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STORIA DELLA CHIESA - RIFORME

CONGRESSO DI LOSANNA DEL 1974

Congresso di Losanna (1974)
II Congresso internazionale sull'evangelizzazione mondiale, tenuto a Losanna nel luglio del 1974, è probabilmente il più significativo raduno di evangelici che si sia mai fatto. I circa 3.000 partecipanti provenivano da più di 150 nazioni, per discutere il tema: Che la terra oda la sua voce! La rivista Time Magazine lo definì "l'incontro di cristiani forse di più vasta portata che sia mai stato realizzato". Il congresso segna indubbiamente una svolta nello sviluppo dell'evangehcalismo di questo secolo. Il suo significato per gli evangelici può essere per molti versi paragonato a quello che il Concilio Vaticano II ha avuto per la Chiesa cattolica romana.
Lo spirito del congresso è espresso da un Patto, la cui bozza iniziale, elaborata diversi mesi prima del congresso, era basata sugli appunti scritti dei principali relatori. La bozza fu poi inviata a un gruppo di consulenti che ne elaborarono una seconda. Questa fu sottoposta, durante i lavori del congresso, a un comitato (guidato da John Stott) appositamente costituito per rivederne la stesura. La terza bozza fu quindi distribuita a tutti i partecipanti, che erano stati invitati a proporre eventuali emendamenti. Alla luce dei suggerimenti ricevuti, il comitato dei compilatori  prepararono la bozza finale, costituita da quindici clausole, un'introduzione e una conclusione. Il Patto è una confessione di fede d'ampio respiro, la più autorevole e rappresentativa dichiarazione di fede evangelica in epoca moderna. Ma non e soltanto una confessione di fede. È un patto, un solenne impegno personale a pregare e a darsi da fare per l'evangelizzazione.
. Il congresso è stato significativo per tre ragioni principali. Innanzi tutto, come era accaduto per le assemblee del Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC) dalla seconda metà degli anni '60 in poi, il Terzo Mondo arrivò ad avere i dovuti riconoscimenti a Losanna. La metà dei  artecipanti, dei relatori e del comitato organizzatore proveniva da Paesi del Terzo Mondo. Inoltre, alcune fra le relazioni più stimolanti e significative furono presentate al congresso da parte di due esponenti latino-americani, Samuel Escobar e Rene Padilla. In secondo luogo, come avvenne per il Cattolicesimo romano al Concilio Vaticano li, il precedente atteggiamento di "trionfalismo" da parte degli evangelici fu rimpiazzato da un atteggiamento di pentimento. Losanna rappresenta la crescente importanza e influenza dell'evangelicalismo su scala mondiale, non disgiunta però dall'ammissione che non tutto è stato sempre sano in passato e che si possa imparare dagli altri. Infine, questo pentimento si esterna in particolare nel campo della responsabilità sociale cristiana. Se nel secolo scorso gli evangelici erano in prima linea quanto a interessi sociali, in questo secolo si è assistito a un capovolgimento e. in taluni casi. a un ritiro totale dal campo di battaglia.
L'insoddisfazione generata da questo stato di cose giunse al suo culmino proprio a Losanna, e trovò espressione nella quinta clausola del Patto. Questa clausola non soddisfece tutti; vi fu infatti una dichiarazione da parte di una minoranza (composta non da "conservatori" ma da un "gruppo di discepolato radicale") che aveva deciso di voler andare oltre il Patto. Nello stesso tempo, pur essendo stata posta una certa enfasi sulla responsabilità sociale, tutti i partecipanti furono concordi sull'importanza e l'urgenza di predicare l'Evangelo al mondo intero. Il Patto serve in definitiva da eccellente sommario della fede e dell'impegno degli evangelici nel mondo moderno.
• Noi, mèmbri della Chiesa di Gesù Cristo, venuti da più di 150 nazioni... • siamo profondamente toccati da ciò che Dio compie oggi spingendoci al pentimento per le nostre mancanze e stimolandoci attraverso il compito che ci resta da compiere nel campo dell'evangelizzazione. Crediamo che l'Evangelo è la buona notizia di Dio per il mondo intero, siamo quindi decisi, per mezzo della sua grazia, a obbedire al comandamento di Cristo: proclamare questo Evangelo a tutta l'umanità e fare dei discepoli di tutte le nazioni. Patto di Losanna (1974), Introduzione
• Affermiamo la divina ispirazione, la verità e l'autorità della Scrittura, dell'Antico e del Nuovo Testamento nella loro totalità. Affermiamo anche che questa Parola è potente a compiere il piano di salvezza di Dio. Patto di Losanna (1974), 2
• Affermiamo che Dio è tanto il Creatore quanto il Giudice di tutti gli uomini. Dovremmo perciò condividere con lui la preoccupazione relativa alla giustizia e alla riconciliazione della società umana, e alla liberazione dell'uomo da qualsiasi forma di oppressione... Anche per questo esprimiamo il nostro pentimento sia per (a nostra negligenza sia per aver, talvolta, considerato l'evangelizzazione e i problemi sociali come entità reciprocamente esclusive. Benché riconciliazione con gli uomini non significhi riconciliazione con Dio, ne l'azione sociale sia da identificare con l'evangelizzazione, e neppure liberazione politica significhi salvezza, affermiamo ciononostante che l'evangelizzazione e l'attività sociopolitica fanno parte, ambedue, del nostro dovere cristiano. Per entrambe è necessario l'annuncio delle nostre dottrine di Dio e dell'uomo, il nostro amore per il prossimo e la nostra obbedienza a Gesù Cristo. Il messaggio della salvezza implica pure un messaggio di giudizio su ogni forma di alienazione, di oppressione o di discriminazione, e noi non dovremmo aver timore di denunciare il male e l'ingiustizia da qualsiasi parte si trovino. Patto di Losanna (1974), 5
• Più di 2700 milioni di persone, vale a dire più di due terzi dell'umanità, devono ancora essere evangelizzati. Ci vergogniamo per il fatto che si siano trascurate così tante persone; ciò costituisce per noi e per la chiesa un rimprovero costante... Tutti siamoscioccati dalla povertà di milioni di esseri e turbati dalle ingiustizie che ne sono la causa. Coloro tra di noi che vivono nell'abbondanza accettano come un dovere di vivere più semplicemente, per contribuire in maniera più generosa all'evangelizzazione e all'aiuto dei diseredati. Patto di Losanna (1974), 9
• [La cultura] deve essere costantemente verificata e giudicata dalla Scrittura. L'uomo è una creatura di Dio, per questa ragione alcuni aspetti della sua cultura sono ricchi di bellezza e di bontà. Ma l'uomo è anche  una creatura decaduta, per questo la sua cultura è anche macchiata dal peccato e qualche volta vi sono persino tracce di influenze demoniache. L'Evangelo non presuppone in nessun modo la superiorità di una cultura rispetto a un'altra, ma le valuta tutte a partire dai suoi propri criteri di verità e di giustizia, in ogni cultura insiste sugli imperativi assoluti della morale. Troppo spesso, invece, le missioni hanno esportato non solo l'Evangelo, ma anche un'altra cultura, ed è cosi che le chiese hanno finito per essere qualche volta schiave della cultura piuttosto che della Scrittura. Patto di Losanna (1974), 10
• Poiché questa costituisce la nostra ,fede e la nostra risoluzione, ci impegniamo in un patto solenne con Dio e gli uni con gli altri per pregare, per fare progetti e per lavorare insieme per l'evangelizzazione del mondo intero. Patto di Losanna (1974), Conclusione
II rapporto fra il Congresso di Losanna e il CEC è interessante. Uno dei motivi per la convocazione del congresso era la preoccupazione evangelica generata dalle assemblee del CEC del 1968 e del 1973. Esse  parevano dare così tanta rilevanza  alla dimensione sociale e politica  della vita che la necessità dell'uomo  di essere riconciliato con Dio era  stata in larga misura dimenticata. Tuttavia, pur rappresentando in parte  una reazione alle tendenze presenti all'interno del CEC, anche il Congresso di Losanna fu influenzato da alcune delle medesime tendenze — ad esempio, il ruolo di accresciuto rilievo giocato dal Terzo Mondo e una maggior prevalenza data al coinvolgimento sociale. L'impulso del congresso è stato mantenuto vivo da parte del Comitato di Losanna per l'evangelizzazione mondiale; a esso si deve l'organizzazione di numerose consultazioni nelle quali gruppi internazionali di esperti hanno potuto  trattare in maniera più esauriente  alcune questioni specifiche sorte durante il congresso. A Willowbank (Isole Bermude) nel 1978 fu esaminata la questione dell'Evangelo in relazione alla cultura. Nel 1980 un gruppo s'incontrò a Hoddesdon (Inghilterra) per discutere la questione di uno stile di vita semplice. Forse la consultazione più importante è stata quella di Grand Rapids (Michigan, USA) nel 1982, su Evangelizzazione e responsabilità sociale. A Losanna il congresso aveva affermato l'importanza di entrambe, ma non ne aveva discusso l'interrelazione, il che originò una notevole controversia negli anni  successivi. I partecipanti alla consultazione di Grand Rapids rappresentavano l'intera gamma dei  pareri evangelici sull'argomento, eppure fu raggiunto un reale e consistente grado di consenso che si rispecchia nel documento finale della consultazione, intitolato: Evangelizzazione e responsabilità sociale.
Nel 1980 vi fu anche una consultazione sull'evangelizzazione del mondo a Pattaya (Tailandia), ma si trattò di un incontro aperto a una partecipazione molto più ampia: 650 convenuti,    rovenienti da 87 nazioni. Il tema del convegno, Come udrannoessi?, mise in forte risalto gli aspetti dell'evangelizzazione e della crescita della chiesa. I partecipanti furono suddivisi in 17 "mini-consulte" allo scopo di preparare delle relazioni sulla testimonianza cristiana rivolta a vari gruppi di persone, tipo profughi, cinesi, musulmani, o abitanti di quartieri metropolitani. Tuttavia, più di 200 partecipanti, preoccupati che l'attenzione sociale e politica palesata   dal Congresso di Losanna andasse in qualche modo persa, indirizzarono quasi senza preavviso una petizione firmata al Comitato di Losanna chiedendo che si desse più considerazione alla questione della responsabilità sociale della chiesa. Questo senso di preoccupata attesa si riflette anche nel documento finale della consultazione, che si conclude con una dichiarazione di dodici solenni promesse d'impegno per Cristo, la terza delle quali parla di  "servire i bisognosi e gli oppressi, e  cercare di ottenere per loro, nel  nome di Cristo, assistenza e giustizia". Infine, nel 1989 vi fu un secondo Congresso internazionale sull'evangelizzazione mondiale, a Manila (Filippine), sul tema: Proclamare Cristo fino al suo ritomo.  Il Congresso produsse un Manifesto intitolato: "Chiamare tutta la Chiesa a portare tutto l'Evangelo a tutto il mondo”.
OLTRE LOSANNA 1974
(a cura del Prof. Pietro Bolognesi)
II Congresso di Losanna del 1974 rappresenta una tappa d'enorme importanza nella storia del movimento evangelico, al punto da essere ormai considerato, più che un luogo o un evento, il simbolo d'un movimento. Ciò è però dovuto non al Congresso in sé, ma al fatto che, con esso, si precisano e si collegano molti altri movimenti precedenti. Losanna 1974 è stato un po' come un fiume in cui è finalmente confluito un notevole numero d'affluenti. In esso, e con esso, si sono ritrovate insieme persone e idee che. pur appartenendo allo stesso movimento di pensiero, fino a quel momento non avevano avuto piena coscienza di ciò.
La crescita del mondo evangelico
Nella prima metà di questo secolo, gli evangelici avevano subito le conseguenze di divisioni dottrinali e dell'individualismo, e in taluni casi erano marcati da una certa pochezza teologica, che ne faceva un mondo un po' chiuso e preoccupato di autoproteggersi. Negli anni '60 il movimento fu però attraversato da un notevole fermento. Ne sono prova diversi incontri: Berlino (1966), Singapore (1968), Bogotà (1969), Francoforte (1970). Losanna costituisce però una nuova presa di coscienza della realtà e della vivacità del movimento evangelico.
Questa appendice cerca di ripercorrere, molto genericamente, i quindici anni che hanno fatto seguito al Congresso di Losanna. Il mondo evangelico ha infatti dovuto attendere questo tempo per registrare un evento simile a quello di Losanna 1974. Esso ha appunto ricevuto l'appellativo di Losanna n. anche se  si è svolto a Manila, nelle Filippine, nel 1989. Dopo Losanna, il movimento evangelico riprende il proprio cammino con una rinnovata consapevolezza. Le chiese e i vari responsabili sono incoraggiati nella visione e s'impegnano a prolungare lo spirito che si era manifestato al Congresso stesso. Forte della sua nuova consapevolezza, il movimento evangelico scandisce il proprio cammino con congressi e consultazioni che incidono sulle scelte che si vanno delineando. Si capisce così come possano germogliare con incredibile rapidità congressi sulle varie questioni connesse all'evangelizzazione del mondo. Alcuni di questi incontri cercano di precisare la specificità dell'identità evangelica (Hartford, 1975; Chicago, 1978 e 1982; Strasburgo, 1982; Danvers, 1987; Deerfield, 1989); altri affrontano i rapporti dell'Evangelo con la cultura (Willowbank, 1978; Hoddesdon, 1980: Grand Rapids, 1982). Altri ancora cercano di favorire la comprensione del Cattolicesimo, del marxismo e del popolo ebraico (Recife, 1980; Dort, 1981; Singapore, 1986; Willowbank, 1989); altri, infine, rievocano l'importanza della vocazione missionaria della Chiesa (Pattaya, 1980; Amsterdam, 1983; Wheaton, 1983).
Il movimento evangelico prolunga in questo modo la riflessione sulle esigenze poste dalle diverse culture. In questo periodo esso si fa particolarmente attento alle componenti sociali dell'evangelizzazione, che permettono una maggiore sensibilità al contesto in cui si vive: cerca di capire il fenomeno carismatico o neopentecostale, che provoca reazioni di segno diverso; partecipa alla "battaglia per la Bibbia", che registra un largo consenso su questioni quali l'inerranza e l'ermeneutica.
Tale riflessione è accompagnata da una crescita numerica notevolissima. Su scala mondiale, il mondo evangelico rappresenta una delle forze in maggior espansione. Il settimanale americano Newsweek proclamò il 1976 l'«Anno degli evangelici», e questo da un'idea dell'importanza crescente riconosciuta al mondo evangelico. Alla fine del 1992 le statistiche mostrano che esso ha un tasso di crescita tré volte superiore a quello della popolazione mondiale e si pone come una delle forze sociali più feconde. Da minoranza marginale e trascurabile, l'evangelicalismo diventa una realtà sociale e intellettuale che non può essere messa da parte. Le sue battaglie non sono quelle di una retroguardia preoccupata della propria sopravvivenza, ma sempre più le battaglie dell'attualità. Le case editrici, i periodici, i programmi radiotelevisivi, le agenzie missionarie e i centri di formazione e di ricerca, entrano sempre di più nell'agoni della modernità e  contribuiscono a far sì che il movimento evangelico conosca un nuovo grado di rispettabilità sociale. L'autenticità di una tale affermazione appare ancor più evidente quando si tiene presente il fatto che il tutto avviene a prescindere da un'azione organizzata e centralizzata. I vari sforzi, anche se non sempre collegati fra di loro in modo formale, presuppongono una medesima fisionomia. La comune eredità consente di mantenere le sottolineature della Riforma: 1) l'autorità assoluta della Scrittura, che, in contrasto con ogni espressione umanistica, è posta come la norma al di sopra di ogni tradizione umana; 2) l'annuncio della salvezza soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo, che esclude tutti i fasulli salvataggi proposti dalle varie ideologie.  I vari congressi contribuiscono a compattare le forze e fanno sì che al Congresso Losanna il, a Manila (1989), il mondo evangelico si ritrovi a distanza di quindici anni d'intensa attività. Il Congresso di Manila, con i suoi 4000 delegati provenienti da più di 190 paesi, rappresenta così un'altra tappa di notevole importanza nella storia del movimento evangelico. Il fatto stesso che il Congresso si svolga in un Paese del Terzo Mondo è significativo di uno spostamento del baricentro: dal vecchio mondo occidentale a quello dell'Estremo Oriente, in grande fermento. Esso coincide con la caduta di molte barriere politiche (è infatti presente una consistente delegazione proveniente dalle chiese non registrate di quella che era l'URSS), e permette di toccare con mano la realtà del mondo evangelico a livello mondiale. Il tema del congresso: «Proclamare Cristo fino al suo ritorno, chiamando tutta, la Chiesa a portare tutto l'Evangelo a tutto il mondo», evoca le intenzioni di tale raduno. Pur nelle sue diverse sfaccettature, il mondo evangelico può ritrovarsi nel Manifesto di Manila, che esterna le convinzioni, le intenzioni e i motivi che l'orientano. Il Manifesto è caratterizzato da ventuno affermazioni introduttive, e quindi da dodici sezioni, che elaborano e ampliano le affermazioni iniziali. Vi è l'impegno a precisare "tutto l'Evangelo" (la realtà del peccato, la buona notizia della salvezza, l'unicità di Gesù Cristo, l'incidenza sociale della salvezza), da parte di "tutta la chiesa" (Dio come Autore dell'annuncio cristiano, la responsabilità degli uomini e la necessità dell'integrità, l'importanza delle chiese locali e della loro collaborazione), per "tutto il mondo" (in un contesto reale, quali che siano le difficoltà da affrontare).
A Manila, il mondo evangelico si presenta come una realtà in grande fermento. Ciò che risalta è soprattutto la quantità delle iniziative, un po' meno la loro qualità. Il punto di forza di tale  movimento è senz'altro costituito dalla capacità di far convergere su un unico obiettivo, quello dell'evangelizzazione mondiale, le forze evangeliche. Ciò conferisce al movimento una notevole forza d'urto e può essere di stimolo a chiese che perdono talvolta di vista un tale obiettivo. Non si può però ignorare la necessità di continuare a fare i conti con i vari aspetti della rivelazione biblica. Il rischio è proprio quello di trovarsi sbilanciati in avanti, verso obiettivi necessari, senza avere però una piattaforma adeguata. La concentrazione sui fattori unificanti non deve scavalcare le basi proprie dell'unità evangelica.
In questo contesto, si capisce come a Manila sia stato molto accentuato, anche rispetto a Losanna, l'interesse per il sociale. Anche se è mancata una riflessione sulle strutture sociali in quanto tali, il Congresso ha mostrato particolare attenzione al problema della povertà. La spinta verso l'espansione ha fatto sì che non si andasse troppo per il sottile nelle definizioni dell'identità evangelica e che nel Congresso si manifestasse una certa emotività. Come ogni realtà  numericamente significativa, anche l'evangelicalismo conosce talvolta delle escrescenze e delle distorsioni, ma ciò non è d'impedimento nell'indicare in  Gesù Cristo l'unico Salvatore, anche in seno ai fermenti del mondo contemporaneo.
Che cosa avviene nel medesimo periodo in seno al mondo protestante liberale? Gli eredi del liberalismo e della neo-ortodossia, che si ritrovano in parte nel Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC), hanno avuto le proprie assemblee generali a Nairobi (1975), a Vancouver (1983) e a Camberra (1991). Le loro premesse epistemologiche hanno contribuito a mettere in evidenza diverse debolezze, e il tollerante messaggio che li contraddistingue continua ad avere evidenti effetti corrosivi. Emerge talvolta una fede spuria e traballante, che non permette un annuncio deciso del messaggio dell'Evangelo. Da un lato si deve poi registrare un sempre maggior interesse e rispetto per il mondo evangelico, dall'altro si deve prendere nota di un'apertura sempre più ampia nei confronti della modernità. L'identità del Protestantesimo si fa così più evanescente, rafforzando da parte del mondo evangelico giustificati interrogativi. Per quanto riguarda il Cattolicesimo di questi ultimi sedici anni, esso ha continuato a porsi, pur nella diversità dei modi, come forza egemonica della società. Il diminuire delle certezze secolari è stato accompagnato dall'importanza del Vaticano. Esso si configura sempre di più come un soggetto politico temporale. Dopo il pensoso pontificato montiniano (Paolo vi, 1963- 1978) e la breve parentesi di papa Luciani (Giovanni Paolo I), il Cattolicesimo ha ripreso, con Giovanni Paolo II (Wojtyla, 1978- ), un papa venuto dall'Est, il suo convinto cammino. Con opportuni dosaggi di aperture e chiusure, esso è riuscito a consolidare le sue mire universalistiche. Anche il nuovo Catechismo della Chiesa cattolica (1992) conserva residui del Concilio di Trento e certe aperture del '"Concilio Vaticano II. A ben guardare, un simile percorso prolunga in modo adeguato tutta la storia precedente e ne illustra, qualora ce ne fosse ancora bisogno, le risorse quasi  infinite del Cattolicesimo. L'ambizione più profonda o, se si vuole, il suo più innegabile genio consiste nella sua capacità assimilatrice. Esso può ricapitolare il passato e integrare il presente, mirando sempre alla totalità, perché ciò che soprattutto conta è la pienezza, non necessariamente la purezza. Agli occhi degli evangelici, nemmeno i fermenti ecumenici consentono di eliminare gli ostacoli a una comunione e collaborazione fra loro e i cattolici romani.
Gli evangelici davanti all'avvenire
II fatto che si registri una crescita assai consistente del movimento evangelico non esime da una riflessione sui possibili rischi a breve o a lunga scadenza. Un'analisi degli anni appena trascorsi e la riflessione sull'avvenire del mondo evangelico non sono in ogni caso cose da poco. Per molti aspetti, questi sedici anni non sono terminati. Vivono nel presente, e molte delle questioni evocate rimangono ancora aperte. Il primo elemento che bisognerà tener presente è quello della frammentazione. La società moderna, com'è noto, va sempre di più verso una cultura frammentaria; non è allora fuori luogo pensare al prevalere, anche in ambito evangelico, di forze centrifughe. L'indipendenza e la dinamicità del mondo evangelico hanno alle spalle una lunga storia. Esse hanno permesso la nascita di un'enormità di iniziative, che ne esprimono la vitalità. Tali caratteristiche non consentono però di coordinare i vari sforzi ne di effettuare controlli per via burocratica. Ciò non dovrebbe in ogni caso impedire la riflessione sui rischi reali connessi con tale fenomeno. L'indipendenza può essere accompagnata dall'interdipendenza, e una fisionomia meno denominazionale non dovrebbe comportare la perdita di contatto con le chiese.  Il mondo evangelico è sempre stato ecumenico nel miglior senso del termine, e sarebbe veramente tragico perdere il senso della solidarietà corporativa che deriva dalla Riforma.
Un secondo aspetto da considerare concerne il tema dell'evangelizzazione. In molti casi l'evangelizzazione si va diffondendo più attraverso lo stile di vita dei cristiani che attraverso l'annuncio vero e proprio. Molte volte ciò permette una resa di coscienza contestuale e globale, che evita certe schizofrenie e consente una risposta più integrale al messaggio dell'Evangelo. Bisogna tuttavia sottolineare il fatto che la comunicazione non prevalentemente verbale non avrebbe far evaporare l'identità dottrinale. Come mantenere la propria coerenza teologica, senza chiudersi in un mondo di parole? Che cosa distingue ; evangelici dalle varie religioni esistenti? Nel "villaggio globale" non si può pensare che le opere sostituiscano le parole. Davanti alle varie ipotesi di  salvezza offerte dalle religioni del mondo, è necessario che la fede evangelica preservi le sue caratteristiche distintive e, in una società sempre più relativistica, manifesti i risvolti concreti ed etici che la contraddistinguono.
Un altro elemento da tener presente è quello della formazione. Certi evangelici hanno avuto la tendenza a separare il pulpito dalla cattedra, o l'oratorio dal laboratorio. Una tale divisione non è ammissibile, anche se è chiaro che fra il pulpito e la cattedra vi deve essere una distinzione. Nemmeno la decentralizzazione dovrebbe smarrire il bagaglio accumulato in migliaia d'anni d'esperienza cristiana. Una fede incapace di riconoscere i collegamenti con il proprio passato rimane senza storia; ma una libertà che smarrisce la storicità si risolve facilmente in una pericolosa avventura. Ecco perché il mantenimento e il consolidamento dell'identità sono elementi da tenere molto presenti. Il carattere popolare, individualistico e decentrato si adatta a pennello all'espansione; ma, perché non vi sia degenerazione, è importante la formazione. Un'espansione, senza una costante qualificazione, rischia rovinosi slittamenti. Qualora ciò non avvenisse, al sussulto di questi anni potrà seguire un riassorbimento, o in ogni caso una neutralizzazione del movimento. Non si tratta solo di guadagnare delle anime, ma di salvare delle menti. Si deve poi pensare alla componente sociale dell'Evangelo. In questo contesto è necessario riflettere sulle grandi problematiche dell'attualità, con contributi di tipo strutturale e non solo assistenziali. Se non si vuole che il proprio aiuto si dissolva in qualcosa d'insignificante, bisogna pensare a non trascurare l'impegno per le strutture. Una crescita in questo campo potrebbe rappresentare una sfida per la mentalità pagana in cui si vive. In una società che adora il successo, il piacere, la salute, lo stato sociale o l'apparenza fisica, è importante offrire un contributo specificamente evangelico, in cui si esalti il servizio anziché l'autorealizzazione, la fedeltà anziché il successo, Dio anziché l'uomo. Se si osserva la storia del mondo evangelico, ci si rende facilmente conto che esso ha sempre cercato di tenere strettamente unite l'evangelizzazione e la responsabilità sociale, e che solo fra le due guerre si è diffusa una tendenza a separarle. I fattori che hanno contribuito a una tale riduzione della portata dell'Evangelo, e cioè un certo tipo di escatologia, l'individualismo e la reazione all'Evangelo sociale, sono comprensibili sul piano storico, ma non si legittimano sul piano teologico. Il Signore ha sconfitto Satana e regna: per questo è possibile annunciare integralmente la buona notizia del Regno! Le Sacre Scritture evocano la dimensione cosmica della salvezza, cioè quella che prende sul serio la signoria di Dio su tutta la creazione; quindi, il Signore non è solo capo della nuova umanità, la Chiesa, ma è anche Signore dell'intero universo.
A questa dimensione sociale del messaggio evangelico bisognerà associare una flessione teologica sull'autorità. Pur dicendosi laico e pluralista, lo Stato moderno invade sempre di più spazi che in passato sono stati occupati dalla chiesa. È allora opportuno sviluppare una teologia dello Stato che permetta di capire il processo attualmente in atto e consenta di offrire una valida alternativa. In una cultura sempre più pluralistica, con orientamenti di tipo pragmatico, bisogna sottolineare l'importanza dei valori. Non si tratta di essere conservatori o progressisti, ma bisogna indicare che Dio è, e che è lui che bisogna onorare.
Un'antica ed empia alleanza
Come un tesoro perduto, il genuino cristianesimo biblico è stato sommerso dalle sabbie del tempo. Per tutti questi secoli, gran parte del cristianesimo è diventato una sintesi fra umanesimo e semantica biblica - un'autentica empia alleanza. Quasi tutto il 20° secolo è stato caratterizzato dall'abbraccio del cristianesimo con l'illuminismo all'insegna della sovranità dell'uomo. Consideriamone le conseguenze.
Creati all'immagine di Dio
Contrariamente alla persuasione popolare, un Dio esiste, e noi non siamo Lui. Inoltre Dio non è una forza impersonale. Dio è un essere sprituale dotato di personalità con attributi di intelletto illimitato, emozioni, ed auto-determinazione assoluta ed immutabile, cioè di libero arbitrio. Egli è Amore, Luce, ed è il Creatore di ogni cosa.
Adamo ed Eva, il primo uomo e la prima donna, erano stati creati "all'immagine" di Dio. Dio era il loro Creatore. Adamo ed Eva le Sue creature. Non si trattava di una somiglianza fisica, ma di personalità. Adamo ed Eva assomigliavano a Dio nel fatto che possedessero intelletto, emozioni, e volontà. Dio creò la prima coppia affinché essi, e di conseguenza l'intera razza umana che sarebbe da loro scaturita, avesse potuto condividere la vita di Dio, il Suo amore, i Suoi propositi, un "rapporto nutrito" o comunione con Dio.
Poi Dio disse: «Facciamo l'uomo a nostra immagine, conforme alla nostra somiglianza, e abbia dominio sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutta la terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». Genesi 1:26
Dio creò l'uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina. Genesi 1:27.
Dio il SIGNORE formò l'uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito vitale e l'uomo divenne un essere vivente. Genesi 2:7
Se da una parte Dio è: infinito, increato, celeste e Fonte stessa della vita; Adamo ed Eva erano: limitati, creati, terreni, e dipendenti in tutto e per tutto dal Creatore della vita. Dio è Sovrano e Supremo (al di sopra di tutti), come pure onnipotente (che può ogni cosa). Sovrano significa sopra tutti, cosa che per sua stessa definizione non può essere condivisa con altri. Egli solo è autonomo, come pure la libertà, nella sua forma più pura, appartiene soltanto a Lui. Tutte le altre creature (uomini ed angeli) possiedono solo una forma secondaria di auto-determinazione, che si può definire come volontà o capacità di scelta. Solo Dio possiede il libero arbitrio!
La CADUTA -- "...e voi potrete essere come Dio persino di più !"
Adamo ed Eva erano stati creati in comunione con Dio e la loro volontà era incline a Dio. Questa inclinazione o propensità di comportamento era prodotto del Creatore e attività della creatura, cioè ubbidienza. Dio li aveva ammoniti che la loro eventuale disubbidienza sarebbe risultata in gravi conseguenze: "voi morirete". Né Adamo né Eva compresero chiaramente che "morire" avrebbe significato non solo decadenza fisica, ma pure separazione spirituale da Dio. Di conseguenza, attraverso la tentazione e la disubbidienza (leggi Genesi 2:16,17 e tutto il capitolo 3), Adamo ed Eva morirono rispetto al loro rapporto con Dio. Istantaneamente soffrirono la separazione spirituale da Dio e la loro volontà fu cambiata e divenne incline a disubbidire ("schiavi" della disubbidienza). Essi conservarono la loro capacità di auto-determinazione (cioè volizione o capacità di scelta), ma la loro propensione di comportamento fu mutata!! Adamo ed Eva passarono da un naturale desiderio di conformarsi alla volontà di Dio ad un innato desiderio di agire indipendentemente ed in modo contrario alla volontà di Dio. La Bibbia definisce questo stato di ribellione come peccato e gli atti individuali di indipendenza come peccati.
Perciò, come per mezzo di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, e per mezzo del peccato la morte, e così la morte è passata su tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato... (Romani 5:12)
La morte fisica generalizzata è pure prova che l'umanità è peccatrice. L'evento storico della disubbidienza di Adamo ed Eva viene comunemente denominato fra i cristiani come "la Caduta". Il primo uomo "cadde" dalla sua posizione originaria, fu sottoposyo a corruzione e divenne alienato dal Creatore.
La nostra eredità
Adamo visse centotrent'anni, generò un figlio a sua somiglianza, a sua immagine, e lo chiamò Set (Genesi 5:3).
Adamo ed Eva non ebbero dei figli prima della Caduta. Dopo la Caduta tutti i loro figli (che includono voi e me) condividono in modo inerente la corruzione dovuta al peccato. Noi nasciamo in questo mondo all'immagine di Adamo - una corruzione dell'originale "immagine di Dio". Noi tutti portiamo l'immagine di Adamo, siamo tutti scheggie di quell'unico blocco di pietra (eccetto Uno), nasciamo tutti in stato di indipendenza ed alienazione da Dio. Nasciamo "morti nelle trasgressioni e nei peccati", siamo "in viaggio" verso la morte fisica.
P.S. Tenete pure conto del fatto che alcune forme di peccato non sembrano generalmente offensive a noi o alla società. Però l'essenza di base soggiacente al peccato è sempre la volontà di indipendenza o la ribellione contro Dio, per quanto l'essere umano possa apparire a volte retto, buono e nobile.
La nuova nascita e la nuova natura
L'umanità permane in uno stato di morte spirituale, con un unica propensione o "natura" ed incline verso il peccato, a meno che lo Spirito Santo non dia inizio in un individuo una "nuova nascita", non lo ricrei "in Cristo". La nuova nascita ci unisce alla vita di Cristo, una Vita immutabilmente incline verso la giustizia e la santità. Contrariamente a quanto afferma una fallace teoria consolidata nel mondo cristiano, il cristiano non riceve né riconquista al momento della nuova nascita il libero arbitrio. Il credente nato di nuovo, però, possiede due nature.
L'accecamento delle menti
C'è oggi un sistema erroneo di credenze che devasta la Chiesa e paralizza i cristiani. Come citato più sopra, si tratta dell'umanesimo cristiano.



L'UMANESIMO CRISTIANO
L'umanesimo cristiano è una filosofia religiosa che utilizza un vocabolario biblico, ma è fondata sul mito sociologico che l'uomo sia autonomo e che possieda il libero arbitrio. E' un errore dalle conseguenze devastanti che ingannevolmente spinge i peccatori a credere falsamente di essere salvati, (cioè di essere cristiani), mentre di fatto sono si religiosi, ma fondamentalmente perduti. E' un mezzo molòto diffuso mediante il quale la mente incredula viene resa cieca all'Evangelo - il vero messaggio della redenzione cristiana.
"Se il nostro vangelo è ancora velato, è velato per quelli che sono sulla via della perdizione, per gli increduli, ai quali il dio di questo mondo ha accecato le menti, affinché non risplenda loro la luce del vangelo della gloria di Cristo, che è l'immagine di Dio" (2 Co. 4:3,4).
L'umanesimo religioso è vecchio di secoli. Il problema stava al cuore stesso dell'odio e dell'opposizione incontrata dal Signore Gesù quando era in questo mondo 2000 anni fa. I leader religiosi giudei di allora (come pure di oggi) negavano quanto abbiamo ereditato dal primo Adamo, respingevano l'idea di essere schiavi del peccato, ed erroneamente credevano di possedere libero arbitrio. Possiamo vedere i termini di questo conflitto in Giovanni 8:31-47. Continuando a diffondersi questo errore, così scriveva l'apostolo Paolo ai cristiani di Roma:
"Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disubbidienza per far misericordia a tutti (...) Ma sia ringraziato Dio perché eravate schiavi del peccato ma avete ubbidito di cuore a quella forma d'insegnamento che vi è stata trasmessa; e, liberati dal peccato, siete diventati servi della giustizia" (Romani 11:32; 6:17,18).
Nel procedere attraverso i secoli, però, il Cristianesimo ebbe sempre da combattere per rimanere libero dalla influenza corruttrice e dagli effetti devastanti dell'umanesimo religioso.
Pelagianesimo
Nella prima metà del quinto secolo, un avvocato e moralista inglese, Pelagio, cercò di riformare la Chiesa cattolica-romana. I suoi interessi si concentravano in modo giustificato nel comportamento moralmente lassista del clero e dei membri di chiesa, i quali usavano il fatto della fragilità umana come licenza per l'immoralità.
Pelagio insegnava che l'uomo non eredita da Adamo una propensione per il peccato, possiede libero arbitrio e di conseguenza costruì un sistema di moralismo razionalista. Sebbene accettasse quanto la Bibbia afferma su Adamo ed Eva, ma confidando nella ragione e nell'esperienza, insisteva che un Dio santo e buono non avrebbe comandato all'uomo decaduto quello che gli era impossibile e che chiunque volesse avrebbe potuto vivere libero dal peccato, se solo così avesse scelto. Secondo Pelagio, l'uomo sarebbe autonomo, disinibito, libero di scegliere o per Dio o contro di Lui. Inoltre, egli pure credeva erroneamente che le capacità mentali dell'uomo non erano state influenzate dalla Caduta. Pelagio e i suoi seguaci divennero gli eterni antagonisti teologici di Agostino, vescovo di Ippona (354-430), il quale cercò di difendere la verità della rovina dell'uomo alla Caduta, come registrata da Dio nella Bibbia.
Semi-Pelagianesimo
Per la fine del quinto secolo, attraverso un processo di compromesso e di conciliazione con gli insegnamenti della Bibbia, il Pelagianesimo produsse il Semi-pelagianesimo. E' stato descritto dal dott. Kenneth Good con queste parole:
Sebbene ritenesse molte delle basi filosofiche del suo genitore (il Pelagianesimo) in contrapposizione con la divina rivelazione (cioè la Bibbia), il Semi-pelagianesimo compromise la verità in modo sufficiente da guadagnarsi un uditorio favorevole fra molti cristiani. Divenne, così, una forma molto più pericolosa di infedeltà che il suo genitore. Come tale, a suo tempo, conquistò la Chiesa cattolica-romana tanto da farla ritornare allo stesso Pelagianesimo condannato da Sant'Agostino. Il Semi-pelagianesimo cambiò la sua veste e più tardi tanto alterò la sua voce da essere conosciuto come Arminianesimo, seguendo alcune raffinatezze e riaggiustamenti scolastici. 1
Notate come sebbene il semi-pelagianesimo fosse stato inizialmente condannato dai leader di Roma, più tardi riacquistò sufficiente popolarità da essere adottato come dottrina religiosa ufficiale della Chiesa cattolica-romana. Da allora è stato difeso e conservato da Roma attraverso i secoli fino a tutt'oggi. Libri recenti di Giovanni Paolo II riaffermano la posizione semipelagiana del Cattolicesimo moderno.
Approssimativamente dal quinto al 14° secolo, la maggior parte dell'Europa giaceva sotto il feudalesimo e l'influenza pervasiva del controllo civile de ecclesiastico della Chiesa cattolica-romana. Questo periodo è chiamato Medioevo e fu generalmente caratterizzato da ignoranza, immoralità e barbarie. La Bibbia era tenacemente sotto il controllo di monaci, preti e vescovi cattolici, i quali così conservavano nell'ignoranza la popolazione in generale al riguardo del contenuto della Bibbia. Però, al seguito delle traduzioni bibliche prodotte ad esempio da William Tyndale (1494-1536), e gli sforzi nel mercato nero per mettere a disposizione la Bibbia alla gente comune nella loro lingua, le tenebre spirituali cominciarono a sollevarsi. La gente era assetata di esplorare il contenuto della Bibbia e trovò come essa potesse essere interprete di sé stessa, contrariamente a quanto affermava Roma. Riflettendo pure la tendenza sempre più diffusa a mettere in questione le autorità stabilite della Chiesa cattolica-romana, in Inghilterra il re Enrico VIII (1491-1547) sfidò la presunta infallibiltà del papa Clemente VII. Re Enrico fece così i passi necessari per separare la Chiesa di Inghilterra dal sistema romano, e nel 1534 aveva pienamente stabilito una Chiesa nazionale ed indipendente, chiamata Chiesa di Inghilterra, chiamata anche Chiesa anglicana, o Chiesa episcopale (in altre parti del mondo). Però, nonostante la separazione istituzionale, l'Anglicanesimo conservò una posizione semi-pelagiana.
Contemporanei a quest'era Martin Lutero (1483-1546) and Giovanni Calvino (1509-1564) pure protestarono contro l'eresia semi-pelagiana di Roma e la sua pretesa di essere autorità ultima. Per questi riformatori, o protestanti, come vennero chiamati, la Bibbia era la sola autorità ultima, non la tradizione o la gerarchia ecclesiastica. Questi personaggi ed i loro seguaci lasciarono una profonda traccia, molte volte con il loro stesso sangue, nella storia medioevale, liberando progressivamente grandi parti dell'Europa dalla tirannia, ma non tanto dalla presenza della gerarchia cattolica-romana e del semi-pelagianesimo.
Contrariamente a quanto di solito si dice, la bandiera della Riforma protestante non era "la giustificazione per fede". Meglio, era "la giustificazione per grazia mediante la fede" edificata sul solido fondamento della grazia sovrana del Dio che elegge e dell'umana rovina come registrata nella Bibbia (Ef. 2:8,9). Nessun errore pelagiano vi sarebbe tollerato! I protestanti originali insegnavano che l'essere umano non possiede alcun libero arbitrio, ma è schiavo del peccato. La grazia di Dio (favore immeritato) è la causa della redenzione, la fede è solo un mezzo, uno strumento. Sebbene questa possa essere considerata una differenza semantica sottile, essa non è priva di profonde conseguenze. La distinzione è profonda. Ascoltate che cosa osservò Martin Lutero scrivendo contro lo studioso umanista olandese Desiderio Erasmo ed il Semi.pelagianesimo, nella sua grande opera: Il servo arbitrio.
Ora, mio buon Erasmo, io ti esorto almeno, nel nome di Cristo, a mantenere finalmente la tua promessa. Hai promesso che ti saresti piegato a Colui che insegnò meglio di quanto tu stesso mai avessi potuto fare. Non tenere conto degli altri! Io riconosco che tu sei un grande uomo, adornato di molti dei più nobili doni di Dio - arguzia, erudizione, un'eloquenza quasi miracolosa, per non dire del resto. D'altro canto io non ho e non sono nulla, salvo il fatto di gloriarmi d'essere cristiano. Inoltre, io ti lodo di tutto cuore e ti raccomando anche su questa questione - che tu solo, in contrasto con ogni altro, hai affrontato la questione centrale, la questione essenziale. Tu non mi hai stancato con quelle questioni estranee sul papato, sul purgatorio, sulle indulgenze e su simili bazzecole (rispetto alle quali altri persino vorrebbero la mia testa). Tu, e solo tu, hai rilevato quale sia il cardine su cui tutto il resto gira, e hai cercato di colpire il ganglio vitale" (le sottolineature sono mie). 2
Questo "ganglio vitale" a cui si riferiva Lutero è la verità biblica al riguardo della condizione di perdizione del peccatore e alla sua schiavitù al peccato, in contrasto a qualsiasi forma di eresia pelagiana. Lutero era convinto che questa dottrina fosse vitale per la verità dell'Evangelo cristiano, la cui assenza sempre forma l'ambito più fecondo delle varie false forme di Cristianesimo. Come disse un fratello: "Il mondo non fu più lo stesso dopo la testimonianza resa a Dio da questo fedele Suo servitore".
L'arminianesimo
L'arminianesimo è un altro sistema religioso umanistico accreditato al teologo del 16° secolo Giacomo Arminio (1560-1609) e i suoi seguaci. Chi era quest'uomo le cui idee influenzano il cristianesimo oggi più di quelle di chiunque altro? Nato ed istruito ad Amsterdam in Olanda, questi divenne ministro della Chiesa riformata e sosteneva vigorosamente il calvinismo di cui essa era indiscussa portatrice. Chiamato un giorno a difendere il Calvinismo dai suoi oppositori, giunse però egli stesso a sostenere che le idee di Calvino fossero indifendibili. Attaccando gli eccessi del Calvinismo e nel tentativo di costruire il proprio sistema di credenze, Arminio attinse sia dal Semi-pelagianesimo e dalla Bibbia elementi atti a creare un nuovo ibrido teologico - poi chiamato Arminianesimo.
Se da una parte il Pelagianesimo ed il Semi-pelagianesimo negavano chi più chi meno gli effetti del peccato di Adamo sulla sua posterità, Arminio cercò di modificare ulteriormente queste posizioni arrivando a quella che avrebbe considerato "una via di mezzo": un'interpretazione coerente della religione cristiana che non avesse pregiudicato l'umano libero arbitrio. Secondo questa teoria, la volontà umana era stata frustrata dalla Caduta, ma Dio ristabilisce in ogni uomo adeguata libertà (libero arbitrio) da porlo in grado di determinare il proprio destino.
I seguci di Giacomo Arminio, gli Arminiani, elaborarono così le loro concezioni in un documento chiamato la Rimostranza che può essere così riassunta:
1. Dio agisce sulla base della fede o incredulità che Egli prevede. La base per cui Dio concede la Sua grazia è il fatto che Egli preveda che una persona eserciti fede.
2. Cristo morì per ogni uomo senza distinzione, di conseguenza solo coloro che esercitano il loro "libero arbitrio" saranno salvati. L'espiazione operata da cristo non garantisce la salvezza di nessuno. La differenza consiste nella decisione o scelta compiuta dall'uomo.
3. La grazia comune, che è data da Dio a tutti gli uomini, elimina la loro incapacità a fare una scelta per Lui. La volontà dell'uomo è resa libera e non ostacolata dall'esercizio della fede salvifica. Di conseguenza non è vero che l'uomo abbia propensità alcuna contro o in favore di Dio: l'uomo è neutrale.
4. E' possibile resistere alla grazia. L'essere umano ha la capacità di resistere a qualsiasi sforzo che faccia Dio per salvarlo.
5. Per cui c'è un'aria di incertezza che circonda coloro che sono salvati, perché potrebbero anche perdere questa salvezza. La salvezza finale è possibile per i credenti, però la loro vittoria finale si basa sulla loro fedeltà. L'Apostasia (la caduta definitiva dalla fede) è ben possibile.
Il teologo cristiano Dott. A.H. Strong scrisse bene:
E' importante comprendere che, secondo l'uso arminiano, la grazia è semplicemente il ristabilimento della capacità naturale dell'uomo ad agire per sé stesso. Essa di per sé non lo salva, ma lo mette in grado di salvarsi da sé... se lo vuole.
Sebbene queste posizioni arminiane furono supplementare, espanse e ulteriormente sviluppate, la loro essenza rimane la stessa. Miles J. Stanford affermò con precisione:
Il loro Dio non determina nulla, non dà nulla, se non la cosiddetta grazia comune che rimuove l'incapacità di scegliere per Lui. Non assicura nulla.
Come sintesi del Semi-pelagianesimo umanista e della Bibbia, l'Arminianesimo insiste che qualsiasi movimento verso Dio dipenda soltanto dalla decisione ultima dell'uomo, e che Dio semplicemente agisca rispondendo a quella decisione. Di conseguenza: è l'uomo ad essere sovrano!
Il fondatore del Seminario Teologico di Dallas, L.S. Chafer, scrisse:
L'errore e l'equivoco fondamentale arminiano nel campo della salvezza, è che esso persiste nel cercare di costruire la posizione del cristiano sulla debole e zoppicante vita quotidiana, piuttosto che sui meriti sufficienti ed immutabili del Signore Gesù Cristo. La salvezza arminiana diventa così poco più che un sistema di condotta umano; perché sebbene vi sia incorporata l'idea della rigenerazione, in quel contesto essa non ha alcun valore stabile, essendo appoggiata solo da un preteso merito umano 3
Ascoltare ancora le succinte parole di Miles Stanford :
Procedendo dal Pelagianesimo umanista piuttosto che dalle Scritture, l'Arminianesinmo fonda la salvezza sulla volontà dell'uomo decaduto. Esso si pone contro la sovranità di Dio e contro la grazia per favorire una religione di opere. L'insegnamento è che Dio, attraverso la redenzione, impartisce una "grazia comune" su tutti gli uomini, rendendo possibile per l'individuo di esercitare il proprio libero arbitrio per o contro Dio. La sua massima è: "Dipende da me il voler credere oppure no, spetta alla grazia di Dio assistere".
Così è il peccatore che sceglie Dio, non Dio che sceglie il peccatore: questo è il fattore ultimo nella salvezza. Coloro che sono stati eletti da Dio sono stati scelti nel senso che Egli previde la loro fede e le loro buone opere, le quali sono prodotto loro, e non di Dio. Viene esaltata al posto della sovranità di Dio la volontà umana e, secondo questo sistema, l'uomo è il salvatore di sé stesso.
Proprio perché l'arminiano inizia sulla base del proprio libero arbitrio, il suo fine si muove sullo stesso presupposto. Egli sente che proprio come può entrare, egli possa anche uscirne, tutto di sua propria volontà. Questa piccola certezza di salvezza è fondata sul proprio merito temporaneo, con in più qualunque esperienza emotiva egli possa produrre lungo la via. "Dopo aver accettato Gesù non ero sicuro di essere veramente salvato, ma quando ebbi il mio 'battesimo di Spirito Santo' e parlai in lingue, allora ne fui certo". L'esistenza dell'arminiano, dunque è basata solo sull'esperienza, solo per essere minacciata da paure, incertezze, incoerenze e fallimenti.
L'eterna sicurezza fondata sul fatto dell'opera terninata dal Signore Gesù Cristo è decisamente respinta dall'Arminiano. Egli evita accuratamente ogni porzione della Bibbia che stabilisca eterna sicurezza, o, nella migliore delle ipotesi, egli cerca di discreditarla o di negarla. Egli gravita su versetti presi fuori dal loro contesto che sembrano milirare contro la verità di "una volta salvato, per sempre salvato" 4.
Il Metodismo
John Wesley (1703-1791), figlio di un ministro anglicano, pure divenne ministro della Chiesa anglicana. Durante un viaggio in America come missionario della Chiesa episcopale dellla Georgia, egli venne in contatto con credenti della Chiesa dei Fratelli moravi, i quali fecereo molta impressione su di lui con la loro certezza e sicurezza della salvezza. Religioso ma perduto, Wesley divenne molto preoccupato delle incertezze della propria vita e della mancanza che avvertiva di "esperienze" religiose. Dopo aver operato per un po' di tempo come "missionario" ed aver fallito, tornò in Inghilterra molto afflitto ed andò alla ricerca di una comunità morava. Là ancora riuscì a cogliere uno sprazzo degli effetti della dottrina della giustificazione per grazia mediante la fede, libera dall'errore semi-pelagiano. Dopo aver studiato l'argomento per un po' di tempo, Wesley testimoniò di avere avuto un'esperienza religiosa che parzialmente somigliava ad una vera conversione. Nel suo diario scrisse:
In quella stessa sera mi recai mio malgrado ad una riunione della società [di fratelli moravi] dove uno stava leggendo la prefazione di Lutero alla lettera ai Romani. Alle nove meno un quarto circa, mentre egli stava leggendo di un cambiamento che Dio opera nel cuore per fede in Cristo, sentii il mio cuore stranamente riscaldato. sentii di aver confidato in cristo, in Cristo solo, per la mia salvezza, e vi fu data la certezza che Egli avesse perdonato il mio peccato, si, proprio i miei peccati, che Egli mi avesse salvato dalla legge del peccato e della morte 5.
Se John Wesley fu davvero salvato, egli comunque rimase molto confuso su ciò che era successo e perché. A suo tempo, però, con l'aiuto del teologo John W. Fletcher, Wesley abbracciò ed incorporò nel suo nuovo movimento, il Metodismo, sia l'Arminianesimo che lo spirito dell'Illuminismo allora prevalente nella cultura secolare. sebbene diversi aspetti sia dell'epoca del Rinascimento che dell'Illuminismo erano culturalmente positivi, fondarsi sempre di più sulla ragione umana in questioni religiose e negando la rivelazione divina e soprannaturale, diventò spiritualmente rovinoso per la Chiesa. Nel 1790, poco prima della sua morte, Wesley pubblicò la biografia del Fletcher nella Rivista arminiana come tributo, così diceva wesley, del "Teologo del Metodismo".
Notate i commenti conclusivi di Thomas A. Langford, della Duke University Divinity School:
E' importante che il movimento wesleyano sorgesse durante l'Illuminismo e che quindi abbia portato in sé stesso una sensibilità moderna. E' stato infatti l'illuminismo a portare la cultura occidentale nel periodo moderno. Più rivoluzionario in occidente che la Riforma, che continuava ad accettare i presupposti della vita medioevale, l'Illuminismo lanciò una sfida alle persuasioni che aveva ereditato su Dio ed affermò l'indipendenza radicale e la competenza della razionalità umana. Per questo gente razionale autonoma diventò la principale realtà 6
La "sensibilità moderna" di Lanford non è nulla di meno che il "libero arbitrio" dell'uomo e la sua conclamata autonomia. Non è forse questo il punto da cui era partito Pelagio 1500 anni prima?
Il movimento Wesleyano di santità e il Pentecostalismo
Sia il movimento di santità del 19° secolo (ad es. la denominazione del Nazareno) che nel 20° secolo il movimento pentecostale, affondano le loro radici nel Metodismo. Lo storico pentecostale Vinson Synian, descrive così questo rapporto:
Sebbene il movimento pentecostale nascesse negli USA, è un fatto di per sé stesso significativo che le sue origini teologiche ed intellettuali vadano ricercate in Inghilterra. Le premesse di base della teologia di questo movimento furono edificate da John Wesley nel 18° secolo. Come prodotto del Metodismo, il movimento di santità come quello pentecostale, traccia le sue origini nell'Anglicanesimo e di là al Cattolicesimo-romano. Questa eredità teologica pongono i Pentecostali al di fuori della tradizione riformata-calvinista, culminata negli USA con i movimenti battisti e presbiteriani. La posizione teologica di base dei pentecostali potrebbe essere descritta come arminiana, perfezionista, premillenarista e carismatica. 7
L'umanesimo cristiano oggi
L'umanesimo cristiano ha coinvolto il protestantesimo di lingua inglese per mezzo del movimento wesleyano (Metodismo) ed i suoi eredi - il movimento di santità e quello pentecostale, il movimento carismatico (sfuggito di controllo) e, ultimo, ma non meno importante gli insegnamenti erratici dell'evangelista Charles G. Finney. La maggior parte delle chiese cristiane si sono trovate ingolfate, in una forma o in un'altra, dall'Arminianesimo. Per nominarne solo alcune: le Assemblee di Dio, l'Evangelo quadrangolare, il movimento di santità-pentecostale, la Chiesa del Nazareno, la Chiesa di Dio, i Mennoniti, i Cattolici-romani, gli Episcopali, i Luterani, i Metodisti liberi, i Battisti del Libero Arbitrio (Free Will Baptists), le Chiese di Cristo, i Discepoli di Cristo, e numerose chiese battiste che hanno abbandonato il loro retaggio dottrinale. Inoltre, l'errore arminiano è la base che ha permeato innumerevoli agenzie nondenominazionali ed interdenominazionali.
Recentemente sono emerse nuove variazioni di umanesimo cristiano come la Word-Faith & Kingdom Now, Latter Rain, Third Wave Movement ed il "cristianesimo" New Age. Stranamente comincia a formarsi una strana convergenza fra umanisti secolari che stanno mettendo le mani in pasta nella spiritualistà occultista della New Age e i "cristiani new age".
I secoli 18°, 19° e 20° hanno testimoniato ad un'ulteriore evoluzione dell'originale eresia pelagiana. L'affermazione illuminista della totale auto-sufficienza dell'uomo divenne la base del Deismo di John Locke, dell'Unitarismo di William E. Channing, e del Transcendentalismo di Ralph Waldo Emerson. Questi movimenti formarono i fondamenti sia del Modernismo che del Liberalismo. Sono queste forze, radicate nell'umanesimo cristiano, che hanno corrotto la comprensione che si ha in occidente della libertà personale, ed hanno condotto al vasto abbandono del rispetto per l'autorità (in particolare per quella di Dio), all'irresponsabilità ed alla decadenza sociale. Oggi l'Umanesimo seculare è diventato la filosofia dominante della cultura occidentale. Questa prospettiva anti-cristiana controlla largamente sia l'istruzione pubblica che i mass-media ed è responsabile di gran parte della militanza anti-religiosa che vi si riscontra.
Durante l'ultima decade del 20° secolo, una filosofia radicale chiamata Postmodernismo ha conquistato sempre più terreno. Come il modernismo prima di esso, l'individuo medio viene bombardato regolarmente da questi punti di vista attraverso la televisione, i giornali e le riviste, gruppi di interesse sociale ed accademici, e persino chiese.
Simile all'eresia affrontata dall'apostolo Paolo nell'antica città mediterranea di Colosse, l'Arminianismo, il Wesleyanismo, il Pentecostalismo ecc. o respingono o contorgono le verità al riguardo della redenzione attraverso l'identificazione con Cristo e sono di conseguenza caratterizzate da anomia carnale e/o ipocrisia autogiustificatoria (leggi Colossesi 2:23). C'è dunque un collegamento riconoscibile fra questi gruppo e le concezioni e credenze religiose delle persone citate all'inizio di questo saggio. Ciascuna abbraccia l'errore umanistico in una forma o in un'altra.
Miles Stanford osserva:
Molti cristiani autenticamente nati di nuovo possono iniziare da 'Arminiani' con il loro presunto 'libero arbitrio' e la loro vita egocentrica travestita da servizio per Cristo, e poi, graziwe a Dio, approdano alla verità. La tragedia è che però fin troppi mai vanno oltre a questo stadio infantile della vita cristiana e proseguono nell'emozionalismo carnale di un arminianesimo portato alle estreme conseguenze. 8
Questo è vero, ma il fatto molto più serio rimane che l'umanesimo cristiano alletta migliaia e persino milioni di persone non rigenerate, facendole stare a proprio agio in una religiosità confortevole, intossicati con false speranze di redenzione, e sostanzialmente perduti. Inoltre, coloro che abbracciano queste religioni umanistiche presto o tardi si uniranno a coloro che sono "nemici della croce di Cristo" (Filippesi 3:18). Alcune fra le più intense persecuzioni di veri membri del corpo di Cristo provengono dagli aderenti dell'umanesimo religioso e da altre religioni basate su un concetto di libero arbitrio (Gv. 16:2). Come è successo però con Paolo (prima Saulo di Tarso), possa Dio concedere loro misericordia a salvezza (1 Timoteo 1: 13).
Ancora vogliamo affermare:
L'umanesimo cristiano è una filosofia religiosa che utilizza un vocabolario biblico, ma è costruita sul mito sociologico che l'uomo sia autonomo e possieda un libero arbitrio. E' un errore devastante che ingannevolmente attrae peccatori a credere falsamente di essere salvati (cioè essere cristiani) quando di fatto sono religiosi si, ma perduti. Si tratta di un mezzo molto diffuso per cui la mente incredula viene accecata perché non veda l'Evangelo -il vero messaggio della redenzione cristiana.
Questa affermazione è appoggiata dalla Bibbia, dalla storia della chiesa e dalla testimonianza di individui che Dio ha salvato da questi errori. Di tempo in tempo, cristiani nati di nuovo (2 Co. 5:17) testimonieranno di quanto prima avessero solo creduto di essere cristiani, e di quanto poi siano stati portati a rendersi conto della loro condizione di peccatori e poi sulla vera via della salvezza. Ci si chiede sempre così di nuovo questa domanda: è possibile che si trovi un cristiano veramente nato di nuovo in queste denominazioni e movimenti? La risposta è certo SI. La storia l'ha provato che ci sarà sempre un vasto numero di cristiani male informati o idealisti vi sia presente o che credono di poter riformare le loro chiese. Potranno però davvero farlo? Fino a che punto è possibile fare compromessi "per amor di pace"? Talvolta, però, oppressi dalla resistenza che trovano contro le sane dottrine, essi sono portati assieme dallo Spirito Santo e condotti a stabilire una testimonianza positiva in una chiesa o gruppo biblico sicuro e dottrinalmente sano: questo è incoraggiantye.
Il primo Adamo - l'ultimo Adamo
Quando la verità della nostra condizione "in Adamo" viene diminuita o negata, è inevitabile per quella denominazione, gruppo, o singolo cristiano, scivolare in altri errori o in manifestazioni di comportamento immorale. Di conseguenza, le verità impartite dallo Spirito Santo e registrate dall'apostolo Paolo nella Bibbia, sono di importanza critica.
Una filosofia cristiana della storia: principi teocentrici
L'insegnamento della storia oggi è in crisi. Nelle scuole pubbliche essa viene sempre di più sottovalutata. Sono però spesso gli stessi storici a non sapere quale possa essere lo scopo di insegnarla. Essi non sono convinti che la storia che essi presentano valga la pena di insegnarla o persino di impararla.
Per i cristiani che intendono essere fedeli alla Parola di Dio ed alla dottrina della divina provvidenza, la storia è colma di significati. La storia ha valore e significato, per un cristiano, ma solo quando è compresa dalla prospettiva di Colui che ne ha stabilito il corso.
Desideriamo, perciò, presentare qui, sommariamente, quali sono i parametri di una filosofia teocentrica della storia.
In primo luogo una filosofia cristiana della storia mette in rilievo il fatto che Dio è il Creatore. Dio è il Signore della storia: Egli ne ha dato principio e la dirige secondo i Suoi propositi sovrani. Gli approcci non teistici alla storia presumono che essa sia diretta da forze naturalistiche, umanistiche, o irrazionali. Lo storico non cristiano, per essere coerente con i suoi presupposti anti-religiosi, deve escludere Dio dalla dinamica della storia. I cristiani, d'altro canto, concordano di tutto cuore con la grande Confessione Battista di Londra, del 1689, che afferma: „Dio ha decretato in Sé stesso, da ogni eternità, con il saggio e santo consiglio della Sua volontà, liberamente ed immutabilmente, ogni cosa, qualunque cosa accada“.
In secondo luogo, una filosofia cristiana della storia mette in rilievo la sovranità onnicomprensiva di Dio, il quale „compie ogni cosa secondo la decisione della propria volontà“ (Ef. 1:11), e governa e dirige la storia. Come nota R. J. Rushdoony in La filosofia biblica della storia, „Il cristiano accetta un mondo che è totalmente portatore di un significato ed in cui ogni avvenimento si muove nei termini dei predestinati propositi di Dio e, quando l'uomo accetta Dio come proprio Signore e Cristo come proprio Salvatore, ogni avvenimento coopera per il suo bene, perché ora egli è in armonia con quel destino significativo (Ro. 8:28)“. La lezione della sovranità onnicomprensiva di Dio è presentata chiaramente dalle Scritture. Daniele benedice Dio, affermando: „Egli alterna i tempi e le stagioni; depone i re e li innalza, dà la saggezza ai saggi e il sapere agli intelligenti“ (Da. 2:21). Anche il re Nebucadnezzar apprese questa lezione ed affermò: „l'Altissimo domina sul regno degli uomini e che egli lo dà a chi vuole, e vi innalza il più misero degli uomini" ... Tutti gli abitanti della terra sono un nulla davanti a lui; egli agisce come vuole con l'esercito del cielo e con gli abitanti della terra; e non c'è nessuno che possa fermare la sua mano o dirgli: «Che fai?»“ (Da. 4:17,35). In particolare, le sezioni sul Servo dell'Eterno in Isaia, sono testimonianza di come Dio governi sovranamente la storia umana: „Io annunzio la fine sin dal principio, molto tempo prima dico le cose non ancora avvenute; io dico: Il mio piano sussisterà, e metterò a effetto tutta la mia volontà“ (Is. 46:10).
In terzo luogo, una filosofia cristiana della storia mette in rilievo la provvidenza particolare di Dio nel trattare con gli individui. Gli interventi di Dio non sono limitati al „quadro generale“ di nazioni e di regni. Nel Salmo 139, per esempio, dopo aver parlato dell'onnipresenza ed onniscienza di Dio, Davide descrive la provvidenza misericordiosa di Dio nell'averlo formato fin dal seno di sua madre: „I tuoi occhi videro la massa informe del mio corpo e nel tuo libro erano tutti scritti i giorni che mi eran destinati, quando nessuno d'essi era sorto ancora“ (Sl. 139:16). I cristiani, quindi, hanno grande fiducia che la loro vita individuale abbia significato. Dio ha prestabilito i giorni della nostra vita, Egli ha scritto tutti quei giorni „nel Suo libro“. Nel Salmo 56:8, Davide dice: „Tu conti i passi della mia vita errante; raccogli le mie lacrime nell'otre tuo; non le registri forse nel tuo libro?“ . Che grande consolazione questa può essere in tempi di afflizione! Le prove che dobbiamo sopportare non sono prive di significato. Le afflizioni ed il travaglio del credente, sono prestabilite da Dio e sono scritte nel Suo libro, dove esse sono conservate dal nostro Signore e considerate preziose.
In quarto luogo, una filosofia cristiana della storia è prudente nel valutare particolari avvenimenti del passato. Laddove la Scrittura spiega i propositi di Dio nella storia, i cristiani potranno parlare con autorità e fiducia. Dove però la Scrittura tace, i cristiani dovranno essere circospetti ed umili.Gli esseri umani sono limitati e non possono comprendere la pienezza dei propositi di Dio. Per questo i credenti non devono aver fretta di identificare particolari propositi di Dio nella storia o nella propria vita. Se leggiamo, per esempio, il libro di Giobbe, possiamo leggere, già nei primi due capitoli, e comprendere, il significato cosmico delle prove di Giobbe. Giobbe ed i suoi amici, però, speculano troppo in fretta sui propositi di Dio e sul significato delle sofferenze di Giobbe. A Giobbe pare di essere stato trattato in modo ingiusto e chiede a Dio spiegazioni di quello che gli avviene. Dio non risponde mai alle particolari questioni che gli sottopone Giobbe, ma mette in evidenza il Suo potere e perfetta provvidenza (Gb. 38-41). Verso la fine del libro, un Giobbe ravveduto può solo affermare: „Io riconosco che tu puoi tutto e che nulla può impedirti di eseguire un tuo disegno“ (Gb. 42:2).
In quinto luogo, una filosofia cristiana della storia esige che il passato sia valutato secondo i criteri di Dio. Una delle lezioni che Giobbe apprende è che noi dobbiamo misurare gli eventi della vita secondo il criterio di Dio, non secondo il criterio od il metro umano. „Quando l'uomo fa di sé stesso e della sua ragione, un dio sulla creazione,“ scrive Rushdoony,  egli automaticamente distrugge ogni significato nella creazione e rende sé stesso un idiota incatenato e farfugliante, che siede terrorizzato su una sedia elettrica nel mezzo di un vasto universo pieno di nulla“.
Disastri
In sesto luogo, una filosofia cristiana della storia è vissuta dal credente come una sfida a livello personale e deve muoverci a ravvedimento e fede. Luca 13 fornisce un eccellente esempio di come Gesù interpretasse gli avvenimenti del giorno, e di come noi dovremmo valutare la storia. I seguaci di Cristo si erano posti delle domande su due avvenimenti disastrosi del loro tempo, uno naturale (la caduta di una torre) ed uno umano (un massacro ordinato da Pilato, e si erano chiesti quali propositi avesse Dio in tali avvenimenti. Gesù, però, li esorta a non trarre, da queste catastrofi, conclusioni troppo affrettate. Gesù non spiega mai il perché fossero avvenuti i fatti di Luca 13. Semplicemente non è impoortante né per loro, né per noi, comprendere il proposito meta-storico di Dio in quei disastri. Gesù ne trae, però, un'applicazione personale ed evangelistica, e dice: „se non vi ravvedete, perirete tutti allo stesso modo“  (3,5). Ogni disastro ed ogni avvenimento provvidenziale dalla mano di Dio, è un segnale che ci deve rammentare la nostra mortalità e debolezza, ed è un'occasione per l'introspezione ed il ravvedimento: dovrebbe sempre, alla fine, portarci ad una maggiore fede in Dio. La cadura della torre in Luca 13 presenta un buon paradigma per comprendere il significato dell'attacco alle Torri gemelle di New York, l'11 settembre 2001. Crediamo che anche quel disastro fosse sotto il governo sovrano di Dio, ma noi non comprendiamo i propositi complessivi di Dio in questi fatti. L'attacco, però, dovrebbe essere un'opportunità per un'introspezione personale e nazionale, finalizzata al ravvedimento e ad una rinnovata consacrazione a Cristo.
In conclusione, i cristiani hanno l'obbligo di leggere la storia da una prospettiva teocentrica e cristiana. E' lo stesso approccio alla storia che l'apostolo Paolo usa per discutere con gli eruditi di Atene in Atti 17. Paolo predica un Dio trascendente e sovrano, Creatore e sostenitore di ogni cosa attraverso la Sua provvidenza (v. 24ss). Mette in rilievo la creazione, notando come Dio abbia tratto gli uomini da uno solo o „da un sangue“ (v. 26a). Mette in evidenza come Dio determini sia storia che geografia, notando che Dio: „ha tratto da uno solo tutte le nazioni degli uomini perché abitino su tutta la faccia della terra, avendo determinato le epoche loro assegnate, e i confini della loro abitazione“ (26). Paolo nota come Iddio muova la storia verso una conclusione fissa, specificatamente verso il grande giorno del giudizio (v. 31). Egli pure dà importanza cruciale alla risurrezione di Cristo, elemento critico della proclamazione dell'Evangelo, cosa sgradita agli ateniesi. Il punto culminante del messaggio, però, è al vers. 30, dove Paolo proclama: „Dio dunque, passando sopra i tempi dell'ignoranza, ora comanda agli uomini che tutti, in ogni luogo, si ravvedano“.
Per Paolo, allora, in Atti 17, la storia aveva un significato vitale. Sebbene si rivolgesse ad un uditorio ostile, egli presentò loro una lettura teocentrica ed evangelistica della storia. La storia rammenta loro la creazione da parte di Dio, dimostra il Suo sovrano controllo sulle nazioni, sottolinea l'importanza del Cristo risorto, ammonisced gli uditori del prossimo giorno del giudizio, mette in rilievo come sia necessario il ravvedimento e la responsabilizzazione.
Coloro che sfidano Dio e negano la Sua presenza nella storia, sono lasciati nella loro vacuità. Sono come degli „idioti farfuglianti“ in „un universo pieno di nulla“. I cristiani, però, hanno grandi responsabilità nello studiare il passato. La storia ha sigmificato. Il suo corso fu determinato da Dio per i Suoi propositi e per la Sua gloria. Attraverso di essa Iddio governa le nazioni, e in essa Egli ha mandato Suo Figlio per essere il nostro Salvatore.

(Roger Schutz, decano della facoltà di storia alla Liberty University di Lynchburg, Virginia, USA. Articolo pubblicato in inglese su: Chalcedon Report, n. 446, novembre 2002, p. 12).