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IL CALVINISMO - STORIA DEGLI ERETICI
Testi tratti dal sito: www.eresie.it di Douglas Swannie

LA STORIA DELLE ERESIE

Blondel, David (ca.1590-1655) e la leggenda della Papessa Giovanna

La leggenda della Papessa Giovanna
Nel XIII secolo prese piede la leggenda della Papessa Giovanna, una donna,
travestita da uomo, che sarebbe salita sul trono di Pietro tra l'855 e
l'858, ma che sarebbe stata smascherata dal fatto di essere rimasta incinta
e di aver partorito, morendone, in pubblico. In seguito a questo episodio,
la curia avrebbe predisposto una sedia papale, dotata di una apertura
inferiore per permettere ad un incaricato di..accertare, mediante
palpazione, che il candidato Papa avesse, come si dice, tutti gli attributi
maschili appropriati!
La leggenda fu pubblicata per primo dal cronista domenicano Giovanni di Metz
nel 1240/50 e ripresa dal collega Martino di Troppau pochi anni dopo.
Oggigiorno la storia viene rifiutata come una bufala folkloristica: a parte
il fatto che il periodo del presunto papato femminile coincide esattamente
con il papato di Benedetto III, la leggenda andrebbe probabilmente letta
come interpretazione simbolica dello strapotere delle vere padrone di Roma:
le corrotte patrizie romane Teodora e (soprattutto) la figlia Marozia,
amanti, madri e assassine di diversi papi. Marozia, per esempio, fu madre di
Papa Giovanni XI (931-935), il cui padre era Papa Sergio III (904-911)
(sic!): secondo Blondel (vedi sotto), la storia della Papessa Giovanna non
era altro che una satira proprio su Giovanni XI. Il X secolo fu un'era
veramente buia della storia del papato, e venne efficacemente denominato
periodo della pornocrazia romana.
E' curioso comunque notare che, fino al XVII secolo, venne dato ampio
credito alla leggenda, soprattutto in ambiente protestante per evidenti
motivi propagandistici, e solo grazie al lavoro, pubblicato nel 1647 dal
pastore protestante francese David Blondel, la diceria fu definitivamente
scartata come priva di fondamento.


La vita
Lo storico ecclesiastico e pastore calvinista David Blondel nacque nel
1590/1 a Chalons-sur-Marne, in Francia e per la maggior parte della vita,
pur essendo un profondo conoscitore di storia, svolse il mestiere di
semplice pastore protestante di provincia.
B. mostrò una notevole facoltà critica, pubblicando lavori di confutazione
storica di documenti e leggende della storia della Chiesa Cristiana.
Nel 1628, per esempio, confutò con la sua Pseudo-Isidorus et Turrianus
vapulantes  la veridicità dei cosiddetti Falsi Decretali, una serie di
documenti contraffatti del 850, ma fatti risalire, in mala fede, a
Sant'Isidoro di Siviglia (560-636) in quanto strumentali per l'affermazione
della supremazia papale già dai primi secoli del Cristianesimo.
Ma il lavoro che attirò le critiche maggiori, proprio dagli ambienti
protestanti, fu la dissertazione del 1647 sulla leggenda della Papessa
Giovanna, che B. rifiutò come figura storica ed interpretò come un mito o
una satira, come già detto, sulla figura di Papa Giovanni XI. Purtroppo,
avendo B. tolto una notevole arma di propaganda del protestantesimo contro
il papato, egli fu fatto segno di pesanti ed indignate critiche proprio da
parte del mondo riformista.
Nel 1650 egli subentrò a Gerhard Jan Voss (nome umanistico
Vossius)(1577-1649) come professore di storia all'università di Amsterdam,
nella quale città egli morì il 6 aprile 1655.


Libera Intelligenza o Uomini di Intelligenza (da metà XIV secolo)



Movimento eretico del XIV secolo, derivato dai Fratelli del Libero Spirito
del XII secolo. Sembra che la Libera Intelligenza sia stata fondata intorno
al 1350 da una donna di Bruxelles, chiamata Bloemardinne, che, come nella
dottrina del Libero Spirito, affermava che si poteva raggiungere un tale
stato di grazia da poter commettere qualsiasi atto senza correre il rischio
di peccare, secondo il detto di San Paolo: Tutto è puro per i puri (Lettera
a Tito 1,15). Alcuni autori cattolici riportarono che essi, forti di questo
convincimento, si lasciavano andare soprattutto ad atti contro la morale ed
in effetti Bloemardinne predicava una dottrina di libero amore, chiamato
"amore serafico".
I suoi seguaci la venerarono come una mistica e le attribuirono doti
taumaturgiche anche dopo la morte.
Successivamente il movimento fu capeggiato da Guglielmo Hilderniss (o
Hindernissen), un carmelitano, assieme al suo discepolo Giles Cantor.
Entrambi furono processati nel 1410 da parte del vescovo di Cambrai, Pierre
d'Ailly (1350-ca. 1420) e condannati alla clausura perpetua in convento.
Gli atti del processo aiutano a capire di più su questo movimento: sembra
che essi seguissero le profezie di Gioacchino da Fiore, ma che,
contrariamente al mistico calabrese, non erano convinti dell'immediatezza
dell'era dello Spirito Santo.
Rifiutavano inoltre i sacramenti, perché la morte di Gesù Cristo sulla croce
rendeva inutile la Confessione e relativa assoluzione e seguivano le
dottrine panteistiche di Amaury di Béne e Davide di Dinant, affermando
l'esistenza di Dio in ogni cosa e quindi considerando la Comunione superflua
in quanto nell'ostia non ci sarebbe stato più presenza di Dio confrontata
con qualsiasi altra cosa.
Gli Uomini di Intelligenza, inoltre, erano convinti di essere talmente
pervasi dallo Spirito Santo da poter interpretare la Bibbia come e meglio
del clero ufficiale e che questo loro stato di grazia li permettesse di
risorgere come esseri spirituali.
Per quanto concerne l'amore serafico, pare che le donne del gruppo non
potevano rifiutarsi di avere rapporti sessuali con gli altri membri (alla
faccia del serafico!), in quanto questo atto veniva considerato come una
preghiera (sic!). E se ci fosse stata fra esse qualcuna che si fosse
rifiutata, poteva essere pure violentata.
Sotto la spinta delle persecuzioni dell'Inquisizione, nel 1418 alcuni
profughi francesi della zona di Lilla e Tournai, cioè dalla Piccardia, e per
questo denominati piccardi (secondo alcuni fantasiosi autori una corruzione
del termine begardi) decisero di emigrare nella Boemia hussita. Qui, secondo
alcuni autori cattolici, essi si lasciarono andare ad atti contro la morale,
come atti sessuali extra matrimoniali, come l'abitudine di girare nudi come
Adamo ed Eva nell'Eden, e come l'uso comunitario di tutti i beni (comprese
le donne).
Per questo furono soprannominati Adamiti e, come loro capo si proclamò un ex
predicatore hussita, dell'ala taborita, Martin Huska.


Curiosità: secondo una discussa ipotesi (formulata dallo studioso tedesco
Wilhelm Fraenger), il noto pittore fiammingo Hieronymus Bosch (1450-1516)
potrebbe aver aderito a suo tempo a questo movimento o a quello del Libero
Spirito : ciò si dedurrebbe da una "lettura" simbolica di alcuni dei suoi
dipinti più complessi e allucinanti, come il trittico Il giardino delle
delizie, particolarmente nel suo pannello centrale.


Confraternita Rosa Croce (rosacrocianesimo o società dei rosacrociani) (XVII
secolo)



Premessa e paternità dei manifesti rosacrociani
Nel 1614 comparve a Cassel, in Germania, il manifesto base, dal titolo
Allgemeine und General Reformation der ganzen weiten Welt (Riforma generale
ed universale di tutto il mondo) di un misterioso movimento mistico
occultistico, denominato Confraternita Rosa Croce. Il documento venne
seguito l'anno successivo da un ulteriore manifesto dal titolo Fama
Fraternitas R. C. Ambedue gli scritti lanciavano un appello a tutti gli
studiosi di cabala e occultismo di concorrere a formare una società segreta,
che potesse aiutare la rinascita dell'umanità e all'epoca apparvero come
anonimi, ma la loro paternità come quella (certa) del successivo libro
alchemico, Le nozze chimiche di Christian Rosenkreutz, pubblicato nel 1616,
venne attribuita al pastore luterano Johann Valentin Andreae, che, secondo
lo storico Paul Arnold, smentì di averli scritti ed anzi dichiarò, in
seguito, di aver concepito Le nozze chimiche per ridicolizzare un diffuso
interesse dell'epoca verso l'occultismo.
Tuttavia altre interpretazioni moderne propendono proprio per un diretto
coinvolgimento di Andreae, sebbene mediato da una stesura, a più mani, dei
sopraccitati testi concepita all'interno del cosiddetto Cerchio di Tubinga,
un circolo mistico-occultista di circa trenta aderenti, comprendenti, fra
gli altri, lo stesso Andreae, Tobias Hess (1558-1614), Johann Arndt, Wilhelm
von Wense (m. 1641), Tobias Adami (m. 1643) e Christophe Besold (1577-1638),
amico fraterno di Andreae.


Definizione di rosacrociano
Secondo Franz Hartmann, il rosacrociano è "una persona che mediante il
processo di risveglio spirituale, ha ottenuto una conoscenza pratica del
significato segreto della Rosa e della Croce (..) Chiamare una persona
rosacrociana non significa fare di lui un rosacrociano. Il vero rosacrociano
non può essere creato; egli deve crescere per diventarlo mediante
l'espansione del potere divino nel suo cuore".
Le idee dei rosacrociani nacquero da un immenso crogiolo nel quale erano
confluiti: il pensiero di Traiano Boccalini (1556-1613), autore di un testo
satirico chiamato Ragguagli di Parnasso, tradotto da Besold; le visioni
utopiche del filosofo domenicano Tommaso Campanella, i cui scritti furono
portati in Germania da Tobias Adami nel 1613; le profezie di Gioacchino da
Fiore; i mistici tedeschi del XIV secolo come Johannes Tauler e Johannes
Eckhart e scienze occulte come la cabala, l'alchimia e l'ermetismo.


La leggenda di Christian Rosenkreuz (1378-1484)
I manifesti facevano quindi riferimento a questa misteriosa fratellanza, di
tipo occultistico, cabalistico, e teosofico, fondata da un nobile tedesco,
filosofo ed ex monaco, Christian Rosenkreuz, che sarebbe vissuto ben 106
anni tra il 1378 ed il 1484. Egli, viaggiando tra Damasco, Cairo,
Gerusalemme e Fez, sarebbe stato iniziato da alcuni sapienti arabi, che
erano stati in grado di rivelargli tutti i segreti della sua vita, passata,
presente e futura, e di guarirlo da una grave malattia con l'aiuto della
Pietra Filosofale.
Al ritorno in Germania, egli avrebbe fondato, nel 1407, un ordine
rosacrociano con tre, in seguito otto, confratelli e sarebbe vissuto ancora
77 anni. La sua tomba sarebbe rimasta celata fino alla sua riscoperta nel
1604, da cui l'aumentato interesse nei confronti del suo ordine all'inizio
del XVII secolo.
Oggigiorno la tesi che Rosenkreuz sia un personaggio storicamente esistito è
la meno accreditata, perfino tra i moderni rosacrociani. Altri autori
propendono per l'ipotesi che il nome copra, attraverso uno pseudonimo, un
personaggio storico in vista, secondo alcuni Francesco Bacone (1561-1626),
secondo altri Cornelius Agrippa di Nettesheim, oppure, più probabilmente,
che tutta la vicenda vada letta in senso strettamente allegorico.


Primi passi del rosacrocianesimo
Comunque il riferimento nei manifesti ad una supposta società segreta
provocò una grande eccitazione in tutta l'Europa (soprattutto in Francia,
Inghilterra, Austria e Paesi Bassi): famosi occultisti, come l'inglese
Robert Fludd (1574-1637) o il tedesco Michael Maier (1568-1622), o perfino
il grande filosofo francese René Descartes (Cartesio)(1586-1654), chiesero
pubblicamente di essere contattati dai misteriosi rosacrociani o, meglio,
affermarono addirittura di essere già entrati nella società. Un po' ovunque
sorsero gruppi auto-nominatisi rosacrociani, anche se poi nessuno riuscì a
trovare fisicamente i rosacrociani, per il semplice motivo che essi, come
società segreta strutturata, non esistevano proprio.
Nel frattempo, nel 1616, gli stessi autori (il precedentemente citato
circolo di Tubinga), spaventati dall'incredibile impatto dei loro manifesti
e dalle reazioni negative delle chiese ufficiali, decisero di non uscire
allo scoperto e di osservare il più rigoroso anonimato, abbandonando quindi
alla riprovazione pubblica Andreae, l'unico tra loro che aveva avuto il
coraggio di firmare un testo.
E rapido arrivò il declino: già dal 1619 i principali occultisti,
interessati al movimento, iniziarono a dissociarsi e lo stesso Andreae,
indispettito per il voltafaccia dei suoi ex amici, pubblicò, tra il 1617 ed
il 1618, l'Invitatio ad Fraternitatem Christi (Invito alla Confraternita di
Cristo), dove egli cercò di lanciare, in contrapposizione al
rosacrocianesimo, un movimento innovatore, una specie di "Città Cristiana"
(Christianopolis), una Nuova Gerusalemme posta direttamente sotto la
protezione di Dio.
Nel 1628, dopo una pausa forzata a causa di un periodo della Guerra dei
Trent'anni (1618-1648), scrisse un nuovo manifesto Verae unionis in Christo
specimen, nel quale, attaccando Calvinisti, Anabattisti, Schwenckfeldiani, e
i suoi ex-amici rosacrociani, egli esortava alla formazione di una Società
Cristiana.
L'ultimo episodio avvenne in Olanda, quando il pittore e alchimista Johannes
Symonsz van der Beeck (o Beke) (nome umanistico: Torrentius) (1589-1644),
venne imprigionato il 30 agosto 1627 e processato: lo sfortunato pittore era
probabilmente solo un libertino e gaudente, ma venne considerato il leader
della Rosa Croce olandese. Fu torturato e venne condannato come
bestemmiatore e per aver praticato l'alchimia, con un suo amico, tale
Christiaen Coppens, addirittura al rogo, pena poi trasformata in carcere per
vent'anni. Per fortuna, grazie al re d'Inghilterra Carlo I (1625-1649), suo
ammiratore, Torrentius venne rilasciato dalla prigione nel 1630 ed emigrò in
Inghilterra, ritornando dopo qualche anno in patria, dove morì ad Amsterdam
nel 1644.


Rosa croce e massoneria
E proprio in Inghilterra la Rosa Croce non tramontò mai definitivamente, ma
i suoi ideali vennero inglobati nella nascente massoneria speculativa.
Tradizionalmente si considera l'elemento di passaggio tra queste due scuole
di pensiero il grande alchimista, antiquario e astrologo Elias Ashmole
(1617-1692), pubblico difensore della Rosa Croce nel 1650 e massone dal
1646, sebbene in generale, intorno alla metà del XVII secolo, ci fu un
rifiorire di pubblicazioni rosacrociane, come la traduzione in inglese, a
cura di John Heydon (n. 1629), della Fama Fraternitatis nel 1652 o i testi
alchemici, di ispirazione rosacrociana, di Thomas Vaughan (1622-1665), che
scriveva sotto lo pseudonimo di Eugenius Philalethes.
In seguito l'influenza dei Rosa Croce fu rilevante sulla massoneria degli
anni 1720-1730 e divenne parte degli alti gradi massonici: il 18° grado del
rito scozzese si denomina, per l'appunto, Principe di Rosa Croce. Verso il
1757 il tedesco Hermann Fictuld (m. 1777) fondò la Confraternita della Rosa
Croce d'Oro, ma nei metodi e nei rituali, oramai questa era più un ordine
massonico, che un diretto discendente degli anni della Fama Fraternitatis.
Nel 1866 il funzionario della Grande Loggia d'Inghilterra, Robert Wentworth
Little (1840-1878) fondò la Societas Rosicruciana in Anglia, aperta ai soli
massoni cristiani trinitari (un sito non ufficiale è
http://www.drakesvision.com/sria/intro.htm), ma anche in Francia ci fu nel
XIX secolo un rinnovato interesse per il rosacrocianesimo, alimentato dai
lavori dell'occultista Eliphas Levi (1810-1875), che ispirarono la
fondazione dell'Ordine Cabalistico della Rosa-Croce nel 1887, voluta dagli
occultisti Stanislas de Guaita (1861-1897), Gérard Encausse, detto Papus
(1865-1916) e Joséphin Péladan (1858-1918). Quest'ultimo fondò poi, nel
1890, l'Ordine della Rosa-Croce Cattolica del Tempio e del Graal.


I rosacrociani oggigiorno
Oggi i principali gruppi rosacrociani sono otto, derivati spesso da ambienti
massonici o teosofici americani e quasi tutti caratterizzati dall'offerta di
corsi (spesso per corrispondenza) di astrologia, occultismo ed esoterismo e
dalla stampa di un proprio periodico:
1. Fraternitas Rosae Crucis, la più antica confraternita, fondata da Pascal
Beverly Randolph (1825-1875) nel 1858, è associata con la Church of
Illumination (Chiesa dell'Illuminazione), che si occupa dell'insegnamento
esoterico del gruppo. La sede centrale è a Quakertown, nella Pennsylvania.
La denominazione legale riporta anche la dicitura Beverly Hall Corporation e
il sito ufficiale è http://www.rosecross.org/index.html
2. Societas Rosicruciana in Civitatibus Foederatis (S.R.I.C.F.), fondata nel
1880 da un gruppo di massoni americani, che nel 1878 si erano fatti iniziare
dalla Societas Rosicruciana in Anglia in Inghilterra. Condizione necessaria
per l'adesione è, come per il gruppo inglese, essere massone cristiano
trinitaro. Sito web: http://www.sricf-ca.org
3. Societas Rosicruciana in America (S.R.I.A.), nata nel 1907 da una
scissione della precedente, quando alcuni membri espressero il desiderio di
aprire l'insegnamento rosacrociano ai profani (cioè ai non massoni).
Collegato alla società esiste anche il Seminario di Studi Biblici: infatti
il forte connotato cristiano mistico della società fu dato dal principale
divulgatore, George Winslow Plummer (1877-1944), che divenne vescovo della
Chiesa Ortodossa Americana nel 1934. Sito web: http://www.sria.org
4. The Ancient and Mystical Order Rosae Crucis (A.M.O.R.C.), il più diffuso
e noto gruppo rosacrociano fu fondato dall'occultista Harvey Spencer Lewis
(1883-1939) nel 1915, dopo essere stato iniziato nel 1909 in Francia.
Nonostante abbia incorporato una chiesa rosacrociana (Pristine Church of the
Rose Cross) negli anni '20, la confraternita insiste sul suo aspetto laico
con gradi e ritualistica di forte sapore massonico. Negli anni '30 Lewis ha
dotato la sede centrale di San Jose (California) di una propria università,
planetario, biblioteca e museo egizio (Lewis era infatti convinto che
l'ordine fosse stato fondato dal faraone Tutmosis III nel 1450 a.C.).
L'AMORC è presente in diversi paesi e, nonostante diverse defezioni a favore
di nuove e nascenti organizzazioni rosacrociane, esso rimane il gruppo più
numeroso (gli organizzatori citano un numero di aderenti di 6 milioni, ma
pare più realistica la cifra di qualche centinaia di migliaia di adepti). In
Italia esso è presente con due logge (a Milano, sede centrale, e a Verona),
ma anche diversi altri punti organizzati, denominati capitoli e pronai.
L'afflusso agli incontri viene rinforzato dalla presenza di emigrati di
colore, originari dell'Africa, dove l'AMORC è particolarmente diffuso. Sito
web: http://www.amorc.org
5. The Rosicrucian Fellowship, fondato nel 1907 da Max Heindel, pseudonimo
dell'aristocratico e ingegnere tedesco-danese Carl Louis von Grasshoff
(1865-1919), emigrato in America nel 1903 e con la passione per
l'occultismo. Heindel fu anche iscritto alla Società Teosofica e allievo di
Rudolf Steiner. La forte impronta teosofica, religiosa e rituale venne da
Heindel trasferita nel suo gruppo rosacrociano, che è caratterizzata da un
vivo interesse anche per l'astrologia: la Fellowship, con sede a Oceanside
(California), pubblica tutti gli anni le effemeridi, indispensabili per i
calcoli astrologici. E' presente anche in Italia come Associazione
Rosicruciana Oceanside (A.R.C.O.), con sede a Vaprio d'Agogna (Novara). Sito
web: http://www.rosicrucian.com
6. Rosicrucian Anthroposophic League, una scissione della precedente fatta
da S.R. Parchement con particolare rilievo alle tematiche antroposofiche di
Steiner. La sua sede a San Francisco. Non ha un sito web ufficiale.
7. Lectorium Rosicrucianum, uno dei più popolari gruppi, fu fondato nel 1924
da alcuni membri olandesi del Rosicrucian Fellowship, guidati da Jan van
Rijckenborgh, pseudonimo di Jan Leene (1896-1968), ma solo nel 1935 essi si
staccarono dall'obbedienza madre, formando un ordine, detto dei Manichei.
Dopo la seconda guerra mondiale, il gruppo assunse nel 1945 il nome attuale
di Lectorium Rosacrucianum. Il Lectorium, con sede americana a Bakersfield
(California), fa riferimento a correnti e tradizioni esoteriche, mistiche
cristiane (con particolare interesse per il pensiero di Jakob Böhme),
gnostiche dualistiche e catare, teosofiche, antroposofiche, massoniche. Gli
adepti praticano la dottrina della trasfigurazione (il rinunciare a vivere
secondo l'ordine stabilito dagli uomini per vivere, attraverso un processo
iniziatico, secondo quello divino) per evitare il tormento delle continue
reincarnazioni. Il gruppo è presente in Italia dal 1980 in 11 città e ha la
sede principale a Dovadola, in provincia di Forlì. 8. Ausar Auset Society,
fondata nel 1975 a New York da R.A.Straughn, noto anche con il nome
religioso di Ra Un Nefer Amen, un ex membro del Rosicrucian Anthroposophic
League, che ha particolarmente diffuso le sue idee occultiste alla comunità
nera americana, alla quale ha anche dedicato testi di approfondimento sulla
condizione sociale degli afro-americani.

Bockelson (o Bockelszoon o Beukels), Jan (Giovanni da Leida) (1508-1536)



Jan Bockelson (o Bockelszoon o Beukels) nacque a Leida (Olanda) nel 1508,
figlio illegittimo del sindaco di un villaggio olandese e di una donna di
servizio originaria della Westfalia. Ebbe un'istruzione scarsa e irregolare
e fece diversi mestieri, principalmente il sarto, ma anche il mercante e
l'oste.
Nel 1533 venne a contatto con il movimento anabattista e in novembre venne
battezzato da Jan Matthys. Iniziò ben presto a collaborare con il profeta
apocalittico anabattista e fu inviato come apostolo nel gennaio 1534 a
Münster.
In questa città, capitale della Westfalia, già teatro di un difficile
confronto tra cattolici e luterani, B. riuscì con il confratello Bernhard
Knipperdolling a diffondere l'anabattismo in maniera capillare e a creare
una tale esaltazione delle masse da far espellere l'odiato vescovo Franz von
Waldeck (vescovo: 1532-1534, m. 1553) e portare la propria confessione a
vincere la maggioranza nel consiglio comunale, durante le elezioni del 23
febbraio 1534.
Immediatamente Matthys vi si trasferì, dichiarando che quella era la Nuova
Gerusalemme dove attendere il ritorno di Cristo, Knipperdolling fu
dichiarato borgomastro, e fu portato alla causa l'ex pastore luterano
Bernhard Rothmann, il principale oppositore, fino ad allora, del potere
vescovile.
Furono prese misure radicali, come l'espulsione, anche con la violenza, di
tutti i cattolici e luterani (a fatica Knipperdolling e B. riuscirono a
convincere Matthys dell'assurdità di massacrarli tutti, come invece il
profeta pretendeva!) e confisca dei loro beni, ribattesimo di coloro che era
rimasti in città, abolizione della proprietà privata, incluso il denaro,
falò di tutti i libri della città eccetto la Bibbia.
Matthys proclamò la Nuova Sion in terra ed invitò tutti gli anabattisti ad
accorrere a Münster: nonostante che l'ex vescovo oramai cingesse d'assedio
la città con le sue truppe (per la verità non molto numerose): circa 2.500
fedeli risposero all'appello, tra cui i due fratelli ed ex preti Bernhard ed
Hinrich Krechting, che avrebbero assunto in seguito incarichi ufficiali nel
governo della città.
All'interno della città i capi si spartirono i compiti: Matthys assunse il
comando della dittatura teocratica, B. il governatorato, Rothmann si occupò
della propaganda e Knipperdolling della difesa.
Il giorno di Pasqua, 4 aprile 1534, giorno previsto da Matthys per la fine
del mondo, questi guidò una folle sortita con soli 20 compagni contro le
truppe del vescovo e cercò perfino di arringare i soldati per passare dalla
parte degli assediati, ma fu ucciso da un ufficiale con un colpo di spada al
petto. Successivamente le truppe cattoliche sfogarono la loro rabbia,
riducendo in mille pezzi il corpo senza vita del profeta anabattista.
Caduto il profeta Matthys, si poteva ipotizzare che l'intero pazzesco
complesso da lui architettato sarebbe crollato ed invece se ne approfittò
proprio il nostro B. per prendere il potere: egli fu investito del titolo di
profeta di Sion in seguito ad un quanto mai "opportuno" sogno di
Knipperdolling, nel quale Dio in persona gli aveva comunicato che il nuovo
profeta sarebbe stato proprio.l'ex sarto di Leida.
Preso il potere, B. si dimostrò purtroppo ancora più fanatico e sanguinario
di Matthys stesso e non rinunciò al solito metodo di imporre decisioni
spiacevoli alla popolazione, presentandole come parte, non discutibile, di
un suo delirio mistico. In seguito alla prima visione egli comunicò che il
governo della città sarebbe stato gestito da un consiglio di dodici anziani,
che sarebbero state varate delle nuove leggi molto severe, che ogni
insubordinazione sarebbe stata punita con la morte.
Ma fu soprattutto la sua pazzesca pretesa, dal luglio 1534, di introdurre la
poligamia obbligatoria, idea che ricordava gli Adamiti e i Fratelli del
Libero Spirito, a minare l'unità degli assedianti. Egli stesso sposò 15
mogli, tutte giovani e belle, tra cui la vedova di Matthys, Divara, mentre
Rothmann si accontentò di 9 mogli e via di seguito.
La disposizione, imposta con la forza, incontrò una crescente resistenza:
una congiura fu repressa nel sangue e tutte le donne che rifiutavano il
matrimonio forzato venivano orribilmente torturate ed uccise.
In Settembre nuova puntata della farsa di B.: un suo fedelissimo, ex orefice
di Warendorf, raccontò di aver sognato che Dio gli comunicava la
designazione di B. come novello Re Davide del regno della Nuova Gerusalemme.
L'ex sarto si schermì giusto il necessario per salvare la faccia e poi
dichiarò di accettare, minacciando di morte coloro che si fossero opposti.
Si fece quindi incoronare, con la sua regina Divara al suo fianco,
sfarzosamente circondato da dignitari e guardie del corpo: un bello smacco
per la sincera umiltà e povertà dei primi anabattisti!
Tra ottobre e dicembre 1534 Rothmann scrisse e pubblicò due opuscoli per
sostenere la causa degli assediati, ma i dissidi interni tra gli immigrati,
favoriti da B., e gli abitanti originari di Münster, portarono a nuove
esecuzioni capitali, a causa dei quali lo stesso Knipperdolling si ribellò,
guidando una congiura per rovesciare il "re": scoperto fu imprigionato, ma
almeno conservò la vita (per il momento).
Oramai le follie sanguinarie di B. erano all'ordine del giorno: una volta
convocò un banchetto per tutti, dove decapitò di persona un mercenario del
vescovo von Waldeck, da poco catturato, e poco dopo, come se nulla fosse,
celebrò la Santa Cena!
Tuttavia la pazienza del vescovo e dei principi tedeschi della zona era agli
sgoccioli, e dal gennaio 1535 l'assedio divenne rigorosissimo: nulla poteva
passare, neanche i viveri che precedentemente riuscivano a filtrare
attraverso le maglie dell'assedio. La fame avanzò rapidamente e quando finì
il cibo, gli abitanti si misero a mangiare di tutto: cani, gatti, topi,
erbe, scarpe bollite e quant'altro.
Una profezia di B. che a Pasqua sarebbero stati liberati si rivelò la solita
bufala ed in seguito allo scoramento generale, il re dovette lasciar partire
un gruppo di circa 500 persone che desideravano andarsene. Sfortunatamente
gli ordini del vescovo erano di non lasciar uscire nessuno e quindi la
maggior parte degli esuli furono uccisi dai mercenari vescovili.
Era il preludio dell'espugnazione della città, che avvenne il 24 giugno 1535
grazie al tradimento di un cittadino di Münster, che apri le porte della
città durante un violento temporale. Le truppe del vescovo poterono quindi
entrare, procedendo ad un massacro sistematico dei difensori, nonostante la
strenua lotta organizzata da Bernhard Krechting.
Furono catturati B., Knipperdolling e Bernhard Krechting, mentre di Rothmann
non si seppe mai più niente e il solo dei capi a sfuggire fu Hinrich
Krechting, che finì i suoi giorni come ministro calvinista in Olanda.
I tre prigionieri furono interrogati e torturati per farli invano abiurare,
sebbene lo stesso B. si offrì ad un certo punto di riconvertire gli
anabattisti, in cambio della vita.
Più dignitosa fu la morte della sua ex regina Divara, che rifiutò di
abiurare e fu per questo decapitata il 7 luglio 1535.
Infine il 22 gennaio 1536 B. e gli altri due furono portati sulla piazza del
mercato per essere giustiziati: furono loro strappati pezzi di carne con
tenaglie roventi fino all'agonia, e successivamente finiti a colpi di
pugnale. I cadaveri furono poi appesi in gabbie di ferro sul campanile della
chiesa di san Lamberto.


Bockelson (o Bockelszoon o Beukels), Jan (Giovanni da Leida) (1508-1536)



Jan Bockelson (o Bockelszoon o Beukels) nacque a Leida (Olanda) nel 1508,
figlio illegittimo del sindaco di un villaggio olandese e di una donna di
servizio originaria della Westfalia. Ebbe un'istruzione scarsa e irregolare
e fece diversi mestieri, principalmente il sarto, ma anche il mercante e
l'oste.
Nel 1533 venne a contatto con il movimento anabattista e in novembre venne
battezzato da Jan Matthys. Iniziò ben presto a collaborare con il profeta
apocalittico anabattista e fu inviato come apostolo nel gennaio 1534 a
Münster.
In questa città, capitale della Westfalia, già teatro di un difficile
confronto tra cattolici e luterani, B. riuscì con il confratello Bernhard
Knipperdolling a diffondere l'anabattismo in maniera capillare e a creare
una tale esaltazione delle masse da far espellere l'odiato vescovo Franz von
Waldeck (vescovo: 1532-1534, m. 1553) e portare la propria confessione a
vincere la maggioranza nel consiglio comunale, durante le elezioni del 23
febbraio 1534.
Immediatamente Matthys vi si trasferì, dichiarando che quella era la Nuova
Gerusalemme dove attendere il ritorno di Cristo, Knipperdolling fu
dichiarato borgomastro, e fu portato alla causa l'ex pastore luterano
Bernhard Rothmann, il principale oppositore, fino ad allora, del potere
vescovile.
Furono prese misure radicali, come l'espulsione, anche con la violenza, di
tutti i cattolici e luterani (a fatica Knipperdolling e B. riuscirono a
convincere Matthys dell'assurdità di massacrarli tutti, come invece il
profeta pretendeva!) e confisca dei loro beni, ribattesimo di coloro che era
rimasti in città, abolizione della proprietà privata, incluso il denaro,
falò di tutti i libri della città eccetto la Bibbia.
Matthys proclamò la Nuova Sion in terra ed invitò tutti gli anabattisti ad
accorrere a Münster: nonostante che l'ex vescovo oramai cingesse d'assedio
la città con le sue truppe (per la verità non molto numerose): circa 2.500
fedeli risposero all'appello, tra cui i due fratelli ed ex preti Bernhard ed
Hinrich Krechting, che avrebbero assunto in seguito incarichi ufficiali nel
governo della città.
All'interno della città i capi si spartirono i compiti: Matthys assunse il
comando della dittatura teocratica, B. il governatorato, Rothmann si occupò
della propaganda e Knipperdolling della difesa.
Il giorno di Pasqua, 4 aprile 1534, giorno previsto da Matthys per la fine
del mondo, questi guidò una folle sortita con soli 20 compagni contro le
truppe del vescovo e cercò perfino di arringare i soldati per passare dalla
parte degli assediati, ma fu ucciso da un ufficiale con un colpo di spada al
petto. Successivamente le truppe cattoliche sfogarono la loro rabbia,
riducendo in mille pezzi il corpo senza vita del profeta anabattista.
Caduto il profeta Matthys, si poteva ipotizzare che l'intero pazzesco
complesso da lui architettato sarebbe crollato ed invece se ne approfittò
proprio il nostro B. per prendere il potere: egli fu investito del titolo di
profeta di Sion in seguito ad un quanto mai "opportuno" sogno di
Knipperdolling, nel quale Dio in persona gli aveva comunicato che il nuovo
profeta sarebbe stato proprio.l'ex sarto di Leida.
Preso il potere, B. si dimostrò purtroppo ancora più fanatico e sanguinario
di Matthys stesso e non rinunciò al solito metodo di imporre decisioni
spiacevoli alla popolazione, presentandole come parte, non discutibile, di
un suo delirio mistico. In seguito alla prima visione egli comunicò che il
governo della città sarebbe stato gestito da un consiglio di dodici anziani,
che sarebbero state varate delle nuove leggi molto severe, che ogni
insubordinazione sarebbe stata punita con la morte.
Ma fu soprattutto la sua pazzesca pretesa, dal luglio 1534, di introdurre la
poligamia obbligatoria, idea che ricordava gli Adamiti e i Fratelli del
Libero Spirito, a minare l'unità degli assedianti. Egli stesso sposò 15
mogli, tutte giovani e belle, tra cui la vedova di Matthys, Divara, mentre
Rothmann si accontentò di 9 mogli e via di seguito.
La disposizione, imposta con la forza, incontrò una crescente resistenza:
una congiura fu repressa nel sangue e tutte le donne che rifiutavano il
matrimonio forzato venivano orribilmente torturate ed uccise.
In Settembre nuova puntata della farsa di B.: un suo fedelissimo, ex orefice
di Warendorf, raccontò di aver sognato che Dio gli comunicava la
designazione di B. come novello Re Davide del regno della Nuova Gerusalemme.
L'ex sarto si schermì giusto il necessario per salvare la faccia e poi
dichiarò di accettare, minacciando di morte coloro che si fossero opposti.
Si fece quindi incoronare, con la sua regina Divara al suo fianco,
sfarzosamente circondato da dignitari e guardie del corpo: un bello smacco
per la sincera umiltà e povertà dei primi anabattisti!
Tra ottobre e dicembre 1534 Rothmann scrisse e pubblicò due opuscoli per
sostenere la causa degli assediati, ma i dissidi interni tra gli immigrati,
favoriti da B., e gli abitanti originari di Münster, portarono a nuove
esecuzioni capitali, a causa dei quali lo stesso Knipperdolling si ribellò,
guidando una congiura per rovesciare il "re": scoperto fu imprigionato, ma
almeno conservò la vita (per il momento).
Oramai le follie sanguinarie di B. erano all'ordine del giorno: una volta
convocò un banchetto per tutti, dove decapitò di persona un mercenario del
vescovo von Waldeck, da poco catturato, e poco dopo, come se nulla fosse,
celebrò la Santa Cena!
Tuttavia la pazienza del vescovo e dei principi tedeschi della zona era agli
sgoccioli, e dal gennaio 1535 l'assedio divenne rigorosissimo: nulla poteva
passare, neanche i viveri che precedentemente riuscivano a filtrare
attraverso le maglie dell'assedio. La fame avanzò rapidamente e quando finì
il cibo, gli abitanti si misero a mangiare di tutto: cani, gatti, topi,
erbe, scarpe bollite e quant'altro.
Una profezia di B. che a Pasqua sarebbero stati liberati si rivelò la solita
bufala ed in seguito allo scoramento generale, il re dovette lasciar partire
un gruppo di circa 500 persone che desideravano andarsene. Sfortunatamente
gli ordini del vescovo erano di non lasciar uscire nessuno e quindi la
maggior parte degli esuli furono uccisi dai mercenari vescovili.
Era il preludio dell'espugnazione della città, che avvenne il 24 giugno 1535
grazie al tradimento di un cittadino di Münster, che apri le porte della
città durante un violento temporale. Le truppe del vescovo poterono quindi
entrare, procedendo ad un massacro sistematico dei difensori, nonostante la
strenua lotta organizzata da Bernhard Krechting.
Furono catturati B., Knipperdolling e Bernhard Krechting, mentre di Rothmann
non si seppe mai più niente e il solo dei capi a sfuggire fu Hinrich
Krechting, che finì i suoi giorni come ministro calvinista in Olanda.
I tre prigionieri furono interrogati e torturati per farli invano abiurare,
sebbene lo stesso B. si offrì ad un certo punto di riconvertire gli
anabattisti, in cambio della vita.
Più dignitosa fu la morte della sua ex regina Divara, che rifiutò di
abiurare e fu per questo decapitata il 7 luglio 1535.
Infine il 22 gennaio 1536 B. e gli altri due furono portati sulla piazza del
mercato per essere giustiziati: furono loro strappati pezzi di carne con
tenaglie roventi fino all'agonia, e successivamente finiti a colpi di
pugnale. I cadaveri furono poi appesi in gabbie di ferro sul campanile della
chiesa di san Lamberto.


Bodenstein, Andreas Rudolf, detto Karlstadt o Carlostadio (ca. 1480-1541) e
Sagramentari



Andreas Rudolf Bodenstein (nome umanistico: Carlostadio dalla città natale),
figlio del cantiniere Peter (o Rudolf) Bodenstein e di Anna von Mochau,
nacque nel 1480 ca. a Karlstadt, nella Bassa Franconia.
Egli studiò alle Università di Erfurt, Colonia e, dal 1504, di Wittenberg,
laureandosi in teologia nel 1510 (anno nel quale fu ordinato sacerdote) e in
diritto a Roma nel 1516. Durante quest'ultimo viaggio, B. ebbe una profonda
crisi religiosa, convincendosi sempre più dell'inutilità della volontà umana
contrapposta alla predestinazione.
Aderì abbastanza presto al luteranesimo, diventando amico del suo collega
(ambedue erano docenti a Wittenberg) Martin Lutero, assieme al quale
sostenne le ragioni dei Protestanti nella disputa con il teologo Johann Eck
(1486-1543) a Lipsia nel 1519.
Intervenne inoltre a favore della Riforma anche in Danimarca alla corte del
re Cristiano II (1513-1523), nipote di Federico III di Sassonia, detto il
Saggio (1486-1525).
Nel 1521 Lutero fu messo al sicuro da Federico di Sassonia nella rocca di
Wartburg mediante un finto rapimento, in seguito all'editto di Worms del 8
Maggio, che condannava  e ordinava il rogo dei suoi scritti. Qui Lutero
rimase per 10 mesi, scrivendo diverse opere e lavorando sulla traduzione del
Nuovo Testamento in tedesco.
Ma, in sua assenza, fu B. a distinguersi per il suo estremismo: mettendosi
alla testa di un movimento, detto dei Sagramentari, egli fece distruggere le
immagini sacre, abolire le messe private, la musica sacra e gli abati
talari. Fu il primo riformatore a celebrare la messa in tedesco senza
paramenti o canone e facendo comunicare i fedeli sotto ambedue le forme.
Oltretutto B. rifiutò il battesimo dei bambini e negò la presenza reale di
Gesù Cristo nell'eucaristia. Nello stesso periodo sposò la figlia di un
nobile caduto in povertà.
Nel Marzo 1522 Lutero, travestito da cavaliere, si decise di ricomparire in
pubblico per bloccare questi estremismi di B. e dei cosiddetti "Profeti di
Zwickau", Nicholas Storch e Markus Stübner, radicali fanatici detti
abecedariani, che volevano eliminare tutti i preti e fondare il regno di Dio
in terra. Essi erano stati espulsi da Zwickau, quindi si erano recati a
Wittenberg per fare proselitismo.
In seguito B. divenne parroco di Orlamünde, in Sassonia, ma, applicando i
suoi principi precedentemente descritti, entrò in polemica con Lutero
scrivendo nel 1523 la sua opera Dell'abbattimento delle immagini , alla
quale Lutero rispose l'anno dopo, coinvolgendo anche i profeti di Zwickau,
con la sua Contro i profeti celesti.
Per Lutero B. era un provocatore troppo pericoloso per rimanere al proprio
posto ed oltretutto era pure sospettato di fare combutta con l'ultraradicale
Thomas Münster, perciò nel 1524 Lutero riuscì a convincere Federico di
Sassonia a fare bandire dai territori del principato B., che perse anche la
cattedra a Wittenberg.
Iniziò, a questo punto, una serie di peregrinazioni, che lo portò in giro
per la Germania, passando da Zwickau e Strasburgo, da dove fu espulso, per
arrivare in Svizzera, a Zurigo. Qui fu accolto nel 1530 da Ulrich Zwingli,
riformatore, che, come B., negava la presenza di Gesù nell'eucaristia.
Grazie ai buoni uffici di Zwingli, B. divenne pastore e cappellano
dell'ospedale e consigliere della città.
Ma dopo la morte di Zwingli nella battaglia di Kappel del 1531 contro i
cantoni cattolici, B. dovette emigrare ad Altstätten, nella Svizzera
nord-orientale, dove fu pastore fino al 1532. Infine nel 1534 egli fu
chiamato da Heinrich Bullinger ad diventare professore di teologia alla
Università di Basilea, e qui rimase fino alla sua morte avvenuta il 24
Dicembre 1541.



Boehme (o Boehm, Böhme, Böhm, Behmen), Jacob (1575-1624) e behmenisti



Che un solo uomo possa aver influenzato il pensiero di famosissimi filosofi,
scienziati, artisti, teologi e fondatori di movimenti religiosi-filosofici
come:
George Fox (1624-1691),
Georg Johann Gichtel (1638-1710),
Isaac Newton (1642-1727),
Emmanuel Swedenborg (1688-1772),
Louis Claude de Saint Martin (1743-1803),
William Blake (1757-1827),
Benedikt von Baader (1765-1841),
Georg Hegel (1770-1831),
Friedrich Schelling (1775-1854),
Arthur Schopenhauer (1788-1860),
Helena Blavatsky (1831-1891),
Eduard von Hartmann (1842-1906),
Friedrich Nietzsche (1844-1900),
Vladimir Soloviev (1853-1900),
Henri Bergson (1859-1941),
Rudolf Steiner (1861-1925),
Alfred North Whitehead (1861-1947),
Nikolaj Berdjaev (1874-1948),
Carl Jung (1875-1961),
Albert Schweitzer (1875-1965),
Paul Tillich (1886-1965) e
Martin Heiddeger (1889-1976),
oltre ad avere avuto un certo peso anche sul pensiero dei Rosacroce e sui
rituali della Massoneria, a molti potrà sembrare difficilissimo.
E se poi si sapesse che quell'unico uomo era un ciabattino, il personaggio
assumerebbe i contorni della leggenda! Eppure questo uomo è effettivamente
vissuto a cavallo tra il XVI ed il XVII secolo e si chiamava Jacob Boehme.


La vita
Jacob Boehme (per le varie grafie del cognome vedi il titolo) nacque ad
Altseidenberg, nella regione tedesca della Slesia, il, o intorno al, 24
aprile 1575 da una agiata famiglia di contadini.
Su una sua effettiva carriera scolastica, gli autori non concordano, ed
alcuni glissano strumentalmente su una (quasi certa) buona educazione presso
la scuola locale, in maniera probabilmente da poter sottolineare ancora di
più il carattere di "illuminazioni mistiche" spontanee alla base della sua
opera letteraria. Sicuramente B. fu un appassionato autodidatta e lesse le
opere dei famosi mistici tedeschi come i trecenteschi Eckhart e Tauler, e i
cinquecenteschi Franck, Paracelso e Valentin Weigel (1533-1588), oltre a
testi di teologia, astrologia e alchimia.
Comunque B. non frequentò l'università, ma neanche intraprese il mestiere
del padre a causa del suo precario stato di salute: fu invece avviato alla
professione di calzolaio nel 1590 ed in questa attività si dimostrò molto
abile e il suo business fiorì negli anni successivi. Finito l'apprendistato
nel 1599, egli divenne maestro artigiano nella gilda della vicina cittadina
di Görlitz, dove era andato ad abitare e dove si era sposato.
Negli anni successivi B. venne a contatto con molti intellettuali
perseguitati, come il pastore mistico Martin Moller (m. ca. 1612), il quale,
per stimolare i cristiani ad una vita spirituale più profonda, decise di
fondare un gruppo, denominato Conventicola dei veri servi di Dio, a cui B.
aderì, partecipando con interesse alle riunioni e alle discussioni.
Poco dopo, probabilmente nel 1600, B. ebbe un'esperienza mistica, riassunta
nella sua famosa frase: Tutte le cose consistono in un Sì o in un No (vedi
sotto).
Nel 1612 B. scrisse il suo primo trattato Die Morgenroete in Aufgang oder
Aurora (Sale il rosseggiare della mattina ovvero Aurora), di cui una copia,
fatto circolare l'anno dopo, pervenne alle autorità ecclesiastiche locali.
Queste ultime, tra cui particolarmente accanito contro il calzolaio mistico
fu il successore di Moller, il nuovo pastore Gregor Richter, accusarono B.
di eresia e lo fecero imprigionare: egli fu liberato solo dopo che gli fu
notificata la proibizione di scrivere altre opere, ma B. decise allora, a
maggior ragione, di vendere la sua attività artigianale, per essere più
libero di poter scrivere.
Infatti dal 1618 egli iniziò a scrivere altri trattati e la maggior parte
dei suoi lavori si concentrò tra il 1619 ed il 1624, anno della sua morte.
Alla pubblicazione del suo lavoro più popolare Weg zu Christo (la via a
Cristo), una collezione di nove trattati dottrinali, B. e la sua famiglia
furono espulsi da Görlitz nel marzo 1624.
B. allora si recò a Dresda con la speranza di poter parlare con il principe
elettore di Sassonia Johann Georg I (1611-1656), ma l'incontro gli fu
rifiutato. Deluso ritornò a Görlitz, dove, dopo alcuni altri brevi viaggi,
morì il 17 novembre 1624 all'età di 49 anni.
Purtroppo anche dopo la morte, B. fu vittima di persecuzioni: la sua tomba,
nei successivi mesi al suo decesso, fu profanata da facinorosi locali.


La dottrina
La dottrina di B. prende spunto da temi cari alle scuole dualistiche e
gnostiche. Lo sviluppo del pensiero nelle opere di B. è alquanto complesso e
spesso difficile da comprendere a prima vista, ma indubbiamente dotato di
fascino.
Il punto principale è una visione dualistica della realtà (Tutte le cose
consistono in un Sì o in un No): questa è, sia nella sua forma fisica che in
quella metafisica, una entità vivente in una tensione continua a causa del
dualismo tra l'affermazione e la negazione del potenziale evolutivo
all'interno di questa unica entità. Questo concetto della tensione tra poli
opposti in un'unica entità venne in seguito utilizzata da Jung per spiegare
il dualismo della psiche, ad esempio introversione/estroversione,
sentire/intuire etc.
Per quanto concerne Dio (o la Deità), B. credeva che la Deità non era
misurabile e quindi non descrivibile: Dio Padre era una realtà primaria non
manifesta, chiamata l'Abisso (Der Ungrund), un Niente che conteneva la
potenzialità del Tutto. L'Abisso era caratterizzato dal desiderio di
rivelarsi attraverso un processo di introspezione Divina, o riflessione. Il
desiderio di rivelarsi veniva identificato con il Figlio della Trinità, il
processo di riflessione con lo Spirito Santo.
Ma il tutto questo processo di riflessione necessitava di uno specchio
divino, che B. chiamava Saggezza Vergine o Sophia, configurata quindi come
il quarto principio della Deità e fondamentale in quanto, proprio vedendo le
proprie potenzialità nello specchio di Sophia, Dio Padre aveva espresso il
desiderio di trasformare le potenzialità in realtà, scatenando quindi il
processo della Creazione.
Particolare attenzione venne data da B. al concetto del male nel mondo, che
derivava dal dualismo di Dio stesso, contenente sia il Male che il Bene. B.
giustificava questa scioccante (per i contemporanei) presenza del Male in
Dio, spiegando che se non ci fosse stato un principio contrario al Bene, non
ci sarebbe stato né la Rivelazione di Dio né la Sua coscienza di Se Stesso.
Partendo quindi da questo dualismo della natura Divina, B. ipotizzò che Dio
avesse sette qualità primordiali, di cui tre rappresentavano la collera
Divina e tre l'amore Divino. In mezzo il settimo, il fuoco Divino, che era
il principio della vita.
L'angelo ribelle Lucifero si era infatuato solo delle qualità colleriche di
Dio e rifiutando quelle positive, si era opposto al cammino dall'oscurità
alla luce, restando così totalmente malvagio e creando quindi il mondo
materiale, un concetto questo simile a quello usato dagli gnostici per
spiegare la figura del demiurgo.


Le opere
L'aspetto più stupefacente della vita di B. fu la sua ricca produzione
letteraria, anche se la maggior parte delle sue opere non furono pubblicate
se non dopo il 1640.
Egli scrisse almeno 29 trattati, la maggior parte, come già detto, scritta
tra il 1619 ed il 1624, in tedesco, unica lingua che conosceva, disquisendo
anche su molti temi caldi del momento, come ad esempio la predestinazione.


I Behmenisti
I seguaci di B., detti behmenisti, si diffusero ovviamente in Germania, dove
l'erede spirituale di B. fu Abraham von Franckenberg (1593-1652), e in
Olanda, dove Abraham Willemsz van Beyerland (1586/7-1648) provvide alla
stampa dell'intera opera letteraria. Quest'ultimo influenzò il diplomatico
Michel le Blon (1587-1658), responsabile della successiva diffusione degli
scritti di B. in Svezia, dove interessarono la famosa regina Cristina
(1626-1689), e in Inghilterra.
In quest'ultimo paese, dove per la verità, i suoi lavori circolavano già
dagli anni '40 del XVII secolo, si svilupparono gruppi di seguaci del
pensiero di B. Alcuni behmenisti inglesi si fusero in seguito con il
movimento dei quaccheri, il cui fondatore, George Fox (anche lui un ex
ciabattino!), era rimasto particolarmente colpito dal pensiero del
"Calzolaio di Görlitz".
Anche il familista reverendo James Pordage fu un suo accanito lettore.
Assieme a Jane Leade, Pordage fondò la Società dei Filadelfi (The
Philadelphian Society) nel 1670 proprio per promuovere un maggiore interesse
nel pensiero di B.


Bogomilismo (X secolo)



La storia
Il bogomilismo, la più importante eresia della fine del I millennio, nacque
verso il 930 in Bulgaria. Esso derivò da influenze dualiste, portate nel IX
secolo dai missionari pauliciani armeni stanziati su ordine dell'imperatore
bizantino Costantino V Copronimo (718-775), a partire dal 754, nella zona
cuscinetto della Tracia, tra l'impero bizantino ed il territorio dei
bulgari.
Ai pauliciani, probabilmente si unirono i manichei, sempre più perseguitati
dai bizantini: essi, per sopravvivere, si erano portati oltre i confini
dell'impero: verso il Turkmenistan e la Cina ad est, e verso la penisola
balcanica ad ovest. Questa influenza manichea fece sì che, nel Medioevo i b.
ed i successivi catari venissero genericamente denominati, per l'appunto,
"manichei" dai loro avversari.
Tornando al b., si fa tradizionalmente risalire la fondazione della setta ad
un prete, o pope, di nome Bogomil, la cui etimologia é la stessa del nome
greco Teofilo, cioè "amato da Dio". Di lui si fece menzione in alcuni
documenti, tra cui un lavoro del vescovo Cosma, risalenti al regno di
Pietro, zar dei Bulgari (927-969). E perfino quest'ultimo monarca lasciò una
personale testimonianza scritta sul nascente movimento in due sue lettere
indirizzate, intorno al 940, al Patriarca di  Costantinopoli, Teofilatto,
con relativa risposta del prelato, il quale definì il b. come un'eresia
neomanichea.
Nel 1014, la Bulgaria occidentale fu invasa dalle truppe bizantine
dell'imperatore Basilio II Bulgaroctono (976-1025), ma così facendo, il b.
poté diffondersi anche nell'impero.
Al 1118 risalì l'incauta predicazione di Basilio, capo dei b., che, invitato
ad esporre le sue idee davanti all'imperatore Alessio I Comneno (1081-1118),
si espresse liberamente. Sfortunatamente per lui, nascosti da una tenda, gli
scrivani di corte trascrissero ogni sua parola, analizzata successivamente
dai teologi e questi  convinsero facilmente l'imperatore a far imprigionare
Basilio. L'imperatore, esperto teologo lui stesso, fece varie visite a
Basilio in prigione per convincerlo ad abiurare, ma avendo solo ricevuto dei
dinieghi, lo fece condannare al rogo.
Il tutto venne descritto nell'Alessiade, scritta dalla figlia
dell'imperatore, Anna Comnena e nella Panoplia dogmatica, redatta dal monaco
Eutimio Zigabeno, che chiamò i b. sprezzantemente fundagagiti o fundaiti,
cioè vagabondi.
Durante il regno del nipote di Alessio, Manuele I Comneno (1143-1180), il b.
si diffuse nell'impero, tant'è che anche lo stesso Patriarca di
Costantinopoli, Cosma Attico, fu destituito nel 1147, a causa di una
"pericolosa" amicizia con il "perfetto" bogomilo, Nifone.
In questo periodo iniziarono, da parte dei bizantini, le persecuzioni, fino
al 1204, quando gli effetti devastanti sullo stato bizantino provocati dalla
IV Crociata permisero un allentamento della repressione dei b.
Ci fu, nel frattempo, una vasta diffusione del b. nel II° Regno Bulgaro,
resosi indipendente nel 1185. Qui, nonostante che lo zar Boris (1207-1218)
avesse convocato un concilio a Tarnovo nel 1211 per condannare il b., il
successivo zar, Ivan Asen II (1218-1241) trattò con tolleranza il movimento.
Nel frattempo, la Chiesa bogomila si era scissa in cinque chiese locali,
denominate C. di Bulgaria, C. di Romania, C. di Melinguia (in Macedonia), C.
di Dalmazia (tutte dualiste moderate) e C. di Dragovitza (in Bosnia),
l'unica che propagandava un dualismo più radicale.
In Bosnia il b. toccò il massimo livello di diffusione e fu perfino
accettato come religione di stato sotto il ban Kulin (1180-1214).
I cattolici della zona, facendo base dai possedimenti veneziani in Dalmazia,
tentarono addiritura una crociata per abbattere lo stato bogomilo della
Bosnia, ma furono respinti.
Non altrettanta fortuna ebbero i b. in Serbia, perseguitati dal principe
Stefano Nemanja (1168-1196) oppure in Ungheria, dove furono sterminati nel
1200 per ordine del re Imre (1196-1204), su sollecitazione di Papa Innocenzo
III (1198-1216).
Ma, come si é già detto, fu la Bosnia la nazione più favorevole per il b.:
era originario di Dragovitza quel vescovo, Niceta, responsabile, secondo
alcuni, addirittura dell'introduzione del catarismo in Italia settentrionale
ed in Francia meridionale o, più probabilmente, dell'evoluzione in senso
assolutista della stessa eresia catara.
Infine, con l'invasione dei Turchi, rispettivamente nel 1396 della Bulgaria
e nel 1463 della Bosnia, il b. si estinse come setta nelle zone balcaniche e
venne riassorbito dall'Islam.


La dottrina
La dottrina, stabilita da Bogomil, si basava su un concetto dualista
moderato: Dio aveva due figli, Cristo e Satana (Satanael). Quest'ultimo, il
figlio ribelle, veniva dai b. identificato con il demiurgo o il Dio
dell'Antico Testamento ed era responsabile della creazione del mondo
materiale e dei corpi degli uomini, all'interno dei quali erano stati
imprigionati gli angeli (un concetto simile a certe dottrine gnostiche o
marcioniste).
Satanael aveva creato Adamo ed Eva ed avuto relazioni sessuali con
quest'ultima, generando Caino. Successivamente, sotto forma di serpente,
aveva fatto sì che Eva tentasse Adamo per generare Abele, successivamente
ucciso da Caino. Per tutto ciò, Satanael era stato punito, ma non sconfitto,
da Dio Padre.
La missione, quindi, di Cristo sulla terra era di sconfiggere
definitivamente Satanael e di liberare gli angeli intrappolati nei corpi
umani. Per fare ciò, Egli aveva preso, ma solo in apparenza, una natura
umana (pur rimanendo sempre puro spirito: un concetto docetista) entrando,
come spirito, in Maria Vergine attraverso l'orecchio e nascendo sempre
attraverso lo stesso organo. Cristo, per i b., era morto sulla croce, ma
solo in apparenza, sceso agli inferi per sconfiggere definitivamente
Satanael e togliere la desinenza divina   "el" dal suo nome, diventato
Satana, ed infine era salito al cielo dal Padre.
Ovviamente il Male, rappresentato dalla materia, era il nemico da combattere
e quindi i b. più osservanti rifiutavano i rapporti sessuali ed il
matrimonio, erano vegetariani e non bevevano il vino.
Inoltre i b. odiavano la croce, simbolo dell'omicidio apparente di Cristo ed
erano iconoclasti verso tutte le immagini sacre. Essi ritenevano inutili i
sacramenti, eccetto il Consolament, il battesimo spirituale, che poteva
essere dato una sola volta nella vita, e rifiutavano le festività
ecclesiastiche e la maggior parte delle preghiere, escluso il Padre Nostro,
l'unico da loro accettato e recitato ben otto volte al giorno.
Come i manichei, e successivamente i catari, anche i b. avevano
un'organizzazione sociale basata sui "perfetti", che seguivano con estrema
coerenza i dogmi della setta ed erano impegnati nella attività missionaria.


I testi
I b. rinnegavano tutto l'Antico Testamento e tutti gli studi di Patristica,
concentrandosi solo sul Nuovo Testamento (con particolare riferimento
all'Apocalisse), al quale ovviamente venne data un'interpretazione
allegorica di ispirazione docetista.
Svilupparono, invece, una ricca produzione apocrifa, di cui si possono
citare l'Interrogatio Iohannis, (le domande di Giovanni evangelista), il
Vangelo di Nicodemo ed il suo derivato, il Legno della Croce, e la Visione
di Isaia.
Soprattutto il primo testo venne considerato la base dottrinale della setta,
ma anche del catarismo: venne portato dalla Bulgaria in Italia da Nazario,
vescovo cataro di Concorrezzo e divenne il secretum (libro segreto) degli
albigesi.


Böhm, Hans, detto il tamburino (o il pifferaio) (m. 1476)



Hans Böhm era un giovane pastore nato a Helmstadt, una località tra Würzburg
e Wertheim, in Franconia, regione della Germania centrale. Egli si
dilettava, nei giorni di festa, a suonare il tamburino (o forse il piffero,
da cui il soprannome) nelle osterie della zona.
Improvvisamente, durante la quaresima del 1476 (il 24 Marzo),  nella Chiesa
della Vergine a Niklashausen sul Tauber (ad est di Wertheim), egli fu
colpito da una predica, probabilmente ripresa dai sermoni di San Giovanni da
Capistrano (1386-1456), che incitava al pentimento e a bruciare dadi e carte
da gioco. B. prese alla lettera queste parole e bruciò il proprio tamburino,
iniziando subito dopo a predicare, come un profeta, la venuta del "Nuovo
Regno di Dio sulla terra" e incitando i suoi seguaci a non pagare le decime
e a rifiutare l'autorità del clero e della nobiltà.
Ebbe un vastissimo seguito: infatti fino a 40.000 accorrevano ogni giorno
per sentire il "Santo Giovane", come oramai veniva soprannominato. La cosa
ovviamente preoccupò le autorità ecclesiastiche locali, e in particolare il
vescovo di Würzburg Rudolf II von Scherenberg (vescovo: 1466-1495): il
prelato fece arrestare B. il 12 Luglio 1476, alla vigilia del giorno fissato
dal profeta stesso per un'insurrezione di contadini nel nome della Madonna.
Il giorno successivo il nobile Knuz di Thunfeld e 35.000 uomini si
presentarono all'appuntamento, ma alla notizia dell'arresto del loro profeta
molti preferirono tornarsene a casa . Rimasero 16.000 uomini, che tentarono
sì un assalto al castello del vescovo, ma che, dopo aver lasciato sul campo
una quarantina di morti, si dispersero.
B. morì sul rogo il 19 Luglio dello stesso anno e due dei suoi discepoli
furono contemporaneamente decapitati. Tuttavia il culto del "Santo Giovane",
anche dopo la sua morte, fu così forte che le autorità ecclesiastiche
dovettero addiritura decretare la demolizione della Chiesa della Vergine di
Niklashausen, meta di continui pellegrinaggi.


Boehme (o Boehm, Böhme, Böhm, Behmen), Jacob (1575-1624) e behmenisti



Che un solo uomo possa aver influenzato il pensiero di famosissimi filosofi,
scienziati, artisti, teologi e fondatori di movimenti religiosi-filosofici
come:
George Fox (1624-1691),
Georg Johann Gichtel (1638-1710),
Isaac Newton (1642-1727),
Emmanuel Swedenborg (1688-1772),
Louis Claude de Saint Martin (1743-1803),
William Blake (1757-1827),
Benedikt von Baader (1765-1841),
Georg Hegel (1770-1831),
Friedrich Schelling (1775-1854),
Arthur Schopenhauer (1788-1860),
Helena Blavatsky (1831-1891),
Eduard von Hartmann (1842-1906),
Friedrich Nietzsche (1844-1900),
Vladimir Soloviev (1853-1900),
Henri Bergson (1859-1941),
Rudolf Steiner (1861-1925),
Alfred North Whitehead (1861-1947),
Nikolaj Berdjaev (1874-1948),
Carl Jung (1875-1961),
Albert Schweitzer (1875-1965),
Paul Tillich (1886-1965) e
Martin Heiddeger (1889-1976),
oltre ad avere avuto un certo peso anche sul pensiero dei Rosacroce e sui
rituali della Massoneria, a molti potrà sembrare difficilissimo.
E se poi si sapesse che quell'unico uomo era un ciabattino, il personaggio
assumerebbe i contorni della leggenda! Eppure questo uomo è effettivamente
vissuto a cavallo tra il XVI ed il XVII secolo e si chiamava Jacob Boehme.


La vita
Jacob Boehme (per le varie grafie del cognome vedi il titolo) nacque ad
Altseidenberg, nella regione tedesca della Slesia, il, o intorno al, 24
aprile 1575 da una agiata famiglia di contadini.
Su una sua effettiva carriera scolastica, gli autori non concordano, ed
alcuni glissano strumentalmente su una (quasi certa) buona educazione presso
la scuola locale, in maniera probabilmente da poter sottolineare ancora di
più il carattere di "illuminazioni mistiche" spontanee alla base della sua
opera letteraria. Sicuramente B. fu un appassionato autodidatta e lesse le
opere dei famosi mistici tedeschi come i trecenteschi Eckhart e Tauler, e i
cinquecenteschi Franck, Paracelso e Valentin Weigel (1533-1588), oltre a
testi di teologia, astrologia e alchimia.
Comunque B. non frequentò l'università, ma neanche intraprese il mestiere
del padre a causa del suo precario stato di salute: fu invece avviato alla
professione di calzolaio nel 1590 ed in questa attività si dimostrò molto
abile e il suo business fiorì negli anni successivi. Finito l'apprendistato
nel 1599, egli divenne maestro artigiano nella gilda della vicina cittadina
di Görlitz, dove era andato ad abitare e dove si era sposato.
Negli anni successivi B. venne a contatto con molti intellettuali
perseguitati, come il pastore mistico Martin Moller (m. ca. 1612), il quale,
per stimolare i cristiani ad una vita spirituale più profonda, decise di
fondare un gruppo, denominato Conventicola dei veri servi di Dio, a cui B.
aderì, partecipando con interesse alle riunioni e alle discussioni.
Poco dopo, probabilmente nel 1600, B. ebbe un'esperienza mistica, riassunta
nella sua famosa frase: Tutte le cose consistono in un Sì o in un No (vedi
sotto).
Nel 1612 B. scrisse il suo primo trattato Die Morgenroete in Aufgang oder
Aurora (Sale il rosseggiare della mattina ovvero Aurora), di cui una copia,
fatto circolare l'anno dopo, pervenne alle autorità ecclesiastiche locali.
Queste ultime, tra cui particolarmente accanito contro il calzolaio mistico
fu il successore di Moller, il nuovo pastore Gregor Richter, accusarono B.
di eresia e lo fecero imprigionare: egli fu liberato solo dopo che gli fu
notificata la proibizione di scrivere altre opere, ma B. decise allora, a
maggior ragione, di vendere la sua attività artigianale, per essere più
libero di poter scrivere.
Infatti dal 1618 egli iniziò a scrivere altri trattati e la maggior parte
dei suoi lavori si concentrò tra il 1619 ed il 1624, anno della sua morte.
Alla pubblicazione del suo lavoro più popolare Weg zu Christo (la via a
Cristo), una collezione di nove trattati dottrinali, B. e la sua famiglia
furono espulsi da Görlitz nel marzo 1624.
B. allora si recò a Dresda con la speranza di poter parlare con il principe
elettore di Sassonia Johann Georg I (1611-1656), ma l'incontro gli fu
rifiutato. Deluso ritornò a Görlitz, dove, dopo alcuni altri brevi viaggi,
morì il 17 novembre 1624 all'età di 49 anni.
Purtroppo anche dopo la morte, B. fu vittima di persecuzioni: la sua tomba,
nei successivi mesi al suo decesso, fu profanata da facinorosi locali.


La dottrina
La dottrina di B. prende spunto da temi cari alle scuole dualistiche e
gnostiche. Lo sviluppo del pensiero nelle opere di B. è alquanto complesso e
spesso difficile da comprendere a prima vista, ma indubbiamente dotato di
fascino.
Il punto principale è una visione dualistica della realtà (Tutte le cose
consistono in un Sì o in un No): questa è, sia nella sua forma fisica che in
quella metafisica, una entità vivente in una tensione continua a causa del
dualismo tra l'affermazione e la negazione del potenziale evolutivo
all'interno di questa unica entità. Questo concetto della tensione tra poli
opposti in un'unica entità venne in seguito utilizzata da Jung per spiegare
il dualismo della psiche, ad esempio introversione/estroversione,
sentire/intuire etc.
Per quanto concerne Dio (o la Deità), B. credeva che la Deità non era
misurabile e quindi non descrivibile: Dio Padre era una realtà primaria non
manifesta, chiamata l'Abisso (Der Ungrund), un Niente che conteneva la
potenzialità del Tutto. L'Abisso era caratterizzato dal desiderio di
rivelarsi attraverso un processo di introspezione Divina, o riflessione. Il
desiderio di rivelarsi veniva identificato con il Figlio della Trinità, il
processo di riflessione con lo Spirito Santo.
Ma il tutto questo processo di riflessione necessitava di uno specchio
divino, che B. chiamava Saggezza Vergine o Sophia, configurata quindi come
il quarto principio della Deità e fondamentale in quanto, proprio vedendo le
proprie potenzialità nello specchio di Sophia, Dio Padre aveva espresso il
desiderio di trasformare le potenzialità in realtà, scatenando quindi il
processo della Creazione.
Particolare attenzione venne data da B. al concetto del male nel mondo, che
derivava dal dualismo di Dio stesso, contenente sia il Male che il Bene. B.
giustificava questa scioccante (per i contemporanei) presenza del Male in
Dio, spiegando che se non ci fosse stato un principio contrario al Bene, non
ci sarebbe stato né la Rivelazione di Dio né la Sua coscienza di Se Stesso.
Partendo quindi da questo dualismo della natura Divina, B. ipotizzò che Dio
avesse sette qualità primordiali, di cui tre rappresentavano la collera
Divina e tre l'amore Divino. In mezzo il settimo, il fuoco Divino, che era
il principio della vita.
L'angelo ribelle Lucifero si era infatuato solo delle qualità colleriche di
Dio e rifiutando quelle positive, si era opposto al cammino dall'oscurità
alla luce, restando così totalmente malvagio e creando quindi il mondo
materiale, un concetto questo simile a quello usato dagli gnostici per
spiegare la figura del demiurgo.


Le opere
L'aspetto più stupefacente della vita di B. fu la sua ricca produzione
letteraria, anche se la maggior parte delle sue opere non furono pubblicate
se non dopo il 1640.
Egli scrisse almeno 29 trattati, la maggior parte, come già detto, scritta
tra il 1619 ed il 1624, in tedesco, unica lingua che conosceva, disquisendo
anche su molti temi caldi del momento, come ad esempio la predestinazione.


I Behmenisti
I seguaci di B., detti behmenisti, si diffusero ovviamente in Germania, dove
l'erede spirituale di B. fu Abraham von Franckenberg (1593-1652), e in
Olanda, dove Abraham Willemsz van Beyerland (1586/7-1648) provvide alla
stampa dell'intera opera letteraria. Quest'ultimo influenzò il diplomatico
Michel le Blon (1587-1658), responsabile della successiva diffusione degli
scritti di B. in Svezia, dove interessarono la famosa regina Cristina
(1626-1689), e in Inghilterra.
In quest'ultimo paese, dove per la verità, i suoi lavori circolavano già
dagli anni '40 del XVII secolo, si svilupparono gruppi di seguaci del
pensiero di B. Alcuni behmenisti inglesi si fusero in seguito con il
movimento dei quaccheri, il cui fondatore, George Fox (anche lui un ex
ciabattino!), era rimasto particolarmente colpito dal pensiero del
"Calzolaio di Görlitz".
Anche il familista reverendo James Pordage fu un suo accanito lettore.
Assieme a Jane Leade, Pordage fondò la Società dei Filadelfi (The
Philadelphian Society) nel 1670 proprio per promuovere un maggiore interesse
nel pensiero di B.


Bolsec, Jèrome (ca. 1520-1584)



Jèrome Bolsec nacque nel 1520 circa, probabilmente a Parigi, dove egli
diventò monaco carmelitano.
Nel 1545 B. abbandonò il convento e si convertì al protestantesimo,
recandosi successivamente in esilio a Ferrara, alla corte di Renata d'Este,
grande protettrice dei riformatori, dove si sposò e si laureò in medicina.
In seguito si trasferì, nel 1550, ad abitare a Veigy, vicino a Ginevra, ma
qui non poté dimorare molto a lungo perché già nel ottobre 1551 egli entrò
in conflitto con Calvino, contestando pubblicamente il suo dogma sulla
predestinazione, che, effettivamente, fu in seguito modificato dal
riformatore ginevrino.
Tuttavia, benché le Chiese di Basilea (con un appoggio generico), Zurigo
(stigmatizzando il metodo adottato) e Berna (che ritenne la diatriba
irrilevante) appoggiassero molto tiepidamente Calvino in questa sua azione,
nondimeno B. fu arrestato ed espulso da Ginevra e ciò fu solo l'inizio delle
sue tribolazioni nel vano tentativo di farsi accettare dalla comunità
riformata.
Infatti nel 1555 fu espulso da Thonon, nel cantone Berna, dove praticava
come medico e quando in seguito si recò a Parigi per diventare ministro del
culto della Chiesa riformata, fu respinto per la scarsa ortodossia, in senso
riformato, del suo credo.
Allora si recò a Losanna nel 1563, ma poiché qui si rifiutò di firmare
l'adesione alla Confessione di Berna del 1528, ne fu espulso anche in
seguito all'intervento di Theodore di Bèze.
Nel 1570 B. decise infine di ritornare alla religione cattolica e negli
ultimi anni della sua vita scrisse e pubblicò le biografie di Calvino (1577)
e Bèze (1582), scarsamente affidabili dal punto di vista documentale e
scritte con un tono molto acceso e polemico.
B. morì a Parigi nel 1584.


Paracelso (Bombast von Hohenheim), Theophrastus Philipp Aureolus (1493-1541)



La vita
Il celebre medico e riformatore della terapia medica (soprannominato il
Lutero della medicina) Theophrastus Philipp Aureolus Bombast von Hohenheim
nacque ad Einsiedeln, nel cantone svizzero di Schwyz, in una data non meglio
precisata compresa tra il 1490 ed il 1494: la maggior parte degli autori
propende per il 10 (o forse 11) novembre 1493, ma non c'è comunque certezza
sull'esatta data.
Il padre, Wilhelm Bombast von Hohenheim de Riett (m. 1534), era figlio
naturale di Georg Bombast von Hohenheim, Gran Maestro dell'ordine dei
cavalieri di Malta e discendente di un'antica e nobile famiglia sveva.
Tuttavia la sua nascita illegittima lo aveva costretto ad una vita di
povertà e a lavorare per mantenere la famiglia: fece il medico dapprima per
il monastero di Einsedeln, quindi, dal 1502, si trasferì con il figlio a
Villach, nella regione austriaca della Carinzia, dopo la morte della moglie,
ex sovrintendente dell'ospedale di Einsedeln.
Il piccolo P. ebbe quindi i primi rudimenti di cultura dal padre ed in
seguito studiò con due alti prelati: Eberhard Paumgartner, vescovo di Lavant
e Matthaeus Schacht, vescovo di Freising, ma il tutore che esercitò la
maggiore influenza sulla sua formazione fu certamente Johannes Trithemius
(Heidenberg) (1462-1516), abate di Sponheim, eccellente esempio
rinascimentale di studioso eclettico di Cristianesimo, filosofia ermetica e
scienze occulte (magia, astrologia, alchimia e cabala) e mentore di un altro
famoso occultista dell'epoca: Agrippa di Nettesheim.
In seguito P. si iscrisse alla Bergschule, la scuola mineraria di Hutenberg,
vicino a Villach, fondata dai famosi banchieri Fugger, dove i giovani
venivano istruiti a diventare esperti minerari in oro, stagno, mercurio,
ferro e rame. P. fece anche un apprendistato specifico presso la miniera di
Siegfried Fugger a Schwaz e poté impratichirsi sui primi rudimenti di
alchimia.
Ma, nel 1507, P. abbandonò Villach per viaggiare per cinque anni da
un'università all'altra in cerca di conoscenza e sapere: si dice abbia
frequentato gli atenei di Basilea, Tübingen, Vienna, Wittenberg, Lipsia,
Heidelberg e Colonia, ma che non fosse stato particolarmente impressionato
dalla preparazione dei professori, soprattutto considerando che, in seguito,
si era domandato come "i più nobili collegi riuscissero a sfornare così
tanti nobili asini!" Comunque all'università di Vienna egli ottenne il
baccalaureato in medicina nel 1510.
Tra il 1513 ed il 1516 P. viaggiò per motivi di studio in Italia, in
particolare a Ferrara, dove si iscrisse ai corsi di medicina, abbastanza
fuori dagli schemi tradizionalmente galenici e aristotelici, degli umanisti
Nicolò Leoniceno (1428-1524) e Giovanni Manardo (1462-1536) e dove si laureò
in medicina nel 1516, ma di questo fatto non ci sono testimonianze scritte
(purtroppo mancano gli annali universitari di quell'anno), eccetto la sua
parola. Da alcuni autori viene ipotizzato, durante il suo soggiorno in
Italia, anche un incontro tra P. e Agrippa di Nettesheim, all'epoca docente
di scienze occulte a Pavia.
Fu comunque in questo periodo che Theophrastus Bombast adottò il nome di
Paracelso, in quanto, probabilmente, intendeva significare che il suo
obiettivo era di superare il pensiero del famoso medico dell'antichità, Aulo
Cornelio Celso (I secolo d.C.).
In seguito P. lavorò come chirurgo militare durante varie guerre svolte in
Olanda, in Russia (fu catturato dai tartari, ma riuscì a fuggire in
Lituania), in Ungheria ed infine, dal 1521, al servizio della Repubblica di
Venezia, per conto della quale viaggiò nei vari possedimenti della
Serenissima, ma anche in Egitto, Arabia e Costantinopoli.
Finalmente, nel 1524, egli tornò a Villach, ma in seguito si recò, nel 1526,
a Strasburgo, dove entrò nella gilda dei chirurghi, ma non in quella, più
prestigiosa, dei medici (il che fa ipotizzare ad alcuni autori che P. non si
fosse mai laureato a Ferrara).
Nel 1527, P. fu chiamato a Basilea per curare, con successo, la gamba del
famoso editore di testi umanisti Johannes Frobenius (1460-1527). Il
risultato positivo delle sue cure gli procurarono potenti appoggi da parte
di Erasmo da Rotterdam, dello stesso Frobenius e di Johannes Ecolampadio,
pastore della Chiesa di San Martino e principale riformatore della città,
che lo fece nominare medico cittadino e docente universitario.
Tuttavia la sua presenza in città provocò malumori, invidie e perfino odio
tra i medici e i farmacisti, specialmente quando il 24 giugno 1527, quasi
imitando una simile azione dimostrativa di Martin Lutero del 1520, P. bruciò
in pubblico i testi di Abu Ali Al-Hussain Ibn Abdallah Ibn Sina (Avicenna)
(981-1037) e di Galeno (129-199) davanti all'università locale.
Nelle sue lezioni, tenute in tedesco, e non in latino, contro ogni usanza
universitaria, egli tuonò contro i metodi empirici di curare le ferite con
muschio o, peggio, letame secco, intuendo, primo fra tutti, che, una volta
scongiurato il pericolo di infezioni, fosse la stessa Natura a cicatrizzare
le ferite.
Similmente P. attaccò le assurde pratiche dei medici dell'epoca, basate su
salassi, infusi, suffumigi, prescritti senza una minima conoscenza, ma
questi suoi attacchi lo convinsero a fuggire da Basilea nottetempo, nella
primavera del 1528, soprattutto dopo due episodi: la morte del suo
protettore Frobenius e l'episodio della causa legale che aveva perso contro
il canonico Cornelius von Lichtenfels, che si era rifiutato di pagargli una
parcella: P. aggravò la sua situazione, insultando pesantemente i giudici
favorevoli al prelato.
P. si rifugiò ad Esslingen, poi a Colmar, in Alsazia, presso alcuni amici.
Da qui, P. riprese il suo eterno pellegrinare fra la Germania, Svizzera e
Austria, dove, nel 1538, si recò a Villach per trovare suo padre, salvo
scoprire che l'anziano genitore era già morto quattro anni prima.
Lo stesso P., chiamato nel 1541 dal vescovo vicario di Salisburgo, Ernst di
Wittelsbach (o di Baviera) (vescovo: 1540-1554), morì improvvisamente, a
soli 48 anni, nella città austriaca il 24 settembre dello stesso anno. Sulle
cause della sua morte le notizie sono purtroppo scarse e le ipotesi tante:
morte naturale, collasso dopo una libagione esagerata, gravemente ferito
dopo una colluttazione con sicari inviati dai suoi nemici.
Dal 1725 le sue ossa sono state riesumate e sepolte nel porticato della
chiesa di San Sebastiano a Salisburgo.


Il pensiero medico filosofico
Il giudizio dei posteri delle capacità di P. come medico sono variabili a
causa del suo approccio molto singolare verso la medicina, di cui egli
rifiutò il pensiero ufficiale aristotelico e galenico del tempo,
rivolgendosi di più verso un concetto neo-platonico, ispirato da Marsilio
Ficino (1433-1499).
Infatti il complesso mondo medico-filosofico di P. non poteva non tenere
conto che l'uomo era parte dell'universo e che le sue malattie erano solo
una parte della sua vita. Per poter conoscere quindi questo mondo, P. si
dedicò allo studio della Cabala cristiana, leggendo le opere di Johannes
Reuchlin, e allo studio dell'alchimia, ma fece anche tesoro delle sue
esperienze pratiche di medicina e di chimica farmaceutica.
Da tutto ciò, egli sviluppò una complessa cosmogonia, il cui principio era
l'yliaster o hyaster, [da hýle (materia) e astrum (astro)], una forma di
materia cosmica, popolata di entità, come ens astrorum (influenze cosmiche),
ens veneni (sostanze tossiche), ens naturale et spirituale (difetti fisici o
mentali) ed ens deale (malattie inviate dalla Provvidenza).
Eppure le sue intuizioni mediche rimasero insuperate per secoli, come l'uso
rivoluzionario dei composti di mercurio, al posto del guaiaco, per
combattere la sifilide (per questo, il suo studio in otto volumi
sull'argomento fu messo all'Indice per anni), l'impiego di minerali contro
la gotta, la descrizione ed eziologia esatta della silicosi, il valore
curativo delle acque minerali, l'uso di tinture di erboristeria e di metodi
omeopatici ante litteram.


Il pensiero religioso
Benché P. si mantenesse, almeno ufficialmente, cattolico per tutta la sua
vita, egli tese verso un concetto di illuminazione interna, cara ai mistici
di tutte le correnti cristiane. I misteri di Dio nella creazione del mondo
potevano, secondo P., essere utilizzati dal mago veramente pio. Era inoltre
un millenarista e credeva inoltre nel miglioramento dell'uomo e
nell'incremento della conoscenza, attraverso l'aiuto divino e la riscoperta
della pietra filosofale, cosicché il mondo avrebbe potuto prepararsi per il
Regno dei Santi dei Mille Anni (la cosiddetta quarta monarchia). Simili
convinzioni le espresse il suo seguace Heinrich Khunrath.


Le opere
La maggior parte delle sue opere furono da lui dettate al pupillo preferito
Johannes Oporinus (1507-1568) e pubblicate dopo la sua morte. Esse
comprendono:
Archidoxae medicinae libri (1524), sull'alchimia.
Drei bücher von den Franzosen [Tre (diventati poi otto) libri sulla malattia
francese (sifilide)] (1528).
Practica Theophrasti Paracelsi (1529), il primo libro pubblicato.
Das buch Paragranum (1529), sulla scienza magica.
Opus paramirum (1531), sull'uso magico e per scopi medici di erbe medicinali
e farmaci.
Der grossen Wundartznei (Il grande libro della chirurgia)(1536), la sua
opera più famosa.
Prognosticatio eximii doctoris Theophrasti Paracelsi (1536), contenente una
serie di 32 profezie.


Massacro delle colonie valdesi in Italia meridionale (1561-1563)



Uno degli episodi più truculenti della storia della Riforma in Italia nel
XVI secolo fu il massacro delle colonie valdesi in Calabria e la conversione
forzata al Cattolicesimo di quelle in Puglia. Si trattava di colonie antiche
ben stabilite sul territorio fin dal XIII/XIV secolo e provenienti dalle
valli piemontesi.


Calabria
In Calabria si considera tradizionalmente come prima colonia valdese quella
di Montalto Uffugo (in provincia di Cosenza), di cui si hanno notizie dal
1386, in seguito i valdesi si installarono a San Sisto, a Guardia Piemontese
(ai tempi La Guardia o Guardia dei Valdi), e nei paesini dei dintorni.
Mantennero, come si direbbe oggigiorno, un basso profilo, non facendo
proselitismo, commentando la Bibbia solo in case private, ricevendo visite
molto discrete dei barba (i ministri di culto) e perfino partecipando ai
riti esteriori delle chiese cattoliche locali. I feudatari del luogo li
impiegavano come contadini e artigiani della lana e della pelle e li
apprezzavano per la loro operosità e mitezza.
Tuttavia le cose cambiarono nel XVI secolo con l'avvento della Riforma: già
dal 1532, ai tempi del sinodo di Chanforan (in valle d'Angrogna), queste
colonie valdesi cominciarono a manifestare un vivo interesse nella Riforma
calvinista, ma fu solo dal 1556 che i valdesi di Calabria vollero aderire
alla Riforma, in seguito alle prediche di Gilles de Gilles (che
profeticamente li aveva esortati ad emigrare per la loro stessa incolumità),
ma soprattutto quando, nel 1559, Giacomo Bonello (m. 1560) e Gian Luigi
Pascale (m. 1560), con l'aiuto del barba locale Stefano Negrin (m. 1561),
iniziarono una coraggiosa azione di evangelizzazione.
Purtroppo per loro il papa Paolo IV (1555-1559), l'ex inquisitore Giovanni
Paolo Carafa, e l'Inquisitore Generale Michele Ghisleri [il futuro papa Pio
V (1566-1572)] erano rigorosissimi contro ogni forma di eresia e di dissenso
religioso: in particolare una bolla papale emanata nello stesso 1559, che
non concedeva l'assoluzione a chi era a conoscenza di attività ereticali e
non li aveva prontamente denunciati, tolse ai valdesi calabri l'appoggio, o
perlomeno, la neutralità dei signori locali.
In particolare la minaccia di detta bolla fece rompere gli indugi al
feudatario Salvatore Spinelli, che ordinò l'arresto di Gian Luigi Pascale a
Fuscaldo il 2 maggio 1559: per questa azione Spinelli ottenne in seguito il
titolo di marchese.
Pascale fu condotto a Cosenza, da qui a piedi a Napoli, ed infine a Roma per
cercare inutilmente di farlo abiurare, ma anche un estremo tentativo di suo
fratello Bartolomeo, cattolico, fu vano: Pascale fu impiccato e poi bruciato
a Ponte Sant'Angelo il 16 settembre 1560.
La stessa tremenda sorte era capitata al confratello Giacomo Bonello, che,
dopo un primo arresto a Battipaglia, ne aveva subito un secondo decisivo a
Messina. Dopo un breve processo, Bonello fu arso vivo in Piazza
dell'Ucciardone a Palermo il 18 febbraio 1560.
Senza il conforto dei loro pastori, i valdesi calabri caddero preda degli
inquisitori domenicani Valerio Malvicino e Alfonso Urbino, che, dopo aver
condotto un'inchiesta nelle colonie di Montalto, San Sisto e Guardia,
vennero alla conclusione che erano tutti eretici e che quindi dovevano o
abiurare o morire.
Ma anche quelli che abiuravano erano costretti a sopportare un severo e
umiliante regime di controllo: non potevano parlare in occitano o sposarsi
tra loro, dovevano andare a messa tutti i giorni, osservare l'obbligo del
digiuno settimanale e indossare l'infamante abitello degli eretici. I
valdesi reagirono con la fuga nei boschi circostanti, ma questo diede il
pretesto a Don Parafan de Ribera, Duca di Alcalà e viceré di Napoli (viceré:
1559-1572) di organizzare, nel giugno 1561, una colossale caccia all'uomo,
usando cani mastini, assoldando veri pendagli da forca come soldati e
mettendo taglie sulle teste dei valdesi fuggiti.
Fu la "San Bartolomeo italiana" (secondo le parole dello storico Salvatore
Caponetto): 60 persone furono ucciso a San Sisto ed il paese, che contava
6000 abitanti, distrutto, mentre a Montalto, l'11 giugno 1561, fu
atrocemente tagliata la gola, uno dopo l'altro, a 88 valdesi, che furono
lasciati dissanguare come agnelli sgozzati: i loro cadaveri furono poi
impalati, come monito, sulla strada per Cosenza.
Ma la strage più impressionante avvenne a Guardia Piemontese: dal 3 giugno
1561 (per circa undici giorni) si calcola che 2000 persone furono
barbaramente trucidate e che un altro centinaio di valdesi furono uccisi
nelle campagne circostanti. Il sangue di quei poveri innocenti colò lungo i
vicoli fino alla porta principale del paese e alla piazza antistante,
denominate, in seguito, "Porta del sangue" e "Piazza della strage". Altri
1600 coloni furono fatti prigionieri, tra cui 700 provenienti da Guardia
stessa: il barba Stefano Negrin morì nel carcere di Cosenza, o per le
torture subite o di fame.
Alcuni valdesi riuscirono a fuggire in Sicilia, ma qui furono coinvolti in
processi tra il 1569 ed il 1582 e giustiziati.
Solo pochi riuscirono a raggiungere un rifugio sicuro a Ginevra e a rifarsi
una vita.


Puglia
In Puglia alcune colonie franco-provenzali (presumibilmente valdesi) si
erano insediate intorno al 1440 nella zona della Capitanata, tra Foggia e
Benevento, nei comuni di Montaguto, La Motta, Celle San Vito, Faeto, ed in
seguito (nel 1517) a Volturara, chiamate dal feudatario locale. Qui
adottarono per prudenza un atteggiamento fortemente nicodemitica,
frequentando le funzioni religiose cattoliche, ma nel 1561, durante la
campagna militare conclusosi con la tremenda strage dei loro confratelli
calabri, venne scoperto il legame religioso che li univa a quest'ultimi.
Dopo un primo intervento in zona dell'inquisitore domenicano Valerio
Malvicino, fresco dell'esperienza calabrese, che fece arrestare parecchi
valdesi ed internarli nelle carceri romane (molti di loro morirono per le
torture inflitte), nel 1563 l'Inquisizione romana decise di optare per una
linea più morbida, mandando in zona i gesuiti, al comando di padre
Cristoforo Rodriguez.
Quest'ultimo, spesso in forte contrasto con l'Inquisitore Generale Michele
Ghisleri, decise di cercare di convincere i valdesi ad abiurare senza
minacce o torture, ma solamente interrogandoli anche più volte di seguito,
finché 1500 coloni accettarono di farsi convertire: un peso determinante
comunque lo ebbe la decisione di Rodriguez di far liberare i valdesi
prigionieri nelle carceri romane e di rimandarli a casa.
Inoltre, nel novembre 1565, egli ottenne il permesso di far levare
l'abitello a coloro che avevano abiurato, pur con l'obbligo di indossarlo in
chiesa , mentre l'obbligo del digiuno settimanale diveniva mensile.
Tuttavia, solo nel 1592 vennero abrogate molte restrizioni, come l'obbligo
di portare l'abitello in chiesa e dei matrimoni solo con persone di lingua
italiana.
Pur scomparendo la differenza religiosa grazie alle massicce conversioni,
rimase comunque l'orgoglio di usare la lingua franco-provenzale, abitudine
tramandata fino ai giorni nostri e che fa dei paesi di Faeto e Celle San
Vito (come, del resto, anche di Guardia Piemontese in Calabria per quanto
riguarda la lingua occitana) un'isola etnica, protetta dall'apposita legge
italiana 482/1999 sulle minoranze linguistiche.


Bernardino Bonifacio, Giovanni (1517-1597)



Giovanni Bernardino Bonifacio, ultimo marchese di Oria (vicino ad Otranto,
in Puglia), era nato nel 1517 e nel 1536 era diventato erede del titolo e
dei feudi della famiglia, una delle dinastie più in vista del regno di
Napoli.
Il B. aveva ricevuto una solida educazione umanistica, sviluppata in diversi
anni di studio e nella frequentazione di ambienti culturali napoletani. Qui
egli si distinse come assiduo habitué dei circoli ispirati a Juan de Valdès,
dove, probabilmente, conobbe i personaggi più noti dei club valdesiani, come
Bernardino Ochino, Pier Martire Vermigli, Pietro Carnesecchi e Marcantonio
Flaminio.
Pur mantenendosi al sicuro mediante un assiduo atteggiamento nicodemitico,
B. sponsorizzò a distanza nel 1553 la pubblicazione a Basilea del De
haereticis an sint persequendi del riformatore Sebastian Castellion
(Castellione).
Solo nel 1557, dopo la morte della moglie, il B. si trasferì volontariamente
a Basilea. Fu appena in tempo: infatti nell'ottobre dello stesso anno, egli
fu citato a comparire davanti al tribunale dell'inquisizione a Napoli. A
Basilea B. fondò un circolo luterano e conobbe Celio Secondo Curione, con il
quale entrò in polemica. Nello stesso 1557, egli fece la conoscenza e
divenne amico di Melantone, in occasione di un viaggio a Worms.
Rimase sempre un animo inquieto e questo spirito lo portò a vagare da una
parte all'altra dell'Europa, sempre alla ricerca della città ideale, che
aveva denominato "Eutopia".
Dopo il soggiorno svizzero, si recò a Venezia, dove, nuovamente, riuscì a
scampare (fuggendo a Trieste) ad un ordine di cattura da parte
dell'inquisizione.
Nel 1561 si recò in Polonia a Kasimirierz, presso Cracovia, dove diventò
amico di Giorgio Biandrata e di Prospero Provana. B. si recò spesso anche in
Moravia e accumulò negli anni successivi una impressionante serie di tappe
in giro per l'Europa, come già detto: Lione, Parigi, Londra, dal 1565 al
1575 a Lörrach (Basilea), dove divenne amico e sponsor del riformatore
senese Mino Celsi (1514-ca.1575), Norimberga, Vienna, Danimarca, Svezia,
Inghilterra, Costantinopoli, e infine nuovamente (dal 1584) in Polonia, a
Vilna, ospite di Niccolò Buccella.
Poco dopo fece un tragico viaggio in Inghilterra, dove perse la vista, e al
ritorno dalla quale, fece naufragio, salvandosi a stento, sulle coste
polacche. Si stabilì a Danzica, al cui Senato B. donò nel 1591 la sua
preziosa collezione di ben 1.043 libri, con l'intento di non farli cadere in
mano ai gesuiti e permettendo la fondazione della Biblioteca cittadina.
Morì a Danzica stessa nel 1597.
Dal punto di vista dottrinale, B. si allineò sulle posizioni umaniste
luterane di Melantone. Come i riformatori, B. era pessimista sulla decadenza
dell'uomo a causa del peccato e pensava che solo la Grazia, e non certo le
opere buone, potevano riportare l'uomo a Dio.


Bonoso (scomunicato ca. 392) e bonosiani



Bonoso fu vescovo di Sardica (l'attuale Sofia, in Bulgaria) nella seconda
metà del IV secolo. Secondo altri testi la sua sede fu Naissus (l'attuale
Nis in Yugoslavia).
Come Gioviniano a Roma ed Elvidio a Milano, anche B. affermò che Maria aveva
avuto figli dopo Gesù Cristo: il fatto venne denunciato al concilio di Capua
del 391, dove non si prese alcuna decisione, ma si rinviò il problema ai
vescovi dell'Illiria, coordinati dal vescovo di Tessalonica, Anisio, i quali
scomunicarono B. ca. nel 392.
Nonostante ciò, B. continuò nella sua carica, ordinando vescovi e preti, che
comunque venivano immediatamente dopo dichiarati decaduti dalla loro
funzione da Papa Innocenzo I (401-417).
Da B. prese il nome dei suoi seguaci, i bonosiani, i quali negarono sia la
divinità di Cristo che la verginità di Maria, allineandosi al pensiero degli
antimariani o antidicomarianiti.
Dei bonosiani risultano tracce fino al VII secolo.


Barbelognostici o borboriani (I° secolo)



Setta gnostica che credeva in Barbelos, Eone della saggezza (secondo altri
testi nota come Sophia).
Ne scrisse anche Sant'Ireneo (ca. 140-200) nel suo Adversos haereses (un
elenco di eresie dell'epoca), dove venne citato anche il testo base di
questa setta, gli Apocrifi di Giovanni, solo recentemente rinvenuti a Nag
Hammadi.
Negli Apocrifi, Barbelos venne descritta come la prima emanazione della
Monade, "l'invisibile sopra tutti" o "la luce, pura, santa, immacolata e
incommensurabile".
A sua volta, Barbelos generò Ennoia, il primo pensiero e il Demiurgo
Iadalboath, creatore del mondo materiale. Ma quest'ultimo le rubò la luce, e
Barbelos per compensare questa perdita, cercò continuamente di sedurre gli
altri Eoni per carpirne la Luce.
A loro volta, i barbelognostici raccoglievano lo sperma dagli atti sessuali
per produrre l'energia vitale per l'universo.
In alcuni testi di Nag Hammadi, dove compare il nome di Barbelos, come la
Protennoia trimorfica, vi sono riferimento cristiani alla Santa Trinità, ma
in altri, come lo Zostrianos, prevale un testo sostanzialmente pagano,
perciò è difficile oggi definire se i barbelognostici fossero o meno una
eresia cristiana.


Messaliani o euchiti o adelfiani o lampeziani o entusiasti ed eufemiti (IV
secolo)



Una setta eretica del IV secolo, che credeva che, in seguito al peccato
originale di Adamo, ognuno avesse un demone unito alla propria anima e che
esso non fosse stato espulso con il battesimo: l'unica maniera di espellerlo
era la continua ed incessante preghiera con lo scopo di eliminare ogni
passione e desiderio.
Il nome messaliani, infatti, deriva dall'aramaico mètzalin, cioè preganti e
la stessa etimologia aveva la versione greca del loro nome, euchiti da
euchetai.
Comparvero intorno al 360 in Mesopotamia, come setta fondata da un certo
Adelfio (da cui il nome adelfiani), espulso da Antiochia nel 376 dal vescovo
Flaviano e autore del testo base della setta, Asceticus.
Una ulteriore condanna fu loro inflitta dal sinodo di Side del 390 ca. e dal
concilio di Efeso del 431(dove venne condannato il loro libro Asceticus).
Eppure la setta continuò ad esistere: alla metà del V secolo, il loro capo
era il prete Lampezio (da cui un ennesima versione del loro nome), il quale
scrisse un loro nuovo testo, chiamato Il testamento. In Armenia la setta,
pur combattuta anche dalla Chiesa Nestoriana, continuò a prosperare fino al
IX secolo.
I m. influenzarono alcune eresie medievali come i pauliciani, i bogomili e i
fratelli del Libero Spirito.
Essi, come si diceva, praticavano la preghiera incessante e la danza
estatica, durante le quali erano posseduti dallo Spirito Santo (da cui,
letteralmente, il nome di entusiasti, cioè "posseduti da Dio"), si
rifiutavano di lavorare, vivendo nelle piazze e vagando da una città
all'altra e prendendo, secondo loro, ad esempio la vita itinerante di Gesù e
gli apostoli.
Essi, inoltre, consideravano inutili i sacramenti e la mediazione della
Chiesa.
Secondo Sant'Epifanio, esisteva, inoltre, un'altra setta molto simile, non
cristiana, ma che adorava un unico Dio onnipotente. I seguaci di questa
setta erano chiamati anche eufemiti e furono considerati i precursori dei
messaliani, con i quali vennero spesso confusi.


Unitarianismo (o unitarismo o antitrinitarismo) (XVI - XVII secolo)



Termine teologico per indicare la fede nell'unicità di Dio e nella
contemporanea negazione del dogma della Trinità. Ne consegue anche la
negazione della divinità di Cristo.
L'unitarianismo è stato, a parte l'anabattismo, la terza grande alternativa
nella galassia protestante, oltre al luteranesimo e allo
zwinglianismo/calvinismo.


La storia
La dottrina dell'unitarianismo viene fatta tradizionalmente risalire agli
inizi del Cristianesimo, ed in particolare agli eretici del periodo intorno
al Concilio di Nicene (325), come Ario (infatti gli unitariani furono
proprio chiamati ariani dai loro detrattori), Paolo di Samosata, Noeto di
Smirne, Prassea e Sabellio. Nel medioevo il concetto antitrinitario non
scomparì del tutto, ma rimase nella filosofia di Abelardo e Roscellino.
Venendo al periodo rinascimentale, i primi studiosi ad aver espresso
concetti antitrinitari furono nel 1527 Martin Borrhaus (nome umanistico:
Cellarius) (1499-1564), amico di Martin Lutero, e il predicatore anabattista
Ludwig Haetzer (1500-1529), ma fu soprattutto la pubblicazione a Hagenau, in
Alsazia, nel 1531, del famoso libro De trinitatis erroribus (Gli errori
sulla Trinità) del medico spagnolo Miguel Servet (Michele Serveto) a gettare
nello scompiglio i più famosi pensatori protestanti dell'epoca, da Lutero
("un libro abominevolmente malvagio") a Melantone, Ecolampadio, Bucero.
Quest'ultimo tuonò dal proprio pulpito che l'autore avrebbe meritato di
essere squartato! E proprio in seguito alla pubblicazione di questo libro
tutti i riformatori dell'epoca decisero di rinforzare l'importanza
dottrinale della Santa Trinità. Dopo una vita tribolata da continue
persecuzioni, Serveto finì i suoi giorni, messo al rogo a Ginevra nel 1553
da un altro dei pensatori riformisti, che più lo detestavano, Giovanni
Calvino.
Ma la morte di Serveto fece levare moltissime voci di protesta, tra cui
quelle dei protestanti italiani Giovanni Valentino Gentile, Matteo Gribaldi
Mofa, Giorgio Biandrata e Giovanni Paolo Alciati della Motta, i quali furono
costretti ad emigrare da Ginevra, portando, pur con sfumature diverse, i
germi della dottrina antitrinitaria soprattutto dal 1560 nell'Europa
orientale, cioè in Polonia, Moravia e Transilvania.


Antitrinitari in Polonia
Qui le dottrine antitrinitarie non erano totalmente sconosciute, tant'è vero
che già nel 1538 una anziana donna di 80 anni, Caterina Weygel (o Vogel),
era stata bruciata sul rogo a Cracovia per una sospetta eresia
antitrinitaria. Ma sotto il regno di Sigismondo II Augusto (1543-1572) si
crearono le premesse per lo sviluppo delle idee antitrinitarie in Polonia.
L'antesignano fu Petrus Gonesius (Piotr Z Goniazde), che aveva studiato a
Padova nel 1552-54 con Gribaldi Mofa e da lui era stato convertito.
Già nel secondo sinodo della Chiesa Riformata Polacca (fondata da Jan Laski)
del 1556, Gonesius espresse forti concetti antitrinitari, ma fu solo con
l'arrivo di Giorgio Biandrata e di Lelio Sozzini nel 1558 che la corrente
unitariana trovò dei veri leader e formò una comunità, soprattutto di esuli
italiani, a Piñczòw vicino a Cracovia.
Tuttavia, poco dopo, ci fu per loro un durissimo colpo quando i cattolici,
rappresentati dal nunzio apostolico cardinale Giovanni Francesco Commendone
(1523-1584), convinsero il re Sigismondo II Augusto ad emettere nell'agosto
1564 l'editto di Parczów, che stabiliva l'espulsione di tutti gli stranieri
non cattolici.
Agli antitrinitari italiani, compreso il famoso ex vicario generale dei
Cappuccini, Bernardino Ochino appena giunto in Polonia, non restò che
emigrare in Moravia o in Transilvania.


L'esilio in Moravia
Il margraviato di Moravia, pur facendo parte dei possedimenti assurgici,
godeva di una ampia autonomia, anche in campo religioso. Un esempio pratico
fu l'accoglienza positiva riservata per le comunità di anabattisti, guidati
da Balthasar Hübmaier e Jakob Hutter, perseguitati senza pietà in tutto il
resto dell'Europa.
Austerlitz (Slavkov in ceco), in particolare, fu una città dove fecero capo
diverse correnti religiose dissidenti, compresi gli antitrinitari: nel 1564,
scacciati dalla Polonia in seguito all'editto di Parczów, un gruppo di
antitrinitari italiani, comprendente Niccolò Paruta (che formò in seguito
delle comunità denominate seminaria veritas), Gentile, Alciati della Motta,
Ochino, si recò nella città morava. Furono seguiti nei successivi anni da
altri dissidenti come Marcello Squarcialupi, Andrea Dudith-Sbardellati e
Niccolò Buccella, che man mano, con il miglioramento della situazione
polacca, decisero di rientrare in Polonia.


Ripresa delle attività in Polonia
Già dopo la dieta di Piotrków della Chiesa Riformata Polacca del 1564 che
decretò l'esclusione degli antitrinitari, ci fu una separazione tra una
ecclesia major calvinista ed una ecclesia minor di fede antitrinitaria.
Gli antitrinitari, in quel periodo, si erano frazionati in quattro correnti,
qui riassunti dal nome dei capi-scuola:
Stanislao Farnowski (Farnovius, m.1615): come Gonesio, i suoi seguaci
pensavano che Cristo era pre-esistito alla creazione del mondo e quindi era
giusto adorarlo, ma non adottavano la stessa venerazione per lo Spirito
Santo.  Erano inoltre contrari al battesimo degli infanti. Nel 1568 il
gruppo di Farnowski si separò dalla chiesa unitariana polacca,
concentrandosi in una zona a cavallo del confine con l'Ungheria. La
secessione durò circa 50 anni e, dopo la morte del loro leader, i suoi
seguaci vennero riassorbiti dagli unitari o dai calvinisti.
Martin Czechowic: egli era un ariano molto radicale: Cristo era un uomo come
gli altri, ma essendo nato senza peccato, fu divinizzato e era giusto
adorarlo. Prendendo, come Gonesio, dagli anabattisti, Czechowic si opponeva
al battesimo dei bambini, all'uso delle armi, al coinvolgimento in incarichi
pubblici e alla proprietà privata.
Grzegorz Pawel: il gruppo di Cracovia di Pawel negava sia la pre-esistenza
di Cristo, sia la necessità di adorarlo. Come Gonesio e Czechowic, Pawel
aveva convinzioni anabattiste e in più era un millenarista.
Szymon Budny: per Budny Cristo era un uomo ed era idolatria adorarlo. Venne
scomunicato nonostante il suo vasto seguito in Lituania.
Un punto di svolta fondamentale per l'ecclesia minor fu l'arrivo in Polonia
nel 1579 di Fausto Sozzini, nipote di Lelio, che divenne ben presto la guida
di tutti gli antitrinitariani locali.
Socini pose la sua residenza a Cracovia, sebbene il centro di riferimento
per l'unitarismo polacco fosse la vicina cittadina di Raków, dove era stato
fondato un seminario di studi antitrinitari nel 1569 e dove, tra il 1603 ed
il 1605, sarebbe stato redatto il catechismo ufficiale della setta.
Nello stesso periodo Socini entrò nella polemica tra gli adoranti (al cui
pensiero lui aderiva) e i non-adoranti, come Ferenc Dàvid, Giacomo
Paleologo, Jànos Sommer e Andrea Dudith Sbardellati. (vedi capitolo
"Antitrinitari in Transilvania").
Socini, con il suo De Jesu Christi filii Dei natura sive essentia, attaccò i
non-adoranti come giudaizzanti, che volevano, tra l'altro, santificare il
sabato, secondo un uso sabbatariano, che si sarebbe poi diffuso in
Inghilterra, portatovi proprio dagli unitariani profughi dalla Polonia.
Il pensiero di Socini, fortemente razionale, accettava un solo Dio, mentre
Gesù Cristo era semplicemente un uomo crocefisso, il cui compito era di
rivelare Dio agli uomini, permettendo loro di raggiungere così la salvezza,
seguendo il Suo esempio. Per lui la Sacra Scrittura, redatta da uomini, non
era indenne da errori, e l'uomo doveva basarsi sulla propria etica per
osservare i comandamenti e non era quindi necessaria la grazia divina. Egli,
inoltre, negava l'esistenza dell'inferno, il peccato originale, la necessità
dei sacramenti, la predestinazione.
Un bel programma in un secolo caratterizzato dal fanatismo religioso degli
opposti estremismi!
Nel 1588 Socini riuscì nell'impresa di unire tutte le fazioni unitariane al
sinodo di Brest (in suo onore, da quel momento gli unitariani si
denominarono sociniani), ma negli anni successivi dovette fronteggiare la
reazione, anche di piazza, dei cattolici: nel 1591 il suo punto d'incontro a
Cracovia fu devastato dalla folla e nel 1598 Socini stesso fu malmenato,
scampando per poco ad un linciaggio.
Egli morì nel 1604 e sulla sua tomba vennero scritte queste significative
parole: Crolli la superba Babilonia: Lutero ne distrusse i tetti, Calvino le
mura, Socini le fondamenta.
Pochi anni dopo, nel 1610, la potente organizzazione gesuita sbarcò in
Polonia decretando il rapido declino degli unitariani in Polonia: nel 1611
fu bruciato sul rogo a Varsavia l'unitariano Jan Tyskiewicz, un agiato
cittadino di Bielsk, e nel 1638 i sociniani furono espulsi da Raków e ne fu
chiuso il seminario.
Il colpo finale per l'unitarismo in Polonia fu il bando di espulsione per
tutti gli unitariani polacchi, deciso nel 1658 e diventato esecutivo il 10
luglio 1660, che li costrinse o ad uniformarsi o ad emigrare in altri paesi
europei (in Olanda, dove la maggior parte si trasferì aderendo alla Chiesa
Arminiana dei rimostranti, in Germania, e in Transilvania, dove però essi
non aderirono alla Chiesa Unitariana Transilvana, ma formarono una chiesa
autonoma a Kolozsvàr estinguendosi nel 1793).
L'ultima sacca di resistenza unitariana in Polonia si estinse nel 1811 e
solo nel 1921 furono riaccettate le congregazioni unitariane nella nazione
rinata dopo secoli di dominazione straniera. Ma la successiva occupazione
nazista nel 1939 e l'instaurazione del comunismo ha fatto sì che
l'unitarianismo polacco potesse incominciare a muovere nuovamente qualche
timido passo solamente dopo la caduta del muro di Berlino, negli anni '90
del XX secolo.
L'attuale Chiesa unitariana in Polonia comprende solo qualche centinaio di
fedeli.


Antitrinitari in Transilvania
Nel 1562 Giorgio Biandrata si recò in Transilvania, a Gyulafehérvár (Alba
Julia), dove fece la conoscenza e divenne amico di Ferenc Dàvid, vescovo
della Chiesa Riformata di Transilvania e cappellano personale del principe
Giovanni II Sigismondo Zapolya (1541-1571). Biandrata fece leggere a Dàvid
una copia della famosa Christianismi restitutio (La restaurazione del
Cristianesimo) di Miguel Serveto, convertendolo all'antitrinitarismo.
Il successivo sinodo nazionale a Gyulafehérvár del 1566 risultò un trionfo
per gli antitrinitari, sottolineato dalla pubblicazione del libro di Dàvid
De vera et falsa unius Dei, Filii et Spiritus Sanctii cognitione (Della
falsa e vera conoscenza dell'unità di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo),
nel quale il riformatore transilvano ridicolizzava la dottrina della Trinità
e perorava la causa della tolleranza religiosa per tutte le fedi.
Questo discorso venne poi ripreso durante la Dieta di Torda nel gennaio
1568, dove  Giovanni II Sigismondo Zapolya riconobbe la piena libertà a
tutte le confessioni religiose: fu la prima dichiarazione, al mondo, di
tolleranza religiosa mai pronunciata da un regnante. Oltre a questo, il re
aderì apertamente all'unitarismo con molti nobili della corte e Dàvid
divenne il capo della Chiesa Unitariana di Transilvania.
Nel 1570 Dàvid entrò in contatto, e ne fu influenzato, con lo studioso
italo-greco Giacomo Paleologo e il suo discepolo locale, il rettore del
ginnasio di Kolozsvár, János Sommer (1540-1574). Paleologo polemizzava con
un altro famoso antitrinitario, Fausto Socini, a riguardo della figura di
Gesù Cristo, che, per il Socini, era un vero uomo crocefisso, il cui compito
era di rivelare Dio agli uomini, permettendo loro di raggiungere così la
salvezza, seguendo il Suo esempio. Il Paleologo, invece, negava il ruolo di
guida del Cristo, per i fedeli verso la salvezza, e rifiutava,
conseguentemente, ogni forma di adorazione di Gesù Cristo. Per questo, il
Paleologo e i suoi seguaci, tra cui si associò anche Dàvid, vennero
denominati antitrinitari non-adoranti in contrapposizione al pensiero
sociniano di tipo adorante. Alla corrente non-adorante aderì anche l'ex
vescovo cattolico e ambasciatore (di madre italiana) Andrea
Dudith-Sbardellati.
Purtroppo il momento magico per Dàvid finì solo tre anni dopo, nel 1571 con
la morte, a soli 31 anni, di Giovanni II Sigismondo e la salita al trono del
cattolico Stefano I Báthory (1571-1586), che tolse a Dàvid l'incarico di
cappellano personale del re e gli impedì di pubblicare altri scritti. Nel
1579 i suoi nemici riuscirono a farlo arrestare e imprigionare nella
fortezza di Déva dove, a causa del clima rigido e del fisico debilitato,
Dàvid  morì nel novembre dello stesso anno.
La Chiesa Unitariana di Transilvania, fondata da Dàvid, pur attraverso mille
traversie, spietate persecuzioni da parte degli Asburgo cattolici e feroci
pogrom da parte di fanatici ortodossi rumeni, esiste ancora oggi formata da
125 chiese, sebbene divisa dal 1949 in un troncone in Ungheria (25.000
fedeli, web-site: http://www.extra.hu/mue) ed uno di etnia ungherese in
Transilvania/Romania (circa 80.000 fedeli).


Sociniani in Inghilterra
Attraverso l'Olanda, che accolse molti esuli sociniani, l'antitrinitarismo
giunse in Inghilterra, dove il principale esponente fu John Biddle, preside
del liceo di Gloucester, che pubblicò, nel 1647, il primo trattato
dell'unitarismo inglese, Twelve arguments against the Deity of the Holy
Spirit (dodici ragioni contro la divinità dello Spirito Santo) a uso privato
per pochi amici, uno dei quali lo tradì, facendolo rinchiudere in carcere
nel 1645 per ordine dei magistrati di Gloucester.
Nel 1646 Biddle fu convocato a Londra per essere giudicato da una
commissione di teologi, ma, nell'attesa della sentenza, fu confinato in
prigione a Westminster dove rimase per vari motivi per i successivi 5 anni.
Infatti, imprudentemente, nel 1647, Biddle fece pubblicare le sue Dodici
ragioni, suscitando un putiferio: a gran voce venne chiesta la sua condanna
a morte, prevista anche dalla recentemente approvata (nel 1648) legge Ordina
nce for punishing heresies and blasphemies (ordinanza per punire eresie e
blasfemie), ma nel 1652, grazie alla Act of Oblivion (legge di oblio), egli
poté finalmente uscire di prigione.
Una volta libero, Biddle fondò una piccola congregazione sociniana a Londra,
traducendo testi base dei sociniani (o unitariani) polacchi, come il
Catechismo di Racow (in Polonia), la prima dichiarazione dei principi
sociniani, ma soprattutto pubblicò nel 1654 la sua opera più celebre, il
Twofold Catechism (Catechismo doppio), dove in 24 capitoli egli bandì tutte
le espressioni e dottrine non originarie delle Scritture, come
transustanziazione, peccato originale, Dio fatto uomo, Madre di Dio etc.
Insomma non ci fu un solo punto della teologia dell'epoca che non fosse
rimesso in discussione da lui, sebbene utilizzasse l'astuta tecnica delle
domande aperte, senza mai precisare la propria fede.
Nonostante ciò, per ordine del parlamento, le copie del suo libro furono
bruciate sul rogo e lui stesso imprigionato nel carcere di Newgate, ma, per
l'ennesima evoluzione della turbolenta situazione politica inglese (era
stato sciolto il parlamento), fu liberato.
Biddle continuò per tutta la vita a professare attivamente le proprie idee e
per questo venne più volte condannato al confino e al carcere fino alla sua
morte avvenuta nel 1662.
Il principale esponente dell'unitarismo inglese dopo Biddle fu Thomas Emlyn
(1663-1741), che fondò una congregazione unitariana a Londra nel 1705, ma va
anche citata l'attività del teologo neo-ariano Samuel Clarke con il suo
trattato Scripture Doctrine of the Trinity (Scrittura dottrina sulla
Trinità), del 1712.
In seguito si affermò Joseph Priestley (1733-1804), che divise il suo tempo
tra la chimica (individuò, tra l'altro, la molecola dell'ossigeno) e le
predicazioni unitariane, e Theophilus Lindsey che nel 1774 fondò la prima
chiesa ufficiale di ispirazione sociniana a Londra.
Nel 1791 un gruppo di teppisti distrusse sia la casa che il laboratorio di
Priestley, che qualche anno dopo prese la decisione di emigrare in America,
dove fondò una chiesa unitariana in Pennsylvania.
Nel frattempo, in Inghilterra si era formata nel 1825 la British and Foreign
Unitarian Association, che dovette lottare contro le leggi britanniche
varate per proibire agli unitariani di accettare lasciti donati dai
puritani, cosa che verrà aggiustata soltanto con una nuova legge nel 1844.
Nel 1840 avvenne una grave scissione nel movimento: i "cristiani liberi" di
James Martineau, convinti in una fede più intuitiva e meno "razionale", si
separarono fino al 1928, anno in cui le due anime dell'unitarismo inglese si
rifusero nella attuale General Assembly of Unitarian and Free Christian
Churches (sito: http://www.unitarian.org.uk/)


Unitariani in America
Come già detto, Joseph Priestley fu uno dei predicatori che aiutò la
diffusione dell'unitarismo negli Stati Uniti, dove la dottrina però si
sviluppò abbastanza lentamente: prendendo spunto dalle prediche in
Inghilterra di Priestley, due chiese di Boston, la West Church del pastore
Jonathan Mayhew (1720-1766) e la First Church del pastore Charles Chauncy
(1705-1787) divennero unitariane.
Nel 1825 si formò la American Unitarian Association, ma, come per la crisi
degli unitariani inglesi del 1840, anche il pensiero unitariano americano fu
fortemente scosso dalle idee di William Ellery Channing, che inserì elementi
pietisti e filantropici. Lo scontro tre le due anime, mistica-pietistica da
una parte e razionale dall'altra, avrebbe caratterizzato la storia degli
unitariani americani negli anni seguenti: per esempio, nel 1865 la
conferenza nazionale unitariana adottò una piattaforma programmatica
nettamente cristiana, provocando il distacco della minoranza razionalista
che fondò la Free Religious Association (associazione religiosa libera).


L'unitarianismo odierno
Venendo ai giorni nostri, nel 1961 avvenne la svolta con la fusione degli
unitariani statunitensi con il movimento dell'universalismo, fondato dall'ex
pastore metodista John Murray, che credeva nella salvezza di tutti gli
uomini e negava la dannazione eterna.
La fusione diede luogo alla American Unitarian Universalist Association, poi
solo Unitarian Universalist Association, che conta oggi 502.000 aderenti. Il
sito web è http://www.uua.org/
Nonostante la diffusione relativamente bassa dell'unitarismo/universalismo,
ben 5 presidenti degli Stati Uniti hanno professato una fede unitariana e/o
universalista: Thomas Jefferson (che gli unitariani danno come loro seguace,
anche se una sua adesione ufficiale non c'è mai stata), John Adams, John
Quincy Adams, Millard Fillmore  William Howard Taft.
L'associazione, nella quale la corrente razionalista ha oramai preso il
sopravvento, è un movimento basato su congregazioni autogestite senza una
comune formula religiosa ufficiale, retaggio della sua travagliata storia e
dell'apporto di idee molto diversificate e perfino contrastanti: si nota un
interesse più nella libera ricerca della verità.
Infatti, da una statistica risulta che solo il 3% degli aderenti considera
Dio come un essere soprannaturale e il 40% come simbolo dell'amore o di
altri processi naturali. Inoltre 90% non crede nella immortalità dell'anima
e 64% ammette di non pregare mai o di farlo raramente.
In compenso, gli unitariani universalisti si sono sempre schierati in
battaglie civili contro la pena di morte, a favore del divorzio, l'aborto,
l'eutanasia, per il controllo delle nascite, per la riforma carceraria, per
l'educazione sessuale nelle scuole.
L'associazione mantiene contatti con simili organizzazioni in Inghilterra,
Irlanda, Filippine, Ungheria, Francia e Cecoslovacchia e fa parte della
International Association for (Liberal Christianity) and Religious Freedom
(IARF), che afferma di rappresentare 1.500.000 aderenti in 25 paesi.
Bourignon, Antoinette (1616-1680) e Bourignianismo



La vita
La mistica cristiana Antoinette Bourignon nacque il 13 (o l'11) dicembre
1616 a Lille (Lilla), in Francia settentrionale. Già da giovane B. ebbe
delle crisi mistiche, ma la sua famiglia, non in grado di capire le sue esig
enze spirituali, ostacolò il suo desiderio di entrare in convento,
combinando invece un matrimonio con un ricco mercante.
Ma, piuttosto che sottostare ai desideri paterni, B., vestita solo con un
saio, da lei stessa cucito, fuggì di notte, disdegnando perfino di prendere
una moneta per comperare del pane perché, si racconta, una voce interiore le
aveva detto: "Dov'è la tua fede.in una monetina?"
In seguito B. lavorò in un convento e fu poi incaricata di gestire un
orfanotrofio dal 1653 al 1662. Ma dal 1662, uscendo dai canali ufficiali del
Cristianesimo (cattolico o protestante che fosse), fondò un suo movimento
mistico di tipo quietista ante-litteram , convinta di essere lei stessa la
donna rivestita di sole, (Apocalisse 12). Viaggiò quindi tra Francia, Belgio
e Olanda, portandosi appresso una piccola stamperia con la quale produceva
depliant che descrivevano la sua personale esperienza con Dio. Infatti, per
B., la religione era una faccenda di emozioni interne, e non di dottrina e
di ritualità.
In particolare ebbe successo in Olanda dove nel 1667 raccolse, soprattutto
ad Amsterdam, un gruppo di seguaci e dove fondò una comunità religiosa
sull'isola di Nordstrand, in Frisia.
Le idee di B. furono in seguito condannate sia dai protestanti, che dalla
Chiesa Cattolica, che inserì i suoi scritti nell'Index librorum
prohibitorum, il famigerato Indice istituito da Papa Paolo IV (1555-1559)
nel 1557.
B. morì il 30 ottobre 1680 a Franeker, in Frisia.


Bourignianismo in Scozia
E' stato inoltre ipotizzato, ma non dimostrato un viaggio di B. in Scozia,
probabilmente nella zona di Aberdeen: sicuramente il suo pensiero mistico,
denominato Bourignianismo, e rinforzato dalla pubblicazione a Londra nel
1699 delle sue opere complete, prese talmente piede in questo paese da
essere condannato diverse volte (1701, 1709, 1710 e 1711) come eresia e da
costringere il clero locale a richiedere ad ogni nuovo candidato una precisa
rinuncia a questa dottrina prima di essere ordinato pastore.
Ne fu influenzato anche il cavaliere Andrew Michael Ramsay (n.1686),
filosofo scozzese e creatore del rito scozzese nella massoneria, mentre il
filosofo pragmatico americano dell'800 William James (1842-1910) la
considerò una santa.


Libera Intelligenza o Uomini di Intelligenza (da metà XIV secolo)



Movimento eretico del XIV secolo, derivato dai Fratelli del Libero Spirito
del XII secolo. Sembra che la Libera Intelligenza sia stata fondata intorno
al 1350 da una donna di Bruxelles, chiamata Bloemardinne, che, come nella
dottrina del Libero Spirito, affermava che si poteva raggiungere un tale
stato di grazia da poter commettere qualsiasi atto senza correre il rischio
di peccare, secondo il detto di San Paolo: Tutto è puro per i puri (Lettera
a Tito 1,15). Alcuni autori cattolici riportarono che essi, forti di questo
convincimento, si lasciavano andare soprattutto ad atti contro la morale ed
in effetti Bloemardinne predicava una dottrina di libero amore, chiamato
"amore serafico".
I suoi seguaci la venerarono come una mistica e le attribuirono doti
taumaturgiche anche dopo la morte.
Successivamente il movimento fu capeggiato da Guglielmo Hilderniss (o
Hindernissen), un carmelitano, assieme al suo discepolo Giles Cantor.
Entrambi furono processati nel 1410 da parte del vescovo di Cambrai, Pierre
d'Ailly (1350-ca. 1420) e condannati alla clausura perpetua in convento.
Gli atti del processo aiutano a capire di più su questo movimento: sembra
che essi seguissero le profezie di Gioacchino da Fiore, ma che,
contrariamente al mistico calabrese, non erano convinti dell'immediatezza
dell'era dello Spirito Santo.
Rifiutavano inoltre i sacramenti, perché la morte di Gesù Cristo sulla croce
rendeva inutile la Confessione e relativa assoluzione e seguivano le
dottrine panteistiche di Amaury di Béne e Davide di Dinant, affermando
l'esistenza di Dio in ogni cosa e quindi considerando la Comunione superflua
in quanto nell'ostia non ci sarebbe stato più presenza di Dio confrontata
con qualsiasi altra cosa.
Gli Uomini di Intelligenza, inoltre, erano convinti di essere talmente
pervasi dallo Spirito Santo da poter interpretare la Bibbia come e meglio
del clero ufficiale e che questo loro stato di grazia li permettesse di
risorgere come esseri spirituali.
Per quanto concerne l'amore serafico, pare che le donne del gruppo non
potevano rifiutarsi di avere rapporti sessuali con gli altri membri (alla
faccia del serafico!), in quanto questo atto veniva considerato come una
preghiera (sic!). E se ci fosse stata fra esse qualcuna che si fosse
rifiutata, poteva essere pure violentata.
Sotto la spinta delle persecuzioni dell'Inquisizione, nel 1418 alcuni
profughi francesi della zona di Lilla e Tournai, cioè dalla Piccardia, e per
questo denominati piccardi (secondo alcuni fantasiosi autori una corruzione
del termine begardi) decisero di emigrare nella Boemia hussita. Qui, secondo
alcuni autori cattolici, essi si lasciarono andare ad atti contro la morale,
come atti sessuali extra matrimoniali, come l'abitudine di girare nudi come
Adamo ed Eva nell'Eden, e come l'uso comunitario di tutti i beni (comprese
le donne).
Per questo furono soprannominati Adamiti e, come loro capo si proclamò un ex
predicatore hussita, dell'ala taborita, Martin Huska.


Curiosità: secondo una discussa ipotesi (formulata dallo studioso tedesco
Wilhelm Fraenger), il noto pittore fiammingo Hieronymus Bosch (1450-1516)
potrebbe aver aderito a suo tempo a questo movimento o a quello del Libero
Spirito : ciò si dedurrebbe da una "lettura" simbolica di alcuni dei suoi
dipinti più complessi e allucinanti, come il trittico Il giardino delle
delizie, particolarmente nel suo pannello centrale.


Sigieri da Brabante (ca. 1235-1282) e averroisti latini



La vita
Sigieri da Brabante, filosofo fiammingo, nacque appunto nella regione del
Brabante nel 1235 ca.
Diventò "Maestro d'arti" e insegnò all'Università di Parigi dal 1266 al
1277, fondando la scuola averroista latina, sostenitrice della filosofia
aristotelica nella forma più aderente alla versione originale e senza
implicazioni teologiche. In tal senso S. fu il grande avversario dei
Scolastici, con a capo San Tommaso d'Aquino (1225-1274), che contro di lui
scrisse il suo De Unitate Intellectus contra Averoistas.
A riguardo, dal 1272 al 1275, S. contestò il rettore dell'Università,
Alberico di Reims, mettendosi a capo della corrente dei dissidenti, ma venne
condannato una prima volta nel 1270, quando il vescovo di Parigi, Etienne
Tempier, lo accusò di 13 proposizioni eretiche, ricavate dai suoi scritti,
ed una seconda volta nel 1277, data dalla quale gli fu impedito di
insegnare.
S. fu inoltre convocato dall'Inquisitore di Francia Simon du Val con
l'accusa di eresia, ma non si presentò, essendo già fuggito, nel frattempo,
dalla Francia in Italia, avendo l'intenzione di appellarsi a Papa Martino IV
(1281-1285), che risiedeva allora ad Orvieto.
Tuttavia, mentre egli attendeva in quella città la sentenza papale, S. fu
pugnalato a morte, nel 1282 ca., da un chierico, che gli faceva abitualmente
da segretario e che, pare, fosse improvvisamente impazzito.


La dottrina e le opere
S. fondò quindi la scuola averroista latina e scrisse nel 1269 le Questiones
in tertium de anima, nelle quali sosteneva il monopsichismo, la tesi, cioè,
di un'unica Anima superindividuale (formato da intelletto agente e
possibile), della quale le anime umane erano semplici manifestazioni.
L'intelletto agente era la facoltà dell'anima di passare dalla conoscenza
potenziale (o intelletto possibile) a quella attiva: solo Dio possedeva
ambedue gli intelletti, mentre gli uomini non avevano alcun intelletto
proprio, ma soltanto una maggiore fantasia, motore necessario per dare
origine al processo conoscitivo.
S. venne accusato dai pensatori cristiani ortodossi in quanto negava così
l'immortalità della anima individuale dotata di intelletto, perchè, secondo
S., solo l'Anima superindividuale era immortale.
Inoltre S. propagandò concetti non coerenti con il Cristianesimo come il
fatto che le implicazioni astrologiche controllavano il destino ciclico
dell'uomo sulla terra e anche quello delle stesse religioni, compresa quella
Cristiana.
Dopo gli attacchi di Etienne Tempier del 1270, S. mitigò il suo pensiero con
i lavori Quaestiones de anima intellectiva e Quaestiones super librum de
causis, in cui avanzò una sua variante della celebre teoria delle due
verità: ciò che era valido in filosofia, non necessariamente doveva esserlo
anche in religione e comunque la religione, cioè la verità rivelata, era in
ogni caso superiore alla filosofia.


Curiosità
Dante collocò S. nel Paradiso nel Canto X al verso 136, facendone fare
l'elogio proprio da quel San Tommaso d'Aquino, suo acerrimo avversario in
vita:


Questi onde a me ritorna il tuo riguardo,
è 'l lume d'uno spirto che 'n pensieri
gravi a morir li parve venir tardo:
essa è la luce eterna di Sigieri,
che, leggendo nel Vico de li Strami,
sillogizzò invidiosi veri.


Sabbatarianismo e semisabbatarianismo (XVII secolo)



Origini
L'usanza di considerare il sabato come giorno santo di riposo, tipica degli
ebrei, quando veniva applicata da cristiani era detta Sabbatarianismo, e fu
usuale per i primi cristiani fino al Concilio di Laodicea del 384, dove ai
fedeli venne ordinato, pena la scomunica per i dissidenti, di santificare la
domenica come giorno di riposo.
In questa pratica dei cristiani bisogna distinguere tra sabbatariani e
semisabbatariani: i primi infatti credevano che il sabato era il giorno
prescelto (il settimo giorno della Genesi), dove l'uomo, come aveva fatto
Dio, doveva rigorosamente astenersi da qualsiasi lavoro manuale, mentre i
secondi pensavano che questa funzione la poteva svolgere anche il giorno di
domenica.
Anche dopo il 384, questa abitudine non scomparve del tutto rimanendo in
alcune particolari situazioni, come per esempio nella chiesa celtica
irlandese del VI secolo, dove vennero riconosciuti come festività da
santificare sia il sabato che la domenica e la Chiesa copta d'Etiopia, che
tuttora santifica il sabato.
Nel XIII secolo il grande filosofo e teologo Alberto Magno (ca.1193-1280)
suggerì la separazione tra il comandamento morale di rispettare il settimo
giorno di riposo dopo sei di lavoro e il simbolo dello specifico giorno di
sabato, applicabile solo alla religione giudaica.
Ed arriviamo al XVI secolo, quando gli unitariani in Europa orientale
adottarono il s., che riprese vigore spandendosi per tutta l'Europa della
Riforma, nonostante le feroci critiche sia di Lutero che di Calvino,


Il sabbatarianismo in Inghilterra (XVII secolo)
Attraverso i suddetti unitariani ed alcuni anabattisti olandesi, il s. si
diffuse in Inghilterra durante il regno di Elisabetta I (1558-1603), e fu
pubblicato nel 1595 il trattato del reverendo dissidente Nicholas Bound, dal
titolo True doctrine of the Sabbath (la vera dottrina del Sabato).
La controversia riprese con vigore durante il regno di Giacomo I
(1603-1625), il quale fece pubblicare The Book of Sports (il libro degli
sport) nel 1618, che stabiliva le attività ricreative (tra cui il tiro con
l'arco e la danza) permesse di domenica: il libro venne ripubblicato da
Carlo I (1625-1649) nel 1633. Il s. si diffuse durante questo periodo grazie
all'operato di John Traske e di Theophilus Brabourne.


John Traske (ca. 1585-1636)
John Traske, un ex maestro di scuola di East Coker, vicino a Yeovil (nel
Somerset), fu ordinato nel 1611 ed aderì alle idee s. già prima della sua
ordinazione. Dopo aver scontato un periodo di prigione nel 1615 per aver
pubblicato scritti sul s., egli fondò a Londra nel 1617 una congregazione
s., che successivamente fu denominata traskita dal suo nome.
I traskiti credevano nel rispetto letterale del 4° comandamento e
praticavano anche alcune abitudini dietetiche ebraiche, ma ben presto furono
perseguitati e il loro stesso capo dovette soffrire nuovamente nel 1618 per
un processo ed una successiva severa condanna, che gli fu condonata solo in
seguito ad una sua totale abiura.
Negli anni successivi, tra il 1620 ed il 1630, pare che Traske si limitasse
a predicare il calvinismo nelle contee inglesi del Devon e del Dorset,
mentre è poco chiaro se avesse proseguito nelle sue convinzioni
sabbatariane.
E' certo comunque che dopo pochi anni dal suo rientro a Londra, fu arrestato
su ordine dell'Alta Corte di Commissione nel 1636 e imprigionato per
reiterazione delle convinzioni sabbatariane, benché egli negasse ogni suo
coinvolgimento. Rilasciato in quanto già gravemente malato, Traske morì
nello stesso 1636.
In realtà a prendere il comando della setta era stata la moglie di Traske,
Dorothy, che non aveva affatto abiurato al contrario del marito: fu
arrestata e imprigionata fino alla sua morte, avvenuta nel 1645.


Theophilus Brabourne (1590-1662)
Theophilus Brabourne, un prete anglicano di Norwich, ordinato nel 1621, non
iniziò, al contrario di Traske, una sua setta, ma cercò di incorporare le
usanze ebraiche concernenti il Sabbath nelle pratiche della Chiesa
d'Inghilterra.
Egli pubblicò diversi lavori sull'argomento e nel 1634 fu inquisito sulle
sue convinzioni, ma riuscì ad arrivare ad un accordo con le autorità
ecclesiastiche anglicane, a fronte di una sua esplicita dichiarazione di
ortodossia religiosa e gli fu quindi permesso di ritornare a predicare in
Norwich nel 1635. Nel 1648, dopo aver ricevuto una cospicua eredità,
Brabourne lasciò il sacerdozio per dedicarsi a tempo pieno ai suoi studi.
Brabourne morì nel 1662 e nei suoi ultimi lavori, dimostrò di aver oramai
modificato le sue prime idee sul sabbatarianismo.


Altre tendenze sabbatariane e semisabbatariane
Nel XVII secolo il semisabbatarianismo ebbe un certo successo presso i
Puritani, che imposero la rigorosa osservanza del giorno di riposo di
Domenica con atti parlamentari durante la repubblica, o Commonwealth
(1649-1660), mentre l'usanza legata al riposo di Sabato fu popolare presso
altri movimenti protestanti inglesi del XVII secolo, come gli indipendenti,
alcuni battisti (sia generali che particolari), che si denominarono Battisti
del Settimo Giorno, ed i quinto-monarchisti.
Soprattutto con questi ultimi, i s. ebbero dei stretti contatti, risultati
poi molto imbarazzanti dopo la fallita insurrezione, organizzata dal capo
quinto-monarchista Thomas Venner nel gennaio 1661. Venner e gli altri capi
della rivolta furono decapitati e le successive repressioni perseguitarono
anche i s.
Il s. riuscì a sopravvivere episodicamente fino al XVIII secolo, mentre la
versione domenicale (o semisabbatariana) ebbe alti e bassi: per esempio nel
1781 l'editto Lord's Day Observance Act (atto di osservanza del giorno del
Signore) proibiva l'apertura di domenica dei posti di divertimento.
Ovviamente oggigiorno c'è a riguardo una tendenza ad un maggiore
permissivismo, sebbene sia significativo che fino a pochi anni fa tutte le
partite di calcio in Inghilterra venivano rigorosamente giocate di sabato.


Bray (o Brés), Guy de (1522-1567) ed il calvinismo nei Paesi Bassi



La vita
Guy de Bray (o Brés), il fondatore della Chiesa calvinista olandese, nacque
da una famiglia di artigiani a Mons in Belgio nel 1522 e intorno al 1555 si
iniziò l'attività di predicatore autodidatta nella zona della città di
Lilla, continuando l'opera di apostolato iniziato dal domenicano, poi
convertito al calvinismo, Pierre Brully (Peter Brullius), predicatore a
Tournai e a Valenciennes, e giustiziato dai cattolici nel 1545.
In seguito alle persecuzioni da parte degli spagnoli, B. riparò a Ginevra,
dove studiò teologia e intorno al 1560 ritornò nei Paesi Bassi, predicando
ad Anversa ed a Tournai.
L'azione di conversione alla Riforma nella zona fu molto efficace,
soprattutto nelle città sopramenzionate, dove era fiorente l'industria
tessile, e nella zona costiera (ad Anversa e nella Frisia).
Capo della Chiesa riformata a Tournai, B. diventò ben presto il ministro
generale dei calvinisti dei Paesi Bassi. Nel 1561 egli elaborò la Confessio
Belgica, diventato testo ufficiale della Chiesa riformata olandese dopo il
sinodo di Emden del 1571, approvato da Calvino e De Bèze e pubblicato in
vallone nel 1561 stesso ed in fiammingo nell'anno successivo. La Confessio
fu redatta sulla falsariga della Confessio Gallicana francese e delle
Ordonnances ecclésiastiques (Ordinanze ecclesiastiche), scritte da Calvino e
Farel, ma B. introdusse degli elementi di maggiore democrazia, come, ad
esempio, l'elezione dei pastori, diaconi e anziani da parte dei fedeli.
B. morì a Valenciennes nel 1567, giustiziato dalle truppe cattoliche dopo la
presa della città.


Il calvinismo nei Paesi Bassi (XVI secolo)
L'episodio della morte di B. si inserisce nella lotta religiosa e
d'indipendenza politica dei Paesi Bassi (Olanda e Belgio odierni) contro la
dominazione cattolica spagnola, rappresentata dall'intransigente re Filippo
II (1556-1598), che aveva nominato reggente della zona la sorellastra
Margherita di Parma (reggente: 1559-1567).
Il governo dispotico di Margherita fu contrastato dai nobili locali,
capitanati dal principe Guglielmo di Nassau-Orange (1533-1584), detto il
Taciturno, cattolico fino alla sua conversione al calvinismo nel 1573.
Il 5 aprile 1566 quattrocento nobili fiamminghi e valloni si presentarono
davanti alla reggente, volutamente in vestiti cenciosi come simbolo dei
bisogni dei loro connazionali, ma furono scherniti e soprannominati gueux
(pidocchi): da quell'epiteto prese il nome del movimento di resistenza alla
dominazione spagnola e la immediata rivolta popolare, che ne scaturì.
Filippo II sostituì allora la sorella, inviando nelle Fiandre il tristemente
noto Fernando Alvarez de Toledo (ca.1507-1582), duca d'Alba, che, con un
esercito di 20.000 soldati, mise a ferro e fuoco la regione, uccidendo più
di 17.000 protestanti e facendo emigrare più di 100.000 persone in
Inghilterra, Germania e Svizzera. Lo stesso B. morì, come detto, nel 1567 a
Valenciennes. Tali furono le atrocità compiute dai soldati del duca d'Alba,
come i massacri della popolazione di Malines e di Haarlem, che le proteste
degli stessi cattolici furono vibrate.
La resistenza, organizzata da Guglielmo di Nassau-Orange, ebbe qualche
appoggio straniero, sia dall'Inghilterra di Elisabetta I, che dalla Francia,
sotto l'influenza dell'ammiraglio calvinista Gaspard de Coligny (1519-1572),
il cui prestigio e influenza a corte era tale da convincere il re Carlo IX
(1560-1574) ad aiutare gli olandesi nella loro lotta per la libertà contro
gli spagnoli. Purtroppo l'aiuto francese terminò con l'episodio del massacro
degli ugonotti nella notte di San Bartolomeo (23 agosto 1572), ma l'azione
combinata delle truppe di Guglielmo e delle navi ribelli dei pidocchi del
mare, e le sollevazione popolari delle città del nord ebbero la meglio nel
1576, con la pacificazione di Gand e la richiesta di ritiro delle truppe
spagnole.
Tuttavia quello che sembrò il trionfo di Guglielmo si trasformò solamente in
una parziale vittoria: nonostante i proclami della pace di Anversa del 1578
per un paese multireligioso, già nel 1578 stesso nelle province
settentrionali, le Province Unite (la futura Olanda), i calvinisti presero
il potere con la forza, mentre le province meridionali (l'odierno Belgio),
attraverso l'Unione di Arras, dal 1579 si riconciliarono con Filippo II e
rimasero cattoliche.
Guglielmo fu assassinato in Delft da un tale Balthasar Gerards per ordine di
Filippo II nel 1584 e nel 1609 le Province Unite furono riconosciute come
repubblica indipendente dalla Spagna, ma la pace definitiva arrivò solo nel
1648 con il trattato di Westphalia alla fine della cosiddetta "guerra degli
ottant'anni", contraddistinta da frequenti capovolgimenti di fronte.
Ma oramai già dal 1598 era avvenuto il disimpegno ufficiale della Spagna
nella regione: Filippo II aveva ceduto i Paesi Bassi al genero arciduca
Alberto (1598-1621) e alla morte dell'ultimo arciduca, Ferdinando
(1634-1641), anche le province meridionali cattoliche divennero parte
dell'Olanda.