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GLI ERETICI NELLA STORIA DELLA CHIESA
Testi tratti dal sito: www.eresie.it di Douglas Swannie

ERETICI E STORIA DELLA CHIESA CATTOLICA

Tauler, Johannes (Giovanni Taulero) (ca. 1300-1361) e Amici di Dio

La vita
Johannes Tauler, uno dei più grandi mistici del Medioevo, nacque a
Strasburgo nel 1300 ca. da una famiglia facoltosa della città.
In età giovanile entrò dell'Ordine Domenicano e durante i suoi studi di
teologia a Colonia conobbe Enrico Suso (1295-1366, beatificato nel 1831) e
Meister Eckhart. Dal 1339 al 1348 T. visse a Basilea, dove fondò un
movimento denominato Amici di Dio, che ebbe una vastissima diffusione nella
Valle del Reno. Egli ritornò nel 1348 a Strasburgo, dove, a parte un periodo
a Colonia, visse fino alla sua morte come predicatore molto apprezzato: non
lasciò niente di scritto, ma si conoscono le autentiche trascrizioni di 84
delle sue prediche più molte altre con attribuzione incerta.
T. morì a Strasburgo il 16 Giugno 1361.


La dottrina
La chiave del misticismo di T. era la visione dell'essenza di Dio o la
conoscenza della natura divina, ottenibile, anche in questo mondo, da parte
degli uomini, che avessero abbandonato ogni peccato.
Il punto di contatto fra l'uomo e Dio, secondo T., si trovava nel "fondo
dell'anima", dove operavano due princìpi:
la scintilla, che accoglieva il divino, e
l'indole affettiva (Gemüth in tedesco), che permetteva di compiere la via
per giungere all'unione con Dio.
Questa via salvatrice del misticismo consisteva nella pratica della virtù,
come l'umiltà e l'abbandonarsi alla volontà di Dio, ed era superiore a
quella della Chiesa.
Tuttavia T. concepì il misticismo come parte integrante del Cristianesimo,
come la candela che brucia alla luce del sole: essa è autonoma, ma non si
distingue dalla pienezza della luce solare.


Il pensiero di T. influenzò fortemente sia Juan de Valdès, che Martin
Lutero, il quale incluse il mistico tedesco nell'elenco dei "riformatori
prima della Riforma".
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Amman, Jacob (1644-dopo il 1730) e ammaniti o amish



Jacob Amman
Jacob Amman nacque nel 1644 a Erlenbach, nella valle del Simm (Simmental),
nel cantone Berna in Svizzera, da Michael Amman e Ann Ruppen, genitori di
religione riformata, che lo fecero battezzare il 12 febbraio dello stesso
anno.
In gioventù, tuttavia, A. venne convertito alla corrente mennonita
dell'anabattismo e ribattezzato, in seguito al quale egli si trasferì in una
comunità vicino a Bowil, nella valle dell'Emm (Emmental), dove divenne un
pastore ed in seguito un vescovo mennonita.
Nel 1673, a cause delle persecuzioni contro i mennoniti nel cantone Berna,
A. fuggì in Alsazia, dove esercitò il suo ministero come vescovo fino al
1693 e dove, dopo la visita in Svizzera che portò alla scissione del suo
gruppo, si stabilì fino al 1708 a Sainte-Marie-auz-Mines.
Nel 1693 A. si rese protagonista di una delle scissioni più importanti della
tormentata storia degli anabattisti: in quell'anno egli espresse la sua
disapprovazione che gli anziani della chiesa mennonita non stessero
praticando la rigida separazione dal mondo e che in particolare non
applicassero alla lettera la meidung, cioè l'ostracismo più rigoroso nei
confronti del fedele colpito da scomunica, che doveva essere osservata anche
dai membri della sua stessa famiglia. Inoltre egli era favorevole alla
lavanda dei piedi in tutte le comunità (cioè era facoltativo per i
mennoniti), alla Comunione due volte all'anno (contro una volta soltanto dei
mennoniti), alla crescita della barba per gli uomini adulti ed
all'uniformità molto semplice dei vestiti dei fedeli.
Per questo fu scomunicato dai mennoniti svizzeri (che scomunicò a sua volta)
e decise quindi di fondare in Alsazia una propria comunità denominata
ammanita o amisch (in seguito semplificato graficamente in amish). Ogni
successivo tentativo di riconciliazione andò fallita anche per il carattere
non precisamente facile di A.
Gli amish si diffusero anche in Germania, nel Lussemburgo e Olanda, ma nel
1712 essi, ed in generale tutti gli anabattisti, furono espulsi dall'Alsazia
ed iniziarono ad emigrare verso le colonie inglesi in America, in
particolare, verso la Pennsylvania, terra di libertà per tutte le
confessioni religiose, grazie all'impegno di William Penn.
Le notizie sulla vita di A. da questo momento in avanti diventano molto
scarse: l'unica testimonianza è del 1730, quando la figlia dichiarò che il
padre era emigrato all'estero, senza però precisare né dove né quando. La
data della morte quindi può essere fatta risalire successivamente al 1730.
Gli Amish
Come già detto, ad iniziare dal 1712, gli a. iniziarono ad emigrare negli
attuali Stati Uniti, soprattutto in Pennsylvania, dove la contea di
Lancaster ospita una delle comunità amish più numerose e resa famosa dal
film Witness (Il testimone). Oggigiorno, soprattutto in seguito alle
emigrazioni del XIX e XX secolo essi sono presenti praticamente solo in
Stati Uniti e in Canada: la comunità più numerosa (circa 45.000 fedeli) è
nell'Ohio, le altre si trovano nell'Illinois, Indiana, Pennsylvania, New
York e nell'Ontario in Canada, mentre le comunità europee sono oramai
estinte.
Anche questa setta ha avuto comunque le sue scissioni interne. La più
importante fu quella del 1850, quando si divisero in tradizionalisti
(vecchio ordine) e innovatori (nuovo ordine), questi ultimi favorevoli a
qualche minimo ammodernamento nell'Ordnung (le regole di vita delle
comunità).


Le dottrine e la filosofia di vita
Gli a. seguono il credo anabattista di tipo mennonita, basato sull'autorità
delle Sacre Scritture, il rifiuto della violenza, del servizio militare e di
prestare giuramento, il battesimo per adulti (che avviene tra i 17 e i 20
anni di età), la celebrazione della Cena del Signore e della lavanda dei
piedi.
In più gli a. rispettano l'Ordnung, le regole orali che regolano la vita
quotidiana, non fanno proselitismo (solo il 10% dei fedeli sono convertiti)
e praticano il Meidung, il severo ostracismo nei confronti del fedele che
sia colpito da scomunica (per essere scomunicati basta anche dire una
bugia), che abbandoni la chiesa amish o che sposi un estraneo alla comunità.
Gli altri fedeli non possono né vendere né comparare qualcosa da lui, e
perfino mangiare alla sua stessa tavola.
Le funzioni religiose vengono tenute nelle case dei fedeli e gli a.
rispettano tutte le feste cristiane, oltre ad una giornata di digiuno l'11
ottobre.
La loro filosofia di vita è basata sul Gelassenheit, un concetto insegna al
fedele di essere riservato, modesto, calmo e tranquillo; di essere
totalmente sottomesso all'autorità di Dio; di servire e rispettare gli altri
nella comunità.


Stili di vita
Il Gelassenheit influenza quindi anche lo stile di vita quotidiano degli a.
Gli a. vivono in comunità auto-gestite, senza coordinamento centrale: gli
uomini vestono con un vestito semplice di colore scuro senza bottoni,
portano un cappello nero a tesa larga e si lasciano crescere la barba, ma
non i baffi, simbolo del militarismo; le donne sono vestite con un vestito
colorato senza gioielli con una cuffia, un grembiule e, durante le funzioni,
uno scialle (bianco per le maritate, nero per le nubili). I bambini vanno
alla scuola pubblica solo per i primi otto anni, perché gli a. non
condividono le idee insegnate nei licei: gli insegnamenti successivi vengono
infatti impartiti nelle comunità, sotto il controllo degli anziani.
La lingua parlata è il Pennsylvania Dutch, un antico dialetto tedesco, ma
nelle cerimonie viene usato il tedesco puro e a scuola si impara l'inglese.
Gli a. non usano automobili, ma carrozze a cavalli (i buggies); non hanno
telefoni, televisori, radio e non fanno uso dell'energia elettrica; sono
ottimi agricoltori, ma non usano trattori moderni; hanno un ottimo
artigianato di giocattoli in legno e coperte multicolori, chiamati quilts;
non fanno fotografie perché è contro le Scritture.
Essi si sposano rigorosamente tra confratelli (il contrario porterebbe alla
scomunica) e i funerali sono di una spartana semplicità.
I fedeli pagano le tasse, ma non i fondi sanitari e pensionistici nazionali,
perché hanno dei fondi da loro gestiti per i confratelli bisognosi di aiuto.


Confessioni amish
La maggior parte degli 134.000 a. è riunita sotto la Old Order Amish Church
(Chiesa degli Amish del vecchio ordine) con circa 81.000 fedeli. Le altre
confessioni sono:
Egli Amish, di orientamento ancora più tradizionalista della Old Order e
fondata dal vescovo Henry Egli (1824-1890),
Conservative (Amish) Mennonite Conference [Conferenza degli (amish)
mennoniti conservatori], l'ala più liberale (contrariamente a quando si
presuppone dal nome), che si è recentemente accostata ai mennoniti,
diplomaticamente lasciando cadere la parola amish nella propria
intestazione.
Beachy Amish, l'ala progressista moderata, fondata dal vescovo Moses Beachy
(1865-1950) nel 1923, che raccoglie circa 11.000 fedeli.
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Amman, Jacob (1644-dopo il 1730) e ammaniti o amish



Jacob Amman
Jacob Amman nacque nel 1644 a Erlenbach, nella valle del Simm (Simmental),
nel cantone Berna in Svizzera, da Michael Amman e Ann Ruppen, genitori di
religione riformata, che lo fecero battezzare il 12 febbraio dello stesso
anno.
In gioventù, tuttavia, A. venne convertito alla corrente mennonita
dell'anabattismo e ribattezzato, in seguito al quale egli si trasferì in una
comunità vicino a Bowil, nella valle dell'Emm (Emmental), dove divenne un
pastore ed in seguito un vescovo mennonita.
Nel 1673, a cause delle persecuzioni contro i mennoniti nel cantone Berna,
A. fuggì in Alsazia, dove esercitò il suo ministero come vescovo fino al
1693 e dove, dopo la visita in Svizzera che portò alla scissione del suo
gruppo, si stabilì fino al 1708 a Sainte-Marie-auz-Mines.
Nel 1693 A. si rese protagonista di una delle scissioni più importanti della
tormentata storia degli anabattisti: in quell'anno egli espresse la sua
disapprovazione che gli anziani della chiesa mennonita non stessero
praticando la rigida separazione dal mondo e che in particolare non
applicassero alla lettera la meidung, cioè l'ostracismo più rigoroso nei
confronti del fedele colpito da scomunica, che doveva essere osservata anche
dai membri della sua stessa famiglia. Inoltre egli era favorevole alla
lavanda dei piedi in tutte le comunità (cioè era facoltativo per i
mennoniti), alla Comunione due volte all'anno (contro una volta soltanto dei
mennoniti), alla crescita della barba per gli uomini adulti ed
all'uniformità molto semplice dei vestiti dei fedeli.
Per questo fu scomunicato dai mennoniti svizzeri (che scomunicò a sua volta)
e decise quindi di fondare in Alsazia una propria comunità denominata
ammanita o amisch (in seguito semplificato graficamente in amish). Ogni
successivo tentativo di riconciliazione andò fallita anche per il carattere
non precisamente facile di A.
Gli amish si diffusero anche in Germania, nel Lussemburgo e Olanda, ma nel
1712 essi, ed in generale tutti gli anabattisti, furono espulsi dall'Alsazia
ed iniziarono ad emigrare verso le colonie inglesi in America, in
particolare, verso la Pennsylvania, terra di libertà per tutte le
confessioni religiose, grazie all'impegno di William Penn.
Le notizie sulla vita di A. da questo momento in avanti diventano molto
scarse: l'unica testimonianza è del 1730, quando la figlia dichiarò che il
padre era emigrato all'estero, senza però precisare né dove né quando. La
data della morte quindi può essere fatta risalire successivamente al 1730.
Gli Amish
Come già detto, ad iniziare dal 1712, gli a. iniziarono ad emigrare negli
attuali Stati Uniti, soprattutto in Pennsylvania, dove la contea di
Lancaster ospita una delle comunità amish più numerose e resa famosa dal
film Witness (Il testimone). Oggigiorno, soprattutto in seguito alle
emigrazioni del XIX e XX secolo essi sono presenti praticamente solo in
Stati Uniti e in Canada: la comunità più numerosa (circa 45.000 fedeli) è
nell'Ohio, le altre si trovano nell'Illinois, Indiana, Pennsylvania, New
York e nell'Ontario in Canada, mentre le comunità europee sono oramai
estinte.
Anche questa setta ha avuto comunque le sue scissioni interne. La più
importante fu quella del 1850, quando si divisero in tradizionalisti
(vecchio ordine) e innovatori (nuovo ordine), questi ultimi favorevoli a
qualche minimo ammodernamento nell'Ordnung (le regole di vita delle
comunità).


Le dottrine e la filosofia di vita
Gli a. seguono il credo anabattista di tipo mennonita, basato sull'autorità
delle Sacre Scritture, il rifiuto della violenza, del servizio militare e di
prestare giuramento, il battesimo per adulti (che avviene tra i 17 e i 20
anni di età), la celebrazione della Cena del Signore e della lavanda dei
piedi.
In più gli a. rispettano l'Ordnung, le regole orali che regolano la vita
quotidiana, non fanno proselitismo (solo il 10% dei fedeli sono convertiti)
e praticano il Meidung, il severo ostracismo nei confronti del fedele che
sia colpito da scomunica (per essere scomunicati basta anche dire una
bugia), che abbandoni la chiesa amish o che sposi un estraneo alla comunità.
Gli altri fedeli non possono né vendere né comparare qualcosa da lui, e
perfino mangiare alla sua stessa tavola.
Le funzioni religiose vengono tenute nelle case dei fedeli e gli a.
rispettano tutte le feste cristiane, oltre ad una giornata di digiuno l'11
ottobre.
La loro filosofia di vita è basata sul Gelassenheit, un concetto insegna al
fedele di essere riservato, modesto, calmo e tranquillo; di essere
totalmente sottomesso all'autorità di Dio; di servire e rispettare gli altri
nella comunità.


Stili di vita
Il Gelassenheit influenza quindi anche lo stile di vita quotidiano degli a.
Gli a. vivono in comunità auto-gestite, senza coordinamento centrale: gli
uomini vestono con un vestito semplice di colore scuro senza bottoni,
portano un cappello nero a tesa larga e si lasciano crescere la barba, ma
non i baffi, simbolo del militarismo; le donne sono vestite con un vestito
colorato senza gioielli con una cuffia, un grembiule e, durante le funzioni,
uno scialle (bianco per le maritate, nero per le nubili). I bambini vanno
alla scuola pubblica solo per i primi otto anni, perché gli a. non
condividono le idee insegnate nei licei: gli insegnamenti successivi vengono
infatti impartiti nelle comunità, sotto il controllo degli anziani.
La lingua parlata è il Pennsylvania Dutch, un antico dialetto tedesco, ma
nelle cerimonie viene usato il tedesco puro e a scuola si impara l'inglese.
Gli a. non usano automobili, ma carrozze a cavalli (i buggies); non hanno
telefoni, televisori, radio e non fanno uso dell'energia elettrica; sono
ottimi agricoltori, ma non usano trattori moderni; hanno un ottimo
artigianato di giocattoli in legno e coperte multicolori, chiamati quilts;
non fanno fotografie perché è contro le Scritture.
Essi si sposano rigorosamente tra confratelli (il contrario porterebbe alla
scomunica) e i funerali sono di una spartana semplicità.
I fedeli pagano le tasse, ma non i fondi sanitari e pensionistici nazionali,
perché hanno dei fondi da loro gestiti per i confratelli bisognosi di aiuto.


Confessioni amish
La maggior parte degli 134.000 a. è riunita sotto la Old Order Amish Church
(Chiesa degli Amish del vecchio ordine) con circa 81.000 fedeli. Le altre
confessioni sono:
Egli Amish, di orientamento ancora più tradizionalista della Old Order e
fondata dal vescovo Henry Egli (1824-1890),
Conservative (Amish) Mennonite Conference [Conferenza degli (amish)
mennoniti conservatori], l'ala più liberale (contrariamente a quando si
presuppone dal nome), che si è recentemente accostata ai mennoniti,
diplomaticamente lasciando cadere la parola amish nella propria
intestazione.
Beachy Amish, l'ala progressista moderata, fondata dal vescovo Moses Beachy
(1865-1950) nel 1923, che raccoglie circa 11.000 fedeli.
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Amsdorf, Nikolaus von (1483-1565) e anti-sinergisti



La vita
Nikolaus von Amsdorf, nato il 3 Dicembre 1483 a Torgau, in Sassonia, da una
famiglia nobile, era canonico al Convento di Ognissanti e, dal 1511,
professore di teologia a Wittenberg, dove egli aveva studiato, frequentando
comunque anche l'università di Lipsia.
Agli inizi della Riforma protestante, A. diventò amico fraterno di Martin
Lutero, di cui condivise e difese zelantemente le idee riformiste e che
accompagnò in molti suoi viaggi. Fu infatti assieme a lui e a Philipp
Melantone, che A. si recò a Lipsia, per la famosa disputa, organizzata dal
nunzio papale Carl Von Miltitz (1480-1529) dal 27 Giugno al 16 Luglio 1519,
tra il teologo Johann Eck (1486-1543) e i due amici e colleghi Andreas
Bodenstein (Carlostadio) e Martin Lutero.
Anche due anni più tardi, nel 1521, A. accompagnò Lutero alla dieta di
Worms, dove l'editto imperiale dell'8 Maggio condannò Lutero, ordinò ai
principi di catturarlo e consegnarlo all'autorità imperiale e ordinò il rogo
dei suoi scritti.
In quella occasione A. fece parte del piano architettato da Federico III,
detto il Saggio (1486-1525) e dal suo segretario Georg Burckhardt
(Spalatino), per portare Lutero al sicuro nella rocca di Wartburg, mediante
il suo finto rapimento eseguito il 4 Maggio.
A. era un ottimo teologo, ma anche un uomo dotato di senso pratico: fu lui
ad organizzare l'incontro ed il matrimonio di Lutero e Caterina di Bora nel
1525: la leggenda racconta che, quando A. chiese a Caterina chi intendesse
sposare, questa prontamente gli dichiarò la disponibilità a sposare sì
Lutero, ma che anche il fatto di convolare a nozze con lo stesso A. non le
sarebbe tutto sommato dispiaciuta!
Nel Dicembre 1536 A. fu invitato da Lutero a partecipare, assieme a Johannes
Schneider (Agricola) e Spalatino alla stesura degli articoli di Smacalda,
sollecitati dal principe elettore di Sassonia, Giovanni Federico I
(1532-1547) come risposta alla bolla papale Ad dominici gregis di Papa Paolo
III (1534-1549), e che diedero origine al trattato omonimo.
Nel 1541 il capitolo della cattedrale di Naumburg decise di nominare vescovo
il cattolico erasminiano Julius von Pflug, per impedire di mire di Giovanni
Federico I, che voleva creare una diocesi protestante. Il principe, per
tutta risposta, dichiarò nulla l'elezione e a sua volta nominò A. vescovo,
il primo vescovo della storia del Protestantesimo. L'investitura avvenne
l'anno successivo e fu officiato da Lutero in persona.
Purtroppo la guerra e la relativa sconfitta della Lega Smacaldica del 1547
fece sì che A. venisse dichiarato decaduto dall'incarico di vescovo e Pflug
fu reinstallato nel posto.
Nel 1548, A. fu tra gli artefici della fondazione della scuola superiore di
stadi classici di Jena, trasformata in università nel 1558 e considerata un
centro fondamentale per il Luteranesimo, dove A. stesso curò la
pubblicazione delle opere di Lutero, nota come edizione di Jena.
A. morì ad Eisenach il 14 Maggio 1565.


Il pensiero
A. fu sempre uno strenuo difensore dell'ortodossia del pensiero luterano e
scese spesso in campo contro altri pensatori, come Melantone, oggetto dei
suoi strali in almeno tre occasioni:
Lutero disprezzava totalmente il valore delle opere buone per ottenere la
salvezza, ma Melantone era dell'idea che le opere buone erano necessarie per
ottenere perlomeno la "felicità eterna": questa tesi fu anche sostenuta da
Georg Major (1502-1574), professore di Wittenberg, che fu denunciato da A. e
da Mattija Vlacic (Mattia Flacio Illirico). Questa posizione di A. venne
successivamente criticata nella Formula di Concordia del 1577, l'ultima
delle formule di fede luterana.
Nuovamente Melantone contestò il pensiero luterano che molte dottrine e
pratiche della Chiesa Cattolica dovevano essere combattute, mentre per lui
erano indifferenti, e quindi potevano essere anche ammesse. La controversia
fu denominata adiaforista dal latino adiaphora (cose indifferenti dal punto
di vista morale) e fu osteggiata da A.
Infine Lutero era convinto che l'uomo non poteva contribuire alla propria
salvezza, ma Melantone, in età matura, credeva che la volontà umana era
utile perlomeno per lottare contro la debolezza insita nell'uomo. Anche
questo pensiero, detto sinergistico, fu contestato da A., che capeggiò il
partito degli anti - sinergisti.
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Amyraut, Moise (1596-1664) e amyraldismo



Il teologo francese calvinista Moise Amyraut, nato nel 1596, fu, dal 1633 al
1664, anno della sua morte, professore, dapprima di legge, poi di teologia,
all'accademia protestante francese di Saumur (nel dipartimento francese di
Maine-et-Loire).
Tenuto in alta considerazione come teologo e oratore, A. fu prescelto nel
1631 per presentare le proteste ufficiali dei calvinisti francesi, detti
ugonotti, al re Luigi XIII di Francia (1610-1643) per le ripetute violazioni
all'editto di Nantes, voluto nel 1598 dal re Enrico IV (1589-1610).
L'editto prevedeva una tolleranza abbastanza ampia per gli ugonotti, che
potevano ricoprire cariche pubbliche, aprire scuole, avere un esercito e
delle roccaforti di difesa e perfino godere di un contributo statale per il
mantenimento dei pastori. L'editto venne comunque abolito nel 1685 dal re
Luigi XIV (1643-1715).
A parte la sua teologia (sotto descritta), A. si adoperò inutilmente per la
riunificazione dei calvinisti e dei luterani, un punto che lui riteneva
fondamentale per la coesione del fronte riformatore contro gli assalti della
Controriforma in Francia.
A. scrisse decine di libri e influenzò in maniera decisiva il calvinismo
francese. I suoi lavori più noti sono Etica cristiana, in 6 volumi, ma
soprattutto Trattato sulla predestinazione del 1634, nel quale egli
introduceva la dottrina, denominata amyraldismo (o amyraldianismo) dal suo
cognome.
A. morì a Saumur nel 1664.


Teologia dell'amyraldismo
L'amyraldismo, che fu contrastata dal teologo calvinista svizzero, di
origine lucchese, Francesco Turrettini, si basava su un complesso concetto
denominato universalismo ipotetico o condizionale: la volontà, cioè, di Dio
di salvare tutti a condizione che essi credano.
Implicita in questa volontà è l'affermazione che, se una persona non crede,
allora Dio non vuole, in pratica, la sua salvezza, cioè senza la condizione
della fede, la salvezza procurata dall'espiazione di Cristo non è
disponibile.
A. infatti ipotizzava che erano stati stillati tre patti tra Dio e l'uomo:
il patto della Natura con Adamo, che richiedeva l'obbedienza alla legge
implicita nella Natura; il patto della Legge con Israele, che richiedeva
l'obbedienza alla legge scritta; il patto con la Grazia di Dio, che constava
di:
una parte condizionata tra Dio e tutta l'umanità basata sulla grazia
universale, e
una parte non condizionata tra Dio e gli eletti basata sulla grazia
speciale.
Quindi, rispetto all'infralapsarianismo, l'a. prevedeva che Dio volesse
provvedere alla salvezza di tutti, ma il problema era che non tutti potevano
rispondere alla chiamata a causa del potente effetto corruttore del peccato.
L'universalismo era dunque ipotetico o ideale, mentre il particolarismo nel
discriminare gli eletti era reale e il risultato pratico finale
dell'amyraldismo diventava molto simile a quello delle altre dottrine
calviniste: la fede diventava una concessione che Dio faceva solamente agli
eletti, cioè a quelli destinati alla salvezza.
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Amyraut, Moise (1596-1664) e amyraldismo



Il teologo francese calvinista Moise Amyraut, nato nel 1596, fu, dal 1633 al
1664, anno della sua morte, professore, dapprima di legge, poi di teologia,
all'accademia protestante francese di Saumur (nel dipartimento francese di
Maine-et-Loire).
Tenuto in alta considerazione come teologo e oratore, A. fu prescelto nel
1631 per presentare le proteste ufficiali dei calvinisti francesi, detti
ugonotti, al re Luigi XIII di Francia (1610-1643) per le ripetute violazioni
all'editto di Nantes, voluto nel 1598 dal re Enrico IV (1589-1610).
L'editto prevedeva una tolleranza abbastanza ampia per gli ugonotti, che
potevano ricoprire cariche pubbliche, aprire scuole, avere un esercito e
delle roccaforti di difesa e perfino godere di un contributo statale per il
mantenimento dei pastori. L'editto venne comunque abolito nel 1685 dal re
Luigi XIV (1643-1715).
A parte la sua teologia (sotto descritta), A. si adoperò inutilmente per la
riunificazione dei calvinisti e dei luterani, un punto che lui riteneva
fondamentale per la coesione del fronte riformatore contro gli assalti della
Controriforma in Francia.
A. scrisse decine di libri e influenzò in maniera decisiva il calvinismo
francese. I suoi lavori più noti sono Etica cristiana, in 6 volumi, ma
soprattutto Trattato sulla predestinazione del 1634, nel quale egli
introduceva la dottrina, denominata amyraldismo (o amyraldianismo) dal suo
cognome.
A. morì a Saumur nel 1664.


Teologia dell'amyraldismo
L'amyraldismo, che fu contrastata dal teologo calvinista svizzero, di
origine lucchese, Francesco Turrettini, si basava su un complesso concetto
denominato universalismo ipotetico o condizionale: la volontà, cioè, di Dio
di salvare tutti a condizione che essi credano.
Implicita in questa volontà è l'affermazione che, se una persona non crede,
allora Dio non vuole, in pratica, la sua salvezza, cioè senza la condizione
della fede, la salvezza procurata dall'espiazione di Cristo non è
disponibile.
A. infatti ipotizzava che erano stati stillati tre patti tra Dio e l'uomo:
il patto della Natura con Adamo, che richiedeva l'obbedienza alla legge
implicita nella Natura; il patto della Legge con Israele, che richiedeva
l'obbedienza alla legge scritta; il patto con la Grazia di Dio, che constava
di:
una parte condizionata tra Dio e tutta l'umanità basata sulla grazia
universale, e
una parte non condizionata tra Dio e gli eletti basata sulla grazia
speciale.
Quindi, rispetto all'infralapsarianismo, l'a. prevedeva che Dio volesse
provvedere alla salvezza di tutti, ma il problema era che non tutti potevano
rispondere alla chiamata a causa del potente effetto corruttore del peccato.
L'universalismo era dunque ipotetico o ideale, mentre il particolarismo nel
discriminare gli eletti era reale e il risultato pratico finale
dell'amyraldismo diventava molto simile a quello delle altre dottrine
calviniste: la fede diventava una concessione che Dio faceva solamente agli
eletti, cioè a quelli destinati alla salvezza.
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Anabattismo (dal XVI secolo)



Premessa
Per anabattismo si intende un vasto movimento nell'ambito della Riforma, i
cui adepti non riconoscevano la validità del battesimo dei bambini (concetto
denominato anche con il brutto neologismo anti-pedobattismo) e propugnavano
il battesimo dei credenti adulti. Tuttavia, poiché quasi tutti gli adulti
dell'epoca erano stati battezzati già da bambini, l'azione di ripetere
questo sacramento venne denominata anabattismo (dal greco ana = ancora e
baptizo = battezzo) o ribattesimo.
Il ribattesimo non era una novità assoluta nella storia del Cristianesimo:
già lo praticavano i donatisti, che però ribattezzavano i fedeli
precedentemente battezzati da preti "indegni". Nel Medioevo invece furono i
petrobrusiani, i bogomili ed i catari a rifiutare il battesimo dei bambini,
ma il fenomeno anabattista del XVI secolo poco aveva da spartire con questi
precedenti storici.


Le origini
Le origini dell'anabattismo vanno ricercate innanzitutto nella
contrapposizione tra riformatori, diciamo, "ortodossi", come Lutero,
Melantone, Zwingli e Calvino e riformatori radicali, come Carlostadio,
Müntzer, Schwenckfeld, Serveto o Lelio Sozzini, citandone solo alcuni dei
più famosi, che rappresentarono "l'ala sinistra della Riforma", per usare
un'espressione dello storico congregazionalista Roland Bainton.
I vari punti che accomunavano i radicali, tra cui si annoverano gli
anabattisti stessi, contro gli ortodossi, erano:
Il rifiuto della riforma della Chiesa tradizionale: se, per Lutero, la
parola di Dio era più importante della Chiesa, allora, in tal caso, per i
radicali, la Chiesa istituzionale e tutto il suo apparato (sacramenti,
teologia, liturgia etc.) andava rigettato in toto.
La "vera" Chiesa doveva essere formata da credenti consapevoli, e non
forzati dalla nascita, da cui il rifiuto del battesimo dei bambini.
La "vera" Chiesa era idealmente collegata alla Chiesa dei primordi o Chiesa
primitiva. I radicali desideravano restituire l'originale purezza alla
Chiesa, piuttosto che riformarla.
I radicali rifiutavano anche il concetto di lavorare per ottenere il
consenso unanime del corpus christianum, inteso come l'unità dei fedeli,
come invece volevano i riformatori ortodossi.
Il rifiuto della giustificazione luterana per fede: per i radicali, mediante
la fede in Cristo, il peccatore non veniva solo giustificato, ma anche
rigenerato. Il fedele doveva seguire, come un discepolo, l'esperienza di
Cristo.
Il rifiuto della figura storica di Cristo e l'esaltazione dell'azione,
all'interno del credente stesso, dello Spirito Santo, mediante le sue
illuminazioni.


Le prime comunità anabattiste
Dopo anni di discussioni, gli storici odierni sembrano concordare sul fatto
che il movimento dei profeti di Zwickau (attivo nel 1521-1522), con a capo
Nicholas Storch, che tanta influenza ebbe sulle idee di Thomas Müntzer, non
possa considerarsi la prima comunità anabattista, poichè in realtà il
movimento era anch'essa più anti-pedobattista che ribattista.
E' invece unanime l'opinione che i primi anabattisti presero avvio la notte
del 21 Gennaio 1525 a Zurigo, quando Conrad Grebel, come reazione ad una
decisione di censura del Consiglio di Zurigo presieduto da Zwingli,
ribattezzò l'ex sacerdote cattolico Georg Blaurock, che, a sua volta,
ribattezzò Grebel ed altri 13 fedeli.
Il movimento si espanse a macchia d'olio in Svizzera, Germania, Austria,
Moravia e Ungheria, ma altrettanto tempestiva fu la violenta reazione sia
dei cattolici che dei riformisti ortodossi: si calcola che nel periodo
1525-1529 siano stati uccisi più di 2.000 anabattisti.
In Tirolo l'anabattismo fu introdotto dal cappellaio Jakob Hutter, bruciato
sul rogo nel 1536 per ordine del futuro imperatore Ferdinando I
(imp.1558-1564). I seguaci di Hutter furono espulsi e si rifugiarono in
Moravia, dove rimasero fino alla guerra dei Trent'anni (1618-1648), dopo del
quale intrapresero una serie di migrazioni, che attraverso la Transilvania,
l'Ucraina e la Russia, li portarono in Canada e negli Stati Uniti (Sud
Dakota), dove tuttora vivono.
Gli anabattisti, tra il 1526 ed il 1533, diventarono particolarmente
introdotti a Strasburgo, dove operarono l'ingegnere minerario Pilgram
Marpeck e l'ex monaco Michael Sattler.
La setta degli anabattisti, che era sempre stata contraddistinta da un
atteggiamento pacifista, ebbe una brusca svolta estremista, quando il sarto
Jan Beukels (chiamato Giovanni da Leida) e il fornaio Jan Matthys, seguaci
del profeta anabattista Melchior Hofmann, installarono, nel Febbraio 1534,
un "regno millenario" anabattista a Münster, una città libera della Renania
settentrionale.
Tuttavia tali e tanti furono gli eccessi compiuti dal consiglio comunale
anabattista della città (abolizione della proprietà privata, rogo di tutti i
libri eccetto la Bibbia, abolizione dei vincoli matrimoniali e poligamia
obbligatoria), che, quando, in un delirio di onnipotenza Giovanni da Leida
si fece ungere come "re della nuova Gerusalemme" nel Maggio 1534, i
cattolici, con a capo il vescovo di Münster, Franz von Waldeck (vescovo:
1532-1534, m. 1553), assieme ai luterani, capitanati da Filippo, langravio
d'Assia (1504-1567), cinsero d'assedio la città e la espugnarono il 25
Giugno 1535, facendo strage dei difensori e giustiziando, dopo atroci
torture, tutti i capi anabattisti il 22 Gennaio 1536.


L'anabattismo dopo Münster
Dopo il disastro di Münster, gli anabattisti fecero ammenda sullo spirito
violento che stava percorrendo il movimento, ed, isolata la frangia più
estremista di Jan van Batenburg (1495-1538), passando attraverso la
mediazione di David Joris e dei familisti di Hendrik Niclaes, giunse
all'espressione più pacifica dell'ex sacerdote olandese Menno Simons, il
quale, nonostante le persecuzioni, riuscì a compattare il movimento
anabattista, la cui corrente principale, dopo la sua morte, fu denominata
per l'appunto dei mennoniti. Parte di essi si propagarono per l'Europa,
dall'Olanda alla Prussia all'Ucraina, mentre altri, come precedentemente gli
hutteriti, emigrarono in Stati Uniti, in Pennsylvania.
Grande influenza sull'anabattismo ebbero anche i mistici o spirituali Caspar
von Schwenckfeld e Sebastian Franck.
Successivamente, dal filone principale dei mennoniti, si staccò alla fine
del XVII secolo l'ex vescovo svizzero Jakob Amman, il quale fondò una sua
chiesa denominata amisch, poi semplificata in amish. Oramai totalmente
scomparsi in Europa, gli amish sono ancora presenti in Pennsylvania e sono
caratterizzati da una strettissima osservanza biblica, per cui rifiutano
qualsiasi modernità, come automobili, telefoni, televisori e lampadine
elettriche.
In Inghilterra, l'anabattismo influenzò la setta dei brownisti di Robert
Browne, e in generale tutti i movimenti congregazionalisti, parte dei quali
fu il movimento battista, fondato da John Smyth nel XVI secolo, da cui
derivano le odierne chiese battiste, diffuse soprattutto in Stati Uniti. E'
tuttora dibattuto la discendenza dall'anabattismo di questo movimento
inglese.
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Andreae (o Andrea), Johann Valentin (1586-1654)



La vita
Johann Valentin Andreae nacque il 17 agosto 1586 a Herrenberg, nello stato
tedesco del Württemberg, dal pastore luterano e alchimista Johann Andreae
(1554-1601), figlio, a sua volta, del famoso teologo luterano e rettore
dell'università di Tubinga, Jakob Andreae (1528-1590), noto come il Lutero
del Württemberg e uno degli artefici della Formula di Concordia del 1577.
Alla morte del padre nel 1601, la madre Maria Moser (1550-1631) trasferì la
famiglia a Tubinga, dove A. entrò alla facoltà di teologia, ottenendo il
baccalaureato nel stesso anno e diventando magister nel 1605, tuttavia, solo
due anni dopo, egli fu coinvolto in un losco giro di studenti universitari e
prostitute, dando così il pretesto al severo rettore Mathias Enslin, fautore
dell'assolutismo monarchico, di espellere l'ingenuo A., prendendosi così la
rivincita sulla potente e influente famiglia Andreae, sua avversaria nella
lotta per il potere in città.
A. decise allora di cambiare aria, andando a vivere per un anno a Strasburgo
e visitando, nel contempo, Heidelberg, Francoforte, Mainz e Lauingen, ma già
nel 1608 era di ritorno a Tubinga, diventando amico dell'avvocato Tobias
Hess (1558-1614) e di Abraham Hölzel, entrambi legati alle quelle correnti
mistiche luterane, il cui riferimento era lo scrittore e teologo Johann
Arndt, precursore del pietismo. Ancora una volta le discusse amicizie di A.
permisero al rettore di Tubinga, questa volta Johann Friedrich, di imbastire
un'inchiesta, con l'accusa di chiliasmo (millenarismo), contro A., il quale
venne salvato dalla condanna solo grazie all'intervento diretto del duca
Federico I di Württemberg (1593-1608), compagno di studi alchemici di suo
padre.
Tuttavia, essendogli stato impedito l'accesso all'università, A. lasciò
Tubinga, per visitare Berna, Friburgo, Losanna e Ginevra: in queste ultime
due città egli poté accertarsi di persona delle differenze tra il calvinismo
e il luteranesimo, che egli, come tanti altri studiosi mistici e pietisti,
considerava troppo legato ad un'osservanza rigida e superficiale della vita
religiosa.
Nel suo continuo pellegrinare A. visitò anche Lione, Parigi, Zurigo,
Basilea, e, in Italia, Venezia, Padova, Verona e Roma. Finalmente, nel 1612,
A. rientrò a Tubinga, dove il professore di teologia Matthias Hafenreffer
(1561-1619), amico della sua famiglia, riuscì a fargli continuare i suoi
studi di teologia e a farlo nominare pastore luterano a Vaihingen, un
piccolo centro del Württemberg (Tuttavia fu solo nel 1641 che A. fu nominato
dottore, honoris causa, in teologia).


Il manifesto dei Rosa Croce
Nel 1614 comparve a Cassel, in Germania, il manifesto base di un misterioso
movimento mistico occultistico, denominato Confraternita della Rosa+Croce,
dal titolo Allgemeine und General Reformation der ganzen weiten Welt
(Riforma generale ed universale di tutto il mondo). Questo venne seguito
l'anno successivo da un ulteriore manifesto dal titolo Fama Fraternitas R.
C. All'epoca ambedue gli scritti apparvero come anonimi, ma la loro
paternità, come quella (certa) del successivo libro alchemico, Le nozze
chimiche di Christian Rosenkreutz, pubblicato nel 1616, venne attribuita
all'A., che, secondo lo storico Paul Arnold, smentì di averli scritti e anzi
dichiarò, in seguito, di aver concepito Le nozze chimiche per ridicolizzare
un diffuso interesse dell'epoca verso l'occultismo.
Altre interpretazioni moderne propendono, invece, verso un maggior
coinvolgimento di A., sebbene mediata da una stesura a più mani dei testi e
concepita all'interno del cosiddetto Cerchio di Tubinga, un circolo
mistico-occultista di circa trenta aderenti, comprendenti, fra gli altri, lo
stesso A., Tobias Hess (1558-1614), Johann Arndt, Wilhelm von Wense (m.
1641), Tobias Adami (m. 1643) e Christophe Besold (1577-1638), amico
fraterno di A..
Ispiratore delle idee dei rosacrociani fu il pensiero di due scrittori
italiani: Traiano Boccalini (1556-1613), autore di un testo satirico
chiamato Ragguagli di Parnasso, tradotto da Christophe Besold, e il filosofo
domenicano utopista Tommaso Campanella, i cui scritti furono portati in
Germania da Tobias Adami nel 1613.


Reazioni in Europa al manifesto
Comunque il riferimento nei manifesti ad una supposta società segreta
provocò una grande eccitazione in tutta l'Europa (soprattutto in Francia,
Inghilterra, Austria e Paesi Bassi): famosi occultisti, come l'inglese
Robert Fludd (1574-1637) o il tedesco Michael Maier (1568-1622) o perfino il
grande filosofo francese René Descartes (Cartesio)(1586-1654), chiesero
pubblicamente di essere contattati dai misteriosi rosacrociani o, meglio,
affermarono addirittura di essere già entrati nella società.
Ovunque sorsero gruppi auto-nominatisi rosacrociani, sebbene nel frattempo,
nel 1616, gli stessi autori, spaventati dall'incredibile impatto dei loro
manifesti e dalle reazioni negative delle chiese ufficiali, decisero di non
uscire allo scoperto e di osservare il più rigoroso anonimato, abbandonando
quindi alla riprovazione pubblica l'unico tra loro che aveva avuto il
coraggio di firmare un testo: il nostro A.


Andreae si dissocia dalla Confraternita
Forse da qui si capisce come mai A., per tutto il resto della sua vita, si
desse tanto da fare per negare decisamente ogni appartenenza alla
Confraternita, attaccando amici e nemici. Tra il 1617 ed il 1618 A. pubblicò
l'Invitatio ad Fraternitatem Christi (Invito alla Confraternita di Cristo),
dove egli cercò di lanciare un movimento innovatore, una specie di "Città
Cristiana" (Christianopolis), una Nuova Gerusalemme posta direttamente sotto
la protezione di Dio.
Nel 1619 egli organizzò una serie di conferenze contro il calvinismo, su
commissione del duca Giovanni Federico di Württemberg, detto il Pacifico
(1608-1628), e qui conobbe il grande pedagogo e teologo moravo Jan Komensky,
detto Comenio.
Nel 1620 A. fu nominato sovrintendente dell'abbazia di Calw, ma a causa
della guerra dei Trent'anni (1618-1648), che imperversava nella Germania del
sud, un incendio distrusse parte dell'abbazia e alcuni manoscritti, tra cui
il Theophilus, sui quali A. stava lavorando. La guerra in atto convinse A.
della necessità di soprassedere al suo progetto della città cristiana per
dedicarsi, nel frattempo, alla fondazione di una società di soccorso
cristiano (Christliche Gottliebende Gesellschaft), per aiutare operai,
studenti, malati e poveri. In seguito alla battaglia di Stadtlohn del 1623 e
alla successiva pace tra l'Unione Evangelica e la Lega Cattolica, la
situazione politica migliorò momentaneamente e A. ne approfittò per
pubblicare un nuovo manifesto Verae unionis in Christo specimen, nel quale,
attaccando Calvinisti, Anabattisti, Schwenckfeldiani, e i suoi ex-amici
Rosacrociani, egli esortò alla formazione di una Società Cristiana.


Guerra dei Trent'anni
Ma poco dopo scoppiò la cosiddetta fase svedese della Guerra dei Trent'anni
con l'intervento del re svedese Gustavo II Adolfo (1611-1632): il conflitto
fu particolarmente violento nella Germania meridionale (quindi anche nel
Württemberg) e l'abbazia di Calw fu rasa al suolo nel 1634. A. fu impegnato
per quattro anni nel ricuperare fondi per la sua ricostruzione, sebbene fu
assalito da comprensibili momenti di scoramento, come rivelò nelle missive
al suo ammiratore Comenio.
Nel 1637 si recò a Strasburgo per incontrare il duca, in esilio, Eberardo
III di Württemberg (1628-1674), di cui favorì il rientro in patria l'anno
successivo. Come compenso per i suoi servigi, fu dal duca nominato nel 1639
predicatore di corte e consigliere del concistoro a Stoccarda e nel 1650
sovrintendente generale e abate della scuola del chiostro di Bebenhausen.
L'ultimo incarico fu quello di abate di Adelberg nel 1654, ma in quell'anno
stesso morì a Stoccarda il 27 giugno.
-----
Andreae (o Andrea), Johann Valentin (1586-1654)



La vita
Johann Valentin Andreae nacque il 17 agosto 1586 a Herrenberg, nello stato
tedesco del Württemberg, dal pastore luterano e alchimista Johann Andreae
(1554-1601), figlio, a sua volta, del famoso teologo luterano e rettore
dell'università di Tubinga, Jakob Andreae (1528-1590), noto come il Lutero
del Württemberg e uno degli artefici della Formula di Concordia del 1577.
Alla morte del padre nel 1601, la madre Maria Moser (1550-1631) trasferì la
famiglia a Tubinga, dove A. entrò alla facoltà di teologia, ottenendo il
baccalaureato nel stesso anno e diventando magister nel 1605, tuttavia, solo
due anni dopo, egli fu coinvolto in un losco giro di studenti universitari e
prostitute, dando così il pretesto al severo rettore Mathias Enslin, fautore
dell'assolutismo monarchico, di espellere l'ingenuo A., prendendosi così la
rivincita sulla potente e influente famiglia Andreae, sua avversaria nella
lotta per il potere in città.
A. decise allora di cambiare aria, andando a vivere per un anno a Strasburgo
e visitando, nel contempo, Heidelberg, Francoforte, Mainz e Lauingen, ma già
nel 1608 era di ritorno a Tubinga, diventando amico dell'avvocato Tobias
Hess (1558-1614) e di Abraham Hölzel, entrambi legati alle quelle correnti
mistiche luterane, il cui riferimento era lo scrittore e teologo Johann
Arndt, precursore del pietismo. Ancora una volta le discusse amicizie di A.
permisero al rettore di Tubinga, questa volta Johann Friedrich, di imbastire
un'inchiesta, con l'accusa di chiliasmo (millenarismo), contro A., il quale
venne salvato dalla condanna solo grazie all'intervento diretto del duca
Federico I di Württemberg (1593-1608), compagno di studi alchemici di suo
padre.
Tuttavia, essendogli stato impedito l'accesso all'università, A. lasciò
Tubinga, per visitare Berna, Friburgo, Losanna e Ginevra: in queste ultime
due città egli poté accertarsi di persona delle differenze tra il calvinismo
e il luteranesimo, che egli, come tanti altri studiosi mistici e pietisti,
considerava troppo legato ad un'osservanza rigida e superficiale della vita
religiosa.
Nel suo continuo pellegrinare A. visitò anche Lione, Parigi, Zurigo,
Basilea, e, in Italia, Venezia, Padova, Verona e Roma. Finalmente, nel 1612,
A. rientrò a Tubinga, dove il professore di teologia Matthias Hafenreffer
(1561-1619), amico della sua famiglia, riuscì a fargli continuare i suoi
studi di teologia e a farlo nominare pastore luterano a Vaihingen, un
piccolo centro del Württemberg (Tuttavia fu solo nel 1641 che A. fu nominato
dottore, honoris causa, in teologia).


Il manifesto dei Rosa Croce
Nel 1614 comparve a Cassel, in Germania, il manifesto base di un misterioso
movimento mistico occultistico, denominato Confraternita della Rosa+Croce,
dal titolo Allgemeine und General Reformation der ganzen weiten Welt
(Riforma generale ed universale di tutto il mondo). Questo venne seguito
l'anno successivo da un ulteriore manifesto dal titolo Fama Fraternitas R.
C. All'epoca ambedue gli scritti apparvero come anonimi, ma la loro
paternità, come quella (certa) del successivo libro alchemico, Le nozze
chimiche di Christian Rosenkreutz, pubblicato nel 1616, venne attribuita
all'A., che, secondo lo storico Paul Arnold, smentì di averli scritti e anzi
dichiarò, in seguito, di aver concepito Le nozze chimiche per ridicolizzare
un diffuso interesse dell'epoca verso l'occultismo.
Altre interpretazioni moderne propendono, invece, verso un maggior
coinvolgimento di A., sebbene mediata da una stesura a più mani dei testi e
concepita all'interno del cosiddetto Cerchio di Tubinga, un circolo
mistico-occultista di circa trenta aderenti, comprendenti, fra gli altri, lo
stesso A., Tobias Hess (1558-1614), Johann Arndt, Wilhelm von Wense (m.
1641), Tobias Adami (m. 1643) e Christophe Besold (1577-1638), amico
fraterno di A..
Ispiratore delle idee dei rosacrociani fu il pensiero di due scrittori
italiani: Traiano Boccalini (1556-1613), autore di un testo satirico
chiamato Ragguagli di Parnasso, tradotto da Christophe Besold, e il filosofo
domenicano utopista Tommaso Campanella, i cui scritti furono portati in
Germania da Tobias Adami nel 1613.


Reazioni in Europa al manifesto
Comunque il riferimento nei manifesti ad una supposta società segreta
provocò una grande eccitazione in tutta l'Europa (soprattutto in Francia,
Inghilterra, Austria e Paesi Bassi): famosi occultisti, come l'inglese
Robert Fludd (1574-1637) o il tedesco Michael Maier (1568-1622) o perfino il
grande filosofo francese René Descartes (Cartesio)(1586-1654), chiesero
pubblicamente di essere contattati dai misteriosi rosacrociani o, meglio,
affermarono addirittura di essere già entrati nella società.
Ovunque sorsero gruppi auto-nominatisi rosacrociani, sebbene nel frattempo,
nel 1616, gli stessi autori, spaventati dall'incredibile impatto dei loro
manifesti e dalle reazioni negative delle chiese ufficiali, decisero di non
uscire allo scoperto e di osservare il più rigoroso anonimato, abbandonando
quindi alla riprovazione pubblica l'unico tra loro che aveva avuto il
coraggio di firmare un testo: il nostro A.


Andreae si dissocia dalla Confraternita
Forse da qui si capisce come mai A., per tutto il resto della sua vita, si
desse tanto da fare per negare decisamente ogni appartenenza alla
Confraternita, attaccando amici e nemici. Tra il 1617 ed il 1618 A. pubblicò
l'Invitatio ad Fraternitatem Christi (Invito alla Confraternita di Cristo),
dove egli cercò di lanciare un movimento innovatore, una specie di "Città
Cristiana" (Christianopolis), una Nuova Gerusalemme posta direttamente sotto
la protezione di Dio.
Nel 1619 egli organizzò una serie di conferenze contro il calvinismo, su
commissione del duca Giovanni Federico di Württemberg, detto il Pacifico
(1608-1628), e qui conobbe il grande pedagogo e teologo moravo Jan Komensky,
detto Comenio.
Nel 1620 A. fu nominato sovrintendente dell'abbazia di Calw, ma a causa
della guerra dei Trent'anni (1618-1648), che imperversava nella Germania del
sud, un incendio distrusse parte dell'abbazia e alcuni manoscritti, tra cui
il Theophilus, sui quali A. stava lavorando. La guerra in atto convinse A.
della necessità di soprassedere al suo progetto della città cristiana per
dedicarsi, nel frattempo, alla fondazione di una società di soccorso
cristiano (Christliche Gottliebende Gesellschaft), per aiutare operai,
studenti, malati e poveri. In seguito alla battaglia di Stadtlohn del 1623 e
alla successiva pace tra l'Unione Evangelica e la Lega Cattolica, la
situazione politica migliorò momentaneamente e A. ne approfittò per
pubblicare un nuovo manifesto Verae unionis in Christo specimen, nel quale,
attaccando Calvinisti, Anabattisti, Schwenckfeldiani, e i suoi ex-amici
Rosacrociani, egli esortò alla formazione di una Società Cristiana.


Guerra dei Trent'anni
Ma poco dopo scoppiò la cosiddetta fase svedese della Guerra dei Trent'anni
con l'intervento del re svedese Gustavo II Adolfo (1611-1632): il conflitto
fu particolarmente violento nella Germania meridionale (quindi anche nel
Württemberg) e l'abbazia di Calw fu rasa al suolo nel 1634. A. fu impegnato
per quattro anni nel ricuperare fondi per la sua ricostruzione, sebbene fu
assalito da comprensibili momenti di scoramento, come rivelò nelle missive
al suo ammiratore Comenio.
Nel 1637 si recò a Strasburgo per incontrare il duca, in esilio, Eberardo
III di Württemberg (1628-1674), di cui favorì il rientro in patria l'anno
successivo. Come compenso per i suoi servigi, fu dal duca nominato nel 1639
predicatore di corte e consigliere del concistoro a Stoccarda e nel 1650
sovrintendente generale e abate della scuola del chiostro di Bebenhausen.
L'ultimo incarico fu quello di abate di Adelberg nel 1654, ma in quell'anno
stesso morì a Stoccarda il 27 giugno.
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Manna, Ludovico (Fra Angelo da Messina o Ludovico Messina) (attivo
1530-1555)



Tra i più noti riformati della Sicilia si ricorda il messinese Ludovico
Manna, entrato a far parte dell'ordine dei domenicani con il nome di Fra
Angelo da Messina, ma che in seguito, influenzato da colloqui avuti, nel
periodo 1537-1540, con Benedetto Fontanini da Mantova, l'autore del famoso
Beneficio di Cristo, aveva abbandonato la tonaca per trasferirsi a Napoli,
in casa di un amico anabattista, il mercante Tobia Citarella.
Tuttavia, poco dopo lo troviamo frequentatore dei circoli culturali di Juan
de Valdés, intorno al 1540, assieme a Pier Martire Vermigli, Marcantonio
Flaminio, Giovanni Bernardino Bonifacio e a Pietro Carnesecchi, di cui
divenne grande amico.
Infatti, nel 1543 visse a Venezia, presso la casa dell'amico Carnesecchi e
in seguito, raccomandato proprio dal protonotario apostolico fiorentino,
divenne collaboratore dell'arcivescovo di Otranto, Pietro Antonio di Capua,
ma venne da questi licenziato per opinioni eretiche.
A questo punto M. si trasferì in Toscana, a Pisa, vivendo in casa del
mercante Bernardo Ricasoli e approfittando del trasporto di mercanzie verso
Firenze, riuscì a farvi introdurre le Prediche di Bernardino Ochino e le
Cento e dieci divine considerationi di Valdés.
Ma, di lì a poco, cambiò nuovamente credo religioso: abbandonò infatti il
valdesismo, per allinearsi al calvinismo, di cui fu un membro molto attivo
per la sua diffusione in Toscana: infatti fece anche tradurre da Ludovico
Domenichi in italiano (con il titolo di Nicomediana) il libello satirico
Excuse à messieurs les Nicodémites di Calvino.
Entro il 1550 M. era oramai perfettamente inserito nell'ambiente protestante
di Firenze, insieme al letterato Pier Vettori (1499-1585), Bartolomeo
Panciatichi, Aonio Paleario, Pier Francesco Riccio, il sempre presente amico
Pietro Carnesecchi e Marcantonio Flaminio.
Ma nel 1551 scoppiò la bomba delle rivelazioni del pentito Pietro Manelfi e
M., uno dei principali accusati, per sfuggire all'arresto, dovette
espatriare rapidamente nel 1552 a Ginevra come esule.
Qui egli divenne catechista della Chiesa degli Italiani gestita dal pastore
Celso Martinengo e nel 1555 fu raggiunto in esilio dal poeta siciliano
Giulio Cesare Pascali (1527-ca. 1601).
Dopo questa data non si hanno più tracce di lui, ma si suppone che fosse
emigrato da un'altra parte, perché in un censimento dell'epoca, non risultò
tra gli abitanti di Ginevra.
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Cola di Rienzo (o Rienzi) (1314-1354)



Nicola (detto Cola) di Lorenzo (o Rienzo o Rienzi) nacque nel 1314, figlio
di un oste di Trastevere (quartiere popolare di Roma), sebbene la leggenda
gli attribuisse un padre di nobilissime origini: niente di meno che
l'imperatore Enrico VII di Lussemburgo (imperatore 1312-1313).
Alla morte della madre, egli fu allevato da alcuni parenti ad Anagni, dove
studiò Lettere e Latino, approfondendo la conoscenza degli autori classici,
come Seneca, Tito Livio e Cicerone.
Alla morte del padre, C. si recò a Roma, diventando un notaio, ma
successivamente, vista la penosa situazione di degrado in cui versava la
città oramai priva della sede papale dal 1309, egli si recò nel 1343 ad
Avignone da Papa Clemente VI (1342-1352) per perorare la causa del ritorno
del pontefice nella città capitolina.
Clemente lo nominò notaro (cioè segretario) della Camera Capitolina per
informarlo sulle vicende della città, ma egli ne approfittò  per formare un
governo popolare il 19 maggio 1347, di cui egli assunse la carica di
tribuno. L'iniziativa ebbe uno straordinario successo e fu approvata da
Clemente, che diede a C. il titolo di Rettore di Roma in condivisione con il
vicario pontificio Raimondo, vescovo di Orvieto.
Tuttavia, dopo pochi mesi, il potere iniziò a dargli alla testa ed egli si
mise in mente di poter reinstaurare l'impero Romano, liberando le città
italiane dal giogo degli imperatori tedeschi.
Era un grande sognatore idealista e ambizioso e quando assunse l'altisonante
qualifica di Candidatus Spiritus Sancti, di questo se ne approfittarono i
nobili romani (i Colonna e gli Orsini), da lui scacciati qualche mese prima,
per fomentare la rivolta contro il tribuno. Lo stesso Raimondo di Orvieto
gli voltò le spalle, addiritura scomunicandolo.
C. dapprima si rifugiò a Castel Sant'Angelo e poi fuggì dalla città nel
Dicembre 1347.
Tuttavia, poco dopo, C. si fece influenzare dalle visioni gioachimite
dell'eremita francescano spirituale Fra' Angelo, da lui conosciuto sulla
Maiella, e si recò quindi a Praga nel 1350 a perorare la propria causa
presso il re di Boemia (e futuro imperatore) Carlo IV (imperatore
1355-1378).
Carlo lo fece rinchiudere come eretico (o forse come squilibrato) e
successivamente lo spedì dal Papa ad Avignone per essere giudicato. Qui C.
fu condannato a morte nel 1352, sentenza trasformata in carcere per
intercessione del grande poeta Francesco Petrarca, suo estimatore.
Nel 1353, il nuovo Papa Innocenzo VI (1352-1362) lo inviò a Roma al seguito
del Cardinale Egidio Alvarez Carillo de Albornoz (1310-1367), abile politico
e diplomatico, che doveva preparare il terreno per il rientro del papa nella
sede di Roma.
C. fu nominato senatore di Roma, ma i suoi sogni di gloria mai sopiti ed una
politica di tassazioni iniqua fece rivoltare il popolo romano.
L'8 Ottobre 1354 la folla assaltò il Senato e linciò C., abbandonato
cinicamente dal cardinale Albornoz, in quanto non più utile ai suoi scopi.
-----
Enrico VIII d'Inghilterra (1509-1547) e Anglicanesimo



L'Inghilterra fu unica nella sua scelta di staccarsi dalla Chiesa Cattolica:
il risultato finale fu la Chiesa Anglicana, teologicamente una miscela di
dottrina cattolica e riformata, ma in pratica indipendente da tutte e due.


Situazione storica
Già prima del XVI secolo, l'Inghilterra aveva conosciuto eresie
particolarmente radicate sul territorio, come, ad esempio nel XIV secolo,
John Wycliffe e i suoi poveri predicatori, e il conseguente movimento
lollardo, che persisteva anche ai tempi di re Enrico VIII.
L'Inghilterra, inoltre, cercava di sviluppare la propria società, rifondata,
dopo la lunga e devastante Guerra delle Due Rose (1455-1485), su un
nazionalismo piuttosto marcato e ovviamente desiderava evitare, il più
possibile, le interferenze esterne.
Quindi era chiaro che le ingerenze del papa sugli affari interni inglesi, il
pagamento dei tributi a Roma, la corruzione nel quale versava il clero
cattolico inglese, un quarto circa del suolo nazionale in mano alla Chiesa,
un sistema di giudizio e pagamento delle tasse differenziato per gli uomini
di chiesa erano problemi decisamente maldigeriti dalla nazione e dal suo re.


Enrico VIII (1509-1547)
Enrico VIII, nato nel 1491, salì sul trono a soli 18 anni, nel 1509, dopo la
morte del padre Enrico VII (1485-1509). Nel primo periodo del suo regno egli
diede l'impressione di un devoto fedele della Chiesa Cattolica: scrisse
perfino un Assertio Septem Sacramentorum nel 1521 e fu molto efficace
nell'opporsi alla diffusione del luteranesimo in Inghilterra. Il tutto gli
fece guadagnare il titolo di Difensor fidei (difensore della fede) da parte
del papa.
Ma la crisi con Roma arrivò nel 1527: infatti Enrico era sposato, per
volontà politica di suo padre, dal 1509 con Caterina d'Aragona, vedova di
suo fratello Arturo. A quel tempo, questo matrimonio si poté celebrare
solamente con la dispensa di Papa Giulio II (1503-1513).
Dopo 18 anni, il re chiese al Papa Clemente VII (1523-1534) l'invalidazione
della dispensa papale, ma la questione era infatti molto delicata: da una
parte Enrico era seriamente preoccupato per la successione al trono
d'Inghilterra a causa del matrimonio con la più anziana Caterina, che non
era riuscita a dare un erede maschio al re: l'unica superstite delle sue
varie gravidanze era la figlia Maria. Però, dall'altra parte bisognava
considerare le implicazioni internazionali: Caterina era anche zia
dell'imperatore Carlo V (1519-1558)!
L'intermediario papale [l'arcivescovo di Salisbury Lorenzo Campeggio
(1472-1539)] e quello del re [il cardinale e Lord Cancelliere Thomas Wolsey
(1474-1530)], scelti per condurre la trattativa, tirarono per le lunghe
senza arrivare ad una conclusione e lo stesso Papa Clemente VII, dopo aver
subito il sacco di Roma e la prigionia da parte dei lanzichenecchi di Carlo
V nel 1527, non voleva ulteriormente provocare l'imperatore, perciò nel 1529
avocò a Roma il diritto di decidere sulla questione, ma anche lui, debole o
troppo prudente, continuò a posporre la decisione finale.
Lo stato di impasse fu superato grazie a Thomas Cranmer, docente
universitario alla Jesus College di Cambridge, il quale suggerì al re di
consultare le principali università europee. Oltretutto, secondo Cranmer,
anche dalle stesse Sacre Scritture veniva la conferma della scelta di
separazione, secondo un passo del Levitico (20:21): Se un uomo sposa la
moglie di suo fratello commette un'impurità; essi rimarranno senza figli.
Benché la proposta di Cranmer non permettesse di raggiungere l'unanimità di
consensi, tuttavia la maggioranza delle risposte fu favorevole a Enrico.
Anno dopo anno, Enrico VIII, consigliato da Cranmer, nominato nel 1532
arcivescovo di Canterbury, alzò sempre più il tiro contro la Chiesa
Cattolica. Nel frattempo, però, Cranmer si era nel frattempo sposato con
Margaret, nipote del riformatore luterano Andreas Osiander: dovette
occultare la presenza della moglie e perfino mandarla all'estero per non
dispiacere al re.
Nel 1530 il re accusò molti prelati inglesi di violare, a loro favore, gli
statuti, denominati Praemunire, (editti nel 1353, 1365 e 1393), i quali
concedevano che le cause legali coinvolgenti uomini di chiesa fossero
portate davanti a corti papali fuori dall'Inghilterra, solo dopo il
beneplacito del re. La vittima più illustre di questa accusa fu Thomas
Wolsey, che già caduto in disgrazia per la sua inefficienza dimostrata
durante le trattative per la separazione del re, fu messo sotto accusa, ma
morì di malattia il 30 novembre 1530 durante il suo trasferimento a Londra.
Nel 1531 Enrico fece votare dal parlamento "l'atto di supremazia" con la
quale egli si fece riconoscere Capo Supremo della Chiesa in Inghilterra.
Nel 1532 decise che i tributi andavano pagati alla corona e non a Roma.


Lo strappo con Roma
Lo strappo definitivo arrivò nel 1533, quando il re sposò in segreto la sua
nuova fiamma, Anna Bolena, la quale già aspettava un figlio da lui, e, tre
mesi dopo, Cranmer, facendosi forte di un decreto parlamentare sulla
autonomia della Chiesa inglese nelle decisioni interne, dichiarò sciolto il
matrimonio di Enrico con Caterina e riconobbe ufficialmente quello con Anna
Bolena.
Il papa Clemente VII reagì con la scomunica del re, di Anna Bolena e di
Thomas Cranmer nel luglio 1534 e con l'interdizione (cessazione
dell'amministrazione dei sacramenti) dell'Inghilterra, provvedimento che
sarebbe stato tremendo nel medioevo, ma che fu praticamente ignorata nel XVI
secolo. Clemente morì nel settembre 1534: il successore, Paolo III
(1534-1549), ideatore del Concilio di Trento, dovette gestire un rapporto
con la Corona d'Inghilterra, che peggiorava ogni giorno sempre di più.
Infatti Enrico VIII rispose alla scomunica nel novembre 1534 con tre atti:
Un ulteriore "atto di supremazia" (il re era il Capo Supremo sulla Terra
della Chiesa di Inghilterra) con il diritto di reprimere le eresie e di
scomunicare;
L'obbligo per tutti gli inglesi di giurare solamente davanti al re, e non
davanti a qualche autorità straniera (sic!);
La condanna per tradimento per chi osasse dire che il re fosse eretico,
tiranno o scismatico.
La pressione sulla Chiesa cattolica inglese fu elevatissima: sotto il
coordinamento del Vicario Generale Thomas Cromwell, i monasteri furono
chiusi e i loro beni incamerati dalla corona e tutti i prelati dovettero
giurare di rispettare l'atto di supremazia, solo Tommaso Moro (Thomas More)
(1478-1535), il grande filosofo umanista erasminiano, autore dell'Utopia, ed
ex Lord Cancelliere, e John Fisher (1469-1535), vescovo di Rochester ed ex
confessore di Caterina d'Aragona, si opposero ed entrambi furono decapitati
per tradimento. Ambedue furono successivamente nominati santi dalla Chiesa
cattolica.
Ma la cosa più curiosa fu che, dal punto di vista dottrinale, almeno in
questa prima fase, Enrico VIII non aveva affatto rotto con il cattolicesimo:
in linea di massima, egli si mostrò un buon cattolico e solo dopo, durante
il breve regno del figlio Edoardo VI (1547-1553), si fecero largo con più
decisione elementi cari alla Riforma.
Ma ai tempi di Enrico VIII queste idee potevano costare care: se ne rese
conto anche Thomas Cromwell, che cercò di spingere la monarchia verso il
luteranesimo, facendo adottare i Dieci Articoli (The Ten Articles), articoli
di fede di chiara ispirazione luterana (sola fide e semplificazione a soli
tre Sacramenti) e, con le Ingiunzioni Reali del 1538, fece mettere una
Bibbia in latino ed una in inglese in ogni chiesa (sola scriptura!).
L'esperimento fallì e Cromwell, caduto in disgrazia, anche perché ritenuto
il responsabile del matrimonio, poi fallito, del re con Anna di Cleves, fu
condannato per tradimento e decapitato nel luglio 1540.
Nel 1537 Enrico ritornò con decisione ai dogmi cattolici, facendo redigere
il Bishop's book (il libro del vescovo), che conservava i sette sacramenti,
il culto della Vergine e dei santi e proibiva la lettura individuale della
Bibbia. Il libro fu poi rivisto in senso ancora più cattolico e ristampato
nel 1543 con il titolo di King's book (il libro del re).
Nel 1539 il parlamento inglese approvò i Sei Articoli (The Six Articles),
che confermarono, tra l'altro, la validità del dogma della
transustanziazione, l'Eucaristia sotto una sola specie, il celibato per i
prelati, le Messe private e la confessione.
Riprese quindi con vigore la persecuzione contro i protestanti: fu bruciato
sul rogo nel 1540 il luterano Robert Barnes; il traduttore William Tyndale,
il quale aveva pubblicato la prima Bibbia (Nuovo Testamento) in inglese nel
1535, fu denunciato all'inquisizione spagnola, che lo bruciò a Bruxelles nel
1536; la protestante Anne Askew fu processata e bruciata sul rogo nel 1546;
alti prelati di chiare simpatie riformiste, come i vescovi Hugh Latimer e
John Hooper, l'ex frate agostiniano Miles Coverdale, traduttore del primo
Antico Testamento in inglese, e lo stesso Thomas Cranmer, dovettero o
rifugiare all'estero o rivedere drasticamente le proprie idee o perlomeno
adottare un atteggiamento nicodemitico.
Insomma alla sua morte nel 1547, Enrico VIII lasciò sia i cattolici che i
protestanti inglesi del tutto insoddisfatti.


Edoardo VI (1547-1553)
Il nuovo re Edoardo VI, figlio di Jane Seymour (terza delle sei mogli di
Enrico), aveva solo nove anni, quando salì al trono d'Inghilterra e quindi
il potere effettivo era concentrato nelle mani del reggente e Lord
Protettore, suo zio Edward Seymour, duca di Somerset (1506-1552).
Somerset era un buon amico di Cranmer e un convinto assertore della Riforma,
che riprese vigore: Latimer poté nuovamente predicare, Hooper poté rientrare
dall'esilio, la chiese protestanti vennero addobbate secondo il loro credo,
cioè senza immagini, la Comunione veniva data sotto ambedue le forme e
Cranmer poté far rientrare la moglie.
Nel 1549 venne pubblicato il Book of Common Prayer (il libro delle
preghiere), compilato su richiesta di Cranmer per semplificare i libri di
preghiere e di funzioni religiose in latino e risalenti al periodo
medioevale. Il suo utilizzo obbligatorio venne prescritto dall'Atto di
Uniformità del 1549 stesso.
Però dal punto di vista dottrinale ne risultò un miscuglio di idee diverse
(cattoliche e luterane) e non soddisfaceva nessuno: quindi, nel 1552, fu
rivisto, tuttavia questa volta in un senso fortemente riformato di tipo
svizzero, con l'ausilio di Calvino in persona, che scrisse a Edoardo VI e al
conte di Somerset per aiutarli nella revisione.
Ma soprattutto grazie al nuovo Lord Protettore, John Dudley (1502-1553),
conte di Warwick e al vescovo di Londra Nicholas Ridley, diverse personalità
della Riforma svizzera zwingliano-calvinista furono chiamate in Inghilterra
e diedero il proprio contributo: Martin Bucero da Strasburgo, l'italiano
Pietro Martire Vermigli, professore ad Oxford, il polacco Jan Laski.
Anche nel caso di questa seconda versione, un apposito Atto di Uniformità
del 1552 ne prescrisse l'utilizzo con, in più, l'obbligo di partecipare alle
funzioni religiose e la condanna per imprigionamento per la partecipazione a
qualsiasi altra forma di riunione religiosa.
Infine nel 1553 vennero pubblicati i 42 Articoli (The forty-two articles),
la collezione delle formule dottrinali anglicane, rimaste sulla carta per la
morte del re.


Maria Tudor (1553-1558)
Infatti il 6 luglio 1553 Edoardo VI, a soli 15 anni, morì di tubercolosi, e
dopo l'infelice avventura di Lady Jane Grey (1537-1554), cugina di Edoardo e
regina per soli 9 giorni (poi decapitata nel 1554), salì al trono la
cattolica Maria Tudor, figlia di quella Caterina d'Aragona, il cui ripudio
aveva innestato lo scisma della Chiesa d'Inghilterra.
Inizialmente la regina impostò il suo regno sulla tolleranza religiosa, ma
nel contempo chiese ed ottenne, il 3 gennaio 1555, dal parlamento inglese il
ritorno all'obbedienza a Roma, ratificato dal cardinale inglese Reginald
Pole (1500-1558). Ironia della sorte, Pole, che per poco non diventò papa
nel 1549 (sarebbe bastato che avesse accettato l'elezione per adorationem),
fu perfino sospettato di eresia da parte del Papa Paolo IV (1555-1559) per
le sue idee moderatamente riformiste.
Sul piano personale, Maria aveva sposato nel 1554 suo cugino di secondo
grado, il figlio dell'imperatore Carlo V, Filippo di Spagna [il futuro
Filippo II (1556-1598)], undici anni più giovane di lei: fu una delle
decisioni più infelici del suo regno. Oltre all'impopolarità presso i suoi
sudditi, Maria soffrì il dramma personale perché non riuscì mai ad avere il
tanto aspettato erede.
Forse per l'influenza dei consiglieri cattolici spagnoli o a causa di
manifestazioni protestanti anti-monarchiche o per i consigli del Lord
Cancelliere, l'arcivescovo di York Stephen Gardiner (1483-1555), Maria si
trasformò ben presto in una delle più feroci persecutrici della Riforma in
Inghilterra, tale da meritarsi il soprannome di Maria la Sanguinaria: furono
imprigionati e successivamente bruciati sul rogo Cranmer, Ridley, Latimer e
Hooper. Ridley e Latimer furono addirittura arsi sulla stessa pira.
Ma il boia non si fermò qui: in tutto tra 273 e 288 (a secondo delle fonti)
protestanti furono arsi sul rogo, più di 800 fuggirono (come Coverdale) in
Germania e Svizzera e 2.000 preti furono espulsi perché sposati.
Maria morì il 17 novembre 1558. Qualche ora più tardi morì il cardinale
Pole, il fautore del momentaneo riavvicinamento dell'Inghilterra alla Chiesa
cattolica.


Elisabetta I (1558-1603)
Nel 1558 salì sul trono d'Inghilterra Elisabetta,figlia di Anna Bolena: essa
fu la vera fondatrice della Chiesa Anglicana, una sintesi dottrinale tra
liturgia cattolica e dogmatismo calvinista. Il suo regno non incominciò
certo nella migliore maniera: i cattolici la consideravano un'usurpatrice e
l'arcivescovo di Canterbury, Nicholas Heath (m. 1578), si rifiutò perfino di
incoronarla.
Tuttavia Elisabetta fu soprattutto una abile donna politica e dissimulò con
cura il suo credo religioso: non si dichiarò ufficialmente protestante per
non dare lo spunto ad una possibile grande alleanza tra Spagna, Francia e
Scozia, ma d'altronde adottò il protestantesimo, senza usare i toni accesi
dei predecessori.
I suoi primi passi furono improntati sulla diplomazia e compromesso: non si
fece più chiamare, come il padre Enrico VIII, capo supremo della Chiesa
d'Inghilterra, bensì più modestamente Governatore Supremo, pur negando
l'autorità giuridica del papa. Nel frattempo rese obbligatorio nel 1559, con
un ennesimo Atto di Uniformità, il Prayer Book, nella seconda versione di
Edoardo VI, tuttavia rivisto in senso cattolico.
Eppure la rivolta degli alti prelati cattolici era stata quasi totale: 15
vescovi, 12 decani, 15 direttori di collegi religiosi e circa 200/300 preti
rassegnarono le dimissioni o furono privati del titolo. Nel 1559 fu eletto
il nuovo arcivescovo di Canterbury, Matthew Parker, un uomo moderato e
conciliante, che aveva sofferto sotto Maria Tudor, ideale per Elisabetta in
quella posizione, ma per la sua investitura si dovettero scomodare quattro
ex prelati che erano stati vescovi nel periodo di Edoardo VI, stante la
situazione sopra descritta.
I 42 articoli di Edoardo VI (1553) (le formule dottrinali anglicane)
diventarono nel 1571, sotto Elisabetta I, i 39 articoli, compromesso
fortemente voluto da Parker, tra elementi cattolici, luterani e calvinisti.
L'altro grande teologo del regno elisabettiano fu Richard Hooker
(1554-1600), spiritualista e apologista, che scrisse il ponderoso Treatise
on the laws of ecclesiastical polity (trattato sulle leggi del governo
ecclesiastico) a difesa della scelta episcopale nella struttura della Chiesa
d'Inghilterra.
La reazione di Roma fu lenta: solo nel 1570 il Papa Pio V (1566-1572) si
decise a scomunicare Elisabetta e a sciogliere gli inglesi dal dovere di
obbedienza: errore gravissimo in un paese che non aveva certo bisogno di
alimentare il fuoco della polemica anti-papale.
Nel 1587, sotto la minaccia dell'invasione spagnola e in seguito
all'ennesima congiura per far cadere la regina e sostituirla con Maria
Stuarda (1542-1587), Elisabetta fece decapitare l'ex regina di Scozia,
fuggita in Inghilterra nel 1568, dove venne detenuta in cattività fino alla
sua esecuzione. La mossa aveva il preciso scopo politico di togliere di
mezzo una possibile protagonista (fra l'altro diretto successore in linea
gerarchica di Elisabetta) che potesse catalizzare le proteste dei cattolici
inglesi.
La reazione dei spagnoli avvenne l'anno dopo, 1588, ma la disfatta della
loro flotta di invasione, la famosa Invincible Armada (Invincibile Armata),
mise l'Inghilterra al sicuro da ingerenze esterne.
Rimasero comunque i conflitti interni: ovviamente una politica di
compromesso non poteva certo piacere agli opposti estremi. Soprattutto gli
estremisti protestanti, i Puritani, benché rintuzzati spesso da Hooker, dal
1570 in avanti attaccarono le apparenze esteriori (paramenti sfarzosi, l'uso
dei vescovi ecc.), secondo loro un retaggio papista, rendendo amari gli
ultimi anni per l'anziana regina, che si spense nel 1603.
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Aezio di Celesiria (o di Antiochia) (m. 367)



Nato a Celesiria (oggi Beqa'a) all'inizio del IV secolo, Aezio fu il
fondatore del ramo più radicale dell'arianesimo, detta degli aeziani.
Rispetto alla natura di Cristo, A. era convinto che solo il Padre fosse Dio,
e quindi che il Figlio fosse dissimile da Dio (anòmoios).
Detta dottrina, supportata anche da Eunomio di Cizico e Ursacio di
Singiduno, fu ribadita nei tre sinodi, tenuti tra il 357 ed il 359 a Sirmio
(nella ex Iugoslavia) ed indetti dall'imperatore Costanzo II (337-361,
figlio di Costantino), per cercare di venire a capo delle dispute teologiche
sviluppate all'interno del movimento ariano, in seguito alla morte della
guida carismatica, Eusebio di Nicomedia (m. ca. 341).


Le altre formulazioni presentate erano:
Homooùsios (identico, nella sostanza, a Dio, cioè consustanziale), secondo
il Credo di Nicea, difeso da Atanasio di Alessandria.
Homoioùsios (simile, nella sostanza, a Dio), propugnato da Basilio di
Ancyra.
Hòmoios (simile a Dio), proposto da Acacio di Cesarea, definizione vaga,
dove si parlava di una generica similitudine tra Padre e Figlio, senza
precisare il rapporto sul piano della sostanza.


All'inizio (357) il partito dell'aeziani ebbe la meglio e i vari discepoli
di A. occuparono posti di rilievo, tuttavia la reazione dell'opinione
pubblica fu talmente energica, che successivamente (358) l'imperatore
Costanzo decise di aderire alla dottrina dell'homoioùsios di Basilio e di
bandire A. e i suoi seguaci.
Ma, dopo il III° sinodo di Sirmio del 359, Costanzo cambiò nuovamente
parere, preferendo la versione più "soft" di Acacio (homoios) come ufficiale
e convocò i vescovi occidentali a Rimini e quelli orientali a Selucia per
ratificare la formula acaciana.
Il concilio di Seleucia del 359, aggiornato a Costantinopoli nel 360, vide
la strenua opposizione degli aeziani, ma l'esilio di A. fu confermato.
La situazione cambiò nuovamente nel 361 con la morte di Costanzo e l'ascesa
al potere di Giuliano, detto l'Apostata (361-363), il quale proclamò
un'amnistia generale per tutti i cristiani, permettendo ad A. di rientrare
ad Antiochia (dove morì nel 367) e riacquistare una certa popolarità.
Ciononostante, pochi anni dopo, la corrente radicale di A. sarebbe scomparso
sotto il contrattacco dei niceni, supportati dai due imperatori Valentino I
(364-375) e Teodosio I (379-395).
Scrittore prolifico, A. scrisse 300 trattati, di cui ci restano frammenti
della sua opera principale, di ispirazione anti-nicena, il Syntagmation,
tramandate da Epifanio.
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Amsdorf, Nikolaus von (1483-1565) e anti-sinergisti



La vita
Nikolaus von Amsdorf, nato il 3 Dicembre 1483 a Torgau, in Sassonia, da una
famiglia nobile, era canonico al Convento di Ognissanti e, dal 1511,
professore di teologia a Wittenberg, dove egli aveva studiato, frequentando
comunque anche l'università di Lipsia.
Agli inizi della Riforma protestante, A. diventò amico fraterno di Martin
Lutero, di cui condivise e difese zelantemente le idee riformiste e che
accompagnò in molti suoi viaggi. Fu infatti assieme a lui e a Philipp
Melantone, che A. si recò a Lipsia, per la famosa disputa, organizzata dal
nunzio papale Carl Von Miltitz (1480-1529) dal 27 Giugno al 16 Luglio 1519,
tra il teologo Johann Eck (1486-1543) e i due amici e colleghi Andreas
Bodenstein (Carlostadio) e Martin Lutero.
Anche due anni più tardi, nel 1521, A. accompagnò Lutero alla dieta di
Worms, dove l'editto imperiale dell'8 Maggio condannò Lutero, ordinò ai
principi di catturarlo e consegnarlo all'autorità imperiale e ordinò il rogo
dei suoi scritti.
In quella occasione A. fece parte del piano architettato da Federico III,
detto il Saggio (1486-1525) e dal suo segretario Georg Burckhardt
(Spalatino), per portare Lutero al sicuro nella rocca di Wartburg, mediante
il suo finto rapimento eseguito il 4 Maggio.
A. era un ottimo teologo, ma anche un uomo dotato di senso pratico: fu lui
ad organizzare l'incontro ed il matrimonio di Lutero e Caterina di Bora nel
1525: la leggenda racconta che, quando A. chiese a Caterina chi intendesse
sposare, questa prontamente gli dichiarò la disponibilità a sposare sì
Lutero, ma che anche il fatto di convolare a nozze con lo stesso A. non le
sarebbe tutto sommato dispiaciuta!
Nel Dicembre 1536 A. fu invitato da Lutero a partecipare, assieme a Johannes
Schneider (Agricola) e Spalatino alla stesura degli articoli di Smacalda,
sollecitati dal principe elettore di Sassonia, Giovanni Federico I
(1532-1547) come risposta alla bolla papale Ad dominici gregis di Papa Paolo
III (1534-1549), e che diedero origine al trattato omonimo.
Nel 1541 il capitolo della cattedrale di Naumburg decise di nominare vescovo
il cattolico erasminiano Julius von Pflug, per impedire di mire di Giovanni
Federico I, che voleva creare una diocesi protestante. Il principe, per
tutta risposta, dichiarò nulla l'elezione e a sua volta nominò A. vescovo,
il primo vescovo della storia del Protestantesimo. L'investitura avvenne
l'anno successivo e fu officiato da Lutero in persona.
Purtroppo la guerra e la relativa sconfitta della Lega Smacaldica del 1547
fece sì che A. venisse dichiarato decaduto dall'incarico di vescovo e Pflug
fu reinstallato nel posto.
Nel 1548, A. fu tra gli artefici della fondazione della scuola superiore di
stadi classici di Jena, trasformata in università nel 1558 e considerata un
centro fondamentale per il Luteranesimo, dove A. stesso curò la
pubblicazione delle opere di Lutero, nota come edizione di Jena.
A. morì ad Eisenach il 14 Maggio 1565.


Il pensiero
A. fu sempre uno strenuo difensore dell'ortodossia del pensiero luterano e
scese spesso in campo contro altri pensatori, come Melantone, oggetto dei
suoi strali in almeno tre occasioni:
Lutero disprezzava totalmente il valore delle opere buone per ottenere la
salvezza, ma Melantone era dell'idea che le opere buone erano necessarie per
ottenere perlomeno la "felicità eterna": questa tesi fu anche sostenuta da
Georg Major (1502-1574), professore di Wittenberg, che fu denunciato da A. e
da Mattija Vlacic (Mattia Flacio Illirico). Questa posizione di A. venne
successivamente criticata nella Formula di Concordia del 1577, l'ultima
delle formule di fede luterana.
Nuovamente Melantone contestò il pensiero luterano che molte dottrine e
pratiche della Chiesa Cattolica dovevano essere combattute, mentre per lui
erano indifferenti, e quindi potevano essere anche ammesse. La controversia
fu denominata adiaforista dal latino adiaphora (cose indifferenti dal punto
di vista morale) e fu osteggiata da A.
Infine Lutero era convinto che l'uomo non poteva contribuire alla propria
salvezza, ma Melantone, in età matura, credeva che la volontà umana era
utile perlomeno per lottare contro la debolezza insita nell'uomo. Anche
questo pensiero, detto sinergistico, fu contestato da A., che capeggiò il
partito degli anti - sinergisti.
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Antimariani o antidicomarianiti (IV secolo)



Una corrente spontanea di pensiero eretico, di origine orientale e diffuso
tra il II e IV secolo, denominata "gli oppositori di Maria", in quanto
negavano la verginità di Maria sia prima del parto, affermando il valore
simbolico dell'Annunciazione, sia dopo, affermando che Gesù ebbe molti
fratelli, interpretando alla lettera i Vangeli (Matteo 4:18-21).
I primi antimariani, la setta degli ebioniti, affermarono che Gesù era
semplicemente il figlio di Giuseppe e Maria.
Altri antimariani furono gli esponenti ariani, Eudossio di Costantinopoli ed
Eunomio di Cizico, ma il gruppo più significativo furono i tre religiosi del
IV secolo, Gioviniano di Roma, Elvidio di Milano e Bonoso di Sardica.
Secondo Sant'Epifanio (Contra haeresis), questa setta incontrò una notevole
popolarità in Arabia verso la fine del IV secolo.
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Teodato (o Teodoto), detto il Banchiere o il Cambiavalute e Melchisedechiani
o Antigani (III secolo)



Teodato (o Teodoto), detto il Banchiere o il Cambiavalute, fu seguace
dell'omonimo Teodato (o Teodoto) di Bisanzio, detto il Pellaio o il
Conciatore, fondatore della corrente degli adozionisti, di coloro, cioè che
credevano che  Gesù fosse semplicemente un uomo (psilos anthropos), vissuto
come gli altri uomini e "adottato" come figlio da Dio, solamente al momento
del suo battesimo nel Giordano, quando il Cristo era sceso su di Lui sotto
forma di una colomba.
T., prendendo spunto da un passaggio della Lettera di S.Paolo agli Ebrei
(7;1-3), aggiunse alla dottrina del suo maestro il concetto di un potere
celeste, di nome Melchisedech, una forma di Spirito Santo, incarnazione del
Logos, perfino più importante di Gesù stesso, e che aveva istituito il
sacramento dell'Eucarestia.
Questo concetto diede luogo alla setta, situata in Frigia, dei
Melchisedechiani o Antigani (Intoccabili). Secondo Timoteo di
Costantinopoli, essi avevano delle strane usanze: in particolare, non
toccavano mai alcun uomo (da cui il nome) e se veniva offerto loro del cibo,
lo facevano posare per terra prima di raccoglierlo.
Sempre a proposito di Teodato, secondo Eusebio (che trasse questa storia dal
Piccolo Labirinto di Ippolito), questi ed Esclipedoto , dopo la morte di
Papa Vittore nel 199, decisero di strutturare il movimento come una vera
Chiesa, nominando vescovo, per 170 denarii al mese, un prete romano di nome
Natalio, che era stato torturato durante le persecuzioni, probabilmente
sotto l'imperatore Settimio Severo.
Ma il povero Natalio, dopo un notte di incubi, dove sognò di essere
tormentato dagli angeli, si recò pentito e affranto da Papa Zeffirino
(199-217), che lo perdonò. Tale clemenza non fu, però, adottato da Zeffirino
nei confronti dei due capiscuola adozionisti sopra menzionati, prontamente
scomunicati.
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Antimariani o antidicomarianiti (IV secolo)



Una corrente spontanea di pensiero eretico, di origine orientale e diffuso
tra il II e IV secolo, denominata "gli oppositori di Maria", in quanto
negavano la verginità di Maria sia prima del parto, affermando il valore
simbolico dell'Annunciazione, sia dopo, affermando che Gesù ebbe molti
fratelli, interpretando alla lettera i Vangeli (Matteo 4:18-21).
I primi antimariani, la setta degli ebioniti, affermarono che Gesù era
semplicemente il figlio di Giuseppe e Maria.
Altri antimariani furono gli esponenti ariani, Eudossio di Costantinopoli ed
Eunomio di Cizico, ma il gruppo più significativo furono i tre religiosi del
IV secolo, Gioviniano di Roma, Elvidio di Milano e Bonoso di Sardica.
Secondo Sant'Epifanio (Contra haeresis), questa setta incontrò una notevole
popolarità in Arabia verso la fine del IV secolo.
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Agricola (Schnitter o Schneider), Johann (o Johannes) (1494-1566) e
antinomismo (o antinomianismo)



Definizione e storia dell'antinomismo o antinomianismo
L'antinomismo è la convinzione dell'inutilità della legge morale,
solitamente, ma non solamente, derivata da motivi filosofici o teologici.
Questo atteggiamento era già presente all'inizio del Cristianesimo nella
dottrina di varie sette gnostiche, come i Carpocraziani o i Cainiti, che
sostenevano di non essere più soggetti alla legge, basandosi su
un'interpretazione (del tutto soggettiva) della Lettera di San Paolo ai
Romani, per esempio nei seguenti brani:
Perché non dovremmo fare il male affinché venga il bene, come alcuni - la
cui condanna è ben giusta - ci calunniano, dicendo che noi lo affermiamo?
(3,8)
Ora invece, indipendentemente dalla legge, si è manifestata la giustizia di
Dio, testimoniata dalla legge e dai profeti. (3,21)
Dalla Riforma in avanti, le idee antinomiane comparvero abbastanza
sistematicamente nel mondo protestante: nel XVI secolo furono espresse in
Germania da Johann Agricola, nel XVII secolo dai Ranters in Inghilterra e da
Anne Hutchinson nelle colonie inglesi in America, nel XVIII secolo dal conte
Zizendorf, nel XIX secolo da John Nelson Darby e dai fratelli di Plymouth.


Johann Agricola
Johann (o Johannes) Agricola, da non confondere con l'omonimo alchimista
(1589-1643), nacque nel 1492 in Eisleben, una cittadina nella Turingia, nove
anni dopo il suo illustre concittadino, Martin Lutero. Il suo nome
originario era Schnitter, o Schneider, e spesso venne soprannominato
Magister Islebius.
Compì i suoi studi a Wittenberg, dove, una volta laureato, insegnò e dove
aderì alla Riforma luterana e nel 1525 A. si trasferì a Francoforte per
diffondere il protestantesimo, ma, dopo poco, ritornò ad Eisleben per
insegnare alla scuola di Sant'Andrea fino al 1536. In quell'anno, infatti,
fu richiamato dall'università di Wittenberg con l'offerta di una docenza.
Tuttavia, poco dopo il suo arrivo, scoppiò la controversia antinomiana: A.
forzò il pensiero luterano della giustificazione sola fide, per arrivare
alla conclusione che, se le buone opere non portavano alla salvezza, allora
neanche le cattive opere la facevano perdere.
Egli fu per questo attaccato duramente da Lutero nel suo trattato Contro gli
antinomiani, dove quest'ultimo affermò che la legge dava all'uomo la
coscienza del peccato e che la paura della legge era necessaria per la
conservazione della moralità.
Sotto la continua pressione di Lutero stesso, A. fu costretto a ricusare le
proprie idee nel 1540 davanti al Principe elettore di Brandeburgo,
Gioacchino II (1535-1571), da cui A. era stato nominato predicatore di
corte.
A. morì a Berlino nel 1566.


Curiosità
Il grande poeta inglese del periodo vittoriano, Robert Browning (1812-1889),
scrisse nel 1836 un poema, sotto forma di monologo drammatico, dal titolo
Johannes Agricola in Meditation, in cui il poeta si immagina le
fantasticherie di A., che si crede al sicuro dagli strali divini, qualsiasi
cattiveria compia, come in questo passaggio:


....io ho la garanzia divina, che potrei mischiare
in una tazza, ogni orrendo peccato
per bere tutto il veleno mescolato;
certo che la mia natura velocemente
convertirebbe il sorso in letizia fiorente.
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Agricola (Schnitter o Schneider), Johann (o Johannes) (1494-1566) e
antinomismo (o antinomianismo)



Definizione e storia dell'antinomismo o antinomianismo
L'antinomismo è la convinzione dell'inutilità della legge morale,
solitamente, ma non solamente, derivata da motivi filosofici o teologici.
Questo atteggiamento era già presente all'inizio del Cristianesimo nella
dottrina di varie sette gnostiche, come i Carpocraziani o i Cainiti, che
sostenevano di non essere più soggetti alla legge, basandosi su
un'interpretazione (del tutto soggettiva) della Lettera di San Paolo ai
Romani, per esempio nei seguenti brani:
Perché non dovremmo fare il male affinché venga il bene, come alcuni - la
cui condanna è ben giusta - ci calunniano, dicendo che noi lo affermiamo?
(3,8)
Ora invece, indipendentemente dalla legge, si è manifestata la giustizia di
Dio, testimoniata dalla legge e dai profeti. (3,21)
Dalla Riforma in avanti, le idee antinomiane comparvero abbastanza
sistematicamente nel mondo protestante: nel XVI secolo furono espresse in
Germania da Johann Agricola, nel XVII secolo dai Ranters in Inghilterra e da
Anne Hutchinson nelle colonie inglesi in America, nel XVIII secolo dal conte
Zizendorf, nel XIX secolo da John Nelson Darby e dai fratelli di Plymouth.


Johann Agricola
Johann (o Johannes) Agricola, da non confondere con l'omonimo alchimista
(1589-1643), nacque nel 1492 in Eisleben, una cittadina nella Turingia, nove
anni dopo il suo illustre concittadino, Martin Lutero. Il suo nome
originario era Schnitter, o Schneider, e spesso venne soprannominato
Magister Islebius.
Compì i suoi studi a Wittenberg, dove, una volta laureato, insegnò e dove
aderì alla Riforma luterana e nel 1525 A. si trasferì a Francoforte per
diffondere il protestantesimo, ma, dopo poco, ritornò ad Eisleben per
insegnare alla scuola di Sant'Andrea fino al 1536. In quell'anno, infatti,
fu richiamato dall'università di Wittenberg con l'offerta di una docenza.
Tuttavia, poco dopo il suo arrivo, scoppiò la controversia antinomiana: A.
forzò il pensiero luterano della giustificazione sola fide, per arrivare
alla conclusione che, se le buone opere non portavano alla salvezza, allora
neanche le cattive opere la facevano perdere.
Egli fu per questo attaccato duramente da Lutero nel suo trattato Contro gli
antinomiani, dove quest'ultimo affermò che la legge dava all'uomo la
coscienza del peccato e che la paura della legge era necessaria per la
conservazione della moralità.
Sotto la continua pressione di Lutero stesso, A. fu costretto a ricusare le
proprie idee nel 1540 davanti al Principe elettore di Brandeburgo,
Gioacchino II (1535-1571), da cui A. era stato nominato predicatore di
corte.
A. morì a Berlino nel 1566.


Curiosità
Il grande poeta inglese del periodo vittoriano, Robert Browning (1812-1889),
scrisse nel 1836 un poema, sotto forma di monologo drammatico, dal titolo
Johannes Agricola in Meditation, in cui il poeta si immagina le
fantasticherie di A., che si crede al sicuro dagli strali divini, qualsiasi
cattiveria compia, come in questo passaggio:


....io ho la garanzia divina, che potrei mischiare
in una tazza, ogni orrendo peccato
per bere tutto il veleno mescolato;
certo che la mia natura velocemente
convertirebbe il sorso in letizia fiorente.
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Amsdorf, Nikolaus von (1483-1565) e anti-sinergisti



La vita
Nikolaus von Amsdorf, nato il 3 Dicembre 1483 a Torgau, in Sassonia, da una
famiglia nobile, era canonico al Convento di Ognissanti e, dal 1511,
professore di teologia a Wittenberg, dove egli aveva studiato, frequentando
comunque anche l'università di Lipsia.
Agli inizi della Riforma protestante, A. diventò amico fraterno di Martin
Lutero, di cui condivise e difese zelantemente le idee riformiste e che
accompagnò in molti suoi viaggi. Fu infatti assieme a lui e a Philipp
Melantone, che A. si recò a Lipsia, per la famosa disputa, organizzata dal
nunzio papale Carl Von Miltitz (1480-1529) dal 27 Giugno al 16 Luglio 1519,
tra il teologo Johann Eck (1486-1543) e i due amici e colleghi Andreas
Bodenstein (Carlostadio) e Martin Lutero.
Anche due anni più tardi, nel 1521, A. accompagnò Lutero alla dieta di
Worms, dove l'editto imperiale dell'8 Maggio condannò Lutero, ordinò ai
principi di catturarlo e consegnarlo all'autorità imperiale e ordinò il rogo
dei suoi scritti.
In quella occasione A. fece parte del piano architettato da Federico III,
detto il Saggio (1486-1525) e dal suo segretario Georg Burckhardt
(Spalatino), per portare Lutero al sicuro nella rocca di Wartburg, mediante
il suo finto rapimento eseguito il 4 Maggio.
A. era un ottimo teologo, ma anche un uomo dotato di senso pratico: fu lui
ad organizzare l'incontro ed il matrimonio di Lutero e Caterina di Bora nel
1525: la leggenda racconta che, quando A. chiese a Caterina chi intendesse
sposare, questa prontamente gli dichiarò la disponibilità a sposare sì
Lutero, ma che anche il fatto di convolare a nozze con lo stesso A. non le
sarebbe tutto sommato dispiaciuta!
Nel Dicembre 1536 A. fu invitato da Lutero a partecipare, assieme a Johannes
Schneider (Agricola) e Spalatino alla stesura degli articoli di Smacalda,
sollecitati dal principe elettore di Sassonia, Giovanni Federico I
(1532-1547) come risposta alla bolla papale Ad dominici gregis di Papa Paolo
III (1534-1549), e che diedero origine al trattato omonimo.
Nel 1541 il capitolo della cattedrale di Naumburg decise di nominare vescovo
il cattolico erasminiano Julius von Pflug, per impedire di mire di Giovanni
Federico I, che voleva creare una diocesi protestante. Il principe, per
tutta risposta, dichiarò nulla l'elezione e a sua volta nominò A. vescovo,
il primo vescovo della storia del Protestantesimo. L'investitura avvenne
l'anno successivo e fu officiato da Lutero in persona.
Purtroppo la guerra e la relativa sconfitta della Lega Smacaldica del 1547
fece sì che A. venisse dichiarato decaduto dall'incarico di vescovo e Pflug
fu reinstallato nel posto.
Nel 1548, A. fu tra gli artefici della fondazione della scuola superiore di
stadi classici di Jena, trasformata in università nel 1558 e considerata un
centro fondamentale per il Luteranesimo, dove A. stesso curò la
pubblicazione delle opere di Lutero, nota come edizione di Jena.
A. morì ad Eisenach il 14 Maggio 1565.


Il pensiero
A. fu sempre uno strenuo difensore dell'ortodossia del pensiero luterano e
scese spesso in campo contro altri pensatori, come Melantone, oggetto dei
suoi strali in almeno tre occasioni:
Lutero disprezzava totalmente il valore delle opere buone per ottenere la
salvezza, ma Melantone era dell'idea che le opere buone erano necessarie per
ottenere perlomeno la "felicità eterna": questa tesi fu anche sostenuta da
Georg Major (1502-1574), professore di Wittenberg, che fu denunciato da A. e
da Mattija Vlacic (Mattia Flacio Illirico). Questa posizione di A. venne
successivamente criticata nella Formula di Concordia del 1577, l'ultima
delle formule di fede luterana.
Nuovamente Melantone contestò il pensiero luterano che molte dottrine e
pratiche della Chiesa Cattolica dovevano essere combattute, mentre per lui
erano indifferenti, e quindi potevano essere anche ammesse. La controversia
fu denominata adiaforista dal latino adiaphora (cose indifferenti dal punto
di vista morale) e fu osteggiata da A.
Infine Lutero era convinto che l'uomo non poteva contribuire alla propria
salvezza, ma Melantone, in età matura, credeva che la volontà umana era
utile perlomeno per lottare contro la debolezza insita nell'uomo. Anche
questo pensiero, detto sinergistico, fu contestato da A., che capeggiò il
partito degli anti - sinergisti.
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Spener, Philipp Jakob (1635-1705) e Speneriani e Pietismo



Introduzione
Dopo la morte di Martin Lutero nel 1546, tra i suoi seguaci si sviluppò un
acceso dibattito con la contrapposizione tra la scuola adiaforista di
Philipp Melantone e i gnesio-luterani, capeggiati da Nikolaus von Amsdorf,
che rigidamente seguivano l'insegnamento di Lutero. La divisione fu
faticosamente ricomposta solamente con la Formula (1577) e il Libro (1580)
di Concordia. Tuttavia, successivamente proprio i teologi luterani caddero
in quella cristallizzazione scolastica, che tanto avevano criticato nei
studiosi cattolici.
Contro questa cristallizzazione e contro un'osservanza rigida e superficiale
della vita religiosa reagì il movimento dei pietisti, una corrente luterana
sviluppatosi nel XVII e XVIII secolo in Germania grazie all'azione del
teologo alsaziano Philipp Jakob Spener, ispirato, a sua volta, dai lavori di
Johannes Arndt, il padre teologico del pietismo, e del mistico francese Jean
de Labadie.


La vita
Il teologo Philipp Jakob Spener, fondatore del movimento pietista, nacque il
13 gennaio 1635 a Rappoltsweiler, in Alsazia. Egli frequentò dapprima il
ginnasio di Colmar, e successivamente l'università di Strasburgo, dove
studiò filologia, storia e filosofia, ottenendo il titolo di Maestro di arti
liberali nel 1653. Dal 1659 al 1662 egli viaggiò visitando le università di
Basilea, Tübingen e Ginevra, ed iniziò i suoi studi di araldica, che portò
avanti per tutta la sua vita. A Ginevra, fondamentale per le sue future
scelte teologiche fu l'incontro con il riformatore Jean de Labadie.
Nel 1663 S. ritornò a Strasburgo come predicatore e oratore, ma solo tre
anni più tardi egli decise di accettare il posto di Pastore capo della
chiesa luterana di Francoforte sul Meno: qui riscossero un vivo successo i
suoi sermoni ispirati alla necessità di una fede più viva e alla
santificazione della vita quotidiana e qui, nel 1670, concepì i cosiddetti
Collegia pietatis (da cui il nome del movimento), riunioni in case private
per lo studio delle letture sacre e per approfondire le esperienze
interiori.
Nel contempo egli scrisse il suo lavoro principale: Pia desideria oder
herzliches Verlangen nach gottgefälliger Besserung der wahren evangelischen
Kirche (Pii desideri, o la viva aspirazione ad un miglioramento, gradito a
Dio, della vera chiesa evangelica) (1675), in realtà una lunga introduzione
della nuova edizione, voluta da S. stesso, dei Vier Bücher vom Wahren
Christhentum (Quattro libri sul vero cristianesimo) di Johann Arndt. Nella
sua prefazione S. ipotizzava una riforma della chiesa luterana basata su sei
pii desideri:
A causa dell'inadeguatezza dei sermoni, bisognava favorire lo studio delle
Sacre Scritture attraverso riunioni private.
Era necessario sviluppare un sacerdozio universale con laici accanto ai
pastori.
La conoscenza del Cristianesimo doveva essere accompagnate dalle virtù
cristiane della Carità e del Perdono.
L'attitudine verso i non credenti doveva basarsi non sulla polemica
virulenta, ma sul desiderio di convertirli.
Andava sviluppato negli studenti di teologia non solo lo zelo per lo studio,
ma anche verso una vita devota.
La retorica nella predicazione doveva essere abbandonata per favorire una
vita cristiana pratica, piena di fede, ma anche severa [tra il 1680 ed il
1690 S. pubblicò tre opere contro il gioco, il teatro e la danza, le
cosiddette adiaphora (cose, per Melantone, indifferenti dal punto di vista
morale, un pensiero evidentemente non condiviso da S.!)].
Nel 1686 S. accettò il posto di cappellano di corte a Dresda, presso il
principe elettore di Sassonia, Johann Georg (Giovanni Giorgio) III
(1680-1691), ma nel 1691, il principe, constatato lo scarso interesse di S.
al ruolo assegnatogli, riuscì a convincere i principi di Brandeburgo a farlo
nominare rettore della chiesa di San Nicola a Berlino e consigliere del
concistoro.
Qui S. fu tenuto in alta considerazione da parte del principe elettore di
Brandeburgo, Federico III (principe elettore: 1688-1701 e, come Federico I,
re di Prussia: 1701-1713) e fu decisivo nella scelta dei professori per la
facoltà di teologia della neonata università di Halle. Questa università
diventò ben presto il centro di riferimento del pietismo tedesco e il suo
sviluppo venne ulteriormente implementato dall'erede spirituale di S.,
August Hermann Franke, che vi fondò scuole di carità, orfanotrofi, case di
riposo per anziani, laboratori artigiani, centri di studio della Bibbia.
Tuttavia l'ortodossia luterana non abbassò mai la guardia contro S.: nel
1695 la facoltà teologica dell'università di Wittenberg lo accusò di 264
errori dottrinali e solo la sua morte il 5 febbraio 1705 lo liberò per
sempre da questi attacchi.


Il Pietismo
Già nell'anno di nomina (1686) di S. a cappellano di corte a Dresda, August
Hermann Franke e i colleghi Johann Kaspar Schade (1666-1698) e Paul Anton
(1661-1730) fondarono a Lipsia i Collegia philobiblica, scuole per la
spiegazione pratica e devozionale delle Sacre Scritture. Essi invitarono i
cittadini di Lipsia a parteciparvi, e nel 1689/90 a creare essi stessi i
loro collegi. Ma l'iniziativa fu ostacolata dall'ortodossia luterana e
tramontò solo cinque anni più tardi, nel 1691. A Franke fu revocato lo
stipendio e proibito di organizzare incontri di qualsiasi tipo: non gli
restò che recarsi ad Halle (poco dopo fu raggiunto da Anton) per diventarvi
professore e pastore nel 1692.
Franke, vero diffusore del pietismo in Germania, come già sopradetto, formò
una schiera di teologi pietisti, che si contrapposero al centro dei luterani
tradizionali, cioè l'università di Wittenberg. Tra gli altri teologi o
fondatori di movimenti religiosi, nati come pietisti, ma che hanno poi
sviluppato posizioni diversi si annoverano: Gottfried Arnold, Johann Konrad
Dippel, Johann Albrecht Bengel,(che operò proprio a Wittenberg) ed infine il
conte Nikolaus Ludwig Graf von Zizendorf, fondatore della Herrnhuter
Brüdergemeine (comunità dei fratelli a Herrnhut), nella quale confluirono i
discendenti dei Fratelli Moravi, fondati da Luca di Praga nel XV secolo, i
labadisti, ed alcuni schwenckfeldiani. Anche sul movimento fondato dal
mistico svedese Emmanuel Swedenborg fu forte l'influenza del pietismo.
La massima fioritura per il pietismo in Germania, che comunque non creò mai
una chiesa separata, si ebbe sotto Federico I di Prussia e il successore
Federico Guglielmo I (1713-1740), ma declinò ben presto sotto il famoso (e
scettico) Federico II, detto il Grande (1740-1786).
All'estero l'influenza del pietismo fu più duraturo, in Danimarca con il re
Federico IV (1699-1730), che nel 1705 scelse i primi missionari per le Indie
fra i pietisti, ma soprattutto in Inghilterra e Nord America, nei confronti
di movimenti religiosi protestanti come quello Anglicano, Puritano, Battista
e Metodista.