indire
nuove elezioni per il 5 marzo 1933.
Le violenze da parte delle SS e delle SA si fecero sempre più evidenti e
culminarono con l'incendio del Reichstag di cui però vennero incolpati i
comunisti. In seguito a quest'avvenimento, furono emanate le 28 leggi
eccezionali con le quali si limitavano le libertà civili e veniva dichiarato
fuori legge il partito Comunista.
Alle elezioni del 1933, Hitler non ebbe il successo sperato, ma grazie all'
appoggio dei gruppi nazionalisti riuscì ugualmente ad avere la maggioranza.
Subito dopo fece approvare la legge dei pieni poteri che porto alla
liquidazione dell'opposizione e all'abolizione dei Lander ridotti a entità
amministrative dipendenti dal governo centrale.
Il 30 giugno nella notte conosciuta come "notte dei lunghi coltelli",
utilizzando le SS Hitler fece uccidere i principali capi della cosiddetta
sinistra nel partito (SA) che agitavano ancora l'idea di una rivoluzione
sociale.
Qualche mese dopo le elezioni Hindenburg morì. Hitler decise di non
sostituirlo e nonostante mantenesse solo la nomina di cancelliere in pratica
assunse anche la carica di presidente.
A poco a poco tutta la vita tedesca cominciò ad essere controllata dal
regime che tra l'altro cominciò a mettere in pratica alcuni dei punti
presenti nel programma come ad esempio quello della bonifica razziale;
vennero bruciati tutti i libri ebrei ritenuti fautori di teorie democratiche
e socialiste.
Anche in Germania come in Italia il regime andò alla ricerca del consenso.
Moltissimi erano i discorsi del Fuhrer trasmessi via radio, le grandi
adunate e i campi di maggio adornati con splendide coreografie
rappresentanti i simboli del potere.
La liquidazione dei rimasugli d'opposizione era stata affidata alla Gestapo,
una polizia segreta che prendeva gli oppositori e li deportava in campi di
lavoro.
Con le leggi di Norimberga del 1935, gli ebrei furono privati della
cittadinanza tedesca e gli vennero ridotte altre libertà.
Il 9 novembre nella Notte dei cristalli, molti ebrei furono deportati in
campi di lavoro, incendiate sinagoghe e attività ebraiche.
L'industria tedesca venne agevolata dal rigido inquadramento dei lavoratori
in strutture cooperative guidate dal partito. La ripresa economica tedesca
era affidata pure a un vasto programma di lavori pubblici e di riarmo.
Hitler mostrò subito la sua volontà nel rivedere il trattato di Versailles e
dopo avere firmato un patto a 4 con Italia, Inghilterra e Francia per il
mantenimento della pace, decise di abbandonare la Conferenza di Ginevra sul
disarmo nell'ottobre del '33 e poco dopo fece uscire la Germania dalla
Società delle Nazioni.
Il 25 luglio 1934 un gruppo di Nazisti austriaci guidati da Hitler assassinò
il cancelliere austriaco Dollfuss sperando nella confusione di potere
facilitare l'annessione dell'Austria alla Germania. Mussolini, ancora vicino
ad Inghilterra e Francia, si fece garante dell'indipendenza austriaca
mandando truppe alla frontiera del Brennero.
Il '35 fu l'anno definitivo del riarmo tedesco, la popolazione del Saar
decise dopo un referendum di tornare alla Germania. Hitler fregandosene del
trattato di Versailles ripristinò la leva obbligatoria e procedette al
riarmo aereo e terrestre.
Molti furono i paesi europei che tra la fine degli anni venti e l'inizio
degli anni trenta avevano abbandonato le forme di democrazia parlamentare
per sistemi autoritari. La destra autoritaria era salita pure in Belgio,
Portogallo e Grecia.
Germania ed Italia avevano superato ogni divergenza. Il cancelliere
Austriaco fu spinto alle dimissioni da Hitler e al suo posto ne salì uno
filonazista che nel marzo '38 adducendo l'improbabile pretesto di disordini
in atto fece giungere truppe tedesche in Austria e con un plebiscito nell'
aprile dello stesso anno proclamò l'annessione alla Germania.
Di fronte a ciò Mussolini si dichiarò indifferente poiché tutto sommato si
era realizzato il principio di autodeterminazione dei popoli. Di simile
opinione, anche per conservare la politica dell'appeasement, si mostrarono
pure Francia ed Inghilterra.
Pochi mesi dopo Hitler decise di riappropriarsi del territorio dei Sudeti,
interno al territorio Cecoslovacco e a maggioranza tedesca. La
Cecoslovacchia era legata con una alleanza alla Francia e faceva parte della
Società delle Nazioni. Per evitare l'apertura di un nuovo conflitto,
Mussolini fece da mediatore e convocò a Monaco il 29 e 30 Settembre '38 una
conferenza, a cui, oltre lui stesso, dovevano partecipare pure Chamberlain,
Daladier e Hitler. Il tutto si concluse con il totale cedimento alle
richieste naziste. Si voleva mantenere la pace, Churchill affermava:
"Potevano scegliere tra disonore e guerra, hanno scelto il disonore, avranno
la guerra".
Di lì a poco le truppe tedesche occuperanno Praga e imporranno alla
rimanente Cecoslovacchia il controllo tedesco. Hitler non aveva più nessuna
giustificazione e i timori di Churchill si confermavano sensati.
Il 21 marzo '39 Hitler chiese l'annessione di Danzica e l'
extraterritorialità del corridoio. Di lì a poco i tedeschi occuparono anche
Mamel città lituana. Hitler voleva occupare tutta la Polonia e il 3 marzo
Churchill espresse la sua volontà di garantire i confini polacchi invertendo
la marcia alla politica dell'appeasement.
Tutto sommato la Germania, nuovamente forte, rappresentava un sicuro
baluardo contro l'avanzata del comunismo in Europa. Sia Chamberlain che
Daladier al ritorno dalla conferenza di Monaco furono accolti dalla folla
plaudente ancora all'oscuro che di lì a pochi mesi sarebbero dovuti entrare
in guerra.
Sull'esempio di Hitler, Mussolini occupò l'Albania proclamando Vittorio
Emanuele III Re d'Italia e di Albania.
Il 22 maggio '39 il ministro degli esteri tedesco, Ribbentrop e quello
italiano, Ciano, firmarono il patto d'Acciaio col quale si impegnavano ad un
aiuto militare reciproco sia in offese che in difesa. Mussolini disse però
che l'Italia non sarebbe stata pronta ad un grosso conflitto di lì a tre
anni.
Francia ed Inghilterra per rispondere al patto d'Acciaio, cercarono di
raggiungere accordi con la Russia la quale a sorpresa, firmò il patto
Ribbentrop-Molotov con la Germania. Con questo patto le due potenze si
impegnavano per dieci anni a non aggredirsi e prevedevano un eguale
spartizione della Polonia.
Stalin con il patto d'Acciaio voleva guadagnare tempo e prepararsi all'
inevitabile scontro con la Germania sua antagonista ideologica.
Così il 1 settembre '39 le truppe tedesche entravano in Polonia e Francia e
Gran Bretagna il 3 settembre onorando le garanzie di protezione dichiaravano
guerra alla Germania.
Gli Usa avevano avuto un ruolo da protagonista nei trattati di pace, ma i
disegni planetari di Wilson non erano piaciuti all'opinione pubblica. Alle
elezioni del 1920 questi fu sostituito dal democratico Harding, fautore di
una politica isolazionista, secondo cui gli Usa avrebbero dovuto usufruire
delle risorse economiche del paese, incrementandole.
Dopo Harding salirono Coolidge e Hoover, i quali però si sono mostrati di
scarso rilievo.
Questo periodo è ricordato anche per la proibizione della produzione e
vendita delle bevande alcoliche: il cosiddetto proibizionismo, che però
favorì le organizzazioni criminali e la nascita di grandi figure, come
quella di Al Capone.
E' anche l'età del Jazz, una nuova musica suonata soprattutto dai neri.
Contemporaneamente si ha l'esplosione dei consumi individuali e all'interno
di ogni abitazione americana era possibile trovare l'aspirapolvere e una
radio. Questo aumento dei consumi coincise con l'aumento dei salari dovuto
ad un incremento della produttività e dei profitti.
Vennero favorite le grandi concentrazioni industriali come la Goodyear e la
General Motors a discapito delle piccole società.
Sempre in questi anni nascono forti contrasti dovuti prevalentemente a
quella politica isolazionista che non voleva l'ingresso di immigrati nel
paese. I contrasti più forti si ebbero tra bianchi e neri o cattolici e
protestanti. Si ebbe anche un deciso affermarsi di associazioni che
difendevano i valori tradizionali americani.
Per favorire l'acquisto dei beni anche alle classi operaie, Le banche
concessero una serie di crediti, e la piccola borghesia, attratta da futuri
guadagni decise di investire in borsa.
Nel momento in cui si nutrivano maggiori sicurezze, i prodotti cominciarono
a non essere più assorbiti dal mercato. La crisi di sovrapproduzione che si
ebbe fu la causa del crollo della borsa di Wallstreet durante il giovedì
nero di Wall Street in cui tutti i titoli azionari ebbero un evidente
flessione.
Il primo tentativo di porre fine alla crisi, fu quello di immettere nel
mercato europeo i prodotti in eccedenza ma il problema non si risolse. La
crisi che era partita dai mercati americani, a poco a poco arrivò pure in
Europa a causa dei grossi debiti che Francia ed Inghilterra avevano
contratto con gli Usa durante la guerra.
La Germania che con i piani Dawes e Young si era lentamente ripresa, subì un
ulteriore crisi.
Il crollo di Wall Street rappresentò per l'America non solo l'inizio di una
crisi economica ma anche ideale e morale. Fin dall'inizio della sua storia l
'America aveva percorso un cammino ascendente verso la prosperità. Con la
crisi, crollava il sogno americano e l'America non veniva più vista come il
paese delle grandi opportunità.
Chi nonostante la crisi si mostrò ottimista, fu il democratico Roosevelt
vincitore delle elezioni presidenziali del 1932.
Credeva che superare la crisi non fosse impossibile; le risorse umane e
materiali non mancavano certo all'America, bisognava solo recuperare lo
spirito americano originario. Appena eletto, Roosevelt annunciò l'inizio del
"New Deal", un nuovo accordo che sarebbe servito a riportare il Paese nelle
grandi sfere: bisognava vincere gli egoismi e valorizzare la solidarietà.
Per fare recepire tale messaggio a tutti lo ribadiva periodicamente nelle
"conversazioni di caminetto" tramite la radio.
In economia fece fede alle tesi di Keynes che era sempre stato contrario ai
trattati di pace in quanto avevano creato pericolose barriere per la
circolazione delle merci e dei capitali. Era in disaccordo con gli
economisti classici (Say, Ricardo) i quali credevano che il mercato fosse
capace di regolarsi da solo. La crisi del '29 li smentì pienamente.
Il maggiore ostacolo alla "legge della domanda" di Say e Ricardo era
rappresentata dall'ineguale distribuzione delle ricchezze. Bisognava quindi
che fosse lo Stato a ridistribuire le ricchezze garantendo una vita
dignitosa ai cittadini.
Il risparmiatore non veniva più visto come un saggio cittadino, ma come
colui che doveva essere sollecitato ad aumentare il suo consumo di merci
prodotte dal sistema industriale. A tal fine venne favorita una politica di
alti salari per permettere più facilmente al danaro di circolare.
Per rendere l'economia ancora più vivace, sulla scia del modello inglese,
Roosevelt decise di abbandonare il sistema di cambio fisso per consentire
una maggiore libertà nell'uso della spesa pubblica e nella nuova politica di
opere pubbliche.
Per risollevare il settore agricolo, elaborò un programma col quale
sosteneva i prezzi dei prodotti crollati durante la crisi e concedeva
sussidi governativi a coloro i quali avessero ridotto la produzione e le
terre coltivate, per garantire i redditi degli agricoltori che
rappresentavano la potenziale domanda d'acquisto per i beni prodotti dall'
industria.
Sollecitò la ripresa del settore industriale, invitando le industrie a
mantenere alti sia i prezzi, che i salari.
Nonostante l'iniziativa privata venisse un po' penalizzata dai programmi del
Presidente, in meno di 2 anni la disoccupazione era diminuita e oltre 2
milioni di persone erano tornate a lavorare. In breve tempo nacquero leggi
tramite le quali si dava assistenza alla disoccupazione.
Si cercava in pratica di creare un "Welfare State". Lo stato interveniva
garantendo ai cittadini condizioni di esistenza minime, con sussidi alla
disoccupazione, salari minimi, pensioni e servizi sociali gratuiti.
Con il "Wagner Act" si dava riconoscimento giuridico ai sindacati e si
obbligava le aziende a riconoscere come vincolanti i risultati della
contrattazione collettiva.
L'economia americana ricominciava ad andare forte e poté contare pure sulle
prospettive di un imminente riarmo che avrebbe fornito ulteriore linfa alle
industrie.
LA SECONDA GUERRA MONDIALE, LE RAGIONI E L'INGRESSO DELL'ITALIA
L'Italia, consapevole della sua impreparazione ad un conflitto decise di
dichiararsi potenza non belligerante. In modo simile si dichiararono pure
gli Stati Uniti e il Giappone.
La guerra, appena iniziata era diversa rispetto alla I guerra mondiale, le
truppe si muovevano in modo più rapido grazie all'utilizzo di mezzi di
trasporto e di combattimento veloci. Inoltre l'utilizzo di bombardamenti
aerei su vasta scala e il perfezionamento dei sommergibili rendevano la
guerra ancora più dura.
Dopo l'occupazione polacca, la Russia spostò il suo fronte in Finlandia per
conquistare l'istimo di Carelia al fine di proteggere meglio la città di
Leningrado. Dopo un breve combattimento, la Finlandia cedette l'istimo e
contemporaneamente Hitler conquistava la Norvegia e la Danimarca per potere
lottare con l'Inghilterra da posizioni più favorevoli.
Sul fronte ovest, si parlò di "Strana Guerra" infatti sia le truppe
anglofrancesi che quelle tedesche stavano ferme, senza combattere,
rispettivamente lungo la linea fortificata di Marginot e lungo la linea di
Siegfried.
Sottovalutando i progressi fatti dalla macchina bellica tedesca, i poveri
francesi, avevano concentrato tutte le loro forze solo sulla linea di
Marginot.
Il 10 maggio 1940 cominciò finalmente anche la guerra su questo fronte. L'
esercito tedesco invase il Belgio e l'Olanda sfondò la linea anglofrancesi.
Sotto i bombardamenti tedeschi, gli inglesi riuscirono a malapena a mettere
in salvo utilizzando qualunque imbarcazione il loro esercito e parte di
quello francese abbandonando però tutto il loro materiale bellico nelle
spiagge. Il 4 Giugno 1940 le preparatissime truppe tedesche erano già a
Parigi costringendo i francesi a chiedere un armistizio che firmeranno nello
stesso vagone dove qualche anno prima avevano fatto firmare la capitolazione
alla Germania Guglielmina.
L'armistizio firmato dal francese Petain divise la Francia in due: la parte
nord comprendente i 2/3 della popolazione andava alla Germania, la parte
meridionale, con capitale Vichy veniva affidata al nuovo capo di Stato
Petain il quale instaurava un governo autoritario incline a collaborare coi
nazisti.
Ad un trattato così umiliante si ribellava De Gaulle il quale dai microfoni
di Radio Londra il 18 giugno '40 esortava i francesi alla resistenza.
In pochi giorni era crollato l'esercito più solido del continente e lo stato
che fino a poco prima era considerato il punto di riferimento per la vita
culturale e politica europea.
Superando ogni perplessità grazie anche alle difficoltà Francesi, Benito
Mussolini in un celebre discorso annunciava, il 10 giugno '40 al popolo
italiano, l'entrata in guerra.
Contemporaneamente in Inghilterra al posto del remissivo Chamberlain, saliva
Churchill. L'Inghilterra dopo la caduta della Francia si era trovata da sola
contro le potenze dell'asse, i territori occupati (Belgio, Olanda, Francia,
Danimarca, Norvegia, Polonia) e i nuovi governi filofascisti (Spagna,
Ungheria, Romania, Portogallo, Bulgaria). Non vedendo nella Germania la
capacità di essere uno stato guida per l'Europa capace di garantire un
futuro di pace, Churchill rifiutò qualsiasi trattato e affermò di voler
combattere fino all'annientamento del nemico tedesco.
Hitler preparò il progetto di invasione dell'Inghilterra denominato
"Operazione Leone Marino". L'aviazione tedesca doveva distruggere le città e
i centri nevralgici inglesi demoralizzando la popolazione.
La popolazione inglese, rinvigorita dai discorsi di Churchill si riorganizzò
e in breve tempo riuscì ad apportare ai nemici, grazie all'invenzione del
radar, perdite tali da convincere Hitler a rimandare il progetto.
Falliva così ogni probabile speranza di guerra lampo e il conflitto
diventava sempre più grande e coinvolgeva sempre più potenze.
L'Italia intraprese una guerra autonoma parallela,In caso di vittoria,
avrebbe avuto il dominio sul Mediterraneo. Ciò voleva dire confrontarsi
subito con gli inglesi sia sul piano navale che su quello terrestre.
Inizialmente l'Italia ebbe delle vittorie navali, ma già nella seconda parte
del '40 gli inglesi mostrarono la loro superiorità attaccando la base di
Taranto e rendendo impossibili i rifornimenti per i militari in Africa.
Sul fronte africano, i primi scontri furono favorevoli per gli Italiani
guidati dal Duca Amedeo D'Aosta. Il nostro obiettivo era quello di
conquistare l'Egitto, colonia inglese importantissima, spostandoci dalla
Libia.
Le truppe stanziate in Libia e guidate da Graziani, inizialmente vinsero, ma
gli inglesi con la loro controffensiva fecero retrocedere gli italiani di
1000 km.
Il 28 ottobre 1940 si decise di invadere la Grecia, ma il progetto si rivelò
un fallimento a causa del territorio aspro e dell'accanita resistenza.
Contemporaneamente i Greci attaccavano il porto di Valona in Albania. Grazie
all'aiuto tedesco, gli italiani riuscirono a riprendere in mano la
situazione e Hitler conquisto la Jugoslavia, la Grecia e Creta.
I tedeschi si spostarono sul fronte africano, riconquistarono la Libia ma
ciò non servì a bilanciare la perdita dell'Africa Orientale subita dall'
Italia quando nel maggio '41 gli Inglesi occuparono l'Etiopia rimettendo sul
trono il Negus Haile Selassie.
Ogni illusione di guerra parallela andava scemando mostrando l'Italia in un
ruolo di subalternità.
Nel patto Tripartito firmato da Germania, Italia, Giappone a Berlino il 27
settembre '40 veniva descritto il modo con cui le potenze si dovevano
dividere il mondo: alla Germania, l'Europa settentrionale, all'Italia il
predominio sul Mediterraneo, al Giappone il controllo dell'Asia orientale.
L'OPERAZIONE BARBAROSSA
Con l'operazione Barbarossa, che per la necessità di concludere prima la
guerra nei Balcani iniziò in ritardo, Hitler decise di attaccare l'Urss
impiegando un'enorme schieramento di mezzi. Anche l'Italia partecipò a
questa spedizione con il suo esercito.
La natura del conflitto si evidenziava dalle brutalità delle devastazioni
nei territori occupati e dal trattamento riservato ai prigionieri. La II
guerra mondiale fu vissuta dai russi come una grande guerra patriottica
contro i tedeschi.
L'esercito tedesco conquistò in breve tempo città importanti giungendo a
pochi chilometri da Leningrado e da Mosca. Con l'arrivo dell'inverno, l'
offensiva tedesca però poteva dirsi esaurita senza che la Russia si fosse
arresa, infatti le truppe russe passarono al contrattacco riuscendo a far
arretrare io tedeschi di almeno 200 chilometri.
Nel 1941 anche gli Usa entrarono in guerra. Roosevelt, per aiutare
ulteriormente Francia ed Inghilterra nel conflitto, estese la normativa CASH
AND CARRY (paga e porta via) anche al materiale bellico e fece approvare dal
congresso le nuove leggi LEND AND LEASE (affitti e prestiti) che consentiva
di fornire aiuti militari senza un pagamento immediato.
Nella carta atlantica, firmata da Roosevelt e Churchill, si ha l'intesa tra
Usa e Gran Bretagna desiderosi di annientare la tirannia nazista.
Mentre vi era l'ipotesi di un ingresso ufficiale degli Usa in guerra contro
la Germania, il Giappone sorprese tutti e conquistò Cina ed Indocina.
Usa ed Inghilterra reagirono con il blocco delle forniture economiche
intimando al Giappone di fermare la propria avanzata in Cina e di
riconoscere il governo nazionalista cinese. Il 7 dicembre senza alcun
preavviso aerei siluranti giapponesi distrussero la flotta statunitense nel
porto di Pearl Harbour nelle Hawaii.
L'attacco agli Usa fu seguito dalla dichiarazione di guerra all'Inghilterra.
La guerra adesso poteva davvero dirsi mondiale!
LA SVOLTA DEL CONFLITTO NEL 1942 E 1943
Importante fu la confitta subita dai tedeschi a Stalingrado. Nella loro
avanzata in territorio Sovietico, la gran parte delle forze tedesche era
concentrata nel settore meridionale e aveva posto sotto assedio Stalingrado.
La città venne conquistata a poco a poco. I sovietici però passarono alla
controffensiva; con tre armate l'esercito tedesco venne accerchiato e
nonostante l'ordine contrario di Hitler il comandante tedesco Von Paulus
decise di arrendersi.
Con Stalingrado la seconda guerra mondiale registrava una svolta decisiva.
La Russia di Stalin, confortata dall'enorme prestigio acquisito, cominciava
a pensare ad iniziative offensive verso i Paesi dell'Europa orientale.
In Africa settentrionale l'esercito Inglese guidato da Mongomery, attaccò le
truppe italo-tedesche ad El Alamein. Da quella sconfitta iniziò la ritirata
delle truppe italo-tedesche che persero pure la Libia a favore di Mongomery.
Contemporaneamente forze americane guidate da Eisenhower sbarcavano in
Marocco appoggiati da contingenti francesi comandati da De Gaulle. In Europa
i tedeschi procedevano con l'occupazione militare della Francia di Vichy.
In Africa, nel maggio 1943, venivano conquistati dagli americani il Marocco
e l'Algeria; e grazie all'arresa degli italo-tedeschi anche la Tunisia.
Presero avvio con il 1943 le conferenze interalleate nella quali venivano
discusse le imminenti questioni del conflitto. La prima di queste si tenne a
Casablanca tra Churchill e Roosevelt che fece emergere "quella questione del
secondo fronte" che avrebbe dominato i rapporti tra gi alleati fino alla
conclusione del conflitto. Gli americani infatti erano favorevoli a
concentrare lo sforzo militare in uno Sbarco in Francia per aprire un nuovo
fronte contro la Germania; mentre Churchill credeva fosse meglio uno sbarco
nei Balcani così da impedire che le truppe sovietiche si impadronissero di
quell'area.
Lo sbarco in Italia, deciso nella conferenza TRIDENT nel maggio 1943, tra
Roosevelt e Churchill, si presentava come un fronte di secondaria importanza
rispetto a quello francese o dei Balcani. Era una soluzione di compromesso
imposta dalle circostanze ma che non corrispondeva alle visioni strategico -
politiche degli Usa, dell'Inghilterra e dell'URSS.
Le operazioni militari proseguirono con molta prudenza nel sacrificare
uomini e mezzi e ci vollero più di due anni per risalire l'intera penisola
imponendo enormi sofferenze al popolo italiano.
LA GUERRA IN ITALIA E LA RESISTENZA
Il deterioramento del rapporto tra fascismo e opinione pubblica fu causato
dal fallimento militare e dai sacrifici che dovette sostenere la povera
gente. Tutto ciò spinse gli italiani a credere che la guerra fosse inutile e
che responsabile di questo malessere fosse Mussolini ed il Fascismo.
L'opinione popolare finiva per coincidere con quella della monarchia e degli
alti gradi dell'esercito, convinti che il prolungarsi della guerra avrebbe
esposto le istituzioni a grave rischi. Riprese così l'opposizione
antifascista, da ricordare il Partito d'Azione il cui obiettivo era quello
di riunire la tradizione liberal-democratica ed esigenze del moderno
socialismo creando una nuova Repubblica fondata su una nuova Costituzione.
Da ricordare pure gli scioperi del marzo 1943 sollevati, contro il regime,
dal partito comunista, unico rimasto operante ma clandestino, a cui
aderirono gli operai della FIAT e di altre fabbriche.
Nel frattempo a Roma si cercava la soluzione più rapida per mettere fine al
Regime ed uscire dalla guerra. Le forze antifasciste si riorganizzarono e
tramite Bonomi fecero sentire la loro voce presso il Re. Caduta Pantelleria
il 10 luglio gli americani sbarcarono in Sicilia.
Mussolini nell'incontro con Hitler del 19 luglio, preferì non affrontare il
discorso di una pace separata dell'Italia e ciò indusse il Re ad accelerare
i tempi di una destituzione di Mussolini. Il 19 luglio veniva bombardata
Roma.
Con la riunione del Gran Consiglio del Fascismo, tenutasi nella notte tra il
24 e il 25 luglio, Ciano, Grandi e Bottai, preventivamente accordati,
rivedevano il ruolo di Mussolini (in pratica le dimissioni) e affidavano
tutti i poteri alla Corona. Nel pomeriggio del 25 luglio il Re incontrò
Mussolini e gli comunicò la sua volontà di sostituirlo con il maresciallo
Pietro Badoglio. Alla fine dell'incontro, ad aspettare il Duce, vi era un
drappello di carabinieri che lo arrestarono e lo portarono a Ponza.
Per una sorta di congiura era caduto il fascismo. Badoglio si rivelò subito
un fallimento e le sue decisioni disastrose. Nel messaggio radio del 25
luglio Badoglio dichiarava di proseguire la guerra con la Germania. I
tedeschi preoccupati della cattura di Mussolini, a scopo cautelativo, fecero
affluire in Italia notevoli contingenti militari che assunsero di fatto il
controllo militare dello Stato.
Finiti questi 45 giorni (periodo che va dalla caduta del fascismo, 25
luglio, all'armistizio), gli alleati passavano dalla Sicilia alla Calabria.
L'armistizio "senza condizioni" veniva firmato tra l'americano Eisenhower e
Castellano a Cassibile il 3 settembre 1943 ma annunciato solo l'8.
Senza lasciare alcun ordine, il Re e Badoglio cercarono di mettersi in salvo
lasciando Roma per raggiungere Pescara e successivamente Brindisi, protetti
dagli alleati. La Capitale rimase quindi nelle mani dei tedeschi , i quali
furono vanamente contrastati da deboli eserciti o da cittadini scesi
spontaneamente in strada.
Molti soldati furono catturati dai tedeschi, gli altri senza ordini, non
sapendo cosa fare cercarono in ogni modo di tornare vivi a casa.
Il 12 settembre 1943, Mussolini trasferito a Campo Imperatore, venne
liberato magistralmente dai tedeschi e nei giorni successivi, lui, annunciò
nel territorio occupato dai tedeschi, la nascita della Repubblica Sociale
Italiana (Salò). Questo però non era il Mussolini di una volta, anche nei
filmati luce a noi pervenuti, si nota che la sua forte personalità era
pesantemente oppressa dal controllo tedesco. L'unico gesto clamoroso che
fece, fu il processo intentato a Verona contro De Bono, il suo genero,
Galeazzo e Ciano, i quali furono fucilati con l'accusa di tradimento.
Gli alleati giunsero a Napoli il 1 ottobre 1943 dopo che la popolazione
aveva già cacciato da sola i tedeschi. Fino al giugno 1944 i combattimenti
tra alleati e tedeschi si svolsero lungo la linea GUSTAV che divideva i
territori liberati e restituiti all'amministrazione italiana con la nascita
del "Regno del Sud" da quelli ancora occupati dai tedeschi.
In ottobre il governo Badoglio dichiarò guerra alla Germania, così da
entrare nelle grazie americane e spianare la strada ad eventuali trattative
di pace.
Il congresso dei partiti comunisti che si tenne a Bari nel gennaio 1944,
ritenne essenziale, per ritornare alla democrazia, l'abdicazione del Re e la
costituzione di un governo espressione di tutte le forze democratiche.
Le opposizioni a questo tipo di soluzione erano appoggiate anche dagli
alleati che temevano un'incontrollabile crisi politica. Questa situazione di
forte tensione si sbloccò a marzo con la "Svolta di Salerno" con la quale l'
URSS riconobbe il governo Badoglio costringendo gli USA a fare lo stesso e
contemporaneamente il leader comunista Pietro Togliatti affermò di essere
pronto a collaborare senza pregiudizi con Badoglio ed il Re. In aprile fu
costituito il nuovo governo con a capo Badoglio, appoggiato dalle forze
antifasciste e dal Re il quale si impegnava a trasferire i propri poteri al
figlio Umberto, non appena Roma fosse stata liberata. Si stabilì inoltre
che, del mantenimento o meno della monarchia si sarebbe discusso solo alla
fine della guerra e con un referendum popolare.
Dopo lo sbarco di Anzio avvenuto nel gennaio del 1944 ci vollero più di sei
mesi per liberare Roma a causa dell'accanitissima resistenza tedesca. Ad
agosto si liberò pure Firenze; poi il fronte si stabilizzò lungo l'Appennino
tosco-emiliano (linea GOTICA) superato solo nell'aprile del 1945.
A Roma dopo che i poteri erano passati dal Re al figlio Emanuele, si ebbe la
formazione di un governo Bonomi appoggiato dai socialisti, dai comunisti,
dai democratici, dagli azionisti, dai liberali e dai democratici che avevano
dato vita al Comitato di Liberazione Nazionale.
Sull'evoluzione della situazione politica pesava adesso, anche l'andamento
della lotta partigiana sviluppatesi in tutta l'Europa e soprattutto nell'
Italia del centro-nord che ancora era in mano tedesca.
Per la loro guerriglia si distinsero le Brigate Garibaldi e le Brigate
Giustizia e Libertà legate agli ideali di Carlo Rosselli e del partito d'
Azione. La resistenza assunse un enorme significato morale e politico e
voleva l'affermazione di nuove istituzioni politiche e sociali. Ciò agitava
i comandi alleati preoccupati dell'avvento delle teorie socialiste e proprio
per questo motivo non aiutarono molto i partigiani anzi li invitarono ad
abbandonare la lotta.
IL CROLLO DELLA GERMANIA E DEL GIAPPONE
Nella conferenza di Teheran svoltasi alla fine del novembre 1943
parteciparono Roosevelt, Churchill e Stalin e si discusse riguardo all'
apertura di un nuovo fronte che fu deciso in Normandia nonostante Churchill
pensasse che fosse più opportuno aprirlo nei Balcani.
Il fronte italiano venne declassato, probabilmente dipese anche da questo
gli anni impiegati per la liberazione italiana.
Si discusse pure del futuro assetto dell'Europa: i Paesi vincitori avrebbero
diviso la Germania in Stati; la Russia teneva i territori occupati con il
patto Ribbentrop-Molotov e la Polonia avrebbe integrato parte del territorio
tedesco.
Con gli accordi monetari firmati a Bretton Woods nel luglio 1944 fu definito
un sistema di cambi fisso che aveva come suo punto di riferimento non più
solo l'oro ma anche il dollaro che diventava in questo modo il fondamentale
mezzo di scambio dell'economia capitalista occidentale.
Mentre i Russi nella prima metà del 1944 riconquistavano le città occupate
dai tedeschi, gli alleati comandati da Eisenhower, il 6 giugno sbarcavano in
Normandia. L'operazione vide impegnati più di mezzo milione di soldati
approdati utilizzando una poderosa flotta. Il 15 agosto si aprì un'ulteriore
fronte, questa volta nel sud della Francia "operazione Avil" al quale
aderirono pure le forze della "Francia liberata" comandate dal generale De
Gaulle. Il 24 agosto 1944 dopo più di due anni di occupazione tedesca,
Parigi veniva liberata.
Hitler decise di resistere ad oltranza sperando nelle armi di nuova
concezione (missili V1 e V2) capaci di colpire direttamente il suolo
Inglese. La guerra però era perduta. Si pensò di eliminare Hitler e il 20
luglio si ci era quasi riusciti. L'attentato però fallì e moltissime furono
le fucilazioni e gli arresti ordinati da Hitler sempre più desideroso di
continuare nel conflitto.
Adesso gli americani erano indecisi su da farsi: da una parte si voleva
liberare prima il Belgio e l'Olanda per poi passare all'occupazione della
Germania; l'altra parte preferiva occupare subito Berlino per poi eliminare
i rimasugli di resistenza nazista.
Non appariva chiaro il comportamento tenuto dai Russi davanti a Varsavia che
sapendo del loro arrivo era insorta sotto la guida della resistenza non
comunista rimasta in contatto con il governo in esilio a Londra. Le truppe
russe restarono ad attendere, nei sobborghi di Varsavia, consentendo ai
nazisti la repressione dell'insurrezione. Rimase così il dubbio se ciò fosse
accaduto per difficoltà militari o per annientare le forze del movimento
antinazista i ispirazione non comunista.
I governi filotedeschi di Romania, Bulgaria e Ungheria, conclusero armistizi
con gli alleati. Churchill e Stalin nell'incontro di Mosca dell'ottobre 1944
definirono le sfere di influenza: Romania e Bulgaria sotto influenza russa;
la Grecia sotto controllo Inglese; Ungheria e Jugoslavia divise in ugual
modo tra Inghilterra e Russia.
A Yalta nel febbraio 1945 si discusse della Polonia; l'accordo raggiunto fu
però assai vago e prevedeva la formazione di un governo costituito da
antinazisti e successivamente gli elettori polacchi avrebbero dovuto
decidere da soli il loro governo. In realtà accordi segreti lasciavano il
via libera all'avanzata russa.
Si parlò anche della Germania e della divisione in zone d'occupazione a cui
doveva seguire una completa smilitarizzazione. Si stabilì che a governarla
dovesse esserci un Consiglio di Sicurezza composta da 16 membri + 5
appartenenti a Usa, Urss, Cina, Francia ed Inghilterra e le decisioni
dovevano essere prese con il consenso unanime delle grandi potenze mondiali.
Mentre gli angloamericani fronteggiavano l'ultima disperata controffensiva
tedesca nelle Ardenne, l'esercito russo avanzava da est. Le città tedesche
furono bombardate per mesi e mentre gli angloamericani si erano stanziati
come d'accordo nella linea del fine d'Elba, i russi entravano nell'ormai
distrutta Berlino dove Hitler insieme ad altri gerarchi nazisti si era dato
la morte all'interno del bunker della cancelleria.
In Italia veniva varcata la linea Gotica e le varie città, sotto l'appello
del Comitato di Liberazione Nazionale dell'Alta Italia si liberarono; prima
Bologna, poi Milano, Genova e Torino. Il CLNAI assunse i poteri civili e
militari delle città liberate.
Mussolini in fuga verso la Svizzera venne arrestato dai partigiani e
fucilato.
L'8 maggio 1945 la Germania con Donitz firmava la resa incondizionata che
poneva fine alla guerra in Europa.
Sul fronte orientale, per evitare la lunga durata e le inevitabili perdite
umane, Henry Truman, successo a Roosevelt, si prese la responsabilità ed
utilizzò le terribili bombe atomiche facendole sganciare su Hiroshima e
Nagasaki intorno il 10 agosto 45. Il 2 settembre il Giappone firmava la resa
incondizionata mentre si dava inizio all'era atomica!.
IL DOPOGUERRA E LA RIPRESA POLITICA ED ECONOMICA
Importante fu la confitta subita dai tedeschi a Stalingrado. Nella loro
avanzata in territorio Sovietico, la gran parte delle forze tedesche era
concentrata nel settore meridionale e aveva posto sotto assedio Stalingrado.
La città venne conquistata a poco a poco. I sovietici però passarono alla
controffensiva; con tre armate l'esercito tedesco venne accerchiato e
nonostante l'ordine contrario di Hitler il comandante tedesco Von Paulus
decise di arrendersi.
Con Stalingrado la seconda guerra mondiale registrava una svolta decisiva.
La Russia di Stalin, confortata dall'enorme prestigio acquisito, cominciava
a pensare ad iniziative offensive verso i Paesi dell'Europa orientale.
In Africa settentrionale l'esercito Inglese guidato da Mongomery, attaccò le
truppe italo-tedesche ad El Alamein. Da quella sconfitta iniziò la ritirata
delle truppe italo-tedesche che persero pure la Libia a favore di Mongomery.
Contemporaneamente forze americane guidate da Eisenhower sbarcavano in
Marocco appoggiati da contingenti francesi comandati da De Gaulle. In Europa
i tedeschi procedevano con l'occupazione militare della Francia di Vichy.
In Africa, nel maggio 1943, venivano conquistati dagli americani il Marocco
e l'Algeria; e grazie all'arresa degli italo-tedeschi anche la Tunisia.
Presero avvio con il 1943 le conferenze interalleate nella quali venivano
discusse le imminenti questioni del conflitto. La prima di queste si tenne a
Casablanca tra Churchill e Roosevelt che fece emergere "quella questione del
secondo fronte" che avrebbe dominato i rapporti tra gi alleati fino alla
conclusione del conflitto. Gli americani infatti erano favorevoli a
concentrare lo sforzo militare in uno Sbarco in Francia per aprire un nuovo
fronte contro la Germania; mentre Churchill credeva fosse meglio uno sbarco
nei Balcani così da impedire che le truppe sovietiche si impadronissero di
quell'area.
Lo sbarco in Italia, deciso nella conferenza TRIDENT nel maggio 1943, tra
Roosevelt e Churchill, si presentava come un fronte di secondaria importanza
rispetto a quello francese o dei Balcani. Era una soluzione di compromesso
imposta dalle circostanze ma che non corrispondeva alle visioni strategico -
politiche degli Usa, dell'Inghilterra e dell'URSS.
Le operazioni militari proseguirono con molta prudenza nel sacrificare
uomini e mezzi e ci vollero più di due anni per risalire l'intera penisola
imponendo enormi sofferenze al popolo italiano.
La liberazione italiana avvenne il 25 aprile 1945 e ripristinò la normale e
piena vita democratica. Nell'immediato dopoguerra vennero rivissute le
diverse esperienze storiche: si diffuse allora il cosiddetto "Vento del
 Nord", espressione coniata da Pietro Nenni leader del partito socialista,
con la quale affermava il bisogno di trasformazioni economiche e sociali all
'interno dello Stato Italiano.
Durante questo periodo si ha l'affermazione e la scomparsa di alcuni
partiti.
Il partito comunista italiano (PCI) sostenuto da Togliatti puntava ad una
trasformazione in partito popolare di massa e ad un distacco dalla
tradizione bolscevica. Altro obiettivo era la creazione di una democrazia
progressiva tenendo però conto dell'esperienza italiana.
Il partito socialista, allora chiamato PSIUP era tra i principali partiti
dell'Italia liberale; aveva come esponenti principali Giuseppe Saragat,
Pertini, Nenni e Moranti. Puntava ad un socialismo democratico e umanista
distaccato dal leninismo, anche se una parte del partito pensava ad un
legame con il PCI.
Il capo della democrazia cristiana (DC), appoggiata dal mondo cattolico, era
De Gaspari. La Dc proponeva un programma al passo con le esigenze popolari.
Il partito costituiva un punto di equilibrio nel sistema politico, una
mediazione tra conservazione e progresso e un interlocutore per gli alleati
occidentali.
Il partito d'azione nato dall'organizzazione di "Giustizia e Libertà" era
legato alle teorie di Carlo Rosselli. Gli esponenti più importanti erano:
Ugo la Malfa, Ferruccio Parri e Leo Valini. Fu molto attivo nel corso della
guerra partigiana, mentre adesso cercava di trovare consensi tra il tra il
ceto medio e le classi popolari.
Il partito repubblicano (PRI) similmente al partito d'azione, voleva
proporre un rinnovamento morale politico e sociale. Essendo antimonarchico
non aveva preso parte al governo Bonomi, né al movimento di liberazione
nazionale, ma era stato presente nella lotta contro il fascismo. Adesso con
l'avvicinarsi della scelta tra Monarchia e Repubblica tornava ad essere un
partito di rilievo.
Il partito liberale (PLI) ebbe come presidente Benedetto Croce. La sua forza
stava nel legame con esponenti dell'imprenditoria italiana e nell'adesione
di autorevoli personalità politiche ed intellettuali.
Per un breve periodo importante fu pure l'UOMO QUALUNQUE fondato da
Giannini. Alla base del programma vi era un avversione verso l'invadenza
della burocrazia statale e l'esosità delle tasse ma anche verso la
corruzione degli uomini politici che aveva ormai stancato la piccola media
borghesia. Si sentiva il bisogno di stabilità; il motto di questo partito
era "Si stava meglio quando si stava peggio" facendo nostalgici riferimenti
al periodo fascista.
Ferruccio Parri fu designato dal CNL come successore del governo Bonomi. In
questo nuovo governo troviamo Nenni nella veste di vicepresidente, De
Gaspari come ministro degli esteri e Togliatti come ministro della
giustizia. I partiti della sinistra e la Dc si trovarono subito in
disaccordo e poco interessati a mantenere le alleanze fatte pretendevano la
propria autonomia di iniziativa politica.
Un ulteriore motivo di instabilità era dato dal movimento separatista
siciliano guidato da Andrea Finocchiaro Aprile e dal "braccio armato" Evis
(esercito volontario indipendenza siciliana). Questi cercarono di rendere la
Sicilia indipendente fino a quando nell'ottobre '45 Parri si decise ad
inviare l'esercito nazionale in Sicilia.
Dal punto di vista politico, Parri procedette ad un epurazione del personale
amministrativo compromesso con il fascismo puntando, con la nomina di
prefetti "politici" e non di carriera", alla formazione di una burocrazia
nuova espressione delle forze antifasciste.
Sul piano economico mise pesantissime tasse sul patrimonio e per far uscire
allo scoperto, capitali accantonati durante la guerra, propose la
sostituzione della moneta con una nuova valuta.
I suoi progetti economici e politici non piacquero ai liberali e alla Dc i
quali uscirono definitivamente dall'alleanza e costrinsero Parri alle
dimissioni il 24 novembre 1945.
La guida del nuovo governo fu assunta da De Gaspari; tutte le riforme fatte
da Parri furono abolite e ripristinata la normalità. All'Assemblea
costituente che si sarebbe dovuta eleggere poco dopo, non fu concesso il
potere legislativo così da lasciar maggiore margine di manovra al potere
esecutivo. Alle elezioni del 2 giugno '46 per la scelta dei rappresentanti
dell'Assemblea Costituente, la Dc con il 35% dei voti si affermò come prima
forza politica. Il partito d'azione ebbe appena 1.5% e si sciolse. Il
successo della Dc veniva bilanciato da una presenza assai consistente delle
forze della sinistra.
Il 2 giugno gli italiani e per la prima volta pure le italiane, furono
chiamate a decidere pure tra Repubblica o Monarchia. Con il 52% dei voti,
passo la Repubblica anche se il minimo margine della vittoria faceva capire
che nonostante gli errori gli italiani erano ancora legati alla monarchia.
La guerra aveva causato danni non indifferenti all'apparato produttivo del
Paese. Le varie circostanze avevano portato ad un abbassamento della
produzione industriale di quasi il 70% rispetto al 1939. La capacità
produttiva era di fatto diminuita e l'enorme aumento della circolazione di
moneta portò in Italia un'inflazione senza precedenti. Fortunatamente già
nel 1945 il governo aveva la situazione sotto controllo grazie anche agli
aiuti alleati (UNRRA).
Adesso restava l'incognita su come intraprendere la ricostruzione economica.
Da una parte si faceva affidamento all'imprenditorialità privata; altri
credevano fosse necessario l'aiuto dello Stato per recuperare il gap
economico.
Caduto insieme al governo Parri la possibilità di un cambio di valuta e di
eccessive tassazioni; apparve chiaro che la direzione pubblica dello
sviluppo economico doveva essere accantonata.
Un forte aiuto nella ricostruzione, venne dato dal PIANO MARSHALL (1470
milioni di dollari in 4 anni).
Nel 1947 con la nascita del IV governo De Gaspari, Luigi Einaudi venne
nominato ministro del bilancio. Egli attuò una politica deflazionista
attenta ala spesa pubblica e ai salari. L'inflazione diminuì velocemente e
nuovi investimenti diedero fiducia all'Italia.
Con la firma del PATTO ATLANTICO e con l'adesione alla CECA, l'Italia
entrava a far parte del circuito espansivo delle economie occidentali.
La liberalizzazione degli scambi unita ad una riduzione del 10% dei dazi
doganali, non determinò il tracollo del sistema industriale italiano che
invece rinvigorito dalla concorrenza, pose le basi per il boom economico
degli anni 50.
Se considerata agli altri Paesi occidentali, l'Italia risultava ancora
troppo povera e con enormi squilibri tra nord e sud. Il reddito dell'Italia
del nord infatti, era pari al 76% del reddito nazionale, ciò probabilmente
era dovuto alla mancanza di industrie nel sud e alla conseguente occupazione
nel settore agricolo.
Bisognava "Industrializzare" il mezzogiorno; nacque a tal fine la SVIMEZ
(Associazione per lo Sviluppo e il Progresso Industriale del Mezzogiorno).
Questa associazione proponeva delle condizioni atte a favorire lo sviluppo
delle attività esistenti e di nuove attività necessarie per lo sviluppo
industriale del mezzogiorno.
IL CENTRISMO
Dopo il fallimento dell'attentato a Togliatti, avvenne la rottura dell'unità
sindacale e dalla CGIL (di ispirazione comunista) si staccarono la CSIL e la
UIL che rappresentavano rispettivamente la componente cattolica e quella
socialdemocratica repubblicana.
A causa dell'influenza delle componenti di destra, De Gaspari volle formare
un alleanza quadripartita centrista.
In questo periodo si videro realizzate le riforme agrarie (legge Sila e
legge Stralcio) le quali prevedevano l'espropriazione delle grandi proprietà
latifondiste per la costituzione di unita poderali di 10 ettari ciascuno
sufficienti al mantenimento di una famiglia di agricoltori.
Si formò pure la Cassa del Mezzogiorno che, con opportuni finanziamenti
statali, assunse compiti di bonifica, costruzione di infrastrutture, strade,
ecc. e che successivamente si estese al settore industriale con il proposito
di portare sviluppo nel mezzogiorno. La riforma agraria portò l'uscita dei
liberali dal governo, che non erano d'accordo con la riforma.
Nelle successive elezioni si vide l'arretramento della Dc a favore dei
monarchici e dell'MSI. A questo punto con l'"Operazione Sturzo" si cercò,
con il consenso di una parte delle gerarchie vaticane, di presentare una
lista che, con l'appoggio prestigioso dell'anziano leader, raccogliesse
esponenti del clericalismo moderato e di una destra apertamente
conservatrice. Il tentativo andò a vuoto e venne proposta la "legge truffa".
Questa legge prevedeva l'assegnazione del 65% dei seggi parlamentare, al
partito che avesse preso il 50.1% dei voti.
Nonostante tutto, per 57000 voti, la Dc non arrivò al premio di maggioranza
offerto da questa legge, mentre sia il Pci che i monarchici ottennero
splendidi risultati confermando le preoccupazioni di De Gaspari sul futuro
dell'alleanza centrista.
CRISI DEL CENTRISMO E MIRACOLO ECONOMICO
Dopo il rifiuto al suo governo, De Gaspari si ritira a vita privata; quel
governo "monocolore" (composto cioè da soli democristiani) non soddisfava le
esigenze italiane della seconda legislatura repubblicana e segnò la fine
della sua carriera politica. De Gaspari morirà un anno dopo (agosto 1954).
Fu quindi un altro democristiano a succedergli, Giuseppe Pella, ma sempre
alla guida di un monocolore; questi si trovò ad affrontare la crisi sulla
questione di Trieste: la zona B apparteneva sempre alla Jugoslavia, mentre
la zona A, appartenente agli Anglo-Americani, doveva essere restituita all'
Italia nel 1948, ma così non era avvenuto. Tito minacciò subito ritorsioni
nel caso di un eventuale ingresso italiano nella zona A e Pella inviò alcune
truppe sulla frontiera di Gorizia.
Alla fine, si raggiunse un accordo, poi ratificato nell'ottobre del 1954: l'
Italia avrebbe avuto la restituzione della zona A, ma avrebbe
definitivamente rinunciato alla zona B.
Il governo Pella, però, finì con il cadere, in quanto la forze di centro e
quelle di sinistra, guidate rispettivamente da Mario Scelba e Amintore
Fanfani, vi si opposero con determinazione.
Dopo un vano tentativo di Fanfani di ottenere la fiducia, fu Scelba a
formare il nuovo governo, sulla base di un alleanza Tripartita DC, Psdi,
Pli, attribuendo la vicepresidenza a Saragat e cercando di riprendere il
disegno degasperiano.
Nel dicembre 1954 veniva presentato un piano decennale di sviluppo ed
incremento economico, detto "piano Vanoni", dal nome del ministro
democristiano Ezio Vanoni: lo Stato s'impegnava a creare 4 milioni di posti
di lavoro. Apparso troppo pretenzioso e vincolante agli occhi dei liberali,
il piano, benché approvato dal Parlamento, rimase privo di ogni concreta
efficacia.
Successivamente, venne eletto presidente della Repubblica Giovanni Gronchi,
grazie ai voti dei comunisti e dei socialisti.
Durante il nuovo governo guidato da Segni, si ebbe la firma dei trattati di
Roma istituiti dalla CEE e dall'EURATOM: era la fine dell'esperienza
centrista italiana.
Fu certamente Enrico Mattei la figura più importante del miracolo economico
italiano. Riuscì a trovare giacimenti di metano nella Pianura Padana dopo la
fine della guerra e decise che l'Italia doveva essere indipendente dai paesi
possessori di risorse del sottosuolo, superando così il cartello dei prezzi
imposti dalle "Sette sorelle", le grandi compagnie petrolifere
anglo-americane, con la formula del Fifty-Fifty, metà e metà.
Cercò risorse in tutta la penisola, riorganizzò l'Agip, comprò e vendette in
Russia, Iran e Algeria. Morì in circostanze misteriose, in un incidente
aereo nel 1962.
VERSO IL CENTRO SINISTRA
Con le elezioni politiche del maggio 1958 si ha un apertura a sinistra. Essa
fu favorita anche dalla morte di Pio VII e l'elezione di Giovanni XXIII,
uomo di aperte vedute e non anticomunista come il suo predecessore.
Ci furono forze contrarie a quest'avventura a sinistra sostenute
principalmente dai più importanti giornali d'opinione, grandi industriali,
la media e grande proprietà terriera allarmati dal fatto che con i
socialisti al governo si sarebbe attuata una politica riformatrice.
Fanfani, in questo periodo, venne eletto presidente del Consiglio,
accumulando due cariche contemporaneamente poiché egli era già segretario
della DC. Con lui i tempi di un'intesa con il PSI apparvero vicini. Gli
oppositori interni della Dc lo costrinsero a dimettersi da entrambe le
cariche, così il nuovo segretario della Dc venne eletto Aldo Moro, mentre
Antonio Segni tornava alla guida del governo.
Con grande capacità di mediazione, Moro, convinse le componenti moderate del
partito del mantenimento della Dc con un apertura al PSI per dare una
maggiore stabilità politica al governo.
Con il congresso di Firenze della Dc, seguito dalle dimissioni di Segni,
sembrò possibile varare un governo tripartito con l'appoggio dei socialisti.
Vinsero però ancora una volta i timori degli ambienti cattolici e delle
gerarchie vaticane contrarie ad un'apertura a sinistra favorendo la
formazione di un governo di transizione guidato da Tambroni. Egli si dimise
poco tempo dopo a causa dell'instabilità del governo, anche se però continuò
a governare sotto suggerimento di Gronchi.
Subito dopo si manifestò con violenza l'insoddisfazione della società
italiana, particolarmente negli episodi del luglio 1960. In questi giorni
infatti, si ebbe una vera e propria sommossa a Genova in cui Tambroni
acconsentì alla riunione del congresso dell'MSI. La sommossa si ampliò in
altre città del settentrione causando molti danni e provocando le dimissioni
di Tambroni.
Fanfani tornò nell'agosto dello stesso anno al governo sostenuto dalla Dc,
Pdsi, Pri, Pli ma senza l'appoggio dei socialisti.
Nel congresso di Napoli (1962) della Dc, si decise che il partito socialista
poteva partecipare al governo. Il primo governo formato con l'appoggio dei
socialisti, aveva come primo problema la programmazione economica e alla
nota aggiuntiva proposta da La Malfa. Nella nota aggiuntiva si affermava la
necessità di partecipazione all'economia da parte del governo tramite
"partecipazioni statali" che con la formazione di quel governo (Fanfani)
portarono alla nazionalizzazione dell'energia elettrica. Importantissima fu
anche l'estensione dell'obbligo scolastico fino all'età di 14 anni.
Dopo le elezioni politiche del 2 giugno 1963, che videro la perdita della Dc
a favore dei liberali passati all'opposizione, nel XXXV Congresso del
partito socialista, Pietro Nenni e Francesco De Martini, decisero la diretta
partecipazione ad un nuovo governo di centro sinistra guidato dal
democristiano Aldo Moro. Per la prima volta Dc e socialisti facevano parte
di un governo di coalizione.
LA GUERRA FREDDA
"La guerra fredda viene generalmente descritta come un gioco a vincita zero
nel quale il punteggio di un giocatore è pari alle perdite dell'
altro.Sarebbe però più realistico vedere il sistema della guerra fredda come
una macabra danza di morte nella quale i governanti delle superpotenze
mobilitano le proprie popolazioni per avere il consenso su misure dure e
brutali rivolte contro vittime all'interno di quelle che vengono considerati
i rispettivi domini, nei quali stanno progettando i loro progetti.
Appellarsi alla presunta minaccia di un potente nemico globale ha dimostrato
essere un utile strumento a questo scopo.Quando gli USA si muovono per
rovesciare il governo dell'Iran o del Guatemala o del Cile . lo fanno con il
nobile scopo di difendere i popoli liberi dall'imminente minaccia russa
.Nello stesso modo l'URSS  manda i suoi carri armati a Berlino est , in
Ungheria , a Praga .per il più puro dei motivi : difendere il socialismo e
la libertà dalle macchinazioni dell'imperialismo americano e delle sue
coorti " .
Il 1945 anno della fine della II guerra mondiale ha segnato l'inizio di un'
epoca definita l'età delle super potenze , dominata dalla presenza e dalla
concorrenza di due grandi blocchi politico-economico-militari entrambi in
grado di distruggere l'avversario e con esso la vita di tutto il pianeta.
Fortunatamente lo scontro politico ed ideologico non degenerò mai in un
conflitto militare aperto : per questo il dopo guerra viene generalmente
denominato come il periodo della guerra fredda .
Gli anni della G.F. sono stati segnati da una tensione continua ,da guerre
locali definite " guerre per delega ", in quanto combattute dagli alleati
degli USA e dell'URSS , e dalla corsa agli armamenti .
L' inizio della G.F. viene fatto risalire alla conferenza di Yalta , dove
" I tre grandi " Churchill , Roosevelt  e Stalin , decisero le sorti del
mondo che usciva dalla guerra . In termini brutali ,ci fu una vera e propria
spartizione del mondo tra USA e URSS.

I protagonisti della guerra fredda

URSS: L'URSS uscì dalla II guerra mondiale notevolmente provata : 18 milioni
di morti , molte città distrutte e tutte le sue regioni europee invase dalla
Germania . Riuscì comunque ad affermarsi a livello mondiale grazie alla
forza del suo grande esercito ( " l'armata rossa " ) , grazie alla ferrea
disciplina imposta da Stalin e grazie allo sfruttamento dei territori
occupati.
 Fin dal 1945 , infatti ,  l'URSS  avviò una politica di sfruttamento
sistematico dei paesi occupati , volta a  ricostruire e accelerare lo
sviluppo del sistema industriale sovietico. Vennero quindi imposte
pesantissime riparazioni agli ex alleati della Germania ( Ungheria , Romania
e Bulgaria ) costretti a cedere risorse finanziarie , derrate agricole ,
macchinari e mezzi di locomozione. Interi complessi industriali , un tempo
controllati dai tedeschi , vennero inoltre smantellati e ricostruiti su
territorio russo.
 Il suo potere derivò inoltre dal grande appoggio di tutti i partiti
comunisti del mondo e dalle speranze di indipendenza che essa alimentava in
tutti i paesi ancora soggetti al regime coloniale.
In Europa orientale , la massiccia presenza dell'armata rossa anche dopo la
fine del conflitto , determinò l'imposizione russa di governi comunisti
filo-sovietici ( e di conseguenza l'allontanamento forzato dei dirigenti non
comunisti ) e la conseguente collettivizzazione dell'economia.
Nel 1947 così si insediarono governi filo-sovietici in Polonia , Bulgaria ,
Ungheria e Romania , uniti tutti alla " madre Russia " mediante
organizzazioni politiche , COMINFORM  , economiche , COMECON e militari ,
Patto di Varsavia.
 Il Cominform era una sorta di riedizione della terza Internazionale ( che
si era sciolta nel '43   in omaggio all'alleanza antifascista ) , ed il suo
scopo era quello di coordinare l' azione di tutti i partiti comunisti
europei . Fondato nel 1947 dai rappresentanti dei partiti comunisti dei
paesi  dell'Europa orientale , di Francia ed Italia , Il Cominform divenne
lo strumento tipico della contrapposizione tra blocco comunista e blocco
occidentale .IL Cominform venne però sciolto nel 1956 con l'avvio della
politica di coesistenza pacifica avviata dal leader sovietico Chruscev .
 Grazie al COMECON invece, l'URSS si assicurò il controllo delle economie
dei paesi da lei occupati. Attraverso il " consiglio di mutua assistenza
economica " (COMECON) infatti, l'URSS poté scegliere i processi di
produzione dei paesi satelliti in modo tale che questi risultassero
complementari a quelli russi. I tassi di scambio all'interno dell'area del
rublo, nonché la quantità ed i prezzi dei beni scambiati furono quindi
rigidamente controllati dal potere sovietico.
La Russia così conobbe ben presto un rapido sviluppo: nei primi anni del
dopoguerra, la crescita produttiva sovietica fu notevole, con incrementi
medi del 10 % annuo.
 Il Patto di Varsavia fu invece la risposta sovietica all'ingresso nella
Nato della Germania Federale.
Esso si configurò come organizzazione militare dei paesi comunisti dell'
Europa orientale e conferì alla Russia il comando di tutte le forze militari
dei paesi contraenti il trattato.
Il patto di Varsavia si sciolse soltanto nel 1991 in seguito al crollo dei
regimi comunisti nell'Europa orientale.

USA: Gli USA uscirono dalla II guerra mondiale addirittura rafforzati; essi
non avevano, infatti, conosciuto né occupazione straniera né bombardamenti e
la loro capacità produttiva era notevolmente aumentata dato lo sforzo fatto
per rifornire di armi e di ogni altra merce i propri soldati in guerra.
Alla fine della guerra gli USA si ritrovarono con la più potente marina e
aviazione militare del mondo e la sua supremazia militare era garantita dal
possesso della bomba atomica.
Anche nel campo economico la supremazia degli USA era indiscutibile, con la
conferenza di Breton Woods del 1944 infatti , poiché gli USA possedevano i
due terzi delle riserve aurifere mondiali ed era necessaria la ricostruzione
di un sistema monetario internazionale efficiente e stabile per la ripresa
della crescita degli scambi internazionali , fu deciso che di tutte le
monete internazionali , solo il dollaro avrebbe mantenuto la convertibilità
in oro diventando così la moneta chiave del sistema. Gli scambi e i
pagamenti internazionali sarebbero stati effettuati unicamente in dollari e
la valuta americana sarebbe divenuta moneta di riserva in sostituzione dell'
oro.
Vennero inoltre create due nuove istituzioni economiche internazionali : la
Banca Mondiale ed il Fondo Monetario Internazionale con lo scopo di
agevolare con prestiti lo sviluppo dei paesi più arretrati . Queste
istituzioni , nate per essere " super partes " dipendono però principalmente
dai finanziamenti USA e sono quindi largamente influenzati dalla politica di
Washington .
Agli occhi degli americani il fallimento delle democrazie europee , la
nascita dei regimi fascisti , dei vari nazionalismi e della stessa
catastrofe bellica erano il frutto della mancata risoluzione dei problemi
finanziari creati dalla I guerra mondiale . Solo l' affermazione della
libertà di commercio su scala mondiale e lo sviluppo della cooperazione
internazionale avrebbero potuto assicurare la pace e la democrazia . Gli USA
si proclamarono allora promotori di quest'ideale e lo dimostrarono attuando
il cosiddetto " Piano Marshall " .
Il Piano Marshall consisteva nella concessione agli stati europei di
prestiti a basso interesse o a fondo perduto , nella fornitura di massicci
aiuti in beni alimentari e materie prime e soprattutto nel rinnovamento
tecnico delle imprese europee attraverso l'introduzione di macchinari ,
tecnologie e tecniche di produzione più moderne .
Il piano Marshall che all'inizio era piuttosto vago assunse ben presto
dimensioni considerevoli : dal 1948 ( anno del suo inizio ) al 1957 ( anno
della conclusione ) esso portò allo stanziamento di ben 13 miliardi di
dollari . Esso d'altra parte permise agli USA di influenzare la condotta
economico-finanziaria dei paesi assistiti e di favorire gli investimenti
esteri americani .
IL piano Marshall inoltre , creando un forte legame tra USA e Europa
occidentale , si poneva come forte baluardo contro le mire espansionistiche
sovietiche in Europa . Fu per questo dunque che quando gli americani
offrirono i loro aiuti anche a Cecoslovacchia e Polonia , fu lo stesso
Stalin ad intervenire e ad imporre ai governi di Varsavia e di Praga di
rifiutare l'offerta americana .
La solidarietà politica tra Usa ed Europa si riaffermò poi nel 1949 con l'
alleanza politico-militare del Patto Atlantico che ebbe il suo strumento
bellico nella NATO ( North Atlantic treaty Organization ) cui aderirono 12
paesi .
La Nato era una alleanza con dichiarato carattere difensivo , ma il suo
sorgere confermò comunque una netta divisione dell'Europa occidentale da
quella orientale. Questa divisione fu confermata nel 1955 quando i paesi del
blocco comunista opposero alla NATO una loro alleanza militare , IL Patto di
Varsavia , che istituiva a Mosca il comando supremo delle forze armate di
tutti i paesi a lei alleati. Era dunque calata quella " cortina di ferro "
di cui Churchill aveva parlato già nel 1946.

I "non allineati"

Non tutte le nazioni però avevano accettato di allinearsi con uno dei due
blocchi e avevano preferito restare neutrali e conservare i propri
orientamenti tradizionali nella politica estera e le proprie strutture e
istituzioni di governo.
Tra i " non allineati " europei il più importante fu la Yugoslavia di Tito
che nel 1948 , vista la scarsa presenza  dell'armata rossa sul suo
territorio , arrivò ad una rottura definitiva con l'URSS per quanto
riguardava le relazioni economiche e militari , aderendo invece al piano
Marshall e intensificando gli scambi con l ' occidente . Si proclamò quindi
repubblica federale e concesse ampie autonomie alle sue sei regioni . In
questo modo dunque , La Yugoslavia si pose come cuscinetto neutrale tra Est
ed Ovest .



Nel 1955 inoltre , a Bandung, ( India? ) ci fu una conferenza tra i vari
paesi afro-asiatici non allineati , i quali proclamarono la volontà di
essere ormai soggetti attivi e non più oggetti di azioni politiche e la
possibilità di una pacifica convivenza tra sistemi politici e sociali
diversi .

L'ONU

Di matrice soprattutto americana, fu anche l'ispirazione di base dell'
organizzazione delle nazioni unite -ONU-, creata nella conferenza di
S.Francisco in sostituzione della screditata Società delle Nazioni, con l'
obbiettivo di salvare le generazioni future dal "flagello della guerra" e di
impiegare "strumenti internazionali per promuovere il progresso economico e
sociale di tutti i popoli".
La struttura organizzativa venne articolata attorno a tre organismi
principali: il segretariato generale, con funzioni amministrative, l'
assemblea generale, col potere di adottare a maggioranza semplice
risoluzioni che però non sono vincolanti ma hanno solo valore di
raccomandazione ed il consiglio di sicurezza. Quest'ultimo si compone di
quindici membri ed ha il potere di produrre decisioni vincolanti per gli
stati ed ha il potere di adottare misure che possono arrivare anche all'
intervento armato.
Dei quindici membri del consiglio di sicurezza, le cinque massime potenze
vincitrici della seconda guerra mondiale sono membri permanenti con diritto
di veto, mentre gli altri dieci vengono eletti a turno tra gli altri stati.
Con l'evolversi del processo di contrapposizione dei due blocchi, l'ONU
restò schiacciata dallo scontro tra USA e URSS ed il suo potere venne
notevolmente ridimensionato. In molte delle più spinose questioni
internazionali, l'ONU venne sistematicamente scavalcata dalle decisioni
delle grandi potenze.

La politica del terrore e la corsa agli armamenti

Nel 1945 il primato atomico americano finì. Fu proprio questo infatti, l'
anno in cui l'URSS  riuscì a costruire la sua prima bomba atomica.
LA fine del monopolio atomico americano colse di sorpresa i governi
occidentali e mutò radicalmente le prospettive delle relazioni
internazionali.
Improvvisamente lo scontro ideologico e politico sembrò potersi trasformare
in un aperto conflitto nucleare.
Tutti gli uomini e le donne a Ovest come ad Est avevano la sensazione di una
imminente catastrofe e ciò rendeva ancora più difficile i rapporti tra i due
blocchi.
Le tecnologie cui si era arrivati da ambo le parti, infatti, erano tali da
potersi annientare istantaneamente a vicenda.
Paradossalmente però, la consapevolezza dell'enormità del potenziale
distruttivo delle armi accumulate da ambo le parti, impedì di fatto lo
scoppio di un conflitto nucleare aperto. Tale fenomeno prese il nome di
politica della " deterrenza ".
Nel 1952 intanto, gli USA riconquistarono la supremazia nucleare con la
costruzione della prima " bomba H ", la bomba all'idrogeno, che aveva una
potenza distruttiva mille volte superiore a quella della bomba di Hiroshima.
Pochi mesi dopo i sovietici ottennero gli stessi risultati.
Nessuno dei due paesi aveva però interesse a combattere una guerra nucleare
sul proprio territorio e perciò un eventuale scontro diretto si sarebbe
potuto svolgere soltanto in Europa, vista la sua posizione strategica e
viste le ancora insufficienti tecnologie per il trasporto delle bombe di cui
disponevano i due blocchi.
Conseguenza di questo fu il fatto che i paesi europei membri della NATO
affidarono a Washington ogni decisione sulla loro difesa.
La corsa agli armamenti era ormai cominciata.
Sia USA che URSS cominciarono a investire gran parte dei loro capitali nella
ricerca e nella costruzione di armi sempre più nuove e più potenti.
Gli USA ,comunque, mantennero sempre una certa superiorità tecnologica,
superiorità che venne seriamente minacciata nel 1957 con la messa in orbita
da parte dei sovietici dello " Sputnik " .
Lo Sputnik era il primo satellite artificiale in orbita attorno alla terra ,
ma la sua importanza, agli occhi degli occidentali, consisteva soprattutto
nel fatto che ora i sovietici avrebbero potuto disporre  di propulsori in
grado di lanciare missili dal suolo russo direttamente sul territorio
americano.
In risposta allo Sputnik gli USA lanciarono nel 1958 il loro primo satellite
orbitale : l' Explorer.
Nel 1961 seguirono all'Explorer i primi missili intercontinentali americani
: gli Atlas , cui si aggiunsero poi i primi sottomarini a propulsione
nucleare, non intercettabili ed in grado di restare in immersione per
parecchi mesi, percorrendo migliaia di chilometri.
Dal '45 agli anni '90, sono state costruite più di 130 mila testate nucleari
, 75 mila dagli americani, 55 mila dai russi.
Secondo una stima pubblicata nel 1995 nel " Bullettin of the atomic
scientists' ", gli USA da soli hanno speso dal 1940 ad oggi circa 3900
miliardi di dollari per i loro programmi nucleari. L'URSS probabilmente
spese una cifra confrontabile il che, insieme con le spese delle potenze
nucleari "minori" ( Francia, Gran Bretagna, Cina, Israele, India e
Pakistan ), porta la spesa complessiva a qualcosa nell'ordine dei 9000
miliardi di dollari ( equivalente a nove volte il PIL annuo attuale
italiano ).
Un esempio significativo della distorsione economica e sociale prodotta
dalla corsa agli armamenti è stata la creazione in Russia di intere città
chiuse al mondo esterno e dedicate alla produzione di materiale fissile e di
altri prodotti per le armi nucleari. La popolazione totale di queste città
chiuse ha superato le 700 mila unità.
" Le armi nucleari costituiscono dunque un fenomeno unico nella storia dell'
umanità : mai così tante energie sono state dedicate allo sviluppo, alla
produzione e all'installazione di sistemi d'arma che, per circa 50 anni sono
stati solo accumulati senza mai essere utilizzati." ( Paolo Cotta ).

Il Mondo tra spie e " caccia alle streghe "

A est come a ovest, la propaganda politica anticomunista da una parte, dall'
altra la condanna del capitalismo di cui si prevedeva il prossimo declino,
assunse una posizione di grande rilievo.
In entrambi i blocchi , paure irrazionali e cecità politica sfiorarono il
fanatismo.
Problemi interni al blocco occidentale :
Ad Ovest, e soprattutto negli USA , potenti interessi industriali premevano
affinché le spese militari fossero incrementate.
Al nome del senatore americano McCarthy, sono legate pesanti misure
repressive che portarono all'estromissione dal pubblico impiego tutti i
sospetti simpatizzanti comunisti ( una vera " caccia alle streghe ")e alla
repressione delle minoranze, a partire dai neri, potenzialmente sovversive.
Per alcuni anni fu addirittura vietata la proiezione dei film di Chaplin rei
di tendenze filo comuniste. Tale fenomeno prese appunto il nome di "
Maccartismo ". Quasi ad emblema di quegli anni, è rimasta la condanna a
morte e l'esecuzione  di due innocenti, i coniugi Rosenberg, accusati di
spionaggio a favore dei sovietici.
In Germania occidentale inoltre, gli alleati abbandonarono ben presto i loro
programmi di denazificazione e adottarono una silenziosa politica di
reintegrazione degli ex collaboratori del regime nazista in modo tale da
poterne sfruttare le conoscenze contro il nuovo pericolo comunista.
Un caso eclatante fu l'accoglienza che gli americani riservarono all'
ingegner Werner von Braun, l'inventore dei famigerati V2, i missili con i
quali Hitler aveva bombardato Londra durante la II guerra mondiale.
Nel caso in cui inoltre, partiti comunisti o comunque filo sovietici fossero
saliti al potere nei paesi del blocco occidentale, gli americani avrebbero
provveduto al sabotaggio di tale governo ( mediante organizzazioni di
spionaggio come la Cia ) avvalendosi anche, se necessario, dell'uso delle
armi ( come accadde ad esempio a Panama ). In Germania il partito comunista
venne posto fuorilegge, mentre in Gran Bretagna, Francia e Italia i partiti
comunisti presero il sopravvento.

Problemi interni al blocco comunista:

Nel blocco orientale, i partiti comunisti, persino laddove erano in
maggioranza, mortificarono la loro egemonia imprigionandola in forme di
governo autoritarie, povere di dialettica politica, criminalizzando le
manifestazioni di dissenso, dietro le quali si sospettava l'esistenza di
trame destabilizzatrici "capitaliste".
Per quasi un decennio, si sgranò un'interminabile serie di processi contro
oppositori interni veri o presunti tali, non di rado le confessioni estorte
a vittime innocenti furono funzionali alla lotta politica interna agli
apparati politi comunisti.
Ogni tentativo di riforma fu duramente represso .
Fulgido esempio ne furono gli scontri avvenuti a Budapest nel 1956.
Le frange comuniste più democratiche, attraverso l'insurrezione popolare,
riuscirono ad imporre un nuovo governo guidato da Imra Nagiy, il quale si
staccò dal patto di Varsavia proclamando la neutralità dell'Ungheria.
Le truppe sovietiche presenti sul territorio furono costrette ad uscire dai
confini ungheresi.
Cogliendo il pretesto dell'incapacità del Governo Nagiy di far fronte ai
tentativi di controrivoluzione in atto, Kadar, Segretario del Partito, egli
pure antistalinista ed inizialmente favorevole a Nagiy, costituì un uovo
governo; una delle prime misure fu la richiesta di intervento delle truppe
del Patto di Varsavia che soffocarono nella violenza il tentativo di
liberalizzazione del socialismo ungherese.
Nel 1968 inoltre ci fu la famosa "primavera di Praga"
"Non erano la Cina di Mao né la Cuba di Castro, i modelli e i simboli che
mobilitarono le masse cecoslovacche, ma il maturo convincimento che era
necessario andare avanti nell'umanizzazione della società: questo era l'
aneddoto bruscamente interrotto dopo il 1968; combattevano per mettere l'
uomo al centro della Società e non certo interessi del capitale o del
partito".
Tutto cominciò nel gennaio del '68 quando il nuovo segretario del Partito
Comunista Dubcek cercò di rinnovare il sistema economico e politico del suo
Paese. Egli si proponeva di affermare un socialismo più aperto rispetto agli
altri socialismi dell'epoca. C'era voglia di giustizia, libertà e democrazia
e per questo si accettò la presenza di nuovi partiti e si incentivò la
libertà di stampa e di opinione.
Grazie a questo nuovo socialismo dal volto più umano la Cecoslovacchia
conobbe un periodo di grande fermento intellettuale, anche se le proposte
governative non vollero mari mettere in discussione la posizione del Paese
all'interno del Sistema Sovietico.
L'URSS però preoccupata degli effetti contagiosi che questa nuova situazione
avrebbe potuto portare negli altri Paesi del blocco, decise di inviare in
Cecoslovacchia le proprie truppe.
Il 21 agosto del '68 truppe sovietiche entrarono a Praga, arrestarono prima
e isolarono politicamente poi  dirigenti del Governo e gran parte degli
intellettuali che lo avevano appoggiato. Reinstallarono poi un Governo
comunista di stampo tradizionale.
Questa azione contribuì ulteriormente all'appannamento dell'immagine dell'
URSS. Essa infatti venne duramente contestata da gran parte dei partiti
comunisti del mondo.

La politica estera dei due blocchi

Il fenomeno della "deterrenza" ebbe come conseguenza lo spostamento in zone
periferiche della conflittualità che esisteva tra i due blocchi.
Iniziò così, alla fine degli anni '40 una serie interminabile di conflitti
locali dietro i quali si collocavano più o meno visibilmente le due
superpotenze.

La guerra di Corea

Uno dei conflitti che più fece restare il mondo col fiato sospeso fu la
guerra in Corea.
La Corea era divisa, a livello del 38° parallelo, tra un nord legato
geograficamente, economicamente e politicamente a URSS e Cina e un sud
proiettato verso il non lontano Giappone e area fondamentale per la
strategia militare americana.
Nel giugno del 1950, le forze nord coreane armate dai sovietici invasero il
sud del paese.
Di fronte a quella che appariva una clamorosa conferma delle mire
espansionistiche sovietiche, gli USA reagirono inviando in Corea un forte
contingente militare mascherato sotto la bandiera dell'ONU.
Gli americani riuscirono a respingere i nord coreani e a oltrepassare
addirittura il 38° parallelo.
A questo punto però, sentendosi minacciata, intervenne nel conflitto anche
la Cina di Mao in difesa dei comunisti, inviando un massiccio corpo di
"volontari". Le forze comuniste riuscirono così a rientrare nuovamente nei
territori del sud.
Le forze americane, sotto il comando del generale Mc Arthur, furono tentate
di usare nuovamente la bomba atomica, ma per il timore di un conflitto
mondiale nucleare non se ne fece nulla.
Nell'aprile del '51 Truman accettò di aprire le trattative con la Corea del
Nord. I negoziati si trascinarono a lungo concludendosi solo nel '53 con il
ritorno alla situazione precedente alla guerra ( confine lungo il 38°
parallelo ).
Con la guerra di Corea, gli USA accrebbero la loro sensibilità verso le
minacce espansionistiche sovietiche nel Pacifico e rafforzarono quindi i
legami militari con i loro alleati asiatici ed europei.


La crisi di Cuba

All'inizio del 1959, un movimento rivoluzionario guidato da Fidel Castro ed
Ernesto "Che" Guevara, poneva fine alla dittatura di Fulgenico Batista,
sostenuta dagli americani.
Il progetto di Castro si proponeva una politica di riforme di stampo
popolare ma le ostilità dimostrate dagli USA nei confronti della
rivoluzione, spinsero Cuba a stringere rapporti sempre più stretti con la
lontana Russia.
Il I dicembre '61 Cuba si dichiarò repubblica democratica socialista.
La Russia diventò il principale partner economico di Cuba e tutte le imprese
dell'isola vennero nazionalizzate.
All'inizio del suo incarico, il presidente americano Kennedy tentò di
soffocare il regime socialista cubano sia boicottandolo economicamente ( l'
embargo contro Cuba è ancora in vigore )sia appoggiando i gruppi di esuli
anti-castristi che tentarono nel 1961 di sbarcare nella "baia dei porci" per
raggiungere l'Avana e rovesciare il regime castrista.
L'azione però fallì miseramente soprattutto grazie al mancato appoggio del
popolo agli anti-rivoluzionari.
Nella tensione così creatasi, si inserì l'Urss che non solo offrì ai cubani
assistenza economica e militare, ma iniziò l'installazione sull'isola di
basi per il lancio di missili nucleari. Gli USA scoprirono ciò solo nel '62
e Kennedy ordinò subito un blocco navale attorno a Cuba per impedire che
navi russe raggiungessero l'isola.
Per sei terribili giorni ( 16-21 ottobre )il mondo fu nuovamente vicino ad
un conflitto atomico ma alla fine il primo ministro russo Krusciov cedette e
si accordò con Kennedy per il ritiro dei missili in cambio dell'impegno
americano a non invadere l'isola.

Vietnam : "una sporca guerra"

Una delle conseguenze della II guerra mondiale fu l'emancipazione dei popoli
colonizzati. Gli anni fra il 1947 e il 1962, videro compiersi, spesso con
violenti contrasti, la dissoluzione degli imperi coloniali di Gran Bretagna,
Francia, Belgio e Olanda.
In particolare l'Indocina, dove movimento di liberazione guidato dal capo
comunista Ho-Chi-Minh si oppose al ritorno della Francia dopo la fine della
guerra, la lotta fu dura e sanguinosa.
Il conflitto che ne seguì si protrasse per otto anni ( '46-'54 ) e alla fine
la Francia dovette abbandonare le sue colonie in Asia.
L'Indocina venne smembrata tra gli stati di Laos, Cambogia e Vietnam.
Quest'ultimo venne ulteriormente diviso tra Vietnam del nord, retto da un
regime comunista, e Vietnam del sud, governato da un regime dittatoriale
sostenuto dagli USA.
Dopo il 1954 la situazione tra i due Vietnam si fece molto tesa.
Nel sud tra '57 e '59, si organizzò un movimento di guerriglia - i
 "Vietcong" - contro la dittatura, guerriglia che venne appoggiata dal
governo comunista del nord ( e quindi anche da URSS e Cina ).
Ne nacque una sanguinosa guerra civile in breve tempo complicata dall'
intervento militare degli USA nel sud del paese.
Nonostante l'impiego di ingenti forze terrestri e aeree ( specialmente
durante la presidenza Jhonson ), gli americani non riuscirono a risolvere il
conflitto con la forza e la lotta si trascinò per anni, fino al 1974 quando,
in seguito ad una grande offensiva lanciata dai nord vietnamiti, l'intero
paese cadde nelle mani dei comunisti.
Il conflitto, che alla fine si risolse dunque con la sconfitta degli
americani, aveva conosciuto, durante tutto il periodo del suo svolgimento,
una fortissima opposizione da parte dell'opinione pubblica sia di sinistra
che di destra.
I motivi della guerra, infatti, secondo l'opinione pubblica non erano
sufficienti a spiegare gli altissimi costi economici ma soprattutto umani
del conflitto. Senza contare poi che essa apparve a molti come una guerra
ingiusta ("una sporca guerra") perché contraria al diritto di auto
determinazione dei popoli.

Gli uomini della coesistenza pacifica

Tre uomini, soprattutto, diedero consistenza alle prospettive di coesistenza
pacifica tra i regimi di tipo borghese e di tipo comunista: il sovietico
Kruscev, il neo presidente americano Kennedy e Giovanni XXIII papa dal 1958.
Nel 1953 Stalin era morto e con la sua morte iniziarono a dissolversi, pur
tra numerose contraddizioni, quel clima cupo, quella rigidità burocratica,
quella pesantezza ideologica che avevano connotato la politica del
segretario generale del PCUS ( partito comunista russo ).
Nikita Kruscev impresse una vigorosa spinta alla politica di riapertura e
delle riforme.
In quegli anni il Cremlino avviò una certa decentralizzazione delle
decisioni economiche, privilegiò lo sviluppo dell'industria produttrice di
beni di consumo rispetto a quella pesante.
In sostanza, Kruscev  volle interpretare il confronto tra i due blocchi
soprattutto in chiave di competizione economica fra i due sistemi: la
vittoria sarebbe andata a quella capace di assicurare al popolo il più alto
grado di benessere e di giustizia sociale.
Kruscev ebbe anche il coraggio di denunciare al mondo intero, durante il XX
congresso del PCUS del '56 gli errori e i crimini commessi dal suo
predecessore Stalin:" Compagni! Il culto della personalità ha causato la
diffusione di principi errati nel lavoro del partito e nell'attività
economica, ha portato alla violazione delle regole della democrazia interna
al partito e dei soviet .,a deviazioni di ogni sorta che dissimulavano le
lacune e coprivano la verità".Grazie a Kruscev il clima culturale in URSS si
fece più vivace.
John Fitzgerald Kennedy, successore di Eisenhower, fu il più giovane
presidente degli USA e  fu anche il primo cattolico a entrare alla Casa
Bianca.
In politica interna, Kennedy avviò un forte incremento della spesa pubblica
destinata in parte a programmi sociali, in parte alle esplorazioni spaziali
e in parte alla reintegrazione raziale di quegli stati del sud che ancora
praticavano forme di discriminazione contro i neri.
La politica estera di Kennedy fu caratterizzata da una linea ambivalente, da
una parte vi fu un atteggiamento di apertura e disponibilità al confronto
dialettico con l'URSS, dall'altra però rimase una ferrea intransigenza per
quanto riguardava gli interessi americani nel mondo.
La questione di Cuba fu un chiaro esempio di questo nuovo clima che seppur
teso si risolse col ritorno al dialogo.
Giovanni XXIII, papa dal 1958, ebbe il merito rinnovare l'atteggiamento
sociale e la politica intrenazionale della chiesa e favorì, col Concilio
Vaticano II, il riavvicinamento delle varie religioni che si richiamavano
alla predicazione cristiana. Con l'enciclica "Pacem in terris" egli sostenne
nel 1963 "l'imprescindibile necessità della pace per il cammino illuminato e
costruttivo della civiltà umana".

Il problema della Germania

Quando la II guerra mondiale finì, la Germania era ridotta da un enorme
campo di macerie.
I tedeschi erano come paralizzati dall'incubo del passato e dalle
insicurezze del futuro, sarebbero stati i vincitori della guerra a decidere
il loro futuro.
La volontà delle potenze vincitrici era di impedire alla Germania, una volta
per sempre, di diventare nuovamente una forza politica ed economica che
potesse trascinare il mondo in un'altra guerra mondiale.
Il primo compromesso cui esse arrivarono perciò fu di dividere la Germania
in quattro zone occupate ed amministrate da americani, russi, inglesi e
francesi.
L'URSS cominciò immediatamente a ricostruire la Germania secondo i suoi
piani di "riparazione".
Gli americani invece, cominciarono ad organizzare aiuti per la Germania
secondo il piano Marshall, affinché questa potesse diventare l'avamposto USA
contro l'Unione Sovietica.
Anche la Germania diventò quindi oggetto della guerra fredda e non ebbe né
la forza né la possibilità di sottrarsi alla dominazione e alla concorrenza
delle due superpotenze.
La vita quotidiana dei tedeschi era dominata dalla fame e dalla miseria, i
soldi avevano perso qualsiasi valore ed i prezzi non si calcolavano più in
marchi ma in sigarette americane.
Per rafforzare economicamente i territori tedeschi da loro controllati,
americani, inglesi e francesi decisero di sorpresa di introdurvi una nuova
moneta: il nuovo Marco.
Le potenze occidentali però non si erano accordate con l'amministrazione
russa riguardo alla nuova valuta tedesca.
In risposta a ciò, i russi, nel luglio del '48(?), bloccarono ogni accesso
alla parte occidentale di Berlino controllata dagli ex alleati.
Per dieci mesi gli occidentali organizzarono allora un ponte aereo per
rifornire Berlino ovest di viveri e beni di prima necessità.
Alla fine i sovietici si arresero, ma avevano perso più di una battaglia:
gli USA ora erano diventati i garanti della sicurezza mondiale mentre i
sovietici cominciarono a perdere le simpatie internazionali nei loro
confronti.
Il blocco di Berlino fu il colpo di grazia per chi sperava ancora nell'unità
della Germania. Pochi mesi dopo la fine del blocco, furono creati due stati
tedeschi: la Repubblica Federale (RFT) ad ovest e la Repubblica Democratica
(DDR) ad est. La divisione era il prezzo che la Germania doveva pagare per
aver scatenato la più grande guerra che l'umanità avesse mai visto.
Nel corso degli anni '50 la Germania Ovest conobbe un fortissimo boom
economico, mentre la parte orientale faceva molta fatica a riprendersi.
Per tutti gli anni '50 quindi centinaia di migliaia di persone, specialmente
giovani tecnici e laureati fuggirono dall'Est all'Ovest aumentando così le
difficoltà economiche della DDR.
Nelle prime ore del 13 agosto del '61, le unità armate della DDR
interruppero tutti i collegamenti tra le due Berlino e costruirono un muro
insuperabile che attraversava tutta la città.
Non solo a Berlino, ma in tutta la Germania, il confine diventò una trappola
mortale. I soldati ricevettero l'ordine di sparare su tutti quelli che
cercavano di attraversare il confine. Negli anni a venire quest'ultimo venne
attrezzato con macchinari sempre più terrificanti: mine antiuomo, filo
spinato con corrente ad alta tensione ed addirittura impianti che sparavano
automaticamente su tutto ciò che si muoveva attorno a loro.
La costruzione del muro, che diventò ben presto il simbolo della guerra
fredda, destò grande scalpore ovunque ma le reazioni del mondo politico
tedesco ed internazionale furono molto strane.
La costruzione del muro dopotutto era vista come una soluzione brutta ma
tutto sommato accettabile, vista la situazione creatasi a Berlino, che negli
anni precedenti era diventata sempre più instabile e pericolosa.

Quell'anno 1989 fu un anno drammatico

I cambiamenti democratici, le piccole rivoluzioni nell' economia e nella
politica in Polonia, in Ungheria e nell'URSS riempivano ogni giorno i
giornali di tutta Europa, una notizia sensazionale dall'Europa dell' est
seguiva l' altra, solo nella DDR il tempo sembrava essersi fermato. Visto
che il tentativo di lasciare la DDR in direzione ovest equivaleva ancora ad
un suicidio, la gente si inventò un'altra strada.
All'improvviso Praga, Varsavia e Budapest diventarono le città più amate da
molta gente della DDR, ma non per la bellezza dei loro monumenti ma perchè
qualcuno aveva capito che le ambasciate della Germania Federale in queste
città, erano il territorio occidentale più facilmente accessibile.
Ma il colpo decisivo all'esistenza della DDR avveniva anche questa volta in
un modo del tutto insolito e inaspettato.
L' Ungheria, che era forse il paese più avanzato per quanto riguarda le
riforme democratiche fece un passo che doveva portare in soli due mesi alla
caduta del muro di Berlino.
Il 10 settembre aprì i suio confini con l'Austria.
Decine di migliaia di tedeschi dell'est erano già affluiti in Ungheria nei
giorni precedenti in attesa di questo evento, e le immagini della gente che,
ancora incredula e piangente, assisteva alla rimozione del filo spinato tra
Ungheria e Austria fecvero il giro del mondo.
Il governo della DDR aveva disperatamente cercato di impedire questa
dcisione, ma la prospettiva di una migliore collaborazione con l'ovest, era
per gli ungheresi era più importante dellla solidarietà ideologica con la
DDR.
Nell'ottobre del 1989 gli eventi nella DDR precipitarono. Sotto la pressione
delle manifestazioni di massa e del flusso sempre crescente di persone che
lasciavano il paese, molte amministrazioni comunali si sciolsero e furono
sostituite da organi ai quali partecipavano per la prima volta anche gruppi
di opposizione.
Quando la sera del 9 novembre un portavoce del governo della DDR annunciò
una riforma molto ampia della legge sui viaggi all'estero, la gente di
Berlino est la interpretò a modo suo: il muro doveva sparire. Migliaia di
persone stavano all'est davanti al muro, ancora sorvegliato dai soldati, ma
migliaia di persone stavano aspettando anche dall'altra parte del muro, all'
ovest, con ansia e preoccupazione. Nell'incredibile confusione di quella
notte, qualcuno ,e ancora oggi non si sa esattamente chi sia stato, aveva
dato l'ordine ai soldati di ritirarsi e, tra lacrime ed abbracci, migliaia
di persone dall'est e dall'ovest, scavalcando il muro, si inconravano per la
prima volta dopo quarant'anni. Il muro era caduto ma esistevano ancora due
stati tedeschi, due stati con sistemi economici e politici completamente
diversi. Tutta l'organizzazione della vita pubblica era diversa. Adesso la
libertà tanto a lungo desiderata c'era, mancava però il benessere e la gente
dell'est non voleva più aspettare: infatti, dopo la caduta del muro il
flusso dall'est all'ovest non diminuì, ma anzi aumentò. Dopo le prime
elezioni nel marzo 1990 la DDR aveva  finalmente un governo democraticamente
legittimato, ma la fiducia nel proprio stato stava scendendo a zero. Si
diffondeva uno stato di quasi anarchia e l'economia stava crollando
verticalmente. Nella DDR cominciò a regnare il caos. Dopo pochi mesi  la
riunificazione non era più una possibilità, ma una necessità, era diventata
l'unico  modo per fermare il degrado dell'est. Ma riunire due stati non è
così facile e nel caso della Germania si doveva considerare  anche il fatto
che la DDR faceva ancora parte di un sistema di sicurezza militare e  di un'
alleanza con l'Unione Sovietica e che anche la Germania Federale a questo
riguardo non poteva agire senza il consenso degli ex-alleati della Seconda
Guerra Mondiale. Questo rendeva la riunificazione un problema non solo
nazionale  ma internazionale e solo dopo trattative non facili tra USA,
URSS, Francia e Gran Bretagna e dopo il "sì" definitivo di Gorbaciov, la
strada per la  riunificazione era libera. Il 3 ottobre del 1990, i due stati
non furono riuniti, ma uno dei due stati, cioè la DDR, si auto scioglieva e
le regioni della DDR furono annesse  in blocco alla Repubblica Federale.
Nessun politico dell'ovest può reclamare alcun merito concreto per quanto
riguarda gli eventi che portarono alla riunificazione. Gli unici politici
che in un certo modo hanno contribuito a iniziare o ad accelerare il
processo della riunificazione della Germania erano Gorbaciov, che con la sua
politica ha reso possibile tutto quello che successe, e il governo dell'
Ungheria, che nell'agosto dell'89 prese la coraggiosa decisione di aprire i
confini con l'Austria e con ciò diede inizio a una valanga inarrestabile che
portò in pochissimo tempo alla caduta del muro di Berlino.
"Oggi, nel 1997, la Germania è ancora molto lontana dall'essere un paese
veramente unito. Era divisa per 40 anni, e non è del tutto escluso che
passeranno altri 40 anni prima che le ultime ferite del passato siano chiuse
e dimenticate."

"Vento di cambiamenti" in URSS

Il ventennio che va dal 1965 al 1985, in Unione Sovietica, fu un periodo di
conservatorismo politico di "stagnazione", come dirà poi Michail Gorbaciov,
vi era una situazione di totale immobilità. A partire da Breznev si erano
tenuti orientamenti rigidamente conservatori, perchè c'era la convinzione
che il sistema sovietico non fosse riformabile. La crisi dell'URSS  ed il
suo indebolimento sulla scena internazionale erano  così evidenti che, il 12
marzo 1985, M.Gorbaciov fu nominato Segretario Generale del PCUS con il
compito preciso di portare una ventata di rinnovamento al sistema. Pertanto,
una volta insediatosi, sulla base di una situazione che richiedeva soluzioni
immediate e radicali, decise che era necessario uno sforzo a livello
nazionale: bisognava cambiare il regime di accumulo ed il metodo di
controllo economico, si doveva raccogliere la sfida estera, liberare
l'economia e la società dagli strascichi dello stalinismo,e del peso del
sistema amministrativo istituito negli anni '30. La riforma doveva arrivare
dall'alto. Il gruppo dirigente lanciò quindi tre parole d'ordine: GLASNOST
(trasparenza); USKORENIE (accelerazione), appello ad un'accelerazione dello
sviluppo economico; infine PERESTROJKA (ristrutturazione), che avrebbe
portato alla destrutturazione ed alla trasformazione del sistema sovietico.
I concetti che si nascondevano dietro le tre parole non erano nuovi; "quello
che appare nuovissimo e inedito è però il tentativo di coniugare
simultaneamente, per la prima volta all'interno dell'universo comunista, la
perestrojka con la glasnost: ovvero il riformismo economico, che il primo
dei due termini auspica e promette, con la liberalizzazione politica e
civile alla quale il secondo più ambiguamente allude"(Bettiza). La
rivoluzione di Gorbaciov cominciò da quella che, ancora oggi, rappresenta la
maggiore acquisizione dall'epoca di Stalin, ovvero la libertà di
espressione. Diventava perciò possibile avere ragione sul Partito, la cui
parola cessava di essere verità assoluta. La censura centralizzata iniziò ad
indebolirsi nel 1986, per ridurre il suo ruolo al controllo delle
informazioni sui segreti di stato. A partire dal 1989 venne permessa anche
la critica su Lenin. Questa trasparenza non aveva però portato a
miglioramenti concreti delle condizioni di vita. Dal punto di vista
economico gli anni della gestione Gorbaciov sono stati disastrosi, infatti
il livello di vita dei sovietici è andato sempre peggiorando, togliendo
credibilità agli occhi della popolazione alle numerose riforme economiche ed
al nuovo dispositivo giuridico. La perestrojka sconvolse un'economia basata
su coercizione e corruzione, inoltre la mancata creazione di istituzioni
giuridiche affidabili che fossero in grado di garantire il diritto di
proprietà e la stipulazione di contratti regolari, che assicurassero la
soluzione di contenziosi e l'esecuzione delle decisioni, impedivano
l'instaurazione del libero mercato. Nonostante la rottura con i meccanismi
dell'economia pianificata degli anni '30, la "ristrutturazione" non seppe
fornire nuove regole del gioco, nè proporre ai lavoratori nuove motivazioni.
I cambiamenti in politica estera attuati da M.Gorbaciov sono particolarmente
interessanti. Nel suo "Perestrojka, il nuovo pensiero per il nostro paese e
per il mondo", il Segretario teorizzava un nuovo pensiero considerando i tre
mondi (capitalista, socialista e terzomondista) integrati ed interdipendenti
tra di loro, nessuno poteva prevalere sull'altro con mezzi militari: "Nel
mondo contemporaneo, interdipendente e sempre più omogeneo, è impossibile il
progresso di una società isolata dai processi mondiali per chiusura di
frontiere e per barriere ideologiche. Ciò riguarda tutte le società,
comprese quelle socialiste."(Gorbaciov). Lo scopo della nuova politica
estera era di ridurre la corsa agli armamenti, i cui costi erano diventati
insostenibili per l'URSS, oltre che ottenere crediti da parte dell'Occidente
finalizzati alla modernizzazione del paese. Furono quindi definite tre linee
d'azione fondamentali: l'attenuazione della tensione Est-Ovest attraverso un
disarmo negoziato con gli Stati Uniti e la risoluzione dei conflitti
regionali; l'intensificazione degli scambi commerciali con l'estero; il
riconoscimento dello status quo nel mondo intero senza più privilegiare gli
stati marxisti-leninisti. Gorbaciov riuscì ad imporre la propria personalità
sulla scena internazionale. La rinnovata politica estera dell'Unione
Sovietica, indirizzata verso la pacificazione, fu sottolineata dal consenso
accordato alla riunificazione della Germania ed alla posizione assunta
durante la Guerra del Golfo.

L'URSS dopo il crollo del muro di Berlino

I cambiamenti apportati dalla glasnost e dalla perestojka di M.Gorbaciov
ebbero una grande influenza sui rapporti tra l'URSS ed i suoi paesi
satelliti. La volontà di confinare la "ristrutturazione" del sistema
socialista esclusivamente all'interno delle Repubbliche Sovietiche si
scontrò con forti problemi economici e soprattutto politici, determinati
dall'incerto consenso popolare che reggeva i paesi comunisti dell'Europa
Orientale. L'URSS dovette rivedere in maniera radicale i propri rapporti con
i paesi dell'Est, che, a causa della crisi economica degli ultimi anni,
erano diventati un peso per la sua economia. Questi cambiamenti superavano
di gran lunga i piani della perestrojka. I sei paesi che componevano il
blocco socialista (Polonia,  RDT, Cecoslovacchia, Ungheria, Romania e
Bulgaria) assunsero posizioni differenti nei confronti delle riforme di
Gorbaciov. Da un lato Polonia ed Ungheria dove governo e società erano
determinati ad appoggiare il leader del Cremlino, sapendo che le riforme
sarebbero andate ben oltre quelle tentate in Unione Sovietica. Dal lato
opposto vi erano i governi di Cecoslovacchia, Romania, bulgaria e RDT, che
senza il consenso popolare, avevano deciso di contrastare la perestrojka e
tutte le eventuali riforme che potevano mettere in pericolo la stabilità del
loro sistema socialista. Conseguentemente alle elezioni sovietiche del 1989
esplosero rivolte in quasi tutti i paesi del blocco comunista, infatti ora
che la patria del socialismo si avviava a diventare un paese democratico, i
regimi dittatoriali non avevano più ragion d'essere all'interno del blocco.
A partire dal "crollo del muro di Berlino" le azioni di protesta nei paesi
dell'Europa Orientale si moltiplicarono, accelerando il moto riformatore. In
Cecoslovacchia un forte movimento di protesta guidato da Vàclav Havel, in
seguito alle numerose manifestazioni, presentò un piano riformatore che il
Partito  fu costretto a prendere in considerazione per cercare di salvare la
situazione. Alla fine del dicembre del 1989 V.Havel diventò il presidente
della Repubblica Cecoslovacca. A Bucarest la rivolta invece fu molto
violenta e portò
alla fucilazione del leader N.Ceausescu e di sua moglie, mentre a Sofia il
Presidente bulgaro T.Zikov era costretto a dare le dimissioni. La velocità
degli avvenimenti superò ogni previsione e M.Gorbaciov perse ogni controllo
delle riforme nell'Europa Orientale e perfino all'interno del "suo" paese.